DOCUMENTI SCIENTIFICI DELLE CATTEDRE

PERIZIA TECNICA
su tre dei maggiori provvedimenti emanati per la Scuola
AUTONOMIA SCOLASTICA, NUOVE TECNOLOGIE, ORIENTAMENTO

 

La inopportunità di sopprimere i Distretti Scolastici, ma anche la assoluta necessità di riformarli, si desume da una perizia tecnica su tre dei maggiori provvedimenti fin qui emanati per la scuola dai Ministri Bassanini e Berlinguer: 1) Autonomia scolastica, che si attua su direttiva della Presidenza del Consiglio; 2) Nuove Tecnologie; 3) Orientamento.

Dalla perizia tecnica i provvedimenti ne escono tutti con giudizio molto positivo sul piano dei principi, ma trovano fondamentali riserve sul piano della attuazione, delle procedure e della realizzabilità, previste senza i Distretti Scolastci. La perizia tecnica è stata eseguita dalle Cattedre di Didattica Generale e di Sociologia dell'Educazione, nonché dal loro Gruppo di Esperti, dell'Università degli Studi di Roma Tre. Ciò anche a seguito del secondo Congresso Scientifico Nazionale dei Distretti Scolastici, tenutosi a Roma recentemente con la collaborazione del Coordinamento Nazionale dei Distretti Scolastici, la cui sede centrale è a Verolanuova (Brescia). Nel corso di questo Congresso sono state presentate due ricerche scientifiche originali relative agli Organismi Collegiali Territoriali ed una ricerca sui libri di testo (si può risparmiare di due terzi, e possono pesare la metà); presente un folto gruppo di personalità della cultura e della Scuola.

Paradossalmente a chiunque continuasse ad che "i Distretti non esistono" si obietta che, però, esistono le distrettualità come recapito di una cultura, di una gente e di un Terrritorio, cioè come configurazione spontanea e genuina di un aggregato sociale.

Dunque vengono chiamate di nuovo in causa, e questa volta in maniera determinante, tali primigenie iniziative del decentramento, create anche a seguito delle battaglie per la partecipazione innescate dal "Sessantotto".

Frustrate quasi tutte le aspettative iniziali, i Distretti Scolastici vivono, ormai, oggi, dopo venticinque anni dalla loro istituzione, in uno stato preagonico, aggravato dal fatto che nessuno sa dire quale fine dovranno fare. Vivono nella più assoluta costernazione fra attacchi concentrici, distrazioni surgelanti e richieste pressanti di servizi previsti per legge; con tratti ora tragicomici ora farseschi che conferiscono, alla esistenza di questi prodotti della mitica partecipazione, prospettive non di rado pirandelliane. Ciò mentre vi sono addirittura rappresentanze, sia elettive che designate, in carica; gravate da compiti istituzionalmente previsti ed ancor più da aspettative delle Scuole e di altri interlocutori. Ivi è già attiva una compresenza di pubblico e privato, che ancora si auspica per la Scuola istituzionale. Non pochi vantano esperienze di buon funzionamento, sia pure limitato talora ad una parte delle incombenze previste. Ma ciò è merito esclusivamente della buona volontà dei loro componenti. E laddove non funzionino, "non è per colpa loro" certificano le ricerche presentate.

La perizia tecnica sui tre provvedimenti fondamentali per la scuola, andati in porto fino a metà settembre 1997, si inquadra nelle più avanzate istanze relative al decentramento statale, a differenza dei provvedimenti presi in esame, i quali, in tal senso, risultano, per ora, del tutto parziali. Senza dire delle attenzioni che la perizia presta alle risorse economiche, maggiori rispetto a quelle dei provvedimenti cui essa si riferisce. V'è poi un versante culturale, la cui validità è stata recentemente evidenziata anche dall'Unesco e dalla Comunità Europea, che è quella della Cultura locale. A questo riguardo la distrettualità è una prospettiva aggiornata ed insopprimibile dello Stato decentrato in quanto, in genere, disegna altresì un microfederalismo territoriale specifico.

Nuove Tecnologie - La perizia tecnica riferisce preliminarmente delle Nuove Tecnologie, in quanto forniscono la prospettiva più emblematica della possibile serie di illusioni che stanno maturando. Ad esempio l'illusione per cui sarà possibile fornire tecnologie adeguate per ognuna delle 35.000 Unità scolastiche esistenti (meno di seimila le Scuole Secondarie). Tanto più sarà umanamente impossibile per ognuna delle 400.000 Classi esistenti.

