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di Nadia Scardeoni Palumbo

 

La città dei cittadini

Il documento scaturisce dalle sollecitazioni della Scuola di Formazione politica di Filaga, agosto 1992 e origina L'Unità di lavoro Nazionale per la Città

Il Seminario di formazione politica della Rete, tenutosi a Filaga nell'agosto scorso, ha segnato una tappa fondamentale nella riflessione interna per gli obiettivi di azione politica del Movimento.

Il prerequisito sostanziale che unifica l'azione politica del movimento che si pone oggi, è la condivisione di un concetto di "governo" e un concetto di "città" che consentano di riassumere e vivificare gli ideali e i propositi fondativi ai quali abbiamo aderito.

Il concetto di governo cui possiamo fare riferimento è espresso compiutamente da padre Pintacuda là dove afferma:

"Il nostro compito è quello di sviluppare la cultura politica del paese, di mettere la politica nel sangue della gente per farla diventare protagonista. I movimenti esprimono proprio questa volontà di recuperare lo spazio alla politica, ai cittadini. Essi fanno leva sullo scollamento fra popolo e istituzioni, fra gente e partiti, per affermare un progetto di nuove comunità, di nuovo governo che può scaturire solo dalla liberazione dal regime.
E in questo processo la cultura ha un ruolo essenziale in quanto riesca ad emanciparsi dal vincolo del regime e a favorire, invece, la liberazione della gente, la costruzione di una nuova democrazia panpolitica, basata sulle aggregazioni comunitarie che consentano alla società civile di governare sé stessa."

Per il concetto di città citiamo Mumford (Urbanista e Architetto).
La città è, di fatto, la forma fisica dei tipi più elevati e complessi di vita associativa.

E' insito nel concetto di città tutta la ricchezza che deriva dall'essere una collettività sociale che condivide un patrimonio storico, culturale, economico, amministrativo, solidificato dentro strutture fisiche funzionali alla vita associata. La città è creata dalla società ma è pur vero che essa investe e influenza con la sua forma, la società che la abita.

La città infatti nelle sue strutture spaziali dipende da fatti, scelte sociali e politiche e provoca continui fatti sociali, politici.

La città parla con un suo linguaggio inesorabile, è causa di benessere o di malessere, esalta o disgrega.

Quando la città fisica è malata, la società è malata e viceversa. Cambiare il volto della città significa allora agire sulla società. Quando la città cresce e si svolge secondo il disegno dello sviluppo quantitativo, della speculazione edilizia e non dei bisogni vitali dell'uomo, perde il significato profondo che ne legittima la nascita e cioè quello di essere il luogo del beneficio della vita collettiva per diventare il luogo dell'isolamento, della incomunicabilità, del disagio.

Se è stato, inequivocabilmente un sistema di potere, il cattivo costruttore delle città del degrado, solo un progetto affidato a istituti autenticamente democratici, può ordinare, pensare il suo risanamento.

Non più la città delle committenze affaristiche né quella degli urbanisti "artisti", ma la città dei cittadini organizzati per competenze culturali, tecniche, economiche, sociologiche, amministrative, soggetto e fine, di un progetto di vivibilità.

Lo spazio abitativo è struttura originaria dell'esistenza, contiene l'esperienza umana, ne qualifica la qualità. (1)

Infine, se è vero che i mezzi valgono solo se sono ordinati ai fini e i metodi sono efficaci solo se sono proporzionati agli obiettivi che si vogliono raggiungere, il passaggio dalla profezia al governo della città inteso come autogoverno dei cittadini trova la sua compiuta espressione ed accoglimento nel progetto politico della Rete là dove si prefigge di fondare e fecondare la vita democratica ( lievito culturale) promuovendo la partecipazione attiva della società civile, a tutti quegli eventi che ne dirigono la crescita democratica verso forme più mature e autonome di vita associata, attivando quelle sintesi politiche che sono premessa fondamentale alla creazione di un governo della città che sia autenticamente "autogoverno". Da tutto ciò si evince che l'unità di lavoro non è pensabile come attività opzionale dell'azione politica della Rete, ma ne è il cardine. Così come non è pensabile rispettare questo progetto attraverso la scorciatoia della rappresentanza istituzionale ad ogni costo.

