Inguaia tutto ma non il finale

di Umberto Landi

Dice più o meno così un proverbio napoletano che vuole essere un invito alle persone che non hanno perso del tutto il senno ad essere attente almeno nella parte finale delle loro azioni, specialmente quelle che si sviluppano lungo un certo arco di tempo.

Questo proverbio sembra sfuggire ai responsabili nazionali della politica scolastica che in quest’anno - anche per impegni contrattuali - di iniziative ne hanno messe in cantiere più di ogni ottimistica previsione e di ogni possibilità di gestirle positivamente. E dimostrando zelo degno di miglior causa sembrano decisamente intenzionati a non salvare nemmeno il finale di un anno scolastico tutto particolare.

Il tutto sembra dipendere da una scadenza millenaristica, una sorta di scommessa contro il tempo, partita circa tre anni fa (all’indomani dell’approvazione della legge Bassanini) che ora si manifesta quasi come ‘coazione ad agire’, come corsa affannosa contro il tempo anche per dare attuazione al vigente contratto del comparto scuola.

Se non ricordo male, fu il Presidente del Consiglio Romano Prodi a dichiarare solennemente alla televisione ‘ nel duemila avremo un’altra scuola’. E che ciò si stia verificando è più che credibile. Si vede. Il problema è che l’aggettivo altro nella accezione più comune significa semplicemente diverso da, senza connotazioni valoriali.

Tutti gli atti governativi seguenti sono stati sempre vincolati a questa sfida epocale (?) di attivare al 1° settembre del duemila - l’autonomia di tutte le istituzioni scolastiche.

Il disegno riformatore - assai articolato e complesso, apprezzabile proprio per questo - è stato costantemente e ossessivamente agganciato a questa scadenza, irremovibile anche quando segnali vari facevano intravedere l’opportunità di ragionevoli dilazioni ( sarebbe forse bastato un anno) per rendere più efficace e sostanziale il processo di cambiamento.

Ma tant’è ! Alea iacta est ha sempre il suo fascino nelle situazioni difficili.

E in questo l’azione governativa ha trovato un rinforzo nella normativa introdotta dall’ultimo C.C.N.L.

E’ sotto gli occhi di tutti che - facendo qualche considerazione solo sugli eventi più recenti - l’anno che sta per finire è cominciato con l’affanno (dei ‘dirigenti’ innanzitutto) e si conclude nel parossismo di mille impegni disparati da cui sono presi in questi giorni gli stessi dirigenti e molti ma i cui effetti nefasti si ripercuotono su tutto il sistema. Cosicché mentre si lavora a costruire la ‘scuola nuova’ si rischia di distruggere - o comunque rovinare - quella reale e presente. Ma, si obietta, bisognava applicare il nuovo contratto che è entrato in vigore il primo giorno di scuola pur essendo stato firmato solo il giorno prima.

E così è scattata subito la teoria caotica e infinita dell’applicazione di tutti gli altri impegni contrattuali che hanno incrociato le iniziative e le scadenze previste dalla normativa sull’autonomia delle istituzioni scolastiche.

La sessione riservata, le prove scritte e orali dei concorsi ordinari per tutti i cicli scolastici e per tutte le cattedre in cui si articola l’insegnamento del ciclo secondario, la procedura finalizzata all’assegnazione del trattamento economico accessorio ai docenti....(con il tormentone del concorsone respinto dalle proteste degli interessati), la individuazione degli insegnanti incaricati di F.O. e l’avvio dei relativi ‘corsi di formazione’ ( in qualche provincia iniziano a giugno !) ... e si potrebbe continuare, senza tener conto dei mille ‘progetti’, nazionali e locali, già in atto qua e là: i sottoprogrammi europei, i progetti delle scuole in zone a rischio, lingue duemila ecc.
E ancora gli incontri per l’anno di formazione, la formazione in servizio, la formazione in età adulta...e quant’altro si fa oggi nelle scuole.

E’ capitato così che le stesse persone - soprattutto tra i dirigenti scolastici - si sono dedicate a cento diversi impegni, con l’inevitabile conseguenza di non poterli assolvere bene tutti quanti insieme o in sequenza ravvicinata o comunque trascurando in qualche misura quelli ‘istituzionali’.

