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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 
La Memoria mette le ali
 
A cura di Nadia Scardeoni
 
...........L’INNOVAZIONE COSTITUISCE UNA DUPLICE MINACCIA PER LE MEDIOCRITA’ ACCADEMICHE:
ESSA METTE IN PERICOLO LA LORO AUTORITA’ DI ORACOLI ED EVOCA IL TIMORE PIU’ PROFONDO CHE TUTTO IL LORO  EDIFICIO INTELLETTUALE,  LABORIOSAMENTE COSTRUITO, POSSA CROLLARE.” 
 (Arthur Koestler: da “I Sonnambuli”)
 
 
Tra l'autocoscienza che caratterizza lo spirito, e l'energia esuberante della vitalità si situa una zona intermedia,
 «più chiara della vitalità, meno illuminata dello spirito, e che possiede uno strano carattere atmosferico.
 È la regione dei sentimenti e delle emozioni, dei desideri, degli impulsi e degli appetiti: ciò che andiamo a chiamare, in senso ristretto, anima.
Lo spirito, l'io, non è l'anima: si potrebbe dire che esso si trova come un naufrago immerso in questa, che lo avvolge e lo alimenta»
 
 
 
 
 
 
Il  tema della memoria è fuori di ogni dubbio fra i più complessi e affascinanti. L'intera umanità edifica  su di essa  la propria esistenza.

Non è un caso che la "memoria", intesa in ogni suo aspetto, sia personale , individuale che collettiva, sociale ,sia stata , in ogni tempo,  oggetto di controllo e composite speculazioni,  da parte dei sistemi di potere.

Ma, trascurando le miserie dell'animo umano , muovendoci da ciò che fa dire a Platone  "la conoscenza è memoria" , aprendoci alle dimensioni di una scienza che non sia affetta da " pruriti schizofrenici "  nel trascurare l'aspetto unitario della personalità nel suo porsi  biologico,  psicologico , spirituale,storico....credo si possa guardare con  più speranza ad alcuni "fenomeni" contemporanei che aprono nuovi sentieri di conoscenza.
 
E' possibile sottrarre la "memoria" nella sua accezione più fertile , dalla mortificazione delle  inviolabili scienze esatte?
E' possibile innovare lo sguardo verso una "materia così ineffabile" che  i cancelli della stereotipia mentale  relegano ad un concetto rigido di "passato" e affidarla  alle ali  della trascendenza?

Penso alle NDE , ad esempio, e allo studio che gli ha dedicato l'amico Kenneth Ring .
Che cosa è una NDE( Near Death Experience) o  esperienza in prossimità della morte ???

E' una esperienza psico-fisico-spirituale straordinaria che illumina ( e non solo filosoficamente) la  "transizione" dalla vita alla morte, attraverso l'accesso alla memoria di sè nella sua totalità.

Le testimonianze raccolte dagli studiosi delle NDE  coincidono nell' affermare che al momento della morte noi entriamo in un mondo trascendentale, in contatto con una realtà obbiettivabile :
 una meravigliosa sensazione di pace e di benessere,
la percezione  di essere separati dal corpo e di poterlo guardare dal di fuori,
la memoria estesa della propria vita come visione panoramica e simultanea  di tutti gli eventi fra i più significativi dal punto di vista affettivo-relazionale.

E' un'esperienza che amplia il nostro concetto di memoria e ne fa dedurre soprattutto gli aspetti terapeutici.

Un dato che meraviglia è la memoria  degli avvenimenti che si conserva chiara e netta  anche dopo decine di anni, e ciò  è a tutela della sua autenticità.

Infatti se una relazione dell'accaduto viene  fatta ripetere dopo un tale lasso di tempo viene ripetuta immutata.

 Nazionalità, etnia, età, credenza in Dio e/o nella vita dopo la morte, cultura e stato sociale, modalità diverse  secondo le quali si è verificato l'evento (trauma, malattia, suicidio, shock)  non influenzano  né le modalità né la frequenza del fenomeno.