E se è pur vero che la rappresentanza istituzionale è fondamentale per aprire alla società civile il progetto della Rete, va ribadito che non è la comunicazione delle nostre buone regole ad offrire la garanzia di ciò che si intende attuare, ma il complesso delle azioni che siano traducibili in un iter operativo che rispetti la gradualità della metodologia espressa.

L'unità di lavoro è coniugabile, se intesa con flessibilità, a tutte le esigenze del progetto politico e ne è lo strumento di realizzazione.

Verona 13 novembre 1992

(1) Dal materiale Lo Spazio:

"la percezione dello spazio non è solo percezione visiva ma una esperienza più complessa poiché lo spazio è struttura originaria dell'esistenza. Ciò sta a significare che nessuna esperienza umana può essere pensata o attuata fuori dello spazio"


 

Scuola e Democrazia

Relazione AL COMITATO NAZIONALE per L’UNITA’ DI LAVORO NAZIONALE DELL’EDUCAZIONE - Movimento per la Democrazia La Rete

Questo documento adotta , con incisiva puntualità, il sussidio pedagogico ad integrazione dell'analisi politica e segna una tappa fondamentale nello svolgersi delle politiche scolastiche poiché si avvale di un corpo articolato di sperimentazioni innovative per tratteggiare un progetto di riforma che si qualifichi per la capacità di selezione delle priorità di intervento dentro i dettati costituzionali.

Quanto più una società moderna e democratica si considera matura tanto più si accorge di non poter fare a meno di un servizio scolastico efficiente cui affidare la possibilità stessa della sua sopravvivenza.

La società democratica non può che fondarsi sulla partecipazione attiva dei cittadini che devono, attraverso il lavoro, concorrere al suo sviluppo e, attraverso il voto, esprimere valutazioni chiare e consapevoli dei programmi e delle scelte politiche di chi li governa.

La scuola è chiamata dunque a svolgere il ruolo fondamentale di istruire, educare e formare i futuri cittadini per dotarli di tutti quegli strumenti di autonomia che ne consentono l'inserimento costruttivo e responsabile dentro il tessuto complesso della comunità sociale.

Il nostro movimento è nato con l'obiettivo primario di difendere e sviluppare la democrazia in un momento di grave crisi morale, politica e istituzionale.

Ha affrontato i temi della scuola e della cultura quali presupposto fondamentale per l'educazione e la crescita della società, per il risveglio della coscienza civile e morale, per creare una cultura della legalità e ristabilire un corretto rapporto fra cittadini e istituzioni.

Ha posto al centro della propria riflessione i temi della persona e del bene comune coniugandoli ai valori della pace, della solidarietà, della giustizia, dell'ambiente, dell'informazione, costituendosi come lievito culturale per fondare le coscienze al primato della ragione etica sulla ragione politica.

E' immediatamente intuibile come tutto ciò abbia contribuito a "mettere in rete" storie e competenze diffuse nel campo della formazione e a rendere operativa, sul territorio nazionale, la tensione comune di dare voce ai bisogni espressi dalla comunità "debole", con particolare attenzione ai problemi dell'emarginazione, e della dispersione scolastica.

Non da un processo di analisi puramente teorica, quindi, ma dalla confluenza di una pluralità di esperienze sul campo, che ci interpellano in prima persona , siamo sollecitati ad intensificare il nostro impegno per modificare una scuola che non riteniamo più in grado di relazionarsi positivamente con le reali necessità della popolazione e che, anzi, rischia di diventare il ricettacolo di un degrado sociale sempre più diffuso ed allarmante.

Ad una scuola che ci appare sempre più concausa di malessere è oggi doveroso chiedere con forza di essere l'agenzia primaria, la più estesa e la più diffusa, di prevenzione del disagio.