E tralascio di toccare un aspetto delicatissimo, la cosiddetta attività di consulenza nei corsi di preparazione ai concorsi ordinari autorizzata con una C.M. del 1° aprile 1999 cui pure si sono ‘sobbarcati’ parecchi - dirigenti scolastici specialmente - dovendo assolvere nel contempo alle loro competenze istituzionali decisamente aumentate e complicate negli ultimi anni ..

Il tutto ha contribuito a determinare nelle scuole una situazione di sovraccarico di impegni che ha causato tensione, disagio, mugugni e conflittualità al di sopra della soglia della tollerabilità e delle condizioni necessarie per assicurare efficacia ed efficienza ai servizi scolastici e quel benessere essenziale per tutti gli operatori, requisito indispensabile per qualificare le loro prestazioni e i processi formativi degli alunni-utenti.

E’ noto che molti capi di istituto mentre hanno continuato a frequentare i corsi per la dirigenza ( di cui la gran parte di loro si è dichiarata insoddisfatta) hanno presieduto una, due, tre..( quante ?) ...Commissioni tra sessioni riservate e ordinarie, anni di formazione, moduli per le F.O., corsi per Direttori dei servizi amministrativi ecc.. (Un Direttore didattico - uso ancora questa espressione sperando non sia offensiva - del Lazio mi diceva giorni fa che quest’anno è stato presidente di otto diverse Commissioni ( tra sessioni riservate, concorso ordinario, anni di formazione e corsi per gli insegnanti incaricati di F.O. ...)

E arriviamo al dunque, alla ciliegina sulla torta: l’ultima sessione riservata avviata nella seconda metà di maggio e che si dovrebbe concludere nei primi di giugno con marce forzate che nemmeno in tempi di guerra si sono conosciute..

Chi non conosce i mille impegni che caratterizzano la parte finale dell’anno scolastico che - in tempi normali - vede crescere in modo preoccupante i livelli di stanchezza, di tensione e di stress ?

Ebbene proprio in tale scorcio di tempo - in cauda venenum - ecco l’ultima prelibatezza: una sessione riservata-affrettata di abilitazione all’insegnamento. Cui prodest ?
Certo, per poter operare i passaggi, le rotazioni, gli spostamenti che si renderanno necessari per assestare gli organici e gestire la transizione verso il riordino dei cicli dell’istruzione è opportuno - anzi indispensabile - avere un numero notevole di docenti che abbiano titoli tali e tanti da poter passare da un insegnamento all’altro e da un ciclo all’altro.

Ma est modus in rebus ! Anziché abborracciare un percorso formativo - banalizzandolo e degradandolo a rito poco più che formale - forse si sarebbe potuto anche decretare la facoltà di tali passaggi - ove necessari - con norma attuativa. Il risultato non sarebbe stato molto diverso.

O, più ragionevolmente, si sarebbe potuta rinviare tale sessione all’inizio del prossimo anno scolastico e realizzarla in modo più sostanziale ed efficace. Se proprio non si poteva fare diversamente, almeno le prove finali sarebbe stato opportuno rinviarle a settembre per consentire ai corsisti qualche approfondimento personale. Finanche i ruminanti hanno bisogno di tempi adeguati di metabolizzazione!

Sconti e percorsi abbreviati per chi già svolge, da diversi anni, le funzioni di docente a tempo indeterminato sono criteri comprensibili.

Ma qui si sta andando oltre. Circa 70 ore di frequenza, a giorni continui, (a volte in orari impossibili) facendo salti mortali tra i tanti altri impegni, per totalizzare le ore indispensabili per essere ammessi al colloquio finale... non sembrano il modo più adeguato ed efficace per preparare i docenti dell’ ‘altra scuola’ cioè della scuola che - visto che già siamo in Europa - ci consenta di starci con dignità e di varcare la soglia del terzo millennio, non come mero fatto cronologico e nemmeno come ‘salto’ qualitativo ma almeno come tensione verso livelli di qualità percepibili, necessari e possibili

Personalmente so bene che il cambiamento istituzionale non rappresenta il tramonto, il declino, la perdita di qualcosa e non è nemmeno una operazione a successo automatico. So bene - e lo vado anche dicendo - che la transizione nella quale siamo entrati è un processo complesso - e non breve - che comporta una innovazione problematica e richiede l’impegno di tutti..