Alcuni casi, , dimostrano che durante la NDE possono esserci fenomeni precognitivi. 
 E  questo un dato a favore della Teoria quantistica , per la quale non esiste presente, passato e futuro

 Ring   pensa che il soggetto durante la NDE entri in una specie di simultaneità olografica e  pensa che  in quello stato le persone abbiano una sorta di accesso a una conoscenza totale,  che corrisponde ad uno stato di coscienza che si espande al di là dei limiti dell'umano,  come avviene nelle estasi mistiche, religiose  e in certe esperienze psichedeliche.  Tutte queste conoscenze sono probabilmente già in noi anche prima della esperienza.



In  Lessons From the Light -  
https://www.edscuola.it/archivio/interlinea/nde.html   - Ring presenta alcuni insegnamenti pratici che ha appreso dai « sopravvissuti» : una specie di Vademecum che racchiude suggerimenti "eccezionali" se si considera che Kenneth è ateo.

Eccoli

1. C'è un motivo per tutto ciò che accade

2. Occorre trovare il  vero senso della propria esistenza

3. Non essere uno schiavo del "tempo" 

4. Apprezzare le cose per quello che sono.

5. Non farsi dominare da pensieri o aspettative alienanti

6. Non essere interessato a cosa  gli altri pensano di  voi.

7. avere cura del proprio spirito e non solo del corpo.

8. Non temere il dolore o la morte.

9. Essere aperto alla vita e viverla nel senso più pieno.

10. Le cose materiali, il denaro,  non sono particolarmente importanti 

11. La cura della relazione affettiva è la cosa che più conta nella vita.

12. Non  lasciarsi turbare dalle competizioni

Con Kenneth Ring  (Incontrato a Verona, nel corso di un  convegno ) abbiamo a lungo conversato sulle convergenze di alcuni dati in nostro possesso ...
Sono molto felice di aver suggerito a Kenneth il concetto di "coscienza profonda" che io stessa avevo elaborato dalla mia esperienza  di "Educazione al silenzio", con i bambini, e dalla mia esperienza artistica.
da

https://www.edscuola.it/archivio/interlinea/memory_link.htm



lettura


HENRI BERGSON
http://www.filosofico.net/bergson3.htm



IMMAGINAZIONE, PERCEZIONE E MEMORIA

La durata reale esprime l'intima essenza della coscienza. Ma che rapporto intercorre tra coscienza e materia, tra vita interiore del soggetto che sente in sè il flusso della memoria, ' l'inafferrabile progresso del passato che fa presa sul futuro ' e realtà dell'universo corporeo in cui l'uomo vive ed opera?

 A questa domanda Bergson prova a rispondere nella sua seconda opera importante, Materia e memoria , il cui sottotitolo dice, in modo molto significativo: ' Saggio sulla relazione tra il corpo e lo spirito '.

L'opera si apre con una definizione di materia che rivela l'intenzione di eliminare la tradizionale contrapposizione tra idealisti e realisti.
I primi, e Bergson si riferisce soprattutto a Berkeley, riducono l'oggetto materiale ad una rappresentazione del soggetto conoscente; i secondi, e Bergson guarda a Cartesio, pensano alla realtà materiale come ad una 'cosa' preesistente alla rappresentazione e dotata di una natura diversa da essa.

Per Bergson la materia é un insieme di immagini , intendendo per quest'ultimo termine qualcosa che sta a metà tra la rappresentazione e la cosa. L'uomo comune, privo di preparazione filosofica, crede che esista una realtà distinta da lui (in accordo con i realisti e in opposizione con gli idealisti), la quale però coincide perfettamente con la percezione che egli ha di essa (in accordo con gli idealisti e in opposizione ai realisti).

