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Tempi che cambiano

di  Antonio Stanca

“Un uomo solo è al comando della corsa… il suo nome è Fausto Coppi…”: così iniziava, anni fa, la cronaca di un Giro d’Italia e poco dopo si vedeva, sullo schermo televisivo, il campione che, curvo sulla bicicletta, aveva staccato con un impeto irresistibile tutti gli altri ciclisti e s’inoltrava tra le foschie di una montagna da scalare; un’altra volta Coppi era mostrato in un altro momento, in un’altra corsa, mentre col braccio teso all’indietro passava l’acqua ad un corridore poco distante da lui col quale era in fuga dal gruppo e tra poco avrebbe dovuto contendere il traguardo, Gino Bartali. Lo faceva senza tener conto che era il suo maggior rivale ed evidenziando come le necessità anche di un avversario lo portassero a trascurare le proprie, come la forza del suo corpo fosse pari a quella dell’anima.

Non sono passati secoli ma solo anni  da quando era possibile vedere queste immagini esemplari eppure oggi  sembrano lontanissime, remote, di altri tempi, ambienti, uomini. Sembrano situazioni da sogno, da favola poiché molto è cambiato nel giro dei cinquanta o poco più anni che da esse ci separano. In quegli uomini, nelle loro gesta si trasferiva l’immaginario collettivo, si condensavano le idealità d’intere masse popolari; essi interpretavano quanto ognuno avrebbe voluto essere e fare. Unico era il pensiero sia dei grandi sia dei piccoli anche se in maniera diversa si esprimeva ed attuava. Eroi, come nel mito, erano quei campioni e capaci della semplicità, delle qualità morali oltre che della forza fisica degli antichi eroi essi erano pensati e tali si comportavano. Non solo personaggi del ciclismo o di altri sport ma anche della musica, del canto, del cinema, dei generi, cioè, più facilmente fruibili a livello popolare, ottenevano gli stessi effetti, diventavano simboli unici, modelli indiscutibili per vaste masse di cittadini. Rientravano tra le loro aspirazioni giacché diffuse erano la tendenza a migliorare, l’attitudine a credere, sperare, la volontà di fare, costitutivi dell’atmosfera di quel periodo della storia nostra e di molte altre nazioni, della loro situazione privata e pubblica, erano i valori dell’idea, dello spirito.

Incredibile, pertanto, sembra come ad una distanza non molto lunga quale quella  d’allora ai nostri giorni si sia avviato e ormai definitivamente consolidato quel processo di materializzazione del quale oggi tutti e tutto sono  vittima, come gli esempi, i modelli da imitare siano divenuti di carattere contingente, come i principi, i valori unici, insostituibili,  estendibili ovunque ed ai quali ovunque riferirsi siano stati sostituiti da altri adattati alla circostanza, alle richieste del momento e, perciò, mutevoli, discutibili, come la cultura dell’idea abbia ceduto a quella della realtà più concreta, più immediata, e questo anche in ambiti di educazione e formazione quali la famiglia e la scuola.

Pure  adesso ci sono grossi personaggi e nei settori accessibili alla condizione popolare ma non rappresentano più un simbolo, un esempio, non sono  dei protagonisti ed hanno soprattutto problemi. Spesso per poter continuare sono costretti ad accettare le regole dei nuovi ambienti, a fare delle rinunce, ad adattarsi. Non è più tempo di eroi né di ammiratori, il singolo non vale per i molti, non c’è l’idea che unisce ed alla quale richiamarsi poiché sostituita da tante realtà quanti sono gli aspetti che la vita moderna ha assunto e quante le persone che li vivono. Ognuno, oggi, ha una realtà propria e di questa si sente protagonista. Non ci può essere, quindi, spirito di emulazione ma soltanto di competizione, di rivalità. Né è possibile contenere, ridurre tanta varietà e chi, come prima, pensa di farcela, chi ancora vive d’idee è costretto a constatare che il suo è soltanto uno tra i tanti altri modi di essere e il più difficile da capire ed accettare.


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