Gli Istituti comprensivi come luoghi di coesistenza/convivenza di identità culturali/professionali diversificate (*)

di Umberto LANDI

 

Gli Istituti comprensivi di scuola materna, elementare e media, istituiti ai sensi della L.97/1994, nota come ‘legge per la montagna’, nella fase di avvio e di prima attuazione furono oggetto di particolare attenzione da parte del Ministero della P.I. Alcuni di essi ( 22 sparsi in diverse regioni del territorio nazionale) furono definiti ‘sperimentali’ e beneficiarono non solo di particolari provvidenze finanziarie ma anche di diverse iniziative di formazione in servizio, per dirigenti e docenti, nonché di azioni di accompagnamento e di consulenza. Negli anni successivi il numero di tali istituzioni è cresciuto notevolmente anche perché il Ministero ha intravisto la possibilità di avviare in essi - e lo ha evidenziato in più occasioni - un ‘Laboratorio’ dell’innovazione ordinamentale che si andava delineando e che oggi è in gran parte definita sul piano normativo, con la L.n.30/2000.

Negli ultimi due anni, mentre il numero degli Ist. comprensivi ( I.C.) è andato crescendo fino a raggiungere percentuali consistenti rispetto a tutte le istituzioni scolastiche - specialmente nella scuola di base dove raggiungono ormai circa il 30% del numero complessivo - l’azione di ‘sostegno’ pare sia andata scemando, senza peraltro poter dire di aver sviluppato una credibile azione di verifica e di valutazione, nonostante i monitoraggi e i seminari nazionali ad hoc.

Una apprezzabile panoramica sugli I.C. si trova nel n. 83 di studi e documenti degli Annali P.I. (1999) dove vengono definiti ‘ crocevia delle riforme’ per le possibilità che offrono a chi intenda di sperimentare ‘consistenti anticipi’ del riordino dei cicli, della definizione di curricoli unitari per la scuola di base ecc.

Il forte incremento del numero di I.C. rende possibile questa ipotesi auspicata più volte dal M.P.I.

Ma, al tempo stesso, specialmente nelle Regioni che hanno effettuato il dimensionamento tardivo dando vita, all’ultimo momento e per esigenze pragmatiche - a molti istituti comprensivi, la presenza massiccia di tali istituzioni rende assolutamente necessaria ed opportuna una azione di consulenza, di accompagnamento e di supporto nei loro confronti.

L’Amministrazione scolastica, in una fase di difficile ristrutturazione al centro e in periferia - avvalendosi - se ancora lo ritiene opportuno - del contributo degli Ispettori tecnici, non può non fare qualcosa nei confronti di queste istituzioni che rappresentano ancora un ‘luogo’ e un potenziale ‘laboratorio’ per l’innovazione ma costituiscono - almeno nella fase di avvio - innanzitutto situazioni di ulteriore complessità e difficoltà di articolazione del servizio scolastico, a partire dalle relazioni tra i docenti appartenenti a ‘cicli scolastici diversi’, con identità, culture, percezione di sé, modalità operative ecc. diversificate e spesso contrapposte e/o quasi incompatibili nelle situazioni di fatto.

Se si aggiunge la considerazione che la ‘unificazione’ della funzione dirigente a partire dal corrente anno scolastico vede un numero consistente di dirigenti a capo di Istituzioni scolastiche di cui non hanno esperienza precedente, nemmeno nell’esercizio della funzione docente... si comprende che i problemi di gestione ( relazioni interne, dinamiche disturbate nel collegio unitario, difficoltà di individuazione e designazione di collaboratori, di docenti cui affidare le F.O. ecc. ) sono in alcuni casi tali e tanti da determinare momenti di grande conflittualità, di tensione e di disagio diffuso, con inevitabili ripercussioni sul clima organizzativo, sui livelli di malessere dei docenti, e di conseguenza, sulla qualità delle prestazioni professionali degli stessi e dei servizi scolastici erogati.

Nei casi in cui - e non sono pochi - tali istituti sono nati a seguito del dimensionamento tardivo - e sono tantissimi - combinato a cambiamento del dirigente - alla vigilia dell’inizio del corrente anno scolastico le situazioni sono quasi sempre assai problematiche e occorre un’azione strategica per cercare di costruire gradualmente e con impegno programmato livelli crescenti di accettazione e di integrazione tra ‘gruppi professionali con identità diversificate’ onde evitare il permanere di una situazione di ‘giustapposizione’ di parti e di corpi separati, causa inevitabile di inefficienza e inefficacia - e di nocività direi - delle aggregazioni adottate.

