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Il successo dei deboli
(Tra letteratura e cinema)

 di Antonio Stanca

Dopo il clamoroso successo di “Spiderman” (Maggio 2002) il regista americano Sam Raimi ha  da poco ultimato le riprese di “Spiderman 2”, che nelle sale italiane giungerà a Settembre. Protagonista è sempre l’attore Tobey Maguire, interprete del personaggio di Peter Parker, l’uomo-ragno del noto fumetto, dal quale i film sono tratti. Suo avversario è lo scienziato impazzito Dottor Otto Octavius (Alfred Molina), la sua donna è Mary Jane Watson (Kirsten Dunst). E’ un altro film-fumetto, la cui preparazione è costata molto in denaro ed in impegno e col quale il regista spera di ripetere il successo precedente. Di questo già ci sono i primi segnali ed anzi l’interesse col quale “Spiderman 2” è stato accolto alle sue prime proiezioni fa pensare che stavolta saranno superati i precedenti livelli di pubblico e d’incassi. Il fenomeno è stato spiegato col fatto che a differenza di tanti, di tutti i supereroi da fumetto, Spiderman non si mostra sicuro della sua forza fisica e morale, non si muove con determinazione ma è sempre disturbato da dubbi, ritorna sempre a pensare al già fatto, non è mai completamente sicuro dei suoi pensieri ed azioni. E’ un eroe negativo, una figura nella quale, oggi, riesce più facile immedesimarsi da tanta parte dell’opinione pubblica postmoderna giacché sono venute meno le certezze che, negli anni precedenti, la scienza e la tecnica sembravano poter assicurare per sempre all’umanità e sono subentrate condizioni spirituali e sentimentali d’insicurezza nei riguardi del presente e soprattutto del futuro. Spiderman interpreta tale psicologia instabile, costantemente esposta a modifiche e, perciò, trova largo ascolto tra il pubblico dei nostri giorni.

Sembra di assistere ad una trasposizione, sullo schermo, di quei personaggi creati da tanta letteratura decadente soprattutto di genere narrativo. In Spiderman sembra di poter riconoscere lo Stephen Dedalus di James Joyce (1882 – 1941), lo Zeno Cosini di Italo Svevo (1861 – 1928), “l’uomo senza qualità” di Robert Musil (1880- 1942) ed ogni altro personaggio debole, mai sicuro delle sue scelte, sempre superato dalle circostanze, nel quale molti autori tra Ottocento e Novecento e, con esiti alterni, anche dopo hanno trasferito i loro problemi di fronte ad un mondo, una società, una vita che divenivano sempre più difficili. Ma fin quando è stato un luogo letterario quello dell’uomo debole è rimasto lontano dal grosso pubblico specie in area decadente dove l’autore, come il suo personaggio, si sentiva e si voleva diverso dalla comunità.

Nel 1962 una figura molto simile compare in un fumetto elaborato da Stan Lee e disegnato da Steve Ditko: è l’uomo-ragno che, dopo un periodo di crisi, verrà rilanciato, negli anni ’80, da Roger Stern ed avrà spazio tra un pubblico maggiore di quello limitato ai soli lettori di opere letterarie. Ora, con i film di Raimi, quello spazio è divenuto estesissimo e la figura dell’uomo debole  trasformata in un motivo diffuso, in un luogo comune visti l’interesse e la partecipazione con i quali viene seguita. Non possono essere rintracciati collegamenti tra le due manifestazioni, la letteraria e la cinematografica, ma si può osservare come ai mezzi di comunicazione di massa, fumetti, cinema, televisione, riesca più facile raggiungere il pubblico e come oggi i tempi siano maturati al punto che quello stato di fragilità morale, proprio degli autori decadenti di fronte ad un mondo sempre più sicuro materialmente, può essere considerato una diffusa condizione dello spirito. L’atmosfera che allora era dei soli “eletti”  è ora di tutti: non di una conquista si può dire ma di una perdita!


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