In altre parole: se non siamo sviati da pregiudizi filosofici, tendiamo a pensare che esista una realtà diversa dalle immagini contenute nella nostra coscienza, ma nello stesso tempo nessuno mette in dubbio che tali contenuti coscienziali non siano realtà autonome, esistenti indipendentemente dalla coscienza.
Le immagini che compongono l'universo, naturalmente, non sono accostate le une alle altre a casaccio, ma sono connesse da relazioni che ne fanno un insieme articolato stabilmente: queste relazioni sono le leggi della natura .

 Tra le varie immagini però ve ne é una che presenta un particolare carattere privilegiato dal momento che, oltre a sottostare alle leggi naturali, ha anche la facoltà di modificare le altre immagini in base a propri criteri; inoltre, mentre le altri immagini sono conosciute solo dall'esterno (con la percezione), questa immagine privilegiata viene vissuta dall'interno (si sentono cioè le sue affezioni).
 Questa immagine é il nostro corpo :

 infatti la mansione del corpo é di selezionare le altre immagini, scegliendo quelle che presentano per esso interesse e utilità in vista della soddisfazione dei suoi bisogni.
 In questo modo si crea un campo di immagini poste in risalto in mezzo ad un'infinità di altre immagini accantonate e oscurate dall' oblìo: questo é il campo della percezione .

Dato che la selezione operata dal corpo é motivata da interessi e bisogni, la percezione non ha un carattere puramente conoscitivo, ma comporta immediatamente un aspetto operativo; percepire vuol dire modificare la realtà materiale in base alle esigenze del nostro corpo , cioè agire.

Parlando solo della materia e del corpo, abbiamo trascurato lo spirito: il quesito di partenza era proprio quello del rapporto tra materia e spirito.

 Da una parte il corpo é solo materia che reagisce ad altra materia in vista dei propri bisogni, dall'altro rimane aperto il problema se questa reazione del corpo nei confronti della rimanente realtà corporea si esaurisca totalmente in un gioco di interscambi tra le parti della materia, oppure venga informata anche da qualche cosa che va al di là del corpo e della materia: si tratta cioè di vedere se il cervello, l'organo corporeo di organizzazione del pensiero, determini l'intera vita psichica e, tramite essa, il comportamento dell'uomo (come voleva la psicologia scientifica a orientamento associazionistico), oppure se esista un livello spirituale superiore e indipendente dalla pura attività cerebrale, dal quale sia piuttosto quest'ultima ad essere dipendente.

 In primo luogo, bisogna notare che la percezione tramite la quale l'uomo conosce il mondo e opera su di esso comporta un riferimento, per quanto piccolo possa essere, alla dimensione della memoria: percepisco e agisco in base a interessi e bisogni che si collocano nel passato, anche se prossimo, rispetto alla percezione-azione e questi interessi, a loro volta, sono condizionati da esperienze (ossia percezioni) precedenti.

 A questo punto Bergson distingue tra due tipi di memoria: la prima é la memoria-abitudine , che presiede ai meccanismi motori; la seconda é la memoria pura , che contiene i 'ricordi indipendenti' , e coincide con la durata reale della coscienza.


 Quando compio un'azione meccanica (recito una poesia a memoria) mi servo della memoria-abitudine; quando penso a momenti della mia storia personale (quando leggevo la poesia per impararla a memoria, gli stati d'animo, le impressioni, i fatti connessi a quell'esperienza) faccio appello alla memoria-pura. La memoria-abitudine ricade interamente nell'ambito dell'organismo: é l'insieme dei meccanismi con cui esso rielabora una risposta a certi stimoli.


La memoria pura rappresenta la sostanza spirituale della mia coscienza, identificandosi con quella durata reale in cui la coscienza si risolve.
Ma allora sorge un problema: quale di queste due differenti memorie subentra nella percezione corporea?

