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Corrado Malandrino, Federalismo. Storia, idee, modelli, Carocci, Roma 1998, pp. 184.

Negli ultimi anni in Italia e in Europa, il tema del federalismo è divenuto uno degli argomenti maggiormente dibattuti tanto da un punto di vista politico quanto da un punto di vista storico-teorico-concettuale. Tuttavia, nell’ambito del dibattito politico e delle vulgate giornalistiche, non sempre il termine in questione è stato definito ed usato in modo rigoroso, né tanto meno lo si è distinto da altri termini - come, ad esempio, confederazione, decentramento, regionalismo, autonomia, autonomismo, secessione e separatismo - con i quali spesso è stato identificato in modo fuorviante e mistificatorio.

Infatti, per lo più, l’uso del termine federalismo ha risposto e tuttora risponde a precise finalità ideologico-politiche, che hanno precluso ai cittadini la possibilità di comprendere e valutare obiettivamente ed adeguatamente le diverse proposte ed i vari progetti di “decentramento” e/o “devolution”, di cui ancora oggi si parla anche in Italia.

Da ciò è nata l’esigenza di una vera e propria chiarificazione concettuale, tesa a definire in modo rigoroso ed inequivocabile il significato del termine in questione, distinguendolo da opzioni politiche diverse se non addirittura divergenti e contrastanti.

Il testo di Corrado Malandrino, Federalismo. Storia, idee, modelli, edito dalla Carocci, si inserisce nel solco di questa esigenza chiarificatrice,  caratterizzandosi per il suo rigore analitico e documentaristico ma, allo stesso tempo, anche per la sua schematicità e chiarezza espositiva, che ne fanno un testo di sicuro interesse sia per gli studiosi della materia, sia per gli studenti universitari e liceali.

Il volume in questione si divide in tre parti. La prima è di carattere metodologico ed etimologico. La seconda si articola in una serie di capitoli dedicati alla ricostruzione storico-concettuale del federalismo, sia attraverso l’esposizione delle teorie federaliste moderne e contemporanee - da Althusius ad Elazar ed Albertini - sia attraverso l’analisi dei principali modelli politico-istituzionali di federalismo. Nella terza parte, l’autore si sofferma sui valori fondanti una teoria federalista capace di rispondere ai problemi ed alle tensioni che caratterizzano le odierne società complesse.

Ai fini della chiarificazione concettuale del termine in questione, la lettura della prima parte del testo - l’introduzione - è di fondamentale importanza. In essa, lo studioso piemontese opera una chiarificazione etimologica e filologica dei termini federale e federalismo, evidenziandone la radice semantica nel vocabolo latino foedus, traducibile in italiano con i sostantivi alleanza, trattato, patto, convenzione.  Nei testi classici la parola foedus era usata sia in chiave politica sia in chiave privatistica, per indicare da un lato patti tra prìncipi e Stati, dall’altro rapporti di alleanza e fedeltà tra privati.

Per quanto riguarda in modo precipuo il significato politico, da foedus derivarono i verbi foedero e confedero, in italiano traducibili con l’espressione “unire con un patto”, da cui i sostantivi foederatio e confoederatio, ossia federazione e confederazione. In età medievale si affermarono le voci federatione e confederatione, usate come sinonimi.

Dunque, sin dalle sue origini il termine federalismo si fonda sul concetto di un rapporto politico pattizio, a sua volta incentrato sulla reciproca fiducia dei soggetti contraenti.

I termini federazione e confederazione - evidenzia l’autore, dopo averne tracciato la ricezione e l’evoluzione filologia nelle principali lingue europee - sono stati distinti a partire dalla fondazione degli Stati Uniti d’America. Da allora in poi con il termine federazione si suole indicare lo Stato federale, distinto dalla confederazione di Stati. Infatti, sottolinea Malandrino,

 

Il federalismo moderno e contemporaneo presuppone ed esige un autonomo processo di fondazione dello Stato federale per mezzo della creazione di un rapporto di unione di vari Stati sovrani che decidono, ciò facendo, di autolimitare spontaneamente le loro diverse sovranità e di dar luogo a una nuova forma di Stato, la federazione che gode a sua volta di autonoma sovranità, che conosce il suo limite in quella degli Stati membri, i quali conservano alcuni dei loro diritti di sovranità e di autonomia politica [Dunque] La federazione denomina un vero e proprio superstato federale, mentre la confederazione – che non ha carattere statale – indica un mero ambito patrizio, temporaneo e transitorio, che non implica alcuna limitazione o rinuncia di sovranità da parte dei  suoi membri (p. 16).   

