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Immagini e concetti

Umberto Tenuta

 

Sembra universalmente superata la pretesa del docente di imprimere le conoscenze nella mente degli alunni, che pure si riteneva essere lo scopo essenziale dell’insegnamento. <<Il maestro>>, si diceva nei Programmi didattici del 1867, <<si astenga dal dare dimostrazioni che in quella tenera età non sarebbero intese. Si limiti ad imprimer bene nelle menti degli scolari le definizioni e le regole…>>) (1).

Le conoscenze non possono essere trasmesse agli alunni e non possono essere impresse nella sua mente.

L’equivoco che l’espressione "comunicazione didattica" può ingenerare è che le parole e i discorsi arrivino all’alunno (ricevente) e si depositino nella sua mente, così come l’acqua che arriva in un serbatoio.

Il ricevente è attivo quanto l’emittente, in quanto deve effettuare le operazioni inverse: l’emittente codifica (rappresenta i concetti con dei simboli) ed il ricevente decodifica (sostituisce i concetti ai simboli).

Insegnare significa offrire segni, sia già organizzati per indicare i concetti, sia non ancora organizzati, che l’alunno deve utilizzare per costruire i concetti.

Tuttavia, ciò che si vuole evidenziare è che l’alunno è attivo, estremamente attivo, nei processi di apprendimento.

È l’alunno il centro dei processi di insegnamento/apprendimento, nel senso che egli deve decodificare i messaggi o costruire i concetti attraverso la sua personale attività mentale.

Sono gli alunni, i singoli alunni, i costruttori dei loro saperi.

Al riguardo, è opportuno prendere in considerazione i contenuti degli apprendimenti.

Che cosa apprendono gli alunni?

Appare estremamente evidente che l’apprendimento comincia dalla percezione.

Il bambino si affaccia al mondo munito di "macchine fotografiche" di tipo visivo (occhio), uditivo (orecchio), olfattivo (naso), cinestetico (muscoli), tattile ecc.

Con queste macchine fotografiche egli acquisisce le immagini visive, uditive, olfattive, tattili ecc. dalla realtà che lo circonda.

Con gli occhi egli si forma le immagini visive delle persone, degli oggetti e delle operazioni (movimenti).

Con le orecchie egli si forma le immagini uditive della realtà sonora (suoni, musiche, parole, discorsi, ecc.).

Con il naso egli si forma le immagini olfattive della realtà (profumi, odori sgradevoli, ecc.).

Nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu.

Forse non è proprio così, perché qualcosa preesiste ai sensi, ma sostanzialmente la conoscenza del mondo umano, naturale e artificiale arriva ai soggetti attraverso i sensi, che rendono possibile la percezione (immagini mentali). Del mondo noi conosciamo la rappresentazione mentale, quella percepita.

La nostra mente è un archivio immenso di immagini.

Al riguardo, è appena il caso di precisare che le immagini sono quello che resta delle percezioni nella nostra mente. Scomparsi gli oggetti percepiti, restano nella mente le immagini: non abbiamo più davanti a noi la montagna, ma nella nostra mente rimane la sua immagine, certamente meno fedele, meno ricca di particolari, meno definita della percezione.

Le immagini possono essere anche modificate attraverso la fantasia che può deformarle, ingrandirle, rimpicciolirle, togliere o aggiungere particolari, come in un fotomontaggio.

I grandi pedagogisti, come il Comenio, il Rousseau, il Pestalozzi, l’Herbart, il Gabelli, la Montessori, avevano ben compreso che l’apprendimento degli alunni deve cominciare dai sensi, dalle percezioni, dalle immagini.

Oggi le immagini tornano di moda, attraverso le tecnologie multimediali.

Ma, occorre avere l’accortezza di non ridurre le immagini solo a quelle audiovisive. Gli alunni devono esser messi nella condizione di acquisire direttamente le immagini attraverso gli oggetti concreti, la realtà fisica, il mondo reale, utilizzando gli occhi, il naso, le orecchie, la bocca, le mani, i piedi, il corpo nella sua interezza.

A scuola con il corpo, con tutto il corpo, con il corpo intero, e non solo gli alunni portatori di handicap, ma tutti gli alunni, ogni alunno (2).

La scuola deve configurarsi come un ambiente di apprendimento(3), un laboratorio, ricco dei più vari materiali, comuni e strutturali, relativi alle diverse discipline.

Questo ambiente comprende anche quello exstrascolastico (4).

L’attività di apprendimento deve cominciare sempre dalle esperienze concrete, dalla manipolazione dei materiali concreti, dalla percezione degli oggetti, dai movimenti ecc.

Ma, attenzione!

La conoscenza non si ferma alle immagini.

Nella nostra mente non ci sono solo immagini, ma ci sono anche e soprattutto i concetti.

Nella nostra mente non ci sono solo le immagini di nostra madre, delle madri dei nostri amici e delle madri degli animali, ma c’è il concetto di "madre".

Nella nostra mente non ci sono solo le immagini dei fiori di cui noi abbiamo fatto esperienza diretta, ma c’è il concetto di "fiore", che possiamo riferire a qualsiasi fiore, anche a quelli non botanici: un fiore di bambino, il fior fiore delle pagine (antologia) ecc.

Occorre passare dalle immagini ai concetti.

Insegnare significa guidare a costruire le immagini e guidare a costruire concetti.