Chi abitualmente si interessa anche soltanto di computers conosce, oltre alla tempesta dei costi e delle innovazioni, la facile deperibilità sia delle componenti strutturali che delle parti soft o programmi. Facile il decadimento, per la maggior parte delle scuole, nel "cimitero delle tecnologie", come già è accaduto per gli audiovisivi. La medesima prospettiva si aggrava quando dalle tecnologie spente si passa al funzionamento, alla offerta di contenuti, alle forniture ed al rinnovamento sia di macchine/base che di componenti e di programmi. Tutto questo a livello scolastico creerebbe profondi divari fra scuole/zone ricche e povere; nonché, alla fine, tra allievi provenienti da famiglie fortunate o meno. Senza dire della disponibilità di docenti qualificati alla data di oggi. Priva di generalizzabilità e di fattibilità si rivela non solo la programmazione per l'aggiornamento degli insegnanti ad hoc, ma addirittura per il loro reperimento iniziale in quantità sufficiente. Senza dire del non previsto supporto quotidiano di assistenza tecnica.

La soluzione che la perizia tecnica prospetta è quella di Poli Tecnologici Distrettuali. Questi sarebbero, sul territorio nazionale, soltanto settecento, ai quali si potrebbe affiancare un migliaio di poli sub-distrettuali. Facilmente aggiornabili in merito a macchinari, programmi, contenuti e personale, i Poli Distrettuali potrebbero poi assistere la fase di capillarizzazione dell'esperienza, anche nella prospettiva di una presenza sempre efficiente di particolari centri itineranti sia di assistenza che di rifornimento per dati e programmi.

Le Nuove Tecnologie, dimostrano che v'è bisogno di coordinamenti regionali e nazionali. Ciò anche perché il Ministero P.I., che tanto insiste nel voler diffondere le Nuove Tecnologie, non ha affatto pensato alla questione di "quali contenuti specifici si riverseranno nella Scuola, o verranno richiesti dalla Scuola" (cfr. "Repubblica" 29/09/97). E' ben chiaro che vi sono contenuti da privilegiare per le Nuove Tecnologie, come Scuo-Lavoro ed altro, di carattere più generale che sostituiranno porzioni di ruoli esercitati dai Libri di Testo. Recentemente il Ministro Berlinguer ha dichiarato che nessuno vuole investire sulla Scuola con le sponsorizzazioni.

Certamente chi le voleva non ha pensato che sarebbe stato inadeguato, e non remunerativo, per le Aziende, andare a dare soccorso Scuola per Scuola, ed investire soltanto localmente nell'Unità scolastica quand'anche fossero state a ciò incentivate con sgravi fiscali od altro. Le Nuove Tecnologie esigono di confrontarsi con prospettive ben più ampie.

Orientamento - La perizia ha esaminato la eseguibilità delle disposizioni legislative, al riguardo, sia in prospettiva nazionale che territoriale.

Mentre sul piano teorico esse risultano fra le più avanzate d'Europa, sul piano della funzionalità culturale, e della loro attuabilità, sono state ravvisate grosse ingenuità di attesa. Non sono state tenute presenti tutte le scuole di pensiero esistenti al riguardo. Viene ignorata, ed è un prosieguo di vecchie abitudini, la distinzione fra Orientamento di investimento (generazione di Archivi e Banche-Dati, ad esempio) ed Orientamento di consumo (consulenze occasionali, ad esempio). Al riguardo, sempre ad esempio, non risulta mai giustificata una serie di spese esclusivamente fondata su prestazioni ad ore, soltanto apparentemente autosufficiente; anche perché non genera tradizione. Senza dire che l'Orientamento è anche opera di ingegno, è libertà didattica e di insegnamento, e non può essere in tutto e per tutto esposta agli appalti.

Viene ignorata la distinzione (e quindi la diversità di strategie che ne deriva) fra Orientamento strutturale (cognitivi specifici di base, ad

esempio) ed Orientamento congiunturale (occasionalità eccezionalmente destinate a diventare strutturali, superata la moda del momento; oppure superata la tradizionale percezione di una professionalità). Non viene mai approfondita la interrelazione con le Discipline Scolastiche (né poteva questo essere compito di una Direttiva ministeriale la quale, però, non doveva illudere circa la totale improvvisabilità di un'azione orientativa costante. C'è tutto un lungo processo da iniziare al riguardo, senza precedenti, per giunta).