 Naturalmente la prima ad essere direttamente chiamata in causa é la memoria-abitudine, che determina le risposte motorie adeguate alla situazione sulla base delle esperienze passate e tradotte dall'organismo in meccanismi automatici. Ma, in realtà, i contenuti specifici della memoria-abitudine non sono altro che una selezione di alcuni tra gli innumerevoli ricordi ospitati dalla memoria pura.
 Tra le due forme di memorie vige dunque un intimo rapporto di connessione. Da una parte, dall'inesauribile serbatoio della memoria pura provengono i ricordi necessari alla memoria-abitudine per permettere l'attivazione dei meccanismi motori in cui si ha la percezione. Dall'altra parte, é grazie alla memoria-abitudine che alcuni 'ricordi puri' vengono recuperati, riportati in superficie e materializzati in 'ricordi-immagine', a loro volta causa immediata delle risposte motorie.
 Non vi é dunque alcuna soluzione di continuità nel processo che va dai ricordi puri, ubicati nella memoria fondamentale che coincide con la nostra coscienza spirituale, ai 'ricordi-immagine', con cui agisce la memoria meccanica dell'abitudine e, tramite essi, all'esito finale della percezione.

La memoria-abitudine, espressione meramente organico-materiale dell'attività mentale e riconducibile ai processi associativi del cervello, non é dunque del tutto autonoma, ma dipende da quella memoria importantissima che, coincidendo con la durata reale della coscienza, é indipendente dall'ambito della materia e rientra interamente nelle regioni dello spirito. In questo modo Bergson intendeva dimostrare l' impossibilità di ridurre la vita psichica e i processi mentali all'attività cerebrale . E la conclusione cui Bergson perviene é la seguente: ' In una coscienza c'é infinitamente di più che nel cervello corrispondente ' .




lemma : Memoria

http://www.educational.rai.it/lemma/testi/tempo/memoria.htm

La parola memoria indica un insieme di attività psichiche che consente di fissare e richiamare le percezioni nella coscienza o nell'inconscio, e quindi di riprodurre nozioni, comportamenti ed esperienze vissute nel tempo.
Con la memoria possiamo riportare alla mente singole percezioni, e in tal caso si parla di memoria sensoriale - oggetto di studio anche della medicina - che si suddivide in memoria acustica e visiva.

Oppure, si possono rievocare fatti, parole, ragionamenti.

Quando i dati richiamati dalla memoria fanno parte del bagaglio stabile delle conoscenze di una persona, si parla di memoria a lungo termine, mentre se si tratta di informazioni che non superano la durata del discorso o dell'attività che si sta svolgendo parliamo di memoria di lavoro o a breve termine.

Una parola che definiva sia l'atto del ricordare sia l'oggetto del ricordo era presente già in latino: è il sostantivo memoria che fu poi accolto - come prestito intellettuale - nell'italiano del Duecento.

Anticamente il vocabolo memoria era esteso anche all'intero complesso delle facoltà della mente, e diventava a volte sinonimo di intelletto e coscienza.

Memoria poteva indicare inoltre la parte posteriore della testa, dove si credeva fosse posta la capacità del ricordare.

Questi usi del termine memoria sono poi caduti, o sono rimasti solamente nei dialetti rurali, mentre maggiore resistenza hanno dimostrato le accezioni di memoria in riferimento alla sfera dei ricordi collettivi, come sinonimo di notizie o tradizioni di epoche passate.

Per ritrovare l'origine della maggior parte degli attuali significati secondari di memoria, bisogna risalire al Rinascimento, con il pieno fiorire della cultura umanistica fondata sullo studio del passato e della storia.

Nel Rinascimento il plurale memorie viene utilizzato per definire una narrazione o cronaca di fatti storici, e il singolare memoria acquista anche il senso di scritto autobiografico che rievoca eventi vissuti in prima persona.

Sempre nel periodo rinascimentale, la parola memoria viene impiegata per indicare una breve dissertazione monografica su un determinato argomento, e questo uso del termine sopravvive nell'italiano odierno, in particolare nei titoli di alcuni periodici scientifici o nel linguaggio giuridico.

Al Cinquecento risale anche l'espressione arte della memoria, con cui si intendeva la capacità di ottenere ricordi attraverso una specifica tecnica di memorizzazione che si avvaleva di sistemi di associazione verbale e di immagini.

