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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

LABORATORI *

di Mauro Cervellati

I laboratori  costituiscono una  modalità didattica e organizzativa molto diffusa anche negli asili nido Un laboratorio è uno spazio attrezzato, che consente ai bambini di utilizzare attrezzature specifiche, materiali ad hoc, strumenti utili per l’attività che lì si svolge.

Se parliamo di ambiente ricco di materiali e strumenti, parliamo contestualmente di un luogo in cui si progetta, si ipotizza, si ricercano soluzioni, si discutono possibilità per costruire, per produrre, per fabbricare qualcosa.

Negli asili nido si possono organizzare  laboratori d’arte, di pittura, di costruzione, di  produzione visiva, di musica, nonchè laboratori psico-corporei.

Ogni singola scelta didattica va peraltro connessa ad un “senso unitario”, espressione   della mission di quel nido. 

 Nel nido la  progettualità può opportunamente  puntare con forza verso della dimensione manuale. La mano, le mani, le azioni, le idee, le possibilità, i significati connessi all’utilizzo delle mani ( e non solo dei polpastrelli digitanti!).

Nell’incontro dialogico che si crea grazie all’habitat laboratoriale, l’adulto trova le condizioni ecologiche  più promettenti, e grazie ad esse tenta di entrare nei pensieri dei bambini, nei racconti fatti da uno all’altro. E così si promuove  l’incontro, nello sforzo di ricostruire i loro punti di vista. Bruner parla di bambini pensatori. Di far posto alle prospettive del bambino. In uno scambio che fortemente si nutre del propellente  dell’ intersoggettività.

I laboratori  costituiscono una  modalità didattica e organizzativa molto diffusa nei nidi.

  Una  definizione di laboratorio non univoca ( in tempi di pluralismo si rischierebbe di consegnare un’immagine piatta, priva  delle varie sfumature che ne caratterizzano la varietà), ma chiarificatrice, ed euristico-riflessiva  appare doverosa. Tentiamo di passare in rassegna alcuni descrittori capaci di avviare un ’ interrogazione autovalutativa sulla qualità dei laboratori .

Partendo da un’analisi semantica Silvana Loiero pone in primo piano la caratteristica spaziale: un laboratorio è uno spazio attrezzato, che consente ai bambini di utilizzare attrezzature specifiche, materiali ad hoc, strumenti utili per l’attività che lì si svolge.

Se parliamo di ambiente ricco di materiali e strumenti, parliamo contestualmente di un luogo in cui si progetta, si ipotizza, si ricercano soluzioni, si discutono possibilità per costruire, per produrre, per fabbricare qualcosa.

Ho visto laboratori d’arte, di pittura, di costruzione,  di musica,ecc…

Un dato importante: indipendentemente dal contenuto, l’attività scelta deve riguardare qualcosa di  molto centrale nel contesto complessivo del progetto didattico.educativo. Non possiamo, con leggerezza impiantare laboratori di ogni genere e tipo solo perché ciascun’insegnante possa così spendere le proprie competenze personali, a prescindere da un vaglio critico che colleghi l’intero pacchetto al percorso culturale complessivo che ciascun diverso bambino ha diritto di compiere.  Occorre riconsegnare ogni singola scelta didattica ad un “senso unitario”, rintracciabile nel documento che ne disegna l’anima e ne definisce scopi ed obiettivi portanti.

Qual è il guadagno di un bambino che vive un’esperienza di laboratorio? Come si configura la relazione educativa tra bambino e adulto nel setting del laboratorio?

 Siamo in presenza delle stesse azioni/reazioni che si realizzano in un assetto tradizionale ( rapporto numerico 1:12, spazio sezione, proposta didattica adulto verso bambino)?

Penso che nella realtà del laboratorio i bambini non imparino dall’esposizione , dalla presentazione di modi, regole da ricordare e da applicare. Sparisce l’idea dell’ apprendimento di concetti che si trovano nella mente dell’educatore, e che devono essere ascoltati e poi appresi e attivati dai bambini. Così come sparisce l’idea di una conoscenza che può derivare per imitazione solo dalla pratica: “fa come faccio io”. “Guarda, che ti dimostro come si fa, per far bene”.