 

I fattori di disagio e di difficoltà sembrano tra l’altro derivare da:

identità sottratte, negate, a rischio/timore di cancellazione… molte - se non quasi tutte le istituzioni. debbono ‘costruire la loro ( nuova ) identità e le condizioni per la integrazione di competenze culturali/professionali diversificate: tale problema/processo riguarda innanzitutto i dirigenti e i docenti.

identità modificate, nuovi profili, ecc. In misura minore - e su un piano più generale - le difficoltà sopraccennate investono anche il personale ATA, interessato peraltro dalle questioni del passaggio degli ausiliari delle elementari e materne da dipendenti dei Comuni a impiegati dello Stato. Non va trascurato infine il passaggio da Responsabili amministrativi a Direttore dei Servizi generali e amministrativi. Il tutto si verifica all’interno di un processo di attuazione dell’ ultimo contratto, motivo di ricorrenti conflittualità e tensioni.

mancanza di ‘rappresentazioni collettive condivise’ intorno ai nodi cruciali dell’essere e fare scuola che emergono in modo vistoso e problematico nei modi di considerare l’alunno, nei criteri di valutazione, nelle prassi didattiche ecc.

mancanza, conseguente, di un ‘lessico condivisi/condivisibile’ su aspetti fondamentali della funzione docente, della relazone educativa ecc.

Su un piano ancora più generale ci sono i mille problemi della transizione verso l’autonomia, resi più complicati dalle ipotesi di definizione di un programma di progressiva attuazione del riordino dei cicli che, tra i tanti problemi, suscita anche tensioni di carattere ‘occupazionale’, non essendo chiaro, al momento, a quali docenti - nella fase di transizione’ saranno affidate le annualità delle articolazioni interne del settennio della scuola di base. .

Per quanto qui sommariamente richiamato gli I.C. possono senz’altro diventare un ‘ laboratorio dell’innovazione’ istituzionale, organizzativa e curriculare - come auspicato anche nel ‘Programma quinquennale di progressiva attuazione della legge .30/2000’ adottato dal Consiglio dei Ministri il 3 novembre u.s.

Ma per poter diventare tali occorrono progetti chiaramente elaborati, azioni positive condivise e portate avanti con la consapevolezza della complessità dell’operazione e della necessità di procedere con gradualità progressiva. Perché, inizialmente, gli I.C. - tranne qualche eccezione fortunata - rappresentano contesti organizzativi, relazionali e funzionali ad elevato coefficiente di difficoltà, tali da mettere a dura prova anche i più esperti e tenaci propositi di dirigenti e docenti con più elevati livelli di professionalità.

Per dirla con Morin (1990) la complessità va affrontata con il pensiero complesso e, in ogni caso, non può essere banalizzata o affrontata con espedienti estemporanei.

Per non restare inerti, o bloccati dalle ‘preoccupazioni’, peraltro fondate, quali che saranno i tempi di attuazione del riordino dei cicli, negli I.C. si potrebbe cercare di realizzare, in modo programmato e sistematico, alcune essenziali ‘azioni positive’, individuabili con una certa facilità nelle innovazioni sollecitate e avviate negli ultimi anni tra le quali un posto prioritario può occupare senz’altro il problema - antico e sempre attuale - della continuità educativa, curriculare, organizzativa e didattica.

Per quanto discutibili e problematiche possano essere le ipotesi di progressiva attuazione adottate dal Consiglio dei ministri, mi sembra che le Ipotesi alternative di attuazione, riportate alla fine del paragrafo: I tempi e le modalità di attuazione della legge 30/00 aprano delle possibilità - per chi non le avesse già intraviste e avviate ( ma molti lavorano già in questa direzione) per concrete ricerche di soluzioni organizzative e funzionali, a partire da situazioni reali e da contesti specifici.

Importante è farlo alla luce delle più accreditate interpretazioni delle ragioni della continuità/discontinuità nei curricoli e nei processi formativi e, al tempo stesso, decidere di farne occasione, dichiarata e intenzionale, di sviluppo professionale dei docenti e di apprendimento organizzativo della istituzione scolastica nel suo insieme.

(*) Con l’espressione ‘Istituti Comprensivi’ - appartenente al lessico istituzionale - vengono indicati, in senso stretto, le Istituzioni - comprendenti le scuole materna, elementare e media ( oggi scuola dell’infanzia e scuola di base) costituite ai sensi della legge 97/94 e successive disposizioni; in senso lato si definiscono tali le istituzioni scolastiche - meno diffuse ma pure esistenti in numero crescente - comprendenti tutti gli altri tipi di ‘accorpamenti’ e cioè non solo scuole di cicli scolastici diversi, in verticale, ma anche in orizzontale accomunando in un’unica istituzione indirizzi anche molto diversi tra loro, come, ad esempio, licei e istituti tecnici ecc.
Il termine luoghi vuole qui evocare, almeno in parte, il significato che ad esso viene conferito da M. Augé, 1993 (Nonluoghi, trad. it. Milano, Eleuthera) come contesto in cui vengono percepite e attivate particolari forme di relazione e di appartenenza, contrapposto a nonluoghi come contesto nel quale non vengono percepite e vissute tali dinamiche psicosociali