 

Alla chiarificazione etimologica e filologica del termine in questione segue una breve ed illuminante esposizione delle categorie di base del federalismo. A questo proposito, Malandrino evidenzia che rispetto al livello dello Stato-nazione esistono due tipi diversi ma complementari di federalismo: da un lato il federalismo sovranazionale o esterno, dall’altro il federalismo infranazionale o interno.   

Il primo tipo di federalismo, quello sovranazionale, si caratterizza per un movimento centripeto, ossia per il fatto che esso si costituisce come il risultato di forze che tendono a costituire un’unità di governo sovrapposto rispetto a quello degli Stati membri. Invece, il secondo tipo di federalismo, quello infranazionale, si caratterizza per un processo centrifugo di autonomizzazione dal centro dello Stato nazione. Tuttavia,

 

in entrambi i casi […] il federalismo si presenta come formula di unione, e non di separazione, tra realtà sovrane diverse (p. 18).

 

Rispetto ai valori di riferimento è possibile distinguere un federalismo istituzionale da un federalismo integrale. Il federalismo istituzionale fa riferimento ai valori della pace perpetua, della sicurezza e del benessere, mentre il federalismo integrale si fonda sull’aspirazione ad una completa autogestione socio-economica e politico-culturale da parte di individui, gruppi e classi, caratterizzata da un movimento ascensionale, sfociante nell’ideale di una società autogovernata.

Nel capitolo conclusivo, Malandrino sottolinea che, pur nella diversità di idee, forme e modelli,  

 

[…] la teoria dello Stato federale resta il minimo comun denominatore delle esperienze federali ai livelli sopranazionale, nazionale e infranazionale: consiste nell’individuare i nuovi soggetti statali, la diffusione e la dislocazione dei poteri e delle funzioni, gli intrecci nelle finalità, le procedure rappresentative. E’ il problema di ingegneria costituzionale e di scienza politica di primaria importanza (p. 166).

 

Inoltre, secondo l’autore, nell’età di crisi delle ideologie politiche di matrice ottocentesca - liberalismo, nazionalismo, socialismo, comunismo - il federalismo, ponendosi come istanza critica nei confronti dello Stato-nazione moderno incentrato sul paradigma della sovranità assoluta, unica ed indivisibile,  sembra proporre modelli statuali alternativi, caratterizzati da una maggiore dinamicità ed apertura, atti a garantire la libertà e la sicurezza dei singoli, nonché l’integrazioni tra le diverse parti costituenti le moderne società multiculturali su un piano di pari dignità.

Dunque, non già le ipotesi e le richieste di “autonomia”, in realtà sfocianti su posizioni secessioniste, incentrate sul pericoloso rigurgito di valori pre-moderni, quali l’esaltazione  e la costruzione di forti identità etnico-locali, accompagnate da tensioni xenofobe, razzistiche, carismatiche ed antipolitiche, a loro volta portatrici di chiusure, intolleranze, violenze ed egoismi sia sul piano politico-culturale, sia su quello socio-economico, possono essere considerate la base di una vera e moderna teoria federalista.

Di contro, i valori fondamentali di riferimento per la costruzione di una cultura e di un’ipotesi istituzionale federalista all’altezza delle sfide della nostra epoca, sono l’efficienza, l’autonomia, la partecipazione, l’autodeterminazione e l’autogoverno. E’ sulla base di questi valori, conclude l’autore, che sarà possibile 

[…] instaurare in piena libertà il patto di fiducia tra eguali, essenza della democrazia (p. 170).

Salvatore Lucchese


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