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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Incontro con Sibille Krull

Venerdì 22 maggio 2009, Sibille Krull, con il suo primo romanzo “ Oltre la porta nera” Falzea editore, ha vinto, ex equo con Francesca Romano, il premio “ Città di Bella” per la sezione narrativa per la fascia 12-16 anni.Il libro racconta la storia di un ragazzo di dodici anni che va in crisi quando il padre, a cui è molto legato viene messo in prigione per uso e spaccio di droga.

Sibille Krull  e’ stata votata dagli alunni delle scuole superiori di Pescopagano, del Nitti di Potenza e di un Istituto Superiore di Brindisi.

Nella mattinata  i giovani lettori, alla presenza dell’autrice, si sono sfidati in un torneo di lettura, nel pomeriggio, nella bibliomediateca dell’Istituto Comprensivo di Bella ha ritirato il premio dalle mani del professor Livio Sossi, docente di letteratura dell’infanzia all’Università di Udine e a quella di  Capodistria e presidente della giuria del premio.

Nel corso dell’incontro l’abbiamo intervistata.

 

Chi è Sibylle Krüll?

Sono una… come si potrebbe dire, “tedescaliana”? O magari “italesca”? Voglio dire: oggi mi sento più o meno metà tedesca, metà italiana.

I primi vent’anni della mia vita li ho passati in Germania e sono stata in Italia in vacanza. Quando sono venuta per la terza volta, a sedici anni, mi sono ammalata e sono finita in un ospedale romano. Lì, ogni giorno, la donna delle pulizie passava lo straccio nei corridoi e cantava con voce cristallina: “Un’estate al mare, voglia di remare con il salvagente…” In Germania, molto probabilmente sarebbe stata richiamata all’ordine – qui tutti ascoltavano con piacere il suo concerto mattutino. Quello è stato uno dei tanti episodi che mi ha fatto capire che volevo vivere in Italia.

E dopo il diploma di maturità, sono venuta a Roma “in prova”. Avrei dovuto fare la ragazza alla pari per un anno. Un po’ per volta, mi sono fidanzata, ho affittato una casa, mi sono iscritta alla facoltà di psicologia – e non me ne sono mai più andata, perché ho trovato l’amore.

Perchè scrivi?

Sono tanto presuntuosa da pensare di avere qualcosa da dire, di avere dei messaggi da trasmettere agli altri. Ho cominciato a scrivere a 11 anni lettere a tante persone. Piccole cose che mi hanno insegnato la costante dell’esercizio.

 Nel caso di Oltre la porta nera, romanzo ambientato a San Basilio, un quartiere degradato di Roma che conosco bene,  questo messaggio potrebbe essere riassunto così: i detenuti non sono soltanto delinquenti, ma anche padri, mariti, persone guidate da emozioni, pensieri e ideali.Nel libro ho raccontato il mio rapporto con i figli del mio compagno e le mie esperienze in una comunità per il recupero dei tossicodipendenti.Sto pensando alla continuazione di questo romanzo e vorrei raccontare il cammino del padre nella comunità di recupero. Nel romanzo parlo del carcere di Regina Coeli, una realtà che conosco bene perché ci ho lavorato. Dimentichiamo che quelle che vivono in carcere sono persone. Ho scritto il romanzo subito dopo l’indulto che ha mandato via dalle carceri italiane migliaia di detenuti ed ho risentito del clima pesante che si viveva in quel periodo. La maggioranza degli italiani era convinto che quasi tutti i “ delinquenti” sarebbero tornati dentro in poco tempo.

Mi piace scrivere anche se spesso ho la sindrome del foglio bianco. Scrivo per sfogarmi per buttare giù quello che mi rimane addosso negli incontro con i miei pazienti.Ho dato spazio a me ed è stata una grande soddisfazione.

Da dove trai ispirazione?

Purtroppo, non posseggo una fantasia sconfinata come ad esempio J.K. Rowling (Harry Potter) o Cornelia Funke (Cuore d’inchiostro), quindi sono costretta a trarre ispirazione dalla realtà per raccontare una storia. Vivo costantemente con le antenne alzate per raccogliere situazioni, dialoghi e personaggi – dei pezzetti di vita reale. Per fare un esempio, il personaggio di Uiui, è ispirato a un mio compagno di classe delle medie. Ho semplicemente descritto quel ragazzo che conoscevo in Germania trent’anni fa e ho immaginato come si sarebbe comportato nel gruppo di Luca a San Basilio ai giorni d’oggi.

