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Tra antico e moderno
(Continuità o frattura?)

di Antonio Stanca

Salvatore Settis, docente di Storia dell’arte e Archeologia presso la Scuola Normale Superiore di Pisa e rettore di questa, ha da poco pubblicato, con Einaudi, il breve volume “Futuro del ‘classico’”. L’opera si compone di quindici paragrafi nei quali l’autore, attraverso una ricca e puntuale documentazione, tratta il problema della “classicità”, cioè della fase antica, greco-romana, della storia e cultura europee, del suo significato, valore e funzione nei tempi di formazione delle  nazioni occidentali  fino a giungere ai giorni nostri e ad  ipotizzare il futuro. In ogni paragrafo è come se si ripartisse dall’inizio del problema e si volesse risolverlo senza, però, farlo dal momento che alcuni aspetti di esso rimangono sempre sospesi.

Lo stile è chiaro, scorrevole, molto controllato e l’opera  attira fin dalle prime pagine anche perché recupera e propone periodi storici, fenomeni politici, culturali, artistici, la cui conoscenza è oggi quasi scomparsa essendo essi molto lontani e non ritenuti  importanti in un contesto come l’attuale sempre pronto ad accogliere novità, a rinnovarsi. Leggendo Settis si ha il piacere di riscoprire date, opere, tempi, luoghi, eventi, ambienti, che ormai sono sfuggiti al diffuso livello di conoscenza, di sentirli vicini, attuali, di constatarne l’azione pur in ambiti completamente diversi dai loro d’origine. Il passato più remoto, l’antico torna a valere in questo libro giacché ovunque, in ogni epoca compresa la nostra, si scopre la sua azione e si discute su come interpretarla anche mediante continui riferimenti a posizioni critiche, teorizzazioni di studiosi antichi e moderni, italiani e stranieri. L’opera contiene, quindi, molte e diverse interpretazioni del “classico” avvenute nel tempo, il loro confronto e il risalto che il Settis fa acquisire ad alcuni elementi o aspetti di esse senza mai giungere a delle acquisizioni uniche, inalterabili e lasciando aperto il problema se ritenere quella “ classica” un’epoca, una fase della storia e umanità occidentali ormai conclusa oppure ancora presente e valida, se decretarne la fine o continuare a riferirsi ad essa, a convalidarla ed utilizzarla per la formazione delle nuove e future generazioni. Dall’architettura alla scultura, alla letteratura, alla filosofia, allo spettacolo corre lo sguardo del Settis e sempre si mostra pronto a cogliere quanto, in tali discipline, è avvenuto in epoca classica ed ancora avviene, a rilevare se c’è stata continuità o frattura tra prima e dopo, se la loro storia è da intendere come un processo”ritmico”, che, cioè, risorge in continuazione oppure diviso, separato in periodi determinati, se la vera “classicità” è soltanto  greca, come alcuni studiosi intendono, o anche romana, se prima di queste ci sono state, in Occidente, altre espressioni di cultura e quali e come greci e romani le hanno utilizzate, se altre grandi civiltà, cinese, indiana, giapponese, vivono oggi gli stessi problemi riguardo al loro passato, alla loro “classicità”.

Ampia, pur nel breve spazio del libro, diventa l’operazione del Settis e  da qui  l’interesse che esso suscita per il lettore. Ma altro principale motivo  di attrazione è quello di far sentire chi legge partecipe del problema, di lasciare a lui, dopo avergli offerto l’occasione di conoscere o ricordare tanto, la possibilità di stabilire per proprio conto, di  cercare una propria soluzione, di pensare se  e come sia possibile continuare a riferirsi all’antico, alle sue culture, lingue, idee, ai suoi valori, in un’ epoca quale la nostra invasa da tante culture, lingue, idee, da tanti modi e sistemi di conoscenza, da tante mode.


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