GLI EFFETTI CULTURALI DELLA MONDIALIZZAZIONE
UNIVERSALISMO CANNIBALE E TERRORISMO IDENTITARIO

di Serge Latouche, Università di Parigi XI

CENTRO DI PSICOLOGIA E ANALISI TRANSAZIONALE
Milano, 9 aprile 1999

 

Introduzione

L'imperialismo economico e l'imperialismo dell'economia, che caratterizzano la surmodernità, nella fase attuale, stanno distruggendo il pianeta. E possibile osservarlo attraverso le vicende quotidiane, se non si è afflitti dalla miopia degli "stalinisti" ultraliberali delle istituzioni di Bretton Woods, gli stessi che giocano agli apprendisti stregoni... Questo economicismo ha ridotto la cultura a folklore e l'ha relegata nei musei.

Liquidando le culture, la mondializzazione provoca l'emergenza delle "tribù", dei ripiegamenti, degli etnicismi, e non la coesistenza e il dialogo. Il montare della violenza mimetica sulla base della vittimizzazione di capri espiatori è il corollario dell'omogeneizzazione e dei falsi meticciati. Amplificati dai media, questi fenomeni hanno provocato una tale repulsione, senza dubbio legittima, che ne risulta esaltato un universalismo beatificato e tutto d'un pezzo, di essenza esclusivamente occidentale, con la ripetizione magica di slogan vuoti come la democrazia e i diritti del uomo.

Tuttavia, dopo quarant'anni di occidentalizzazione economica del mondo, è ingenuo e in malafede recriminare sui suoi effetti perversi. Ci si è cosi chiusi in un manicheismo sospetto e pericoloso: etnicismo o etnocentrismo, terrorismo identitario o universalismo cannibale.

Se i disastri dei ripiegamenti identitari e dell'etnicismo devono essere denunciati, non si deve buttar via il bambino con l'acqua sporca. I loro meccanismi devono essere analizzati, in particolare quello di una assolutizzazione di differenze identitarie da parte di imprenditori senza scrupoli dell'identità. Simmetricamente, l'etnocentrismo arrogante e di nuovo trionfante della buona coscienza occidentale deve a sua volta essere smontato. Bisogna denunciare l'illusione di una cultura planetaria che sarebbe il sottoprodotto della mondializzazione tecno-economica. Per quale miracolo il cattivo mondiale non sarebbe che il doppio deforme e caricaturale del buono universale? La realtà dell'erosione e della distruzione dei valori da parte della megamacchina tecno-economica globale non è, in qualche modo, la verità dell'universale, dacché questo universale è unicamente e esclusivamente occidentale e dacché il suo nocciolo duro altro non è se non l'economicizzazione/mercatizzazione del mondo?

Questo dibattito sull'etnocentrismo è tanto più attuale quanto più i problemi di diritto da dirimere fanno irruzione nella nostra quotidianità, dal "chador" islamico all'escissione, dal montare del razzismo alla ghettizzazione delle periferie. La decentralizzazione cognitiva e la collocazione etero-riflessiva sono indispensabile, sotto pena di perdere la conoscenza di sé, pericolo provocato dalla mondializzazione culturale.

 

Conclusioni

Siamo al centro di un triangolo i cui tre vertici sono: la sopravvivenza, la resistenza e la dissidenza. Non dobbiamo dimenticare né privilegiare nessuna di queste tre dimensioni.

Prima di tutto dobbiamo sopravvivere. E' ovvio, senza ciò nessuna resistenza ne' dissidenza sarebbe possibile.

Sopravvivere significa adattarsi al mondo nel quale viviamo.

Come dice Woody Allen: "Odio il mondo nel quale vivo, ma è l'unico luogo dove è possibile farsi servire una bistecca corretta ..."...

Sopravvivere significa adattarsi al mondo, ma non significa che dobbiamo approvarlo né aiutarlo a funzionare, al di là del necessario. Dobbiamo accettare dei compromessi nell'azione concreta e quotidiana, ma senza accettare le compromissioni nel pensiero.

Già questa è una forma di resistenza.

La resistenza mentale all'impresa del "lavaggio del cervello" da parte dei media e il dominio devastatore del "pensiero unico".

Dunque dobbiamo resistere... se pensiamo che siamo imbarcati in una megamacchina che fila a gran velocità senza pilota e quindi condannata a fracassarsi contro un muro.

Resistere significa allora, tentare di frenare, tentare di cambiare la direzione se è ancora possibile.

"Come", in verità nessuno lo sa.

Dobbiamo anche pensare di poter lasciare il bolide e saltare al momento opportuno: è questa la dissidenza.

Nei tre casi, il territorio, e il senso del limite sono molto importanti perché il patrimonio locale è la base della sopravvivenza, della resistenza e della dissidenza, così come è la sorgente del senso del limite.

Se la razionalità è legata alla trilogia "ingegnere/industriale/imprenditore", e da qui alla "dismisura", il ragionevole è legato alla trilogia "ingegnoso, industrioso, intraprendente", ed anche al territorio e perciò alla "misura", al senso del limite.

Se a breve termine la strategia della sopravvivenza è la più importante, a termine medio, lo sarà la strategia della resistenza e, a lungo termine, quella della dissidenza.



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