Prospettiva nazionale - Nonostante nella direttiva ministeriale si affermi che la Scuola deve essere orientativa dall'Infanzia all'Università, non vengono emanate disposizioni applicative che ne facilitino l'esecuzione con operatività progressivamente differenziate. Questo è particolarmente grave se si considera, ad esempio, che la Scuola Media aveva disposizioni di legge ancora più aperte e vincolanti rispetto alla direttiva emanata... ma non le ha seguite se non nel dieci per cento dei casi. Ricerche recentissime hanno, inoltre, dimostrato che non è assolutamente possibile fare Orientamento senza materiali adeguati, che si rendono ormai necessari per ogni Classe (soprattutto a partire dalla attuale Quinta Elementare fino almeno al previsto biennio dell'Obbligo). Ciò anche perché o si standardizzano i messaggi ed i dati fondamentali di Orientamento oppure si finisce in vari tipi di liberismo culturale che va dalla fantasia sregolata ai rovinosi tests psicoattidunali, fuori posto nella Scuola, specialmente dell'Obbligo.

Tano più che, non potendosi fare dell'Orientamento una Materia a sé stante (forse neppure nei previsti corsi o periodi "zero", occorrerà pure un quadro di riferimento per ognuno degli insegnanti, per la collegialità e per i genitori (ma anche per gli allievi). Senza dire della scorciatoia per cui "basta insegnare per orientare".

Va aggiunto che tutta la parte dei rapporti con la imprenditoria, con le fonti di informazione (senza dire di prospettive nell'ambito della Comunità Europea, la quale non potrà certo trattare con ogni Scuola) non deve fondarsi sulle fortune di Scuola o sulle richieste, come spesso si vorrebbe, del gran numero delle Classi e, addirittura, degli allievi (numerosità dell' ordine di decine e decine di migliaia, che diventerebbe, fatalmente, petulanza inesauribile ed inappagabile). Il che dovrebbe rilanciare il ruolo dei Distretti i quali, proprio nell'Orientamento, avevano una specifica ragion d'essere, e possono anche vantare qualche buona tradizione.

Prospettiva territoriale - Non era nota, al momento della emanazione della direttiva ministeriale sull'Orientamento, la voluminosità dell'impegno culturale che avrebbe richiesto, tra l'altro, una realistica Cultura Locale.

Una Cultura Locale che non fosse fatta soltanto di folklore, paesaggismo ed impressioni, ma si sorreggesse anche e soprattutto sui dati socio-economici nonché lavorativi del Territorio. I parametri di voluminosità della Cultura Locale, del tutto inediti per l'Italia, sono stati resi noti durante il Congresso Nazionale dei Distretti. Per il momento, con pubblicazioni cartacee, si è potuto constatare che essi occupano non meno di un volume di quattrocento pagine per ciascun Distretto; altrettanto per ciascuna delle Province, altrettanto per ciascuna delle Regioni. Una genuina e completa Cultura del Territorio esige dunque molto di più di quello che si pensava.

Gli Insegnanti, finora, non ne hanno fatto alcunché perché tali sussidi non esistevano oppure erano fotocopia della Cultura Nazionale ("come è fatto un liceo", orari delle lezioni o poco più).

Altro problema eluso dalla direttiva ministeriale è che la Cultura Locale (raccomandata anche da altre direttive) si evolve continuamente, non meno della informazione orientativa nazionale. Quindi sia la sua rilevazione che gli aggiornamenti correlativi non possono non avere una istituzione a ciò preposta, quali i Distretti, per i quali valgono prospettive presentate poco fa anche quanto ad interlocuzione con l'imprenditoria, con le fonti informative e con la Comunià europea. Senza dire della trasparenza civica e, particolarmente, della educazione intercomunale o di Bacino (oltre che interculturale); per non dire di interlocuzioni con comunità circostante (Comunità Montane, se non altro).

