Maturità 1997/98

 

Prime prove dello scritto degli Esami di Maturità 1998

 

Le tracce comuni a tutti gli indirizzi riguardano:

  1. I continui successi delle scienze, in particolare della medicina, offrono la possibilità di raggiungere risultati finora insperati, creando nuove condizioni di salute e benessere. Impegnativo e delicato si fa però il lavoro dello scienziato, sul quale incombe la responsabilità di conciliare l'irrinunciabile principio della libertà della ricerca con l'esigenza di evitare i rischi connessi ad eventuali manipolazioni, soprattutto nel campo della genetica. esponete le vostre riflessioni in proposito adducendo la necessaria documentazione.
  2. Il romanzo italiano dell'Ottocento. Analizzate questo genere letterario facendo riferimento alle vostre letture e con opportuni rinvii ai testi.
  3. Ricostruite il quadro politico ed economico-sociale dell'Italia alla vigilia della prima guerra mondiale, soffermandovi sugli orientamenti del governo Giolitti, sulle scelte da esso compiute e sulle conseguenze che ne derivano nella vita politica italiana di quegli anni.

Le tracce specifiche per indirizzo:

Progetto "Brocca":

1. (vd. 1 indirizzi ordinari)

2. (traccia comune)

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Sono passati molti anni, pieni di guerra, e di quello che si usa chiamare la Storia. Spinto qua e là alla ventura, non ho potuto finora mantenere la promessa fatta, lasciandoli, ai miei contadini, di tornare fra loro, e non so davvero se e quando potrò mai mantenerla. Ma, chiuso in una stanza, e in un mondo chiuso, mi è grato riandare con la memoria a quell'altro mondo, serrato nel dolore e negli usi, negato alla Storia e allo Stato, eternamente paziente; a quella mia terra senza conforto e dolcezza, dove il contadino vive, nella miseria e nella lontananza, la sua immobile civiltà, su un suolo arido, nella presenza della morte.

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- Noi non siamo cristiani, - essi dicono, - Cristo si è fermato a Eboli -. Cristiano vuol dire, nel loro linguaggio, uomo: e la frase proverbiale che ho sentito tante volte ripetere, nelle loro bocche non è forse nulla più che l'espressione di uno sconsolato complesso di inferiorità. Noi non siamo cristiani, non siamo uomini, non siamo considerati come uomini, ma bestie, bestie da soma, e ancora meno che bestie, ….. perché noi dobbiamo invece subire il mondo del cristiani, che sono di là dall'orizzonte, e sopportarne il peso e il confronto. Ma la frase ha un senso molto più profondo, che, come sempre, nei modi simbolici, è quello letterale.

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Cristo si è davvero fermato a Eboli, dove la strada e il treno abbandonano la costa di Salerno e il mare, e si addentrano nelle desolate terre di Lucania. Cristo non è mai arrivato qui, né vi è arrivato il tempo, né l'anima individuale, né la speranza, né il legame tra le cause e gli effetti, la ragione e la Storia.

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Cristo non è arrivato, come non erano arrivati i romani, che presidiavano le grandi strade e non entravano fra i monti e nelle foreste, né i greci, che fiorivano sul mare di Metaponto e di Sibari: nessuno degli arditi uomini di occidente ha portato quaggiù il suo senso del tempo che si muove, né la sua teocrazia statale, né la sua perenne attività che cresce su se stessa.

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Nessuno ha toccato questa terra se non come un conquistatore o un nemico o un visitatore incomprensivo. Le stagioni scorrono sulla fatica contadina, oggi come tremila anni prima di Cristo: nessun messaggio umano o divino si è rivolto a questa povertà refrattaria… Cristo è sceso nell'inferno sotterraneo.….Ma in questa terra oscura, senza peccato e senza redenzione, dove il male non è morale, ma è un dolore terrestre, che sta per sempre nelle cose, Cristo non è disceso. Cristo si è fermato a Eboli.

da: Carlo Levi, "Cristo si è fermato a Eboli"