Nuovi rilevanti significati del vocabolo memoria si ritrovano soltanto nel nostro secolo, e sono legati soprattutto alla cibernetica.

Nei computer è presente infatti un particolare dispositivo chiamato memoria, che conserva e rende continuamente disponibili dati e programmi, e può contenere una enorme quantità di informazioni.

E' questa la nuova veste assunta dalla memoria artificiale che svolge oggi un ruolo decisivo nella gestione di tanti settori della vita umana, quali l'industria, la ricerca, i servizi.


I labirinti della ragione

http://www.airesis.net/ILabirintiDellaRagione/ILabirintidellaragione.htm

L’INERZIA DELLA MENTE UMANA E LA SUA RESISTENZA ALL’INNOVAZIONE SI DIMOSTRANO PIU’ CHIARAMENTE NON, COME SI POTREBBE PENSARE, NELLE MASSE INCOLTE, LE QUALI VENGONO FACILMENTE TRASCINATE UNA VOLTA CHE E’ STATA COLPITA LA LORO IMMAGINAZIONE, BENSI’ NEI PROFESSIONISTI COI LORO INTERESSI ACQUISITI PER TRADIZIONE E PER IL MONOPOLIO DEL SAPERE. L’INNOVAZIONE COSTITUISCE UNA DUPLICE MINACCIA PER LE MEDIOCRITA’ ACCADEMICHE: ESSA METTE IN PERICOLO LA LORO AUTORITA’ DI ORACOLI ED EVOCA IL TIMORE PIU’ PROFONDO CHE TUTTO IL LORO  EDIFICIO INTELLETTUALE,  LABORIOSAMENTE COSTRUITO, POSSA CROLLARE.”  (Arthur Koestler: da “I Sonnambuli”).

 

La storia del pensiero scientifico occidentale e il lungo cammino della ricerca scientifica sono stati tracciati da grandi “eretici” le cui teorie si sono poi rivelate giuste. Coloro che un tempo furono giudicati folli per le loro tesi, sono coloro che poi hanno cambiato il mondo. Così era ieri e così è ancora oggi. Così è successo per ogni grande innovazione che poi ha trasformato la vita sul nostro pianeta. Un tempo li torturavano, li bruciavano o, nella migliore delle ipotesi, li scomunicavano. Oggi, più semplicemente, non fanno più carriera, perdono il posto e la cattedra o la nomination per il Nobel. Ma anche oggi c’è chi ha il coraggio di andare controcorrente.

 

 

Forse non tutti hanno la consapevolezza che scienza ufficiale e pregiudizio, nel corso dei secoli, abbiano spesso coinciso formando una terribile coppia.

“Ogni concezione scientifica comincia come un’eresia.” fa giustamente notare A. Huxley.

Esiste però una minoranza di esseri umani capaci di liberare la propria mente dai dogmatismi e andare controcorrente pur di perseguire le loro idee. Sono luci solitarie ad illuminare le tenebre del pregiudizio, uomini che ieri erano definiti eretici e che oggi definiremmo eccentrici, outsider e anticonformisti.

Per secoli e secoli tale minoranza si è battuta con coraggio e determinazione contro l’inviolabilità della scienza ufficiale.

Ma essere in minoranza non significa necessariamente essere in errore.

 Un tempo coloro i quali pensavano che la terra fosse rotonda erano un’esigua minoranza; e ci fu un tempo in cui coloro che pensavano che la stessa girasse intorno al sole erano non molto lontani dalla forca se avessero osato affermare ciò in cui credevano! Per dirla con Ungar:

 “Le dottrine vigenti esigono spesso una devozione che non tollera l’eresia, e i fatti nuovi che minacciano la sicurezza dello statu quo, possono essere attaccati con il fanatismo intollerante dell’inquisitore.”