Il laboratorio permette all’adulto di negoziare con i bambini ipotesi di soluzioni a problemi. Permette a bambini e bambine di costruirsi delle teorie attraverso la discussione e la verifica di possibili strade e modi diversi. Permette di attivare le menti dei bambini, di renderle fattivamente attive protagoniste della ricerca culturale. Nell’incontro dialogico che si crea grazie all’habitat laboratoriale, l’adulto trova le condizioni ecologiche  più promettenti, e grazie ad esse tenta di entrare nei pensieri dei bambini, nei racconti fatti da uno all’altro. E così si promuove  l’incontro, nello sforzo di ricostruire i loro punti di vista. Bruner parla di bambini pensatori. Di far posto alle prospettive del bambino. In uno scambio che fortemente si nutre del propellente  dell’ intersoggettività.

Insegnanti lanciati nell’avventura di capire cosa pensano i bambini e come arrivano a convincersi delle cose della vita e del mondo.( cfr “Che ne sai di un bambino che cresce?” a cura di M. Cervellati , IRRE Emilia Romagna, ed. TECNODID, Napoli, 2000 ) Bambini impegnati nella costruzione del loro modello per interpretare l’esperienza. In ciò aiutati da adulti pronti a sostenere la discussione, incoraggiati ad esprimere meglio le loro idee, valorizzati nell’incontro con altre menti che possono esprimere punti di vista diversi.

“Questa pedagogia della reciprocità presume che le menti umane siano capaci di   possedere credenze e idee che, attraverso la discussione e l’interazione, possono essere dirette verso un quadro di riferimento comune. Sia il bambino che l’adulto hanno un proprio punto di vista e ciascuno viene stimolato a riconoscere quello dell’altro, anche se i due modi di vedere possono essere discordanti. Devono arrivare a capire che le opinioni diverse possono essere basate su ragioni riconoscibili, e che queste ragioni forniscono la base per giudicare le convinzioni opposte alle nostre. A volte hai “torto”, a volte hanno torto gli altri  dipende da quanto le idee sono ben ponderate. A volte le due visioni contrapposte sono entrambe giuste- o entrambe sbagliate. Il bambino non è soltanto ignorante, non è soltanto un recipiente vuoto, ma è qualcuno capace di ragionare, di fare senso, sia per conto proprio che attraverso il dialogo con gli altri. Il bambino viene considerato capace non meno dell’adulto di riflettere sul suo stesso pensiero, (e di correggere le sue idee e le sue nozioni attraverso la riflessione (…). Il bambino e la bambina, in breve, vengono visti (…) come degli epistemologi.”( J. Bruner, La cultura dell’educazione, Feltrinelli, Milano, 1997, pag. 69)

In una situazione organizzativamente artificiale come il laboratorio, costruita per sostenere e promuovere una ricerca culturale più vicina alle singolarità, alle soggettività, il bambino e la bambina possono esprimere le loro teorie ingenue sul mondo e trovare ascolto. Un ascolto che non pretende di far diventare tali teorie a tutti i costi congruenti con quelle “giuste” dei grandi attraverso sottili espedienti didattici, ma che nel dialogo e nella negoziazione dei ragionamenti ne rintraccia le ragioni. Vogliamo in buona sostanza allevare bambini e bambine che non accettino una verità solo perché deriva da un’autorità ( “me l’ha detto la maestra”) ma che sappiano comprendere la verità attraverso le dimostrazioni, le argomentazioni, le ricostruzioni. Una visione interattiva, di scambio tra adulto e piccolo che mira al  passaggio da credenze soggettive a teorie accettabili perché validate, dimostrate, verificate intersoggettivamente. Una modalità che peraltro non pretende di giungere comunque ad una univoca verità dimostrabile, ma che nell’impossibilità di farlo, acquista coscienza dei propri pregiudizi, delle pre-supposizioni, delle idee ipotetiche. Liberarci dai pregiudizi di cui non abbiamo alcuna consapevolezza rappresenta indubbiamente  un enorme avanzamento conoscitivo. Percorribile, possibile, a patto che ci si guardi con occhi nuovi, con occhi diversi, nello sforzo di leggere non solo le nostre azioni e le nostre parole di adulti ma anche i nostri pensieri, le nostre idee.