Il pittore e scrittore torinese Carlo Levi (1902-1975) nel 1935-36 fu mandato al confino in Lucania dal regime dell'epoca. Anni dopo, nel 1945, Levi raccontò la sua esperienza in Cristo si è fermato a Eboli, un libro tradotto in tutto il mondo. Durante quel soggiorno forzato aveva scoperto non solo la faticosa esistenza condotta dalle popolazioni dei piccoli paesi di una regione povera, ma anche importanti valori umani: la semplicità d'animo, la capacità di sopportazione, il senso della fatalità. Per dirlo con alcune sue parole, riscoprì "la Lucania che è in ciascuno di noi" e "tutte le Lucanie di ogni angolo della terra".
Il brano costituisce la premessa dell'intera narrazione.

Comprensione complessiva
Sintetizza il contenuto del brano, facendoti guidare da queste indicazioni:

Analisi del testo
Commenta la serie di osservazioni contenute nelle righe da 16 a 22 ("né vi è arrivato il tempo, ..." fino a "né la sua perenne attività che cresce su se stessa").
Spiega il significato delle seguenti espressioni: "visitatore incomprensivo"; "povertà refrattaria"; "terra oscura, senza peccato e senza redenzione".
In particolare commenta le considerazioni finali, sul "male" che per questa gente sfortunata "non è morale, ma è un dolore terrestre".

Inquadramento nella letteratura dell'Italia moderna
La vita dei piccoli centri e della gente umile ha fornito materia a gran parte della narrativa italiana degli ultimi cento e più anni: in quali periodi è fiorita in particolare questa letteratura e a quali regioni del nostro paese si sono interessati di più i nostri narratori?
Prendi in considerazione qualche altro autore e qualche opera.

Le domande prevedono, secondo i casi, risposte brevi e concrete o considerazioni e riflessioni più ampie

 

3. (traccia comune)

GIUSEPPE UNGARETTI

In memoria

Si chiamava
Moammed Sceab
Discendente
di emiri di nomadi
suicida
perché non aveva più
Patria
Amò la Francia
e mutò nome
Fu Marcel
ma non era Francese
e non sapeva più
vivere
nella tenda dei suoi
dove si ascolta la cantilena
del Corano
gustando un caffè
E non sapeva
sciogliere
il canto
del suo abbandono

L'ho accompagnato
insieme alla padrona dell'albergo
dove abitavamo
a Parigi
dal numero 5 della rue des Carmes
appassito vicolo in discesa
Riposa
nel camposanto d'Ivry
sobborgo che pare
sempre
in una giornata
di una
decomposta fiera
E forse io solo
so ancora
che visse

Locvizza il 30 settembre 1916

 

Autore di questa lirica è Giuseppe Ungaretti (1888-1970), italiano, ma nato ad Alessandria di Egitto. Qui il poeta era vissuto fino al 1912 e da qui era passato a Parigi. Con lui lasciò l'Egitto un amico arabo, Moammed Sceab, innamorato della Francia, il quale però dopo qualche anno si tolse la vita. Poco dopo Ungaretti tornò in Italia e prese parte alla prima Guerra Mondiale: mentre era in trincea (a Locvizza, il 30 settembre 1916) rievocò in questa poesia, In memoria, la breve e triste vicenda del giovane amico.

Comprensione complessiva.
Stando a ciò che dice la poesia, quale fu la sofferenza che spinse Moammed al suicidio? Con pochissime parole, il poeta ci fa capire quali erano le condizioni di vita del giovane immigrato: ricomponi il quadro della sua vita e descrivilo.
Si possono fare considerazioni su situazioni simili dei nostri giorni?