Eretico è chi, nel modo di pensare e di giudicare, diverge dalle opinioni e dalle ideologie comuni o da quelle accolte dal gruppo di cui fa parte o si allontana radicalmente da ideologie ufficiali o da idee comunemente accettate. Socialmente si definiscono eretici tutti coloro che in qualche modo si contrappongono alla sacralità della scienza ufficiale. Non essere allineati a tutto ciò che è “conforme”, essere outsider o remare controcorrente è sempre stato pericoloso in tutte le epoche e in tutti i campi, compreso  nella scienza. Chi pensa col proprio cervello e si discosta da schemi convenzionali, rischia infatti di essere escluso dalle pubblicazioni accademiche, di non essere invitato ai convegni internazionali, di non ottenere finanziamenti pubblici e privati, di essere ammonito o richiamato dal proprio ordine professionale e persino di perdere la cattedra. E’ ciò che accadde, per esempio, al fisico americano George Zweig, che agli inizi degli anni Sessanta propose insieme a Murray Gell-Man il modello dell’atomo ad “assi” o a “quark”. Proprio in quel periodo una rinomata università americana aveva offerto a Zweig una cattedra, ma questa non gli fu mai assegnata a causa dell’ostruzionismo del maggior fisico teorico dell’ateneo, il quale riteneva il modello a quark “l’opera di un ciarlatano”. Ironia della sorte, fu Murray Gell-Man che nel 1969 conseguì il premio Nobel e proprio grazie alla teoria dei quark, mentre lo sfortunato Zweig, ormai bollato come eretico, fu dimenticato.

 “Se dovessimo contare sulla imparzialità degli scienziati, la scienza, perfino la scienza naturale, sarebbe del tutto impossibile” (Karl Popper, in Miseria dello storicismo). Questa osservazione sottolinea il fatto che gli scienziati sono esseri umani e dunque anch’essi soggetti all’eterno errare humanum est. Non solo i teologi, ma anche gli scienziati hanno contribuito, nel corso dei secoli, a relegare ingiustamente ai margini della loro comunità tanti colleghi, spesso soltanto perché più creativi o innovatori, in altre parole “eretici.” Non solo i pensatori eccentrici ma anche coloro che, pur potendo dimostrare la validità scientifica delle loro scoperte, non sono mai stati creduti, ma anzi ridicolizzati; salvo poi ottenere una riabilitazione, ovviamente postuma. Quelle di Galileo Galilei, Giovanni Copernico, Charles Darwin, sono storie ben note.  L’assenza di consapevolezza della storia del pensiero scientifico può erroneamente indurre a credere che sia stata la scienza ufficiale ad insegnarci e a tramandarci ciò che oggi è il patrimonio acquisito delle grandi scoperte che hanno migliorato le conoscenze nell’ambito delle scienze umane. Le più grandi innovazioni in quasi tutti i campi del sapere, in astronomia, biologia, cosmologia, filosofia, fisica, matematica, medicina, teologia, e scienze tecnologiche, sono invece la faticosa risultante di lotte, discordie e incomprensioni consumatesi nel corso di secoli tra i “geni eretici”, quasi sempre incompresi, e “scienziati normali", quasi sempre impregnati di indottrinamenti dogmatici e di pregiudizi formali: “Scientia et potentia humana in idem coincidunt”, per dirla con Francesco Bacone.