Ma la situazione che ho sommariamente descritta - e che i lettori conoscono per diretta esperienza - sembra presentare coefficienti tali di confusione, incertezza, approssimazione, degrado e superficialità che suscitano disorientamento, perplessità, sfiducia, scetticismo anche nelle persone ‘ impegnate’ .. e fanno temere fortemente per le sorti della scuola italiana e per la riuscita dell’operazione autonomia.

Le innovazioni anche le più ardite e sofisticate camminano non solo con le gambe degli uomini ma anche con il loro cervello che ha poteri straordinari ma comunque limitati. E in ogni caso ha i suoi tempi di elaborazione, assimilazione, integrazione. In quello cui ho accennato non sembra se ne sia tenuto conto. O in tutto questo il cervello non c’entra ?

Affogare e banalizzare un processo di formazione/legittimazione professionale ( l’abilitazione all’insegnamento è o non è una ‘patente professionale’?) senza tener conto dei tempi indispensabili per acquisire, consolidare e incrementare conoscenze e competenze è il massimo del non senso per una istituzione che si occupa essenzialmente di processi di insegnamento, apprendimento e formazione. E in venti giorni ( tanto è durata più o meno la sessione riservata) - per giunta a fine anno scolastico - per quanti sforzi si facciano non si può acquisire, consolidare e incrementare niente di significativo sul piano delle conoscenze e delle competenze professionali perché non ci sono condizioni e tempi per farlo.

Il precedente storico che mi viene in mente mi riporta ad un volumetto che il prof. Roberto Mazzetti pubblicò all’inizio degli anni sessanta, Alfabeto e società. Vi si accennava alla campagna di alfabetizzazione promossa da Fidel Castro appena andò al potere a Cuba.

Avendo riscontrato una altissima percentuale di analfabeti, egli mandò in giro alfabetizadores che rilasciavano l’attestato di ‘alfabetizzati’ a tutti quelli che riuscivano a trascrivere un breve testo, appositamente predisposto, con toni di propaganda per le iniziative socio-economiche avviate dal governo rivoluzionario.

Lì c’era una situazione storico-sociale drammatica e un bisogno urgente di immagine del nuovo governo, comprensibile soprattutto se si considera che anche il nostro Ministero in quegli stessi anni istituì corsi popolari in misura eccezionale per recuperare tassi di analfabetismo in vista del censimento del centenario dell’unità !

Ma oggi, una operazione come quella della sessione riservata-accelerata di abilitazione, ( non che siano esaltanti i concorsi ordinari !) ripeto, a chi giova ? A che serve ? Non certo a produrre quella qualità che troppo superficialmente viene sempre presentata in correlazione diretta positiva con l’autonomia, quasi si trattasse di un binomio o di un’equazione.

Ritornando al contenuto del proverbio napoletano, il fatto grave, drammatico, è che non si sta solo inguaiando il finale di un anno scolastico caotico ma si sta compromettendo seriamente tutto quello che segue, che è, o dovrebbe essere, l’inizio - a pieno regime - di un nuovo corso nel quale tutte le istituzioni scolastiche operando in autonomia funzionale dovranno scommettere sulla capacità di mirare ai risultati - percepibili e condivisibili - e non alle procedure formali.

Quello che sta succedendo e che qui ho sommariamente descritto, non sembra il modo migliore per entrare in questo nuovo corso. Anzi, sembra ahimè, dare ragione a quelli - e sono tanti - che vedono il processo riformatore in atto solo come declino, perdita e tramonto (di qualcosa che non sempre era eccellente ma nei casi migliori aveva una sua dimensione di senso, una sua congruenza e una certa credibilità) e disorientare quelli che - nonostante tutto - ancora credono in una realistica possibilità di miglioramento del sistema scolastico e si impegnano quotidianamente per vedere realizzato questo ‘sogno’.