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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Il tempo di una notte

di Antonio Stanca

Il tempo di una notte è quello del recente romanzo “Stralune” (Manni, Lecce 2008) del salentino Antonio Errico, dirigente scolastico e da tempo impegnato nella narrativa, nella saggistica e nella collaborazione con giornali e riviste. Una produzione di tendenza umanistica e spesso rivolta a recuperare e rivalutare momenti e aspetti del Salento, della sua cultura, della sua vita.

In “Stralune” ad un tempo molto breve si aggiunge un luogo che come quello rimane fino alla fine privo di ogni indicazione, indefinito. Tra tali misteri rientra la vicenda, pur’essa misteriosa, di un uomo che ritorna al suo paese dopo molti anni, dopo essere fuggito, dopo aver disertato e quando è ormai maturo. Di questo protagonista non si saprà il nome, non si dirà perché era fuggito, quale esercito aveva disertato, perché è tornato. Poco chiare rimarranno pure le persone, la madre, l’amante, il padre, che cercherà nella notte del suo arrivo in paese, la notte del romanzo. Saranno soprattutto esse a parlare, gli diranno di se stesse, della loro vita durante la sua lunga assenza, dei loro pensieri e problemi, di cosa abbia significato il suo ricordo e quanto valga il suo ritorno.

Tra i loro ci saranno anche, nella narrazione, i pensieri della figlia vissuti da sola e, come quelli degli altri personaggi, divenuti tanto incerti da non far più distinguere tra passato e presente, vecchio e nuovo, giorno e notte, vita e morte, bene e male, amore e odio, premio e castigo. Quella fuga, quell’assenza hanno procurato una situazione così improvvisa, nuova, strana da modificare e per sempre i loro intendimenti. Il suo ritorno, infatti, non riporta quanto perduto, non recupera l’ordine di prima, le vecchie regole ché anche per lui, per i suoi pensieri, ogni limite è svanito, tutto è diventato possibile e impossibile, vero e falso, giusto e ingiusto, finito e infinito. E l’ombra che lo segue fa svanire un altro limite, quello tra reale e irreale, fa apparire la vicenda narrata come solo pensata o sognata anche perché nel pensiero, nel sogno è più facile annullare tante distanze e differenze.

Un romanzo d’idee è questo dell’Errico, un tempo, un luogo dell’anima sono quelli dell’opera, un’anima che ha più voci ma dice degli stessi turbamenti, delle stesse inquietudini, s’interroga sui problemi eterni dell’esistenza, sui significati remoti del vivere, li scopre ancora sentiti, sofferti, ancora attuali, irrisolti.

Abile si rivela l’autore del libro dal momento che lasciando indistinta la situazione presentata le procura un’ampiezza senza fine, lasciando anonimi i personaggi li fa interpreti dell’uomo di ogni tempo e luogo. E tutto tramite un linguaggio che vuole avere l’intensità, la profondità della poesia, vuole essere lirico e perciò essenziale, ripetitivo, rimato, vuole mostrarsi come il più idoneo per simili contenuti.


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