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Riflessioni

di Laura Goggi

Ho seguito in silenzio per molti mesi la discussione della lista, interessata e incuriosita, senza intervenire, perché non sono propriamente un' addetta ai lavori, ma insegnante delle superiori.

Mi ha interessato soprattutto quanto è stato scritto sul rapporto con i genitori che ritengo sia un problema cruciale per l'identità della scuola pubblica e per il suo radicamento in un forte contesto sociale. E' uno dei punti deboli della secondaria: i genitori scaricano troppe responsabilità sulla scuola e spesso preferiscono ignorare quello che in concreto fanno i loro figli nelle aule scolastiche. Penso che in parte sia responsabilità di noi insegnanti: è per questo che sono curiosa di capire cosa si fa anche ad altri livelli di scolarità. Da quel che ho letto mi sono venute in mente una o due idee che presenterò ai miei colleghi al rientro e chissà che ne venga fuori una implementazione del nostro POF!

Ho continuato a leggere in silenzio anche quando mi è venuta una gran voglia di dire che sinceramente a me l'intervento di Alberoni è sembrato di una vacuità imbarazzante. Sarà che sono di natura molto pragmatica, ma le parole che risuonano bene mi inquietano e mi ha inquietato il fatto che anche nella successiva discussione non si sia ribadita da più parti con forza la specificità etica del nostro ruolo di insegnanti, quella della responsabilità.

Uno dei tanti motivi delle difficoltà di riformare il sistema scolastico italiano è la renitenza dei docenti ad assumere direttamente la responsabilità del processo educativo rispetto ai ragazzi, alle loro famiglie, alla comunità ristretta e allargata. E' solo passando attraverso l'etica della responsabilità che saranno accettate adeguate forme di verifica del lavoro svolto che sono indispensabili al buon funzionamento del sistema e al superamento di ogni logica individualistica. Ora assisto perplessa all'avvitamento personalistico della discussione e, forse anche per collaborare al suo superamento, mi decido a intervenire ponendo in discussione alcuni elementi di merito che ho colto dalla lettura dei documenti sulla scuola dell'infanzia, sulla primaria e secondaria inferiore, dall' intervento di Cerini, dal documento di Citran e dalla conoscenza dei documenti elaborati durante la scorsa legislatura. Parto con due premesse

A) il documento sulla primaria, che è quello che ho letto meglio, in cui è palese la mano di Bertagna (ho anche collazionato dei passaggi con suoi interventi nei lavori della commissione De Mauro) , nell'impianto pedagogico generale mi pare complessivamente apprezzabile e abbastanza lontano dalle rigidità dei documenti di dicembre (recupera anche il termine "curricolo", evoca un clima didattico collaborativi, una programmazione elastica)

B) il problema però sta nella commisurazione delle petizioni di principio con quelli che vengono chiamati "vincoli e risorse" che già compaiono nel documento, ma si evincono ancora più "vincolanti" sulla base delle politiche reali del ministero.

Non ho quindi pregiudizi sul documento, ma vorrei capirne di più da addetti ai lavori: come si leggono le tabelle finali sui modelli di organizzazione?

Cosa se ne ricava? Gli obiettivi di apprendimento sono realistici o troppo numerosi e troppo alti? Ad esempio per l'Italiano, non si rischia di chiedere troppo, per poi ritrovarsi a fare almeno due volte le stesse cose?

E' vero che una certa ciclicità non guasta anche nell'insegnamento della lingua perché si conta sullo scarto di livello, ma non sarà che fare così tanto alla primaria, e poi alla secondaria inferiore, può preannunciare una superiore tutta votata ai contenuti letterari, contenuti da trasmettere come valori, quando è invece proprio il momento maturo per una metariflessione seria? Questo sovraffollamento di obiettivi in asso prelude a un vero curricolo verticale?

Ma la cosa che mi intriga di più è un'altra: da sempre mi pare che Bertagna sostenga che le competenze attengono al livello di profondità e consapevolezza della persona, siano quanto di più individuale e contestuale si possa immaginare (scusate la rozzezza con cui mi esprimo). Su questa base ha criticato con forza il procedimento della commissione De Mauro affermando che definire a livello centrale le competenze sapeva di statalismo/stalinismo. Il procedimento corretto sarebbe invece quello di definire dal centro gli obiettivi di apprendimento, anche analiticamente descritti, da cui le scuole ricavano gli obiettivi formativi che si realizzano infine in competenze degli allievi. E' quello che sostiene ed attua in questo documento.

E' però costretto ad avvertire in più luoghi del testo i docenti che non si deve creare una programmazione a partire dalla declinazione analitica e ordinata degli obiettivi di apprendimento e non si deve cedere alla logica della corrispondenza binaria obiettivo-contenuto o obiettivo-prestazione. Quale dunque il problema che mi pongo? Se io docente ricevo una lista di obiettivi di apprendimento (sui quali peraltro dovrà avvenire la verifica nazionale biennale o circa) a cosa si riduce il mio ruolo? Li posso selezionare? Sicuramente li posso ordinare, e poi li dovrò "inverare" nella mia attività con gli allievi.

Io mi immaginavo invece che il centro mi dovesse dire: la comunità nazionale vuole studenti che alla fine del loro percorso (o nelle tappe intermedie) siano in grado di .. (segue l'elenco di competenze complesse, naturalmente non analitiche) e tu docente (tecnico della disciplina) analizzi e declini in procedura la competenza, individui attraverso quali passaggi specifici, obiettivi di apprendimento strettamente connessi a contenuti, uno studente può arrivare all'esercizio consapevole della competenza richiesta.

A me viene il dubbio che con la via che è stata scelta si enfatizzi una dimensione del docente un po' decurtata della parte tecnica e quindi della responsabilità educativa, che viene così forse sbilanciata sulla relazione, un po' trascurata, lo ammetto, alle superiori, e a mio parere molla fondamentale dell'insegnamento (ma senza la tecnica, probabilmente pericolosa.).

E allora condivido le osservazioni di Citran e di Cerini sulla prescrittività dei documenti e ne individuo la ragione nella scelta di definire analiticamente dal centro gli obiettivi dei apprendimento e i contenuti e di lasciare alle scuole la contestualizzazione, senza un maggiore sforzo produttivo.

E voi che ne pensate? A me pare un argomento centrale da dibattere. Le risposte che diamo sono anche strettamente legate alla nostra idea di autonomia scolastica.


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