Analisi del testo.
1. Nella poesia si possono distinguere tre parti, che si riferiscono a tre tempi diversi: alla vita e al tormento di Moammed; al suo funerale; al poeta che lo ricorda. Individua queste tre parti e riassumine distintamente il contenuto.
2. Nella seconda e nella quarta strofa si accenna alla vita e alle abitudini dei nomadi: questi si possono considerare davvero dei senza Patria (nota la maiuscola) e degli individui senza identità?
3. Rileggi la quarta strofa (vv 18-21): in che modo, secondo il poeta, lo sventurato giovane arabo avrebbe potuto vincere la nostalgia della sua terra?
4. Al verso 26 si dice dal numero 5 della rue des Carmes: perché c'è dal e non al? Il poeta sta qui precisando l'indirizzo dove abitavano, lui e Moammed, o sta descrivendo una scena? Quale? Commenta tutta la strofa e spiega anche il significato di appassito riferito a un vicolo: per quali oggetti di solito si usa questo aggettivo, e qui con quale altro lo sostituiresti?
5. L'ultima strofa riguarda direttamente anche il poeta, che è al fronte e, mentre ricorda il suo amico, si rende conto che anche lui è di continuo davanti alla morte. Se dovesse morire, resterebbe traccia della vita di Moammed? Commenta questa circostanza.

Considerazioni sul linguaggio di questa poesia.
In genere la poesia presenta parole ricercate, rime evidenti e vari giochi di parole. Qui c'è molto poco di tutto ciò. Le parole sono quasi tutte comunissime (elenca quelle che ti sembrano più "banali"), gli accostamenti insoliti sono soltanto tre (sciogliere il canto; appassito vicolo; decomposta fiera). Non ci sono vere rime, ma tra i versi 6, 12 e 18 c'è un gioco di ripresa e qua e là ci sono varie assonanze o sillabe che si ripetono; è una musica molto nascosta, cerca di coglierla e trascrivi questi segnali.
Ma nella poesia di Ungaretti è fondamentale il ritmo spezzato, fatto di piccoli "gridi". Nota che i versi sono spesso brevissimi, anche di una sola parola, e che non c'è punteggiatura, ma solo spazi bianchi tra le strofe, che iniziano con la maiuscola. Rileggi nel suo insieme questa poesia e indica dove ti sembra necessario fare delle pause particolari e quali parole ti sembra di dover mettere così in risalto.

Le domande prevedono, secondo i casi, risposte brevi e concrete o considerazioni e riflessioni più ampie

4. (vd. 4 dei rispettivi indirizzi ordinari)

 

Liceo Classico Europeo:

1. La condizione del cittadino medio fra noia e istinti repressi è assunta a simbolo di un destino comune di tristezza e frustrazione, nella letteratura dei primi anni del '900.
Da Pirandello a Svevo, da Pascoli ai Crepuscolari, riflettete sulla comune condizione di tanti letterati d'inizio secolo, con preciso riferimento alle opere lette.

2.

Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l'incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

E. MONTALE, Ossi di seppia

 

Comprensione complessiva

Analisi del testo

Approfondimenti

Il male di vivere si configura, a vostro avviso, come un fatto personale e correlato in maniera specifica ad un periodo storico o si riferisce ad una condizione esistenziale? Da quali elementi del testo desumete la vostra impressione?
E' possibile riscontrare lo stesso tema in altre liriche dello stesso autore o di altri autori del periodo? In quali? E in che modo l'argomento è affrontato?
C'è evoluzione e trasformazione nel pensiero e nelle scelte stilistiche di Montale?
A livello intertestuale, vi sembra che possano esserci riferimenti a passi leopardiani? A quali e per quali motivi?

 

3. Le radici storiche dell'idea di Europa.
Illustrate in modo critico e problematico l'identità storicamente definita dell'Europa contemporanea, i suoi confini geografici, politici e culturali, e i problemi aperti connessi con questa identità.

 

4. Nel mondo classico l'imitazione dei modelli non era una copia, ma una gara con il mondo antico. Così, Omero è stato per secoli il modello di ogni poesia epica, Esiodo della poesia georgica, Alceo e Saffo di quella lirica, Teocrito della poesia pastorale, Callimaco della poesia elegante e dotta.
Pur con una diversa accezione, i modelli classici, greci e latini, hanno continuato a costituire importanti punti di riferimento, più o meno consci ed evidenti, anche nella letteratura italiana ed europea dell'800° e del 900°.
Riflettete, sulla base di precisi riferimenti.