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Oltre il documento

di Antonio Stanca

E’ difficile dire, leggendo il recente “Arcangelo” (ed. Einaudi) della sessantanovenne  scrittrice e poetessa napoletana Fabrizia Ramondino, cosa avvince maggiormente se il linguaggio scorrevole, sicuro, sempre aderente a quanto rappresentato o significato oppure il tema diverso, nuovo in ognuno dei quindici racconti che compongono il libro. All’inizio, quando i brani sono brevi e riguardano figure solitarie inserite in quell’ambiente napoletano o campano  o del Meridione d’Italia che fa da sfondo all’intera opera, la singolarità della persona o vicenda presentata risulta il motivo di maggiore interesse. Ma quando si giunge a racconti più ampi quali “Il convegno”, “Lo specchio”, “L’armatura”, che riguardano problemi di rapporto, comunicazione tra più persone, situazioni d’amore ed odio, virtù e vizio, speranza e delusione, bene e male, vita e morte, la scrittura della Ramondino acquista evidenza poiché si rivela inarrestabile, capace di penetrare nei recessi dell’animo umano, del pensiero, del sentimento e di non perdere di vista quanto accade all’esterno, di muoversi con singolare abilità tra realtà e idea, materia e spirito, di dire di ogni età, sesso e condizione mostrando di conoscerli nei loro innumerevoli particolari e di saperli esprimere senza mai appesantire la narrazione. Questa la maniera che la Ramondino è venuta maturando attraverso  numerose  opere di narrativa, questo lo stile col quale riesce a legare il lettore poiché gli giunge facile e, come nelle favole, lo appassiona, lo affascina.

Se i luoghi della narrazione sono quelli dell’Italia meridionale ed in particolare del napoletano, i tempi sono immediatamente posteriori al secondo conflitto mondiale, i nostri anni‘ 50 e dopo, quelli del boom economico e delle prime contestazioni. Sempre dal basso, tuttavia, la scrittrice muove. La sua attenzione non è rivolta ai grandi avvenimenti o personaggi del periodo trattato ma ai piccoli, alle famiglie numerose che vivono in spazi angusti, a quanto di clandestino avviene tra i vicoli del centro di Napoli, a cosa si pensa, si sogna, si fa, a come si vive la quotidianità in luoghi che non sono  usciti dalla loro condizione di arretratezza anche se si vogliono, si sentono moderni. Non sanno ancora quanto ci vorrà per questo e se avverrà. Accanto alle infinite  persone comuni ci sono poi quelle diverse che hanno fatto scelte nuove, moderne e che spesso non sono riuscite nelle loro intenzioni. Totale, completo in ogni sua parte è, quindi, l’ambiente rappresentato  nell’opera, è  fatto di passato e presente, vecchio e nuovo, corpo ed anima, è un ambiente che vuole cambiare ma non sa e non può farlo e intanto rimane sospeso tra com’è e come vorrebbe essere. Abilissima si mostra la scrittura della Ramondino nel rendere tale oscillazione, nel tradurre tale ampio e inesausto movimento  tramite  personaggi e  vicende veri, reali. Un documento, quindi,  ma anche un messaggio questo della scrittrice, una cronaca ma anche un’atmosfera. 


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