Restauro: l'arte al servizio dell'arte

di Nadia Scardeoni

 

Restauro pittorico

L’esperienza personale mi induce a pensare che nei procedimenti di restauro dei documenti pittorici , lignei, cartacei o su tele, può essere proficuo distinguere due discipline che corrispondono a due iter professionali paralleli ma non necessariamente indistinti: la disciplina della conservazione e la disciplina dell’integrazione pittorica.

Le due abilità, quella del conservatore e quella dell’integratore, agiscono di concerto e sicuramente è assai apprezzabile che siano eccellenti nella medesima persona ma è anche facilmente verificabile che l’integrazione pittorica sia particolarmente agevole per coloro che abbiano perseguito una formazione artistica più propriamente tesa ad una profonda conoscenza della storia della pittura ed alla sperimentazione delle tecniche pittoriche anche indipendentemente da quelle conservative.

La figura del conservatore non sarebbe comunque scalfita nella sua veste creativa ed artistica di operatore culturale che sovrintende a tutte le fasi del recupero poiché gli è riservata la fase più importante, anche perché irreversibile: la pulizia dell’opera.

Nessun momento del restauro di un’opera d’arte è infatti così delicato e di intensa collaborazione delle abilità tutte del conservatore quale la rimozione degli agenti materici che ne hanno offuscato il primitivo splendore.

Tutta la sensibilità artistica del conservatore, la conoscenza storica del documento, tutta la sua creatività viene concentrata in questo "dialogo" profondo con l’AUTORE, tesa al suo rispetto, nella sua irripetibile azione di servizio all’arte.

Le doti del restauratore allora non possono essere che quelle della pazienza, dell’umiltà, dello spirito di servizio.

Consapevoli del grande patrimonio artistico di cui i nostri predecessori ci hanno fatto eredi, occorre sviluppare le scuole della conservazione e della tutela affinché la storia dei popoli non vada smarrita dentro i demenziali miraggi dell’epoca contemporanea.

Occorre restituire all’arte, in tutte le sue forme, e il restauro è l’arte sublime per eccellenza, il suo primato: la disciplina che addolcisce il cuore.

 

Palazzo Barbaran da Porto

Non posso fare a meno di comunicare la grande emozione provata oggi, a Vicenza, a Palazzo Barbaran da Porto, quando..... col naso all'insù, ho rivisto , seppure alla luce fioca...consentita dalla mostra del Palladio - in atto - i quadri d'altura che avevo integrato circa dieci anni fa a Verona.

Un lavoro corposo: circa 30 MQ di tele, che hanno segnato l'inizio della mia scelta professionale più qualificata.

Ciò che allora poteva apparire come un "ripiego" rispetto le attività culturali didattico-pedagogiche che solitamente praticavo, ciò che l'opinione superficiale poteva considerare... oscura manovalanza, era in realtà il mio "canto filosofico" che si manifestava nel "dono" della mia sottomessa, plasmata, addomesticata "arte pittorica"... ai "MAESTRI".

E' stata un'avventura esaltante e irrinunciabile: essere "ammessi", a poco a poco, nelle officine segrete dei maestri, nell'intimo degli stilemi, delle soluzioni coloristiche, dei "gesti" pittorici ora lenti e misurati, ora febbrili ... concitati e geniali come… poi, in Tiepolo...

Forse e' difficile da comunicare...ma la pratica del restauro apre una nuova pagina che, oltre la critica d'arte e la storia dell'arte, consente di accedere ad un concetto dell'arte ancora più complesso, che può essere definito solo dall'interno: "L'arte a servizio dell'arte".

Un concetto che potrei tentare di illuminare con il mio contributo alla Mostra del Decumano 97 - Veronamerica: "Avevo 9 anni. Durante la convalescenza di una malattia piuttosto grave ebbi per la prima volta la consapevolezza di oltrepassare i limiti delle mie capacità.

Ricordo l'immobilità assoluta e il grande desiderio di sconfiggere le lunghe ore di solitudine. Fu così che mi applicai ad una specie di esercizio: quello di osservare con un'attenzione potenziata tutto ciò che mi stava davanti, di seguirne tutte le evoluzioni cromatiche nel gioco delle ombre e delle luci che si susseguivano nel trascorrere della giornata.

Mi impossessi così, senza aiuti teorici, di alcune leggi fondamentali della visione e quando ebbi in regalo una scatola di colori di finissima qualità si realizzò, credo, una sintesi di concause fortunate.

Mi ronzava in testa la storia di Cimabue che tentava invano di scacciare una mosca disegnata da Giotto. C'era nella mia stanza una piccola pianta di ciclamini che segnalava con il suo delicatissimo profumo una presenza amica… Conservo una memoria vivissima dell'incanto che mi prese quando mi misi all'opera.

Applicai le sottigliezze apprese dalla natura. E infine la meraviglia, lo stupore per quella "creatura" che stentavo a riconoscere come opera mia:... "un ciclamino posato su un piano con tutte le sue ombre proprie e portate, con le sfumature di colore, ora intenso ora fievole ora lucente, definito nei suoi volumi, nelle sue vibrazioni alla luce, in quell'ora del giorno, stagliato sul fondo da un'ombra netta che lo lanciava in un aggetto che mi faceva quasi… paura" Da quel momento la descrizione a matita, a colori, della realtà , fu per me un esercizio di conoscenza straordinaria che andava edificando strutture aeree e luminose nel mio intimo, dietro le quinte ruvide del mio carattere timido ed ombroso