Le Istituzioni omologhe di una Cultura Territoriale a misura di una dosata "località", cioè i Distretti; sono, nel complesso, frammenti emblematici di gente di un Territorio. "Compongono" lo Stato nazionale, e ne periferizzano anch'essi la presenza (micro-federalismo territoriael). Se si continuerà a frustrarne i componenti dei Consigli Distrettuali attualmente in carica (come sono stati frustrati i precedenti), non si sa proprio chi altro si esporrà in futuro a prove così ardue di partecipazione e ad incombenze che, comunque, resteranno necessarie per una cultura della località che eviti i campanilismi comunali (nel terremoto del 1997, si è visto come la logica comunale conduca ad assurdi accaparramenti e primazie). Significativo, poi, che quando si è trattato di fronteggiare la cosiddetta dispersione si sia parlato di Piani integrati di Area e si siano istituiti, in genere sullo stesso Territorio, Osservatori di Area. Altro, ben altro, era il discorso di discutere la capacità operativa degli eletti della partecipazione, per i quali, comunque, non è stato mai messo in atto nessun piano di accesso alla competenza.

Prospettive culturali alle quasi si alluderà nel prossimo paragrafo, e qui ricollegabili, oscurano oppure sminuiscono di molto, ad esempio, una prospettiva della Continuità/Orientamento della quale si è spesso parlato: è quella della Continuità orizzontale: vale a dire la Continuità fra Scuola e Territorio. Oscurano oppure sminuiscono di molto una sana politica della Cultura del decentramento dello Stato ed il suo accreditamento presso la gente. Il tutto è contrastante, sotto molteplici aspetti. Anzi delinea vistosamente la gravità, oggi, come in altri tempi, delle frustrazioni verso una sana aspirazione alla genuina politica del Territorio che sia anche culturale. Inadempienti a leggi risultano al riguardo i Consigli Scolatici Provinciali i quali, per legge, quanto all'Orientamento avrebbero dovuto coordinare il tutto (ostaggio del Provveditorati?).

Autonomia Scolastica - L'autonomia delle Unità scolastiche, senza rapporti stabili, con l'hinterland, e senza altre condivise garanzie di consulenze ed interlocuzioni, rischia di essere l'esaltazione della autoreferenzialità, dell'isolamento, della casistica esasperata delle fortune di Scuola; risulta priva di garanzie di omogeneizzazione e di, almeno, una minima uniformità ed equità sotto molteplici prospettive. Ciò tanto più se ci si riferisse a parametrati poli locali di valutazione e di qualità come qualcuno ha preannunciato.

Da un punto di vista procedurale vi sono inevitabili prestazioni, anche di raccolta e cura di esigenze (se non altro informative), alle quali nessuna Scuola isolatamente è in grado di rispondere. Oppure non è economico, in ogni senso, che risponda. Soprattutto l'autonomia di ricerca risulta quella sulla quale maggiormente ci si può illudere, anche con riferimento alle ottiche di professionalità riferibili all'Orientamento. Vi sono poi, in particolare, altre esigenze non appagabili dalla singola Unità scolastica.

Vanno dal personale (integrativo e di supplenza, consulenza, docenza, specializzazione, recuperi) alla raccolta e cura delle esigenze del popolo degli adolescenti e dei giovani di un Territorio, nonché delle loro famiglie sempre più in crisi. Ogni formazione, ed ogni processo di istruzione, non può non avere complemento nella educazione degli adulti. E questa, è dimostrato, non sono in grado di prenderla in carico singole Scuole.

Una autonomia ad oltranza, una "autonomia senza paracadute" né possibilità di sostegno si dimostra, pertanto, come una autonomia per tre quarti malfondata. Non fosse altro il dialogo con gli Enti Locali, con la imprenditorialità, con l'associazionismo e con altri (altresì per il Diritto allo Studio), non può essere questione di ascolto di singole Scuole. Senza dire della alta costosità di determinati servizi realizzabili solo se condivisi; di impegnative consulenze e tecnologie, della cura dei contesti attorno alla singola Unità scolastica. Senza dire dei rapporti con le Università, sia per le consulenze che per i tirocini; ma soprattutto per gli orizzonti post-Secondari di studio/lavoro i quali non risultano in alcun modo realizzabili Scuola per singola Scuola. Qui dunque non si chiamano in causa i tradizionali pregiudizi contrari all'autonomia (orgoglio di scuola, vanità di istituto, egoismo di scuola... ben altre cose rispetto ad un sano spirito di corpo). Né si allude ai rischi di clausura della fortezza ("vuota", scrisse un famoso autore). Ma si parla e si pensa in positivo nell'interesse delle Unità scolastiche, certo figurate paritariamente. Quanto di negativo si potrebbe mettere in campo è la squallida pratica della "cerca degli allievi", come spesso avviene nelle Scuole Medie, senza un seguito dopo: tanto che nelle prime classi dell'Ordine di Scuola successivo è la maggiore morìa.

