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La donna, la sua storia

di Antonio Stanca

E’ nato nel piccolo comune francese di Denguin nel 1930, è morto a Parigi nel 2002, ha compiuto i primi studi in Algeria, qui è stato lettore presso l’Università di Algeri e nel 1960, rientrato in Francia, ha insegnato all’Università di Parigi e poi all’École des Hautes Études en Sciences Sociales: si tratta del filosofo Pierre Bourdieu che si è dedicato in particolare all’osservazione di fenomeni sociali, li ha studiati con metodo scientifico e molti e ampi saggi ha prodotto in tale direzione. E’ considerato uno dei maggiori pensatori contemporanei e questa sua opera, “Il dominio maschile”, ora ristampata dalla Feltrinelli nell’Universale Economica, è comparsa nell’edizione originale nel 1998. In essa l’autore esamina la situazione nella quale è sempre vissuta ed ancora vive la donna nei confronti dell’uomo, lo stato, cioè, di subordinazione che l’ha caratterizzata e che essa ha accettato come un aspetto tra gli altri della sua vita. Qualunque sia stata la sua condizione individuale e sociale, il suo tempo, il suo luogo, la donna è sempre stata “dominata” dall’uomo, non è mai stato diversamente. E’ questa una componente dell’esistenza, un elemento della storia dell’umanità ereditato e continuato fino al punto da essere lasciato fuori da ogni discussione, da essere ritenuto naturale. In verità naturale non è come nei tempi più recenti hanno dimostrato i vari movimenti femministi e le loro rivendicazioni ma necessario è, tuttavia, risultato allo svolgimento della vita, della storia, alla costituzione dell’ordine sociale, alle formazioni politiche, ai rapporti tra popoli e nazioni, alla loro economia. Grazie ad esso è avvenuto tanto e altro modo non sembra possibile immaginare. E poi la famiglia, la scuola, la Chiesa, lo stato hanno contribuito, fin dall’antichità più remota, a fissare definitivamente tale situazione, hanno sostenuto un simile orientamento, confermato la sua necessità.

Una “costruzione mentale” è stato, tuttavia, il “dominio maschile”, osserva Bourdieu, non un carattere imprescindibile della vita, non fa parte della natura umana anche se come tale è stato vissuto. Sembra appartenere, continua lo studioso, all’ ”inconscio” femminile e maschile visto che pur in tempi moderni possono essere segnalati a questo riguardo atteggiamenti, pensieri, azioni della più lontana antichità se non del mito. Con la comunità dei Cabili, in Algeria, con i suoi costumi finora molto tradizionali circa la posizione della donna, il Bourdieu confronta quasi in continuazione, nell’opera, le sue osservazioni e riscontra nella vita moderna aspetti simili a quelli della società cabila completamente dominata dall’uomo. Sono tante le somiglianze che egli rileva da sentirsi autorizzato ad affermare che è difficile eliminare quanto di antico esiste per la donna dei nostri giorni, anche per quella emancipata e senza che ci si accorga.

Ricca, documentata, anche se molto articolata nell’esposizione, è l’analisi che Bourdieu svolge in questo libro, molti sono i riferimenti storici, i confronti con opere di altri autori antichi e moderni, niente sembra sfuggire allo studioso circa il fenomeno in esame sicché senza alcun dubbio appare, alla fine, la sua tesi, convincente questa risulta per il lettore e capace di arricchirne le conoscenze.


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