Raccoglievo pezzetti di realtà anche mentre lavoravo in una comunità terapeutica per tossicodipendenti. Più tardi, combinando in maniera diversa i vari pezzetti di realtà ascoltata e vissuta, è venuto fuori Oltre la porta nera – una storia non vera, ma verosimile.

Preferisci la scrittura o altre forme di espressione?

Mi piace anche ballare la salsa cubana o coltivare le verdure nei vasi del mio balcone, ma sì, la mia principale forma d’espressione è la scrittura. Ho cominciato a scrivere lettere a undici anni, prima a uno zio, poi a molte altre persone.

Già allora mi rendevo conto che la scrittura aveva un effetto quasi magico su di me: una volta che le emozioni sconvolgenti, i pensieri preoccupanti o gli eventi particolari erano tradotti in parole e riversati su un foglio, mi sentivo liberata. Ancora oggi, quando mi sento confusa o bloccata, scrivo per fare chiarezza dentro di me.

Da psicologa direi: la scrittura mi aiuta ad assumere un nuovo punto di vista e a elaborare quello che vivo.

Preferisci il testo in prosa o la poesia?

Come lettura preferisco la narrativa complessa, coinvolgente, autentica che sviscera i sentimenti e i dettagli – di solito libri grossi come mattoni. Quando trovo questo “mio genere” sprofondo in quel mondo, uso ogni minuto libero per leggere e mi consumo gli occhi la notte.

Le storie brevi o la poesia invece, riescono soltanto a evocare sensazioni e situazioni senza approfondirle e mi lasciano insoddisfatta.

Lo stesso vale per la scrittura: non mi soddisfa dover condensare tutto quello che voglio dire nelle poche parole di una poesia.

Nei tuoi incontri nelle scuole cosa ti diverte di più?

Veramente, questa è la prima volta che faccio questo tipo di incontri. Sono molto curiosa di vedere in che modo mi divertirò.

Che giudizio dai degli insegnanti che hai incontrato?

Da cinque mesi, anch’io sto insegnando a degli adolescenti in una scuola privata. A ogni lezione sperimento quanto sia difficile fare questo lavoro. Quindi, l’unico giudizio che mi sento di dare è questo: sono da ammirare tutti gli insegnanti che, a dispetto di uno stipendio inadeguato e di soddisfazioni alquanto rare, svolgono il proprio lavoro con impegno e affetto per i ragazzi.

I ragazzi di oggi chi sono, cosa vogliono e la scuola come dovrebbe essere per coinvolgerli?

Nonostante tutta la nuova tecnologia e l’informazione globale a disposizione dei ragazzi di oggi, non credo siano diversi o vogliano cose diverse da quello che eravamo o volevamo noi della mia generazione. I bisogni fisici, psicologici e relazionali degli esseri umani sono sempre gli stessi.

La scuola, ora come allora, si limita a stimolare l’intelletto in maniera monotona e ripetitiva. Per essere veramente coinvolgente dovrebbe, appunto, coinvolgere la persona – ma a tutto tondo.

Ci sentiamo coinvolti in un’attività se vengono suscitate emozioni, se partecipiamo con tutti e cinque i nostri sensi, se vi è la possibilità di esprimere la nostra creatività, se ci sentiamo connessi in uno scambio di condivisione e di confronto con gli altri.

Una scuola che utilizzasse metodi capaci di svolgere tutte queste funzioni – magari anche con l’ausilio delle nuove tecnologie – diventerebbe inevitabilmente coinvolgente.

Qual è il tuo rapporto con la televisione?

La guardo, ma sono piuttosto selettiva; evito gran parte dei programmi tv. Per esempio, non sopporto le trasmissioni in cui tutti urlano e i reality-show mi annoiano terribilmente – portano quel titolo, ma non hanno niente a ché vedere con la realtà.

Attualmente, seguo I Cesaroni e saltuariamente guardo dei talk-show come L’era glaciale. Poi, naturalmente vedo dei film, a patto che abbiano una storia interessante e possibilmente un happy end – sono un’inguaribile romantica e, almeno in un mondo virtuale, voglio che le storie finiscano bene!

 

Bella 28 maggio 2009

Mario Coviello

 


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