Nelle more, rispetto all'avvio di una autonomia giuridicamente più fondata, sono maturate esperienze di superamento dell'autosufficienza di Unità Scolastica. Sono andate sperimentadosi (soprattutto per l'Aggiornamento) Poli e Consorzi, definiti anche, del tutto impropriamente, come "reti".

Sono, queste ultime delle "metà-Unità scolastiche": fragilissime, occasionali, incrociate ed incrociabili a caso; a seconda delle amicizie, delle preferenze, delle dotazioni, della presenza di amici, delle mode degli argomenti, delle loro impostazioni nonché delle fortune occasionali in vario senso. Sono esposte alla non durata, al non fruttificare di investimenti permanenti (anche culturali e psicologici) al loro non generare impianto.

Molto meglio puntare su Poli Distrettuali e sub-distrettualità, in un quadro organico di politica scolastica complessiva, pur se decentrata, pur se locale. Non solo i grandi organismi, ma anche le parti e le loro cellule periferiche hanno una logica di sistema e gerarchie funzionali di procedura esistenziale. Questo è distrettualità territoriale, non orizzonte di singola Scuola.

Ticket sulla Scuola? - Sono noti, sciaguratamente quanto si voglia, i discorsi relativi alla necessità di contrarre la spesa pubblica ed in particolare quella sociale. Non si può pensare che le incombenti prospettive vengano risparmiate alla scuola. Ogni anno di studio/allievo costa in media allo Stato non meno di quindici milioni: la contribuzione delle famiglie si limita a qualche migliaio di lire, quando c'è. Non si dimentichi che l'autonomia si dà fatalmente "con capitoli di spesa bloccati": questo significa che se oggi il bilancio della pubblica istruzione è, al 97%, assorbito dagli stipendi degli insegnanti, con l'autonomia altrettanta ipoteca graverà, da subito, sulle Unità scolastiche.

La scuola, fino ad oggi ha chiamato le famiglie a contribuire alla cultura dei figli in maniera dispersiva, quando non scellerata. Nel dir questo si allude soprattutto alla questione dei libri di testo. Durante il Congresso Nazionale dei Distretti Scolastici sono state presentate, anche con prove di stampa, ipotesi di un formato tipografico di Stato (tipo Gazzetta Ufficiale, ma con idonea e funzionale eleganza, il che è cosa ben diversa rispetto ai libri di Stato). Farebbe risparmiare alle famiglie due terzi della spesa (ed alleggerirebbe gli zainetti della metà). Niente di male se la somma risparmiata fosse destinata, da subito, dalle famiglie a sussidi tecnologici e terminali informatici, di cui, certamente dovrà essere dotato ogni scolaro (sempre collegabile con una rete di Polo Tecnologico distrettuale... a queste condizioni un portatile, è oggi quello che ieri era la penna).

Anche discorsi relativi alle sponsorizzazioni decorose, di cui si è già accennato, non sempre sono funzionali, oppure equi, se riferiti ad una sola Unità Scolastica. Alcuni addirittura impongono fin dal principio una ottica distrettuale. Tali sponsorizzazioni saranno sempre più indispensabili, specie se si vorrà ritardare l'applicazione di ticket in proporzione al reddito, sulla Scuola, inevitabili con le nuove istanze educative e con le nuove tecnologie; o, comunque, con una scuola che deve dare di più. L'illusione dello studio gratuito nacque quando la Scuola era di soli libri e sole aule. Sarebbe ancora conservabile se potessimo limitarci soltanto a questo e non dovessimo lottare con una società che sta arrivando alla persecuzione del libro e, fatalmente, anche alla persecuzione delle aule solitarie (finirà che alle Scuole chiederanno anche le discoteche, almeno gli adolescenti ed i giovani).