Un disagio che si esprime con l'abbandono e la mortalità scolastica, l'individualismo, l'emarginazione, la tossicodipendenza, la caduta di riferimenti valoriali; "un disagio che non può essere interpretato come colpa ma come espressione di bisogni" (Don Luigi Ciotti)

Non ci sfugge che i costi della prevenzione siano alti, ma sono il solo investimento possibile per convertirci ad un futuro vivibile, diverso da quello annunciato.

E’' il costo della speranza che si impone all'ottusità dei costi del contenimento, della punizione, delle toppe immediate.

Ma se è vero che nella progettualità pedagogica già esistente le sono affidati compiti di integrazione e di dialogo costruttivo con tutte le realtà sociali che la contestualizzano, è altrettanto vero che la scuola, da sola, non può assoggettarsi il carico integrale di tutti i fattori di degrado che vi si riversano ma deve diventare il punto qualificato dello "scambio" cioè il luogo dove le dinamiche socio-culturali negative, anziché essere emarginate o ignorate vengono riconosciute, denunciate e indirizzate verso le opportune soluzioni.

E' necessario dunque dare alla scuola l'autorevolezza culturale che le consenta di essere vettore di riconversione valoriale. Occorre che la scuola dia risposte costruttive al potere ambiguo dei messaggi multimediali, alla perdita di senso dei valori della solidarietà e della legalità; occorre oggi, che la risposta al regime della corruzione investa pienamente la struttura scolastica in ogni suo ordine.

Occorre investire il massimo delle risorse possibili nel luogo che, in ogni società democratica, ha il massimo della responsabilità nella formazione della persona.

Per quanto concerne il piano più strettamente pedagogico, di fronte alla complessa problematicità del già esistente e ai sempre più vorticosi ritmi di mutamento del reale scientifico, economico politico e sociale l'obiettivo prioritario e qualificante di ogni attività educativa, non più disattendibile, riguarda la formazione della duttilità e autonomia del pensiero che si esprime in capacità di accogliere, interpretare e governare i cambiamenti , all'interno di un processo globale di educazione permanente.

Questa necessità sposta la priorità dell’intervento educativo dal piano dalla trasmissione dei contenuti a quello delle metodologie educative finalizzate.

Da queste considerazioni emerge che la formazione e la qualificazione della classe docente , di ogni ordine e grado, e di tutto il personale direttivo deve essere adeguata e ciò costituirà il punto qualificante del nostro impegno e l'obiettivo prioritario di un progetto politico/culturale che non si limiti a dare risposte amministrative o burocratiche, come avviene da decenni, ma che sappia affrontare la questione educativa nella sua integrità.

Roma, ottobre 1993


 

Perché l'Arsenale ai giovani

da "Mente locale" supplemento de: "I SICILIANI"

“Le città non sono cumuli occasionali di pietre, sono misteriose abitazioni di uomini”.

Noi ci crediamo. Noi le sogniamo, le amiamo, le studiamo, le vorremmo liberare, costruire queste misteriose abitazioni di uomini e donne. Per questo vogliamo donare a Verona un cuore. E l’Arsenale, ormai libero, può finalmente diventare il suo cuore “nuovo”. Diceva il grande sindaco Giorgio La Pira: le città sono “unità viventi”, le città incorporano memorie, hanno un’anima, una vocazione, un destino, sono “fontane insurrogabili di vita”, “fonti di luce e di civiltà”, libri vivi.

Chiediamo allora con forza un segno d’amore e di civiltà per i cittadini del futuro che sono qui in mezzo a noi con i loro disagi, le loro sofferenze, i loro disorientamenti.

L’arsenale. Non un luogo per dissennate speculazioni ma un luogo per crescere, per comunicare, per condividere. Dove per riordinare esperienza di formazione, di ricerca, di accoglienza, le più significative per la costituzione della propria identità.

Perché la città sia struttura esistenziale costruttiva, grande dimora, insieme di case familiari, luogo della collaborazione, dell’integrazione di pensieri, sogni, memoria e insieme meta privilegiata di percorsi affettivi, estetici, etici.

Ai giovani che chiedono con intelligenza e consapevolezza il FUTURO, gli amministratori rispondano.

1 marzo 1995

 



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