VADEMECUM   PER UN PROGETTISTA DI LABORATORIO

1  ASCOLTARE I BAMBINI

Il contenuto, l’argomento, il tema, la collocazione, lo spazio viene deciso dopo aver effettuato una ricognizione con i bambini. Osservazione, diario di ascolto,  tracce, forniscono elementi utili per istituire una negoziazione concertata con i bambini.

Tra le competenze che l’adulto mette in atto, il saper captare i processi che i bambini differenti pongono in essere. Con una sottolineatura sulle potenzialità espressive e creative che ciascuno di loro rivela. Dunque grande attenzione alle individualità, alle relazioni tra bambini e con le sollecitazioni culturali. L’adulto capta i cambiamenti, i piani evolutivi.

Il laboratorio non nasce a tavolino da una riunione di adulti che prescindono dai bambini reali. Esso nasce dalla progettualità condivisa tra bambini e adulti.

Il ruolo dell’adulto cambia e diventa di minor protagonismo e di indirizzo, sostegno, stimolo alla problematizzazione. In un setting di cooperazione.

2        RISORSE

Quali risorse materiali, finanziarie, umane possiamo effettivamente mettere in campo

per realizzare il laboratorio ? Esse vanno cercate, dopo aver fatto un elenco della spesa e un  inventario delle risorse recuperabili.

3 BENESSERE

Il lab deve garantire il benessere delle persone che vi partecipano. Bambini e adulti. Lo spazio sarà confortevole, raccolto e accogliente. Gli spazi saranno inventati sulla base anche dei materiali utili per l’allestimento del laboratorio.

4 MATERIALI

Importante tassello: i materiali saranno non banali, vari, desueti, sorprendenti.Materiali stimolanti e sufficienti, dunque non esorbitanti, nè mancanti.

Si cura la disposizione negli spazi a seconda della  tipologia.

*Il lab può offrire materiali con i quali i bambini possono liberamente giocare-costruire-elaborare

*Il lab può offrire un tema come la creta, la pittura , e i materiali saranno ovviamente “in tema”.

*Il lab può nascere come luogo attrezzato per la costruzione di un oggetto, di un luogo ( pupazzo, casa, …), e  i materiali saranno collocati di conseguenza e finalizzati.

I materiali necessitano di istruzioni per il loro uso…le tecniche …

5 MEMORIA

Il laboratorio è uno spazio per la memoria. A partire da ciò che si fa. Che sarà sempre documentato

6 RIORDINO

Un punto da chiarire fin dall’inizio e da sostenere. Il laboratorio può prevedere un tempo specifico e necessario per il riordino di materiali, strumenti, oggetti da parte del bambino. Come lo si trova così lo si lascia! Le implicazioni educative del riordino  non sono secondarie.

LABORATORI
QUESTIONARIO APERTO PER AUTO-VALUTARE LA QUALITA’

1) Per gli adulti (educatori e genitori) è chiaro il senso della scelta compiuta con la decisione di istituire il laboratorio?

2) Ai bambini è chiaro il senso complessivo dell’attività che svolgono nel laboratorio?

3) C’è una chiara consapevolezza del diverso ruolo che l’adulto può svolgere nella relazione (più di mediazione educativa ) relativamente al lavoro del laboratorio?

4) C’è un’attenzione ai diversi modi di apprendere da parte dei bambini e delle bambine nelle attività laboratoriali?

5) C’è una giusta dose di spazio per il fare e per il pensare a ciò che si fa(prodotti/ processi )?

6) C’è una relazione di compartecipazione cooperativa alla costruzione del progetto di laboratorio tra piccoli e grandi ?

7) Si dà spazio al lavoro di documentazione sia per i bambini che per gli adulti?

8) C’è un’evidente connessione tra le attività e il laboratorio nel quadro complessivo del piano dell’offerta formativa?

9) Si  sono previsti momenti di valutazione riflessiva sull’andamento dell’attività di laboratorio?

10) L’organizzazione del laboratorio è curata e articolata in conseguenza alle mete di apprendimento che ci si pone di raggiungere?


*Articolo pubblicato su: L'abecedario dell'asilo nido,  Marius editore, Milano 2003, collana Qualinfanzia a pag 81-87.

*Mauro Cervellati IRRE Emilia Romagna


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