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Dalla vita alla favola

di Antonio Stanca

Pubblicato, la prima volta nel 2006, in America da una piccola casa editrice ed in un numero limitato di copie, ottenne i più importanti riconoscimenti per opere di esordienti. Il successo, però, è giunto dopo in Germania, alla Fiera di Francoforte, ed ancor più in Spagna nel 2007, alla Buchmesse, dove è divenuto un caso mondiale. A Maggio del 2008, reduce da tanti trionfi, è comparso in Italia per i tipi della Einaudi Stile libero e con la traduzione di Evelina Santangelo. Si tratta di “Firmino”, la breve narrazione del sessantottenne scrittore americano Sam Savage, nato a Candem, South Carolina, laureato in Filosofia e residente a Madison, Wisconsin. Dopo aver insegnato Savage ha svolto diversi mestieri, ha scritto poesie, un altro romanzo ma solo con “Firmino” ha deciso di pubblicare una sua opera, quella dove  è riuscito a trasferire, come ha dichiarato, i tratti essenziali della sua vita, gli aspetti principali del suo pensiero. “Firmino” è una favola che dice in modo semplice, chiaro, della vita di un topo avvenuta nella seconda metà del secolo scorso. Un topo che vive con gli uomini, scambia, comunica con essi, come essi riflette, pensa, ricorda, sogna, ama, legge, suona, canta, è felice, soffre. La vita del topo Firmino si svolge a Boston tra un negozio di libri usati, di vecchia cultura storica, geografica, economica, scientifica, letteraria, figurativa, teatrale, e la casa di uno scrittore. Egli è l’ultimo, il tredicesimo comparso durante il lungo parto di mamma Flo. E’ più gracile, più debole degli altri dodici fratelli e per questo sin da piccolo si sentirà diverso. Vivrà emarginato, isolato e si adatterà a stare nel negozio di libri, si ciberà della loro carta scritta e da tale nutrimento gli deriveranno pensieri, sentimenti sempre più estesi: il suo cibo si trasformerà nella sua anima, la amplierà. A questo serviranno pure la lettura di tanti di quei libri, la conoscenza dei tanti argomenti che costituiscono il patrimonio culturale dell’umanità. Avverrà, così, la sua formazione all’insegna dei valori della migliore tradizione di vita e di cultura, delle idealità più alte. In seguito cercherà altri spazi, altri luoghi, altro cibo e li troverà in una vecchia sala cinematografica dove si proiettano film di ogni tipo, ad ogni ora, per ogni pubblico. Saprà che la libreria e il cinema dovranno essere demoliti per un progetto urbanistico che prevede, in quel punto della città, la realizzazione di una piazza più grande e si trasferirà nella casa dello scrittore. Con questi giungerà a comunicare ma dopo la sua morte Firmino ritornerà nella libreria. I tempi, tuttavia, sono ormai maturi per quel progetto ed i mezzi meccanici hanno iniziato il lavoro di demolizione delle case e degli edifici, compreso quello che contiene il negozio. Firmino rimarrà intrappolato nella libreria mentre cadono i suoi muri, vedrà giungere la fine tra i calcinacci che si mescolano ai libri, ma in quel momento vivrà immagini, visioni di liberazione perché di antica bellezza ed armonia, evaderà dalla grave circostanza imminente grazie a vecchi ricordi, si trasferirà in essi insieme a tutto ciò che sta per essere distrutto, mostrerà che il passato, suo e di quel luogo, rappresenta la sua salvezza, ha ancora valore e non può essere annullato. I nuovi tempi hanno le loro esigenze e tra queste anche la distruzione di vecchie cose, compresa una libreria importante come quella di Firmino, ma non possono cancellare quanto esse hanno rappresentato, la vita che tra esse si è svolta, ciò che si è pensato, detto, fatto tra le loro strade, nelle loro case.

Un invito a non disperdere oggi, per interessi soltanto materiali, un passato fatto di valori morali, spirituali, ideali, fissato da autori d’ogni parte del mondo, da tanta cultura, un modo per dire dell’importanza del ricordo, della memoria, è questa favola del Savage. Essa vuole insegnare a recuperare il vecchio, l’unico, vuole allontanare il pericolo di finire confusi, persi tra gli infiniti aspetti assunti dal nuovo ambiente umano e sociale.

Anche Savage è cresciuto nella solitudine, nell’emarginazione a causa del suo luogo d’origine, si è formato sui valori della tradizione e lamenta oggi la loro scomparsa, anch’egli è stato a Boston per un certo tempo ed ha sofferto per la distruzione di vecchi quartieri e di un negozio di vecchi libri a causa dei moderni progetti urbanistici.

Una storia vera è, quindi, quella di Firmino, la storia della vita del suo autore, del dramma da questi continuamente sofferto e del quale ha esteso il significato, lo ha fatto giungere lontano ricorrendo ad un’espressione facile, alla favola.


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