 Scoperte e invenzioni che hanno formato la società in cui viviamo dall’età del ferro ai quark, dal motore a vapore al trapianto di geni, nel fluire del tempo non sempre hanno avuto un percorso lineare. Come ha scritto il Prof. P. A. Rossi in “Razionalità scientifica e pseudoscienze eretiche“ (Anthropos & Iatria - Anno I - n° 4): “La storia della scienza è costellata di errori, illusioni, imbrogli, verità in anticipo e anticipi di verità, gli scienziati sono esseri umani che hanno sbagliato, barato e si sono illusi, hanno sacrificato la verità ad ideologie e ad interessi personali, ma spesse volte hanno anche pagato di persona e si sono sacrificati per testimoniare le loro idee contro la violenza della scienza ‘normale’ e contro la prepotenza dei ‘signori della verità’, alcuni hanno perso la vita, altri sono finiti in manicomio, molti più semplicemente sono stati estromessi dalle ‘accademie’. Il cammino della conoscenza può aver avuto, quindi, momenti progressivi e momenti regressivi, flussi, riflussi e ristagni, luci ed ombre, ma neppure la terribile intolleranza che spesso ha avuto origine all’interno della comunità scientifica è mai riuscita ad arrestarne la crescita”. Spesso infatti le idee troppo audaci sono anche troppo scomode perché obbligano a rivedere e a rivoluzionare non solo il proprio modo di pensare, ma anche intere e consolidate linee produttive.

 Sulla neutralità della scienza il Prof. Evandro Agazzi in Il bene, Il male e la scienza scrive: Ma un passo ancora più impegnativo fu presto compiuto: esso concentrava la critica della scienza non più sul suo possibile impiego e sulle sue conseguenze, ma direttamente sulla sua struttura noetica (cioè conoscitiva), negando che essa fosse quel modello di conoscenza imparziale, pubblica, controllabile e critica che, a lungo, si era creduto che fosse. Si proclamò, al contrario, che la scienza è sempre il prodotto di una comunità sociale, che essa cresce a partire dalle fondamentali visioni del mondo e dalle convinzioni preconcette che caratterizzano una tale comunità, che essa tende a servire inevitabilmente gli interessi della classe dominante, a sostenere i suoi fondamenti ideologici, a fornirle strumenti intellettuali e pratici per preservare le sue posizioni di privilegio. La pretesa oggettività e controllabilità delle dottrine scientifiche fu dichiarata puramente fittizia, mentre si sottolineò fino all’eccesso che l’organizzazione gerarchica della comunità scientifica, i legami tra i suoi leaders ed il potere politico e/o economico, il controllo esercitato sulle pubblicazioni, l’accesso ai fondi per la ricerca, l’effettiva possibilità di esprimere opinioni (scientifiche) dissidenti, erano tutte determinate da potenti fattori extra-scientifici.” E’ legittimo quindi chiedersi se la scienza sia nata lungo un percorso che sicuramente non era l’unico possibile né l’unico praticabile e rispetto al quale non poche furono le alternative tentate e proposte. Ma la storia, solitamente, si concentra sui vincitori, anche se noi non possiamo ancora sapere se ne facciamo parte. Per questo è interessante domandarsi se la via che la scienza “ufficiale” ci ha indicato sia stata davvero la migliore o se magari non ci abbia alla fine portato fuori strada. Vale dunque la pena ricordare alcuni personaggi “eretici” che non furono ascoltati ma che alla fine cambiarono le sorti e il divenire del nostro mondo. La storia della scienza è in definitiva molto più complessa di quanto suggerisce l’idea, oggi così di moda, che ci viene proposta nel nome di Karl Popper, di una filosofia razionale, secondo la quale vi sarebbe una linea ininterrotta di continua crescita e sarebbe facile scegliere tra il vincitore, Copernico, e il vinto, Tolomeo. Se è vero che nella scienza ciò che contano sono i dati, è anche vero che

…un ammasso di dati non è scienza più di quanto un mucchio di pietre sia una casa….” -

 (Henri Poincaré: “La scienza e l’ipotesi.”).

