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Tabucchi: la totalità dell’ essere
(Senza inizio né fine)

di Antonio Stanca

Quella del cinquantottenne pisano Antonio Tabucchi, docente di Letteratura portoghese presso l’Università di Siena e da anni affermato e più volte premiato scrittore e saggista, nasce come scrittura colta già nelle prime prove narrative e così continua fino a quest’ultimo ampio romanzo epistolare, appena pubblicato da Feltrinelli, "Si sta facendo sempre più tardi". Qui di cultura antica e moderna sono imbevuti i temi ed i modi senza, tuttavia, che si rinunci, come nelle altre opere, a perseguire un obiettivo, ad impegnarsi per un significato. In verità gli obiettivi, i significati che Tabucchi si prefigge nei racconti e romanzi risultano spesso ambigui ed anche stavolta succede al lettore di vagare a lungo tra infiniti contenuti e labirintiche costruzioni prima di intravedere le finalità di un processo così variamente articolato.

Romanzo epistolare, s’è detto, ma strano pur nel suo genere visto che a scrivere le diciassette lettere di cui si compone sono uomini sempre diversi che le inviano a donne pure diverse e solo l’ultima lettera è inviata da una donna ad un uomo. Scrivono generalmente persone confuse, smarrite tra i propri pensieri, sentimenti, atti, ambienti, persone alla ricerca di un riferimento materiale o morale che sanno impossibile, del volto, dello sguardo, della parola, del gesto, della confidenza, dell’intimità della donna cui si rivolgono anche se da loro definitivamente lontana. Tanto lontana da essere, in uno dei casi, morta e da non impedire, tuttavia, al marito di spedirle una lettera che come le altre si rivela ,quindi, un pretesto usato dai vari mittenti per dire del proprio disagio o smarrimento, per discutere un problema che preme loro e che può essere di carattere morale o filosofico o scientifico o altro. Più che di lettere di innamorati alle loro donne come vorrebbero apparire si tratta, infatti, di discorsi, divagazioni provenienti da uomini che sono passati attraverso particolari esperienze e circostanze, che si trovano o sono stati nei più diversi luoghi della terra, che dello spazio, del tempo, dell’universo, dei secoli hanno idea come di elementi costantemente vivi e mobili giacchè pur tra le loro distanze e differenze hanno scoperto impensabili corrispondenze o collegamenti, uomini che considerano la vita un fenomeno esteso oltre ogni limite, una possibilità inesauribile per il corpo e l’anima. Tutto, tempi, ambienti, persone, cose, idee, realtà, vive, con Tabucchi, una vertiginosa totalità; niente inizia o finisce ma tutto continua anche se in forma, tempo, luogo diverso, tutto scorre all’infinito come il "suo fiume senza sponde". E’ una dimensione così ampia da comprendere e giustificare una varietà indefinibile di pensieri ed azioni, la loro moltiplicazione e trasformazione, da estendere ovunque il diritto, il valore, la funzione d’esistere, da escludere principi o regole costituite perché comportano limiti, divieti in un’esistenza che non ne ha, da non concepire niente d’immobile, inalterabile, immutabile né a breve né a lunga distanza fino a far sì che l’uomo non si ritrovi più nelle proprie esperienze, non si riconosca nella propria persona. Così si sentono molti autori delle lettere che compongono il romanzo: tra essi c’è chi ha scelto di vivere una condizione immaginaria perché, secondo lui, la migliore; chi su un vecchio giornale ha scoperto il volto della donna amata e, ormai lontano per sempre da lei, crede di riprodurne i tratti mediante la musica dell’arpa suonata per tutta la vita; chi non riesce a capire se ha dormito per sette giorni o sette anni visto che "il tempo è niente"; chi scrive alla moglie defunta convinto d’essere ascoltato; chi in un libro scoperto in una pensione sperduta legge la storia della propria vita come se questa fosse stata determinata da qualcuno prima della sua nascita; chi in un laboratorio astronomico, che permette di vivere il futuro, ascolta la voce del figlio morto quasi si fosse reincarnato dopo tanti anni; chi, richiesto della propria identità, non sa dichiararla perché ha perso ogni punto di riferimento. E’ un’esistenza che si scopre partecipe di tante altre presenti, passate, future, che tra queste si sente sospesa, divisa e senza possibilità di rientrare nella condizione che credeva sua unica, è un libro impegnato a rendere una situazione così nuova e suggestiva, una totalità così vasta da passare in continuazione dall’ambiente naturale, vegetale, animale a quello umano, sociale, dalle foreste, fiumi, mari, montagne ai piccoli e grandi centri abitati, alle città, alle metropoli, alle loro vie, alla loro gente, da cultura, lingua, tradizioni di popoli vicini e moderni ad altre di popoli lontanissimi e antichissimi, da miti e leggende ad usi e costumi, da citazioni letterarie a motivi musicali, da personaggi famosi alle opere che li hanno creati, dalla filosofia alla religione, all’astronomia, alla chimica, dalla più immediata attualità alle più remote conoscenze. Ognuno di questi elementi diviene, nell’opera del Tabucchi, aspetto di un infinito, interminabile movimento, parte di una vita intesa quale incalcolabile immensità. Ne scaturiscono atmosfere fantastiche, incantate, magiche, irreali, situazioni da favola il cui fascino risulta accresciuto da un lessico ed uno stile che si mostrano in tanti modi, usano tante possibilità da sembrare di voler partecipare di quella totalità dell’essere che si propongono di rappresentare.


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