Soltanto Cittadini Associati - Diversi, ben diversi se affrontati in prospettiva di Unità scolastica oppure di Polo distrettuale, sono discorsi relativi alla ampiezza culturale di impatto; alla possibilità di intrattenere rapporti con Consorzi di Comuni; al prendere sempre in carico cittadini associati anziché individualità. Le quali ultime non capitalizzano né esperienza né senso di responsabilità. Né garantiscono continuità (e proiezione) sia di competenza che, ancora, di iniziativa. Ogni individualità elettiva opera come se non ci fosse stato uno ieri, come se non ci fosse un domani (il più vistoso caso è quello del Consiglio di Istituto, dove i genitori sono appagati solo che sia concluso positivamente il patteggiamento relativo al proprio figliuolo... la famosa partecipazione truccata, contro la quale nessuno è mai insorto).

Una particolarità, destinata però a dilatarsi, è quella delle Scuole verticalizzate (ma anche quella delle Dirigenze di Scuole di comprensorio dove esiste una sola Dirigenza per più Scuole). Queste non dovrebbero che essere distrettuali, pena l'isolamento culturale e psicologico. Motivo analogo è la trattativa con le Regioni (e/o Province) perché ogni Distrettualità abbia validi Centri di Formazione Professionale, specie laddove questa si riveli utile per l'adempimento dell'Obbligo Scolastico prolungato.

Non è bene che siano esclusiva competenza della singola Unità scolastica rapporti con le Asl che siano equi ed equamente diversificati. Del pari dicasi dei rapporti con la imprenditoria, con i sindacati, con le piccole e medie aziende (anche soltanto mille ragazzi che intervistassero, ciascuno a suo tempo un imprenditore, oppure un informatore, è un assurdo). Analogo discorso va ripetuto per le Università dalle quali sono attesi interventi che potrebbero (molto lentamente) avere un seguito, anche in quanto esse stesse sono sia autonome che locali.

Anche la stessa prospettiva generale della interdistrettualità, soprattutto con riferimento a coloro che abitano ai confini di ogni Distretto, è tale per cui si rivelerebbe dannosa una gestione restrittiva della Unità scolastica. Va tenuto conto, poi, degli spostamenti di popolazione (migrazioni dall'estero comprese), dei movimenti demografici che hanno alterato gli stessi dati sulla base dei quali furono generati i Distretti.

Queste, e molte altre, sono spontaneamente prospettive, di zona o di bacino, quindi di distrettualità, mai fonteggiabili esclusivamente dalla singola Unità Scolastica.

Dove, tra l'altro, si intravvede che la Unità Scolastica, di per sé, non può avere totali capacità di correlarsi, sempre ed in tutto, alla società.

Nemmeno alla società circostante.

DATI SCUOLE STATALI 1991

Unità Classi Allievi

Elementari 22.000 190.000 2.809.000

Medie 9.000 109.000 2.159.000

Secondarie 5.000 121.000 2.599.000

Totale 36.000 410.000 6.567.000

NOTE

Documentazione - La perizia tecnica fa riferimento ai seguenti documenti giuridici ed ai loro allegati: Autonomia: Legge Bassanini 1; Orientamento: Direttiva Min. P.I. 487/08/08/97; Tecnologie: C.M. 425/07/07/97.

Bibliografia essenziale - M. Luchetti, Studi Tecnici di Didattica Territoriale: 1) Teoria di Territorio e Mappe; 2) Ricerche ed operatività; 3) Mappa Distrettuale di Gubbio/Sora; 4) Mappa Provinciale di Perugia/Frosinone (Ed. A.Di.S.). Sono il risultato di un ventennio di attività e di ricerche della Cattedra di Didattica Generale, Università degli Studi di Roma Tre.
Gruppo di Lavoro (Il) che ha redatto la perizia era composto da 1) Prof. Marcello Luchetti, Titolare di Didattica Generale nonché Sociologia dell' Educazione. 2) Prof. Franco Guadalupi, Ricercatore di Pedagogia, medesima Univ. (f.r). 3) Dott. Massimo Margottini, Collab.Catt. di Didattica Generale (q-z), medesima Univ. 4) Prof. Piero Anania, Pedagogista, Istituto "L. Vaccari", già Dirig. Scolastico. 5) Prof. Giovanna Alfonsi, Consiglio Scolastico Provinciale, Perugia, Insegnante di Scuola Media. 6) Dott. Sergio Marconi, Libero professionista, Esperto in problemi della valutazione/programmazione