Se con Euclide la somma degli angoli di un triangolo è di 180° e le parallele non si intersecano mai, ci sono voluti più di duemila anni perché i matematici fossero dell’idea che esistono altre possibilità di definire uno spazio e rappresentare le sue figure. E ci volle ancora circa mezzo secolo perché un fisico, Albert Einstein, vedesse che un’alternativa non euclidea aveva un significato effettivo per l’Universo e apparteneva alla realtà del nostro cosmo. Esistono dunque spazi curvi nei quali le parallele si intersecano e la somma degli angoli dei triangoli può risultare maggiore o minore dei tradizionali 180°. Questo non significa che i modelli di pensiero dominanti siano inutili o, peggio, dannosi all’avanzamento delle scienze: per affermarsi, infatti, un nuovo modello deve riscuotere successi concreti, anche se la storia ci insegna che spesso, nonostante l’evidenza di fatti concreti, nuovi e validi modelli sono stati  comunque boicottati. La teoria di gravitazione universale di Newton ad esempio, pur contenendo varie inesattezze che vennero poi corrette dalla teoria della relatività, consentì ugualmente di compiere enormi progressi scientifici. Il vero problema è che spesso i modelli mentali si fossilizzano, diventando l’intoccabile patrimonio culturale di un’intera generazione, e qualsiasi contestazione o vera innovazione viene vista come un attacco distruttivo al sistema. E così ogni scienziato sospettato o marchiato di “eresia”, oggi come ieri, viene silenziosamente estromesso dalla comunità scientifica. Scriveva Max Planck in La filosofia della fisica:

“Di rado un’importante innovazione scientifica si fa strada convincendo e convertendo gradualmente i suoi oppositori. Quel che accade, è che gradualmente gli oppositori scompaiono e la nuova generazione si familiarizza con quell’idea sin dalla nascita.”

Idee che sono apparentemente bizzarre, tesi e proposte non convenzionali, interpretazioni originali e posizioni dissidenti non dovrebbero mai essere considerate come elementi di opposizione al sistema, ma come reali opportunità in quanto capaci di dare nuovi impulsi alla scienza, anche se solo alcune di queste idee, alla fine, si dimostreranno valide.

Disdegnare tali idee significa perdere le tracce di una importante scoperta, anche se riuscire a capire quali siano le migliori tra le moltissime ipotesi “eretiche” è impresa non facile. E’ dunque necessaria una costante attenzione epistemologica nell’ambito delle discipline praticate che deve porre lo studioso in una critica e feconda osmosi dinamica nei confronti del sapere e della conoscenza. Nella storia del pensiero scientifico occidentale molti sono stati gli uomini geniali che si sono scontrati col pensiero scientifico dominante. In questo numero della nostra rivista abbiamo deciso di presentare alcuni personaggi, noti e meno noti, considerati eretici nel passato e le cui scoperte fanno parte dell’attuale patrimonio di conoscenze. Essi sono la testimonianza storica di vitalità di pensiero perché i grandi progressi dell’umanità sono il frutto tanto del suo spirito indagatore quanto del suo spirito critico. Eccovi dunque solo alcuni dei grandi uomini che con le loro idee eretiche hanno cambiato le sorti del genere umano.

Prima che le loro tesi e le loro scoperte fossero  riconosciute ed accettate, essi sono stati oltraggiati, derisi, perseguitati, boicottati e osteggiati dalla scienza ufficiale del loro tempo, la stessa che ora si onora di averli avuti nei propri ranghi e che, non più memore degli errori commessi, continua magari a perpetuare nel presente gli stessi errori con altri suoi uomini, spesso cieca ma sempre presuntuosamente “signora della verità”.

 

 

....................

I luoghi del sacro

Sollevare un velo sull'appropriazione indebita dell'arte, attraverso la ricognizione immaginaria del pensiero di un "honorabilis magister" , ci porta fatalmente in un comune  itinerario  verso i luoghi del sacro.

Ecco allora il senso di una possibile interpretazione:

"Il sacro nell'arte , così come ci appare in Antonello ...e' la capacita' di "silenzio" dell'autore.

Silenzio dell'anima, silenzio del mondo esterno,  silenzio e pace interiore...... per affinare la materia"

Niente e' più "comunicante" di questa capacita' dell'uomo di potersi astrarre dalla sua natura sensibile
per  comporsi nel silenzio della sua veste spirituale e quindi farsi........ luogo del sacro

DA
Antonello da Messina, "honorabilis magister"


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