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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Al Ministro della Pubblica Istruzione

Onorevole Ministro,

su uno striscione della curva Fiesole dello stadio di Firenze, qualche anno fa, è apparso uno striscione su cui era scritto: “Mai una gioia!”. Non era uno striscione arrabbiato, violento, uno di quelli che troppo spesso si leggono negli stadi, la domenica. Voleva esprimere la profonda delusione, lo sconforto, dei tifosi nei confronti della loro squadra. Era uno striscione triste. Ecco, Sig. Ministro, dopo aver letto la circolare 74 sulle iscrizioni, io mi sento come quei tifosi. Non sono arrabbiata (lo sono stata per cinque anni, e anche la rabbia, come la pazienza, finisce); sono delusa, amareggiata, sconfortata. Triste. E non capisco. Non capisco perché mi sono arrabbiata tanto in questi anni, perché ho scioperato, manifestato sotto la pioggia, perché ho discusso con colleghi, dirigenti scolastici, assessori comunali e provinciali. Perché, vede Sig. Ministro, io ero convinta che fosse doveroso resistere, che quelle norme ingiuste e sbagliate contenute nella legge 53 non dovessero passare nella scuola. Ero convinta (pensi l’ingenuità) che il mio impegno in questo senso sarebbe stato utile a Lei, che Le avrebbe reso più facile il compito di emendarle. E invece mi accorgo che non è servito niente. Che Lei non si è accorto che questa specie di “disobbedienza civile” era stata messa in atto per aiutarLa. Perché io e tanti miei colleghi sapevamo che sarebbe stato difficile tornare indietro una volta che le norme sul doppio anticipo fossero entrate a regime. E ci siamo fatti un punto d’onore di fare in modo che ciò non accadesse. Anche a costo di riunioni con i genitori, oltre l’orario di servizio; muovendoci su tutti i fronti, senza trascurare niente. Tanta fatica per nulla. Perché la Sua circolare, questo ci dice: “Non dovevate disturbarvi, me la cavo benissimo da solo”.

E così si riconferma l’ingresso anticipato nella Scuola dell’Infanzia ancora una volta senza regole, rimandando alle “…istruzioni che saranno successivamente fornite…”. Ma le scuole sono chiamate a decidere ora se accogliere o no quei bambini. Sono chiamate a rispondere ora ai genitori che si presentano nelle segreterie. Quanto vale un bambino nato Febbraio per la determinazione degli organici? E uno nato a Gennaio che però viene accolto a Settembre?

Perché, vede Sig. Ministro, non è la presenza dei bambini più piccoli ad umiliare chi lavora nella Scuola dell’Infanzia. È il modo superficiale, irrispettoso con il quale lo si è proposto all’inizio e si continua a proporlo con il nome di regime transitorio, che rende quest’operazione fondamentalmente triste.

L’anno ponte avrebbe potuto rappresentare (avrebbe dovuto essere, nelle mie aspettative) l’occasione per aprire un dibattito sull’infanzia e sulla sua scuola. Una discussione seria, approfondita, culturalmente fondata, capace di coinvolgere e appassionare tutti coloro che, a vario titolo, si occupano dei bambini, della loro crescita e della loro educazione. Penso a docenti, genitori, enti locali, educatori dei nidi… Invece l’occasione è andata sprecata e chi ci ha perso non sono le insegnanti, ma i bambini e il paese.

È in questo contesto che si colloca l’aspetto più grave della circolare: quello che mantiene e normalizza l’anticipo alla Scuola Primaria. Che fine hanno fatto i bambini che lo hanno sperimentato in questi anni sulla propria pelle? Quali monitoraggi sono stati messi a punto per verificare l’andamento degli inserimenti? Quali innovazioni metodologiche sono state attivate per favorire il loro successo formativo? Per cinque anni ho sentito denunciare la piaga delle “premine” e accusare chi L’ha preceduta di aver scelto la via più facile, assecondando ambizioni e interessi che poco o nulla avevano a che fare con le reali esigenze dei bambini. Che cosa è successo adesso? Le “primine” non sono più una piaga? Sono diventate un modello pedagogico da esportare dalle regioni del sud (dove il fenomeno largamente diffuso) a tutto il territorio nazionale? La Circolare 74 legittima definitivamente questa pratica. Mi scusi il paragone, ma è un po’ come se il Ministro Padoa Schioppa annunciasse, che sì, è vero che non pagare le tasse, oltre ad essere un reato, è un azione moralmente sbagliata perché danneggia la comunità nel suo insieme e colpisce in particolare i più deboli e i più bisognosi privandoli di quei servizi e di quei supporti senza i quali incontrerebbero grandi difficoltà, ma cosa ci vogliamo fare? Si sa che in Italia pochi pagano le tasse. È una “prassi consolidata” (per usare un’espressione della Sua circolare). Per cui, tanto vale stabilire una norma che consenta, in maniera libera e volontaria, a tutti i cittadini nati entro il 30 di Aprile di avvalersi della facoltà di non pagare più.

Non sarebbe stato più serio impegnarsi veramente per la generalizzazione della Scuola dell’Infanzia? Per stabilire e realizzare il pieno diritto dei bambini e delle bambine dai 3 ai 6 anni ad avere una loro scuola? Per promuovere un’azione di ricerca e di sperimentazione che consentisse la diffusione su tutto il territorio delle migliori pratiche educative, quelle in grado di qualificare questa scuola e di rendere marginali le scelte anticipatarie?

Onorevole Ministro,

alla luce di queste considerazioni ho bisogno di chiarimenti e di spiegazioni. Perché io sono stata sempre convinta di lavorare in una scuola e di fare l’insegnante. Ora Lei deve avere la gentilezza di spiegarmi che mestiere faccio e dove lavoro. Perché a seguito della Sua circolare è chiaro che la Scuola dell’Infanzia non è una scuola e quindi sarebbe più onesto darle un altro nome e, forse, assegnarci ad un altro ministero. Perché come si fa a continuare a chiamare scuola un posto dove si entra e si esce quando si vuole (a qualsiasi età e a qualsiasi ora)? Come si fa a continuare a chiamare insegnanti delle persone alle quali non viene riconosciuta nessuna competenza e responsabilità educativa e valutativa? Quali percorsi, quali progetti può portare avanti, quale credibilità può vantare un’istituzione nella quale si sta il minor tempo possibile? Perché se si è bravi, svegli, e se si è avuta la fortuna di nascere nei mesi giusti, se ne può fare a meno. Perché rimanere in  questo posto è un’inutile perdita di tempo. Perché la Scuola Primaria, la prima scuola, quella dove si impara finalmente qualcosa è altrove.

E allora Sig. Ministro, Le chiedo: dove vado io ogni mattina? Che mestiere è il mio?

Che tristezza, Sig. Ministro. Mai una gioia!

Paola Conti
Insegnante di Scuola dell’Infanzia
CIDI Firenze


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