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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Un ricordo

di Antonio Stanca

                                                                                                  “Rapìan gli amici una favilla al Sole
                                                                                                  a illuminar la sotterranea notte,…”
                                                                                                                    U.Foscolo, “Dei Sepolcri”
                                                                                                                                    vv.119-120

Succede, soprattutto negli ambienti di provincia, che un intellettuale, una persona impegnata culturalmente ed inserita in un movimento d’idee diverso dal contesto, passi inosservata. Ne è causa anche la distanza che si crea con l’ambiente perché completamente diversi da quanto in esso avviene sono i suoi interessi. E neanche la morte riesce a riscattare la figura dall’isolamento, dal silenzio in cui è vissuta ma li sancisce in maniera definitiva, ne fa un destino, l’unico, per chi non accetta la “cultura” del posto.

Così è stato in un piccolo comune della provincia di Lecce, Soleto, dove da poco è scomparso un insegnante della scuola elementare, Mario Turco. Era nato nel 1934 da umile famiglia e, dopo aver conseguito il diploma magistrale, aveva intrapreso senza concluderli gli studi universitari a Bari. S’era, quindi, dedicato all’insegnamento e, figlio unico, era vissuto fino ad età adulta tra gli affetti e le attenzioni soprattutto della madre. Questo rapporto, divenuto quasi morboso, aveva inciso sul suo carattere sia per contrasto sia per identificazione. Lo aveva mosso da una parte a ribellarsi e a voler evadere, dall’altra a cercare la donna nella quale trasferire l’immagine materna. Risultata vana questa aspirazione ne era derivata un’indole irrequieta, instabile, contraddittoria, diffidente che gli aveva reso difficile, impossibile instaurare rapporti definitivi e fattogli preferire una vita solitaria. Era prevalso l’atteggiamento del ribelle che avrebbe determinato per sempre il suo comportamento nel senso che avrebbe fatto della sua vita un instancabile vagabondaggio svoltosi soprattutto nel vicino centro di Lecce quando non a Brindisi o Bari. I luoghi da lui frequentati in queste città sono stati le librerie e le edicole, nelle quali ha curiosato all’infinito alla ricerca di quanto potesse soddisfare i suoi interessi. Questi erano rivolti alla storia soprattutto privata, alle biografie di noti personaggi del passato compresi autori di letteratura, pittura, teatro, musica, cinema del passato più prossimo. Un bisogno di scoperta, di rivelazione muoveva il Turco in maniera instancabile.

Sono stato suo amico e confidente e parlare con lui significava, tra l’altro, apprendere notizie, particolari della vita di antichi eroi nonché di poeti, scrittori, artisti più recenti che nessuna storia civile o letteraria o artistica riporta. I libri che egli scopriva nelle prolungate ricerche erano poco conosciuti dal gran pubblico anche perché di autori e case editrici minori. A volte si trattava di veri e propri incunaboli e, nel complesso, un’operazione così a lungo perseguita gli aveva permesso di raggiungere un elevato livello di conoscenze, di risalire dalla lettura di vicende particolari alla valutazione dell’atmosfera generale di vari periodi o epoche storiche, di maturare un attento spirito di osservazione. Saggista letterario, osservatore di fenomeni di costume, di società, opinionista era divenuto quell’infaticabile lettore ed i suoi scritti erano comparsi nei primi giornali leccesi, settimanali o mensili, finché non era stato stabilmente ospitato nelle pagine del settimanale “Voce del Sud”, allora diretto da Ernesto Alvino. In tali lavori il Turco si mostra, fin dagli inizi, impegnato, tramite uno stile scorrevole e chiaro, nella salvaguardia di quanto dei tradizionali valori morali, spirituali e del loro riflesso nella storia, nella vita, nell’arte i tempi moderni andavano riducendo ed annullando. Si oppose al fenomeno del consumismo, della massificazione dei costumi, della materializzazione di ogni aspetto della vita. Umanista convinto giunse a non comparire più nel giornale, a rinunciare ad un confronto così impari quale quello con i tempi che inesorabilmente avanzavano e a modo loro. Non smise però di leggere né di cercare le sue particolari letture fino a pochi giorni prima della morte.

E’ doveroso, pertanto, ricordarlo, recuperare quanto ha pensato, scritto, evidenziare il suo impegno, allontanare dalla sua figura quel silenzio che, s’è detto, in certi posti e per certe persone, rappresenta l’unico destino. Soltanto valutando questi casi, quando si verificano, si potrà aspirare a sentirsi inseriti in un’atmosfera più ampia di quella provinciale, nella storia, nella cultura, che avvengono lontano da noi.


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