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Ancora Pasolini
(Un caso da interpretare)

di Antonio Stanca

Tra i più recenti studi su Pier Paolo Pasolini (Bologna 1922, Roma 1975) vanno segnalati i saggi "Pasolini. Uno gnostico innamorato della realtà (ed. Le Lettere) di Filippo La Porta e "Intervista a Pasolini" (ed. Biblioteca dell’Immagine) di Davide Toffolo. Nel primo lavoro si cerca di evidenziare come ovunque in Pasolini, nella produzione letteraria, filmica, teatrale, saggistica, sia prevalso l’elemento razionale, intellettivo, come il Pasolini osservatore, analista sia stato più importante di quello passionale, lirico; nel secondo viene ripercorsa l’intera attività dell’autore, comprese le opere inedite e postume, al fine di segnalare i momenti o aspetti ritenuti essenziali per capire una personalità così complessa.

Si tentano, quindi, delle interpretazioni, si evidenziano dei particolari finora poco noti come generalmente avviene dopo la scomparsa di un autore. Ma a proposito di Pasolini sorprende come dalla morte ad oggi si scriva, si parli con frequenza, come non si sia mai smesso di farlo. Significa che ancora non si è pervenuti ad un’ acquisizione unica, definitiva riguardo alla figura ed opera, che molti problemi aperti esse hanno lasciato.

Pasolini ebbe due anime: una lo portava a cercare l’abbandono estatico, il disincanto, il fascino, la meraviglia di un luogo, un tempo, un volto, un’espressione, un messaggio, una parola, un pensiero, un sentimento, un’azione, l’altra a riflettere sulla vita, la storia, la realtà, a cercare le ragioni di quanto è accaduto e accade; era idealista ma anche realista, poeta e critico, artista ed uomo. Con la maturità sarebbe stato il secondo aspetto a prevalere nelle opere (le raccolte postume di saggi detti "civili" poiché relativi a fenomeni sociali, di costume: "Scritti corsari" 1975, "Lettere luterane" 1976, "Le belle bandiere" 1977, "Il caos" 1979) mentre agli inizi si era evidenziato il poeta (i versi di "Poesie a Casarsa" del 1942 poi riuniti, nel 1954, nel volume "La meglio gioventù"). Tra i due momenti e atteggiamenti si svolgerà la varia e articolata attività del Pasolini poeta, scrittore, critico letterario e di costume, regista cinematografico e teatrale, senza che sia mai possibile definire con esattezza la prevalenza di uno di essi. Pertanto non vanno considerati come due estremi lontani, opposti, inconciliabili bensì costitutivi di un’unica, complessa personalità e sempre possibili da rintracciare nelle manifestazioni di questa. Con Pasolini ci si trova di fronte ad una figura insolita per la nostra tradizione culturale ed artistica poiché in lui operavano insieme la volontà di evadere e il bisogno di agire, l’attrazione per quanto dell’uomo, della vita, della storia era ancora rimasto intatto, incontaminato dall’invasione della società capitalistica, consumistica e la necessità di mostrare i danni da questa apportati a quel patrimonio, d’individuare i responsabili, denunciarli, accusarli. Non rinuncerà a nessuno di tali comportamenti, non frenerà le sue necessità e vivrà ed opererà per esprimerle entrambe senza valutare che si destinava a rimanere sempre diviso, lacerato tra esse.

In ogni opera del Pasolini maturo, quello venuto dopo un’infanzia ed un’adolescenza trascorse con la madre a Casarsa in ambienti lontani dall’assalto dei tempi moderni e determinanti per la formazione di una sensibilità già attenta ai valori dello spirito, sarà possibile scorgere gli infiniti aspetti che simile travaglio ha assunto in lui. E’ questo il Pasolini che si è trasferito a Roma, che ha scoperto come la società dei consumi abbia privato l’uomo di ogni sua individualità morale, culturale, linguistica, lo abbia massificato, omologato, annullato. Da tale constatazione gli verrà il bisogno di salvare quanto possibile dal naufragio, di segnalare le cause del fenomeno, i colpevoli di esso e combatterli. Perseguirà, quindi, la ricerca, la rappresentazione di esempi, modelli idonei a liberare, salvare l’Occidente dai danni provocati alla sua umanità dall’industrializzazione, dal capitalismo, dal consumismo, s’impegnerà nell’analisi delle cause della crisi: idea e realtà, pensiero e azione saranno da questo momento compresenti, interagenti in Pasolini, lo muoveranno alla ricerca di forme espressive che giungano prima ed a tutti, attirino, coinvolgano più facilmente. Per tal via giungerà, negli anni ’60, al cinema anche se continuerà nella produzione poetica, narrativa e saggistica dove il motivo del contrastato rapporto tra quanto pensato e quanto vissuto è divenuto ormai ricorrente. Con i film gli sembrerà di superare la staticità della scrittura, di agire, di convincere di più, più presto e meglio, di arrivare più lontano. Verrà poi il teatro in versi con il quale risulteranno trasferiti nel mito i problemi finora trattati ed infine si giungerà all’accesa polemica della suddetta ultima produzione saggistica. Qui non ci saranno più veli, metafore, allegorie: Pasolini cercherà lo scontro aperto, lo provocherà, sarà impietoso accusatore della crisi di valori che si è abbattuta sulla moderna umanità occidentale, della perdita in essa di ogni riferimento non legato alla circostanza, all’immediato, della fine nell’uomo, nella vita degli elementi spirituali, morali, religiosi, sacri, divini, degli aspetti degni d’essere trasmessi, di valere oltre il proprio tempo. Tale posizione è divenuta ormai netta, chiara ma anche unica al punto da rendere difficile riconoscere in essa l’artista, il poeta, il lirico sempre rintracciabile nelle opere precedenti. Se a questo si aggiunge la tragica, oscura fine toccata all’autore si capiscono i motivi che hanno fatto di Pasolini un caso sempre da discutere, da interpretare. Tra i più recenti tentativi d’interpretazione vanno, infatti, considerati i due lavori dei suddetti saggisti e su questa linea si continuerà dal momento che se di Pasolini è possibile capire la fervente spiritualità che lo ha animato risulterà sempre difficile spiegare perché non abbia scelto di vivere di essa, della ricchezza che gli procurava, perché abbia voluto combinarla con un esterno riconosciuto come diverso, contrario, opposto, immettersi in un confronto dagli esiti scontati, essere un eroe, un evangelizzatore anche quando e tra chi non serviva, fare della propria opera un interminabile motivo di polemica, preferire il ruolo di provocatore a quello di artista.


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