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Il romanzo nell’Italia d’oggi
(Tra scrittori e critici)

di Antonio Stanca

Presso l’editore Quiritta è appena uscito "Letteratura e libertà" dove l’ottantenne scrittore napoletano Raffaele La Capria si sofferma a conversare con il giovane critico Emanuele Trevi.

Presso Bollati Boringhieri è prevista per il 21 Giugno prossimo la pubblicazione del saggio "Il tradimento dei critici" di Carla Benedetti, docente di Letteratura italiana moderna e contemporanea presso l’Università di Pisa. Dalle anticipazioni del libro sono già derivate delle polemiche come del resto è successo altre volte con la saggista.

In entrambe le opere viene presentata, in modi diversi, l’attuale condizione della nostra narrativa, si dice di una sua grave crisi e della scarsa possibilità di superarla. Ma mentre il La Capria fa risalire le cause del problema agli autori che, ad eccezione di qualcuno, hanno finito, specie dopo gli anni ’60, per seguire non la propria ispirazione ma quanto giungeva loro dall’esterno, per rinunciare alla propria libertà e adeguarsi alle tendenze dominanti fossero ideologie politiche o mode letterarie, alle preferenze, ai gusti del pubblico, per trascurare, nelle opere, il rapporto con la vita, la spontaneità, l’autenticità in nome di valori artificiali, costruiti, inventati, per la Benedetti non mancano, da noi, i narratori validi, i romanzi degni del nome e se di questi non si dice, se non li si riconosce né evidenzia il motivo principale sta nella critica. Sono i nostri critici, secondo la docente pisana, a non attribuire loro il giusto merito, a frenare, con giudizi improntati a sistemi di valutazione rigidi e poco disposti alle novità, lo sviluppo di una moderna narrativa italiana, a muoversi anche di fronte al nuovo secondo schemi tradizionali, a valutare il presente in nome del passato.

Tali poche anticipazioni ed alcune dichiarazioni della saggista hanno fatto sorgere polemiche prima ancora che il libro venisse pubblicato e la Benedetti si è ricollocata nella posizione che ormai sembra le appartenga, quella della polemista. Così era apparsa già nel 1998 quando aveva pubblicato, pure presso Bollati Boringhieri, "Pasolini contro Calvino" dove sono presenti delle tesi ora riprese e sviluppate ne "Il tradimento dei critici".

Per La Capria, quindi, la colpa sta negli scrittori, per la Benedetti nei critici: ognuno vede errori nella propria sfera d’azione e non s’accorge di essere da questa limitato. Non si possono, infatti, determinare con precisione assoluta, con rigore indiscutibile le cause di una situazione che si estende dall’Italia ad ogni altro paese del mondo civile moderno soprattutto occidentale. Non ci sono motivazioni uniche per spiegare un’atmosfera culturale, letteraria, artistica che da tempo ha perso ogni possibilità di essere definita con certezza, ricondotta a delle regole, identificata in un’idea che comprenda tutte le sue manifestazioni. Ogni autore contemporaneo rappresenta un caso isolato, segue percorsi, obbedisce ad aspirazioni che possono essere completamente diverse da quelle di un altro o degli altri, tende ad attuare temi e modi lontani da principi prestabiliti. Tra tanti propositi e tanti autori molti hanno rinunciato, come vuole il La Capria, alla propria libertà per l’artificio, all’essere per l’apparire, altri, pur validi, non sono riconosciuti da una critica ancora lenta nel suo processo di rinnovamento come vuole la Benedetti. Ma oltre a questo c’è, nella nostra produzione narrativa contemporanea, molto altro che impedisce di ridurla a due sole posizioni perché significherebbe disconoscere quanto di vario e complesso avviene in essa: se tanti autori producono per il pubblico non mancano quelli che producono per sé, che sono veri, autentici, se tanta critica è intransigente succede per l’incalcolabile numero di opere mediocri che ormai circolano e che, tuttavia, non le vietano di riconoscere un prodotto quando è valido. Significherebbe anche pensare che letteratura e critica procedano ognuna per proprio conto senza considerare che non è possibile. Da integrare, da completare sono, quindi, le concezioni del La Capria e della Benedetti, da non intendere come uniche, comprensive di un’estesa produzione narrativa quale la nostra contemporanea. Non si è potuto per il passato ridurre ad una sola visione o definizione l’attività letteraria di un’epoca nonostante allora si obbedisse a ideologie ben precisate, non lo si può per il presente quando queste mancano.


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