Innanzitutto, occorre guidare a costruire le immagini, tenendo presente che l’attività percettiva non è meccanica, ma richiede un impegno attivo, personale, nel quale è coinvolta l’intera personalità del soggetto: nella percezione visiva degli oggetti sono coinvolte le precedenti conoscenze, le aspettative, le motivazioni dei singoli alunni. Lo stesso oggetto è percepito diversamente dai singoli alunni.

Si pensi alla tecnica o, se si vuole, all’arte fotografica, per usare la metafora iniziale: le angolazioni, le luci, le diverse esposizioni danno luogo a immagini diverse dello stesso oggetto.

Maria Montessori (5) e le sorelle Agazzi (6), ma non solo esse, hanno scritto pagine preziosissime in ordine all’attività percettiva, all’acquisizione delle immagini.

Occorre approfondire questo problema.

Ma occorre approfondire anche la problematica della concettualizzazione, dei processi attraverso i quali gli alunni costruiscono i concetti, effettuando operazioni di generalizzazione e di astrazione.

Il bambino si è costruito le immagini di sua madre, delle madri dei suoi amichetti, della madre del suo gattino e della madre del suo cagnolino.

Da queste immagini egli deve passare al concetto di "madre", che può riferire a qualsiasi altro essere animale: "madre è la persona che ha messo al mondo un essere vivente".

Peraltro, il concetto di "madre" può essere utilizzato anche in senso figurativo: "madre di tutte le guerre".

Come si possono guidare gli alunni ed i bambini in genere a costruire i concetti?

È questo un capitolo estremamente importante della didattica.

In estrema sintesi, si può dire che è opportuno guidare gli alunni a costruire insiemi di oggetti, scoprendo le proprietà comuni degli oggetti concreti e delle relative immagini.

Si può cominciare con gli oggetti concreti, classificando gli aspetti più vari:

- I frutti vengono classificati in pere, mele, pesche ecc.

- Le perline vengono classificate in rosse, gialle, verdi ecc.

- I giocattoli in automobili, bici, camion, bambole ecc.

- Gli oggetti metallici in oggetti aurei (oro), in oggetti argentei (argento), in oggetti rameici (rame) ecc.

- Gli alunni in maschi e femmine, biondi e bruni ecc.

- I blocchi logici in quadrati, rettangoli, triangoli, cerchi, rossi, gialli, blu ecc.

Si utilizza la stessa procedura per costruire i concetti matematici, linguistici, scientifici ecc.

Per costruire i concetti di tre, quattro, cinque . . . si costruiranno le classi equivalenti di oggetti.

Per costruire i concetti di poligoni e di ellissi, si costruiscono le relative classi di oggetti o figure che hanno le proprietà ….

Per costruire i concetti di soggetto e predicato si costruisce le relative classi . . .

Ciò che importa è che ogni volta si muova dalle esperienze concrete per passare poi a quelle iconiche ed infine a quelle simboliche.

<<Se è vero che l'abituale decorso dello sviluppo íntellettuale procede dalla rappresentazione attiva, attraverso quella iconica, alla rappresentazione simbolica della realtà, è probabile che la migliore progressione possibile seguirà la stessa direzione>> (7).

Si esplora il mondo con le mani, con i piedi, con il corpo, con gli occhi, con le orecchie . . .

Si adoperano le macchine fotografiche per costruire le fotografie.

Si raccolgono in distinti album (concetti) le fotografie.

Si mettono da parte gli album e si utilizzano le loro rappresentazioni simboliche costituite da simboli verbali , matematici, grafici ecc.

È questo il fascinoso cammino della conoscenza umana che le nuove generazioni di uomini deve ripercorrere per impossessarsi del patrimonio culturale dell’umanità.

A questo cammino della conoscenza (istruzione) si accompagna quello della formazione delle capacità e degli atteggiamenti, che è un cammino non meno importante e non meno fascinoso, perché l’uomo, prima che sapiens, è habilis e patiens (8).

Ma sulla formazione ci soffermeremo in un successivo intervento.

In questa sede abbiamo voluto soltanto richiamare l’attenzione sui processi di costruzione delle immagini e dei concetti, che i docenti dovrebbero fare oggetto di opportuno approfondimento.

(Si ringrazia Nino Martino per la preziosa elaborazione digitale)


Note

1 LOMBARDI F.M., I Programmi per la scuola elementare dal 1850 al 1985, La Scuola, Brescia, 1987, pp. 49-50).

2 VAYERP., Educazione psicomotoria nell’età scolastica, Armando, Roma, 1977; MAIGRE A., DESTROOPER J., L’educazione psicomotoria, Paoline, Bari, 1978.

3 UMBERTO TENUTA, L'attività educativa e didattica nella scuola elementare-Come organizzare l'ambiente educativo e di apprendimento, La Scuola, Brescia, 1989.

4 FRABBONI F., GENOVESI G., L'ambiente come alfabeto, La Nuova Italia, Firenze, 1986.

5 MONTESSORI M., La scoperta del bambino, Garzanti, Milano, 2000.

6 AGAZZI R., Come intendo il museo didattico, La Scuola, Brescia, 1968.

7 BRUNER J.S., Verso una teoria dell'ístruzione, Annando, Roma, 1967, p. 85.

8 TENUTA U., I contenuti essenziali per la formazione di base: homo patiens, habilis, sapiens, in RIVISTA DELL’ISTRUZIONE, MAGGIOLI, RIMINI, 1998, N. 5.


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