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In attesa della morte
(Un dramma senza fine)

di Antonio Stanca

Non un romanzo ma una raccolta di pensieri, sentimenti, impressioni, emozioni, sensazioni, si può definire quest’ultimo lavoro, “Oltre il sipario” (ed. L’ancora del Mediterraneo), del settantatreenne saggista e scrittore spagnolo Juan Goytisolo.

Nella Spagna del ventesimo secolo il romanzo è stato il genere letterario più diffuso, quello che ha raggiunto gli esiti artistici maggiori rispetto alla poesia e al teatro. Come altri scrittori della sua nazione e del suo momento anche Goytisolo è partito da narrazioni di carattere neorealista quali “Giochi di mano”, “Fiestas”, “Fine di festa”: si è intorno agli anni ’50 e la letteratura spagnola si mostra impegnata nel senso civile e sociale.  Dopo Goytisolo sperimenterà altri moduli narrativi, si aprirà a culture diverse, l’araba in particolare, ed in ultimo suoi temi preferiti saranno quelli autobiografici.

Viaggiatore instancabile, ha soggiornato infine tra Spagna e Francia ed ora vive a Marrakech, in Marocco, da dove ha inviato alle stampe il recente “Oltre il sipario”, che rientra nella suddetta linea autobiografica. Nell’opera si dice di un uomo in età avanzata, probabile trasfigurazione dell’autore, che viene assalito dall’idea della morte, la vede come imminente ed accoglie i pensieri più diversi. Nulla accade nel libro, di nessuna circostanza immediata si parla poiché soltanto la mente di quell’uomo lavora per ricordare il passato e prepararsi al futuro. Non c’è presente tranne il viaggio finale del protagonista compiuto in taxi, destinato a fargli superare “il sipario” ma rimasto ignoto, oscuro nei suoi esiti. Molte altre, in verità, sono le ombre che percorrono l’opera: difficile è capire dove si trova il personaggio-interprete, quando è stato col padre ed i fratelli, da quanto tempo ha perso la moglie, chi sono i bambini a volte menzionati. Sospesa, indefinita nel tempo e nello spazio risulta la sua posizione  anche perché in ogni piccolo paragrafo delle cinque parti che compongono l’opera si assiste ad un  pensiero o sentimento liberato da ogni rapporto concreto, ad un’emozione o sensazione purificata da ogni materia. E’ l’attività di uno spirito quella che si esprime, è la voce di un’anima in pena perché sola e in attesa della morte. Niente riesce a sollevarla dallo stato di afflizione nel quale è caduta, nessun ricordo le è d’aiuto poiché tutti, dai più lontani dell’infanzia ai più vicini della moglie prima che questa morisse, della loro casa, le dimostrano quanto è precario ogni avvenimento della vita, come esso sia destinato a finire insieme agli altri di tutte le persone del mondo, come la vita, dai primordi ad oggi, sia stata una serie di estinzioni, di morti sia per gli uomini sia per le cose. I ricordi non aiutano ma tormentano  poiché svelano un mondo divenuto lontano e impossibile da riprendere, un’età finita per sempre: così è stato per chi ci ha preceduto, così è per noi e per chi ci seguirà. Un ciclo irreversibile ed eterno è la vita, una rovina, un dramma senza fine. A vincere  è la morte, è questa a ripetersi uguale in ogni luogo e tempo, a rimanere immutata, unica, è il male, da essa  comportato, a superare tutto e sempre. Il male acquisterà una voce nell’ultima parte della narrazione, manifesterà la volontà di continuare nel suo impegno ad annientare, distruggere ed ora spaventare quell’uomo maturo che già tanti pensieri  confondono e disperdono e nel quale è da intravedere il vecchio Goytisolo in terra di Marocco.


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