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Come viaggiare nel corpo
(Tra serio e faceto)

di Antonio Stanca

Per i tipi della Einaudi, Stile Libero, è comparso il volumetto “Nel condominio di carne” di Valerio Magrelli, uno dei più giovani e vivaci poeti del gruppo romano dell’ultima generazione. Magrelli ha quarantasei anni, insegna Letteratura francese presso l’Università di Cassino, ha pubblicato alcune raccolte di versi (“Ora serrata retinae”, 1980; ”Nature e venature”, 1987) poi riunite in “Poesie e altre poesie” (1996).Questa è la sua prima prova narrativa nella quale, tuttavia, non riesce un vero narratore dal momento che non si allontana dal suo fare poetico. Come nei versi anche qui si assiste ad un procedere per componimenti, ora in prosa, indipendenti tra loro, ad un linguaggio sintetico, allusivo, alla ricerca di effetti particolari, alla produzione d’immagini veloci, rapide, quasi sfuggenti, anche qui Magrelli mostra la sua cultura filosofica, mitologica, letteraria, s’impegna in problemi esistenziali, presenta molti, tanti oggetti, scherza con la forma e i contenuti, smonta quanto esistito ed esistente, scompone, demolisce, anche qui sfocia nell’intellettualismo, nell’astrattismo.

Suggestiva, originale risulta, tuttavia, l’idea di compiere un viaggio, anche se a tappe come si può dire dei numerosi brani che compongono il libro, attraverso le parti del corpo umano e di scoprire che sono tante, infinite, che ad ognuna si è debitori di una funzione, di un servizio, che tutte sono esposte a rischi, pericoli di diverso genere come l’autore dice di aver sperimentato riguardo a quelle del proprio corpo.

Siamo prima corpo e poi mente, anima, e non si può non valutare che la condizione del primo è determinante per la formazione delle seconde. Non può essere solo un caso che dietro molte figure di artisti si celino esperienze di grave sofferenza fisica. Ma la sofferenza della quale dice Magrelli nell’opera non è questa, non giunge al dramma vissuto da chi si è riscattato da essa fino a pervenire ad una dimensione superiore e ritenere i problemi del corpo un limite, un ostacolo, per le proprie aspirazioni. Non così a fondo va il Magrelli, non ha intenzione, e rimane in superficie a scrivere dei suoi occhi miopi, della tonsillite, dei reumatismi e di ogni altro malanno venutogli dal suo corpo. Leggendo si assiste all’incalzante, scoppiettante rappresentazione dei numerosi fastidi ai quali l’autore è stato esposto in quanto corpo composto da numerose parti di “carne” nonché alla sempre affiorante constatazione della necessità che, nonostante tutto, esse continuino a stare insieme, a costituire un complesso, un “condominio”, a formare il corpo. Tra i tanti elementi di tale “condominio” corre la prosa del Magrelli penetrando nei loro più remoti recessi, passando dalle orecchie al naso, alla bocca, al cuore, agli occhi, alle ginocchia, alle arterie, alle vene, dalle loro malattie alle cure richieste, dalle diagnosi alle terapie, senza mai perdere di vista l’obiettivo che presiede a sì lunga esplorazione: dimostrare l’inevitabilità di esistere come corpo e procedere alla scoperta, alla rivelazione di tutti gli aspetti legati a tale esistenza. E’ anche un modo  per dire che essere significa soprattutto avere un corpo, che si dipende da esso specie quando si è malati: Magrelli lo fa passando in continuazione dal serio al faceto, al comico, al burlesco, usando parole ed espressioni tra le più diverse e trascurando che tutto questo a volte rende difficoltosa l’interpretazione e riduce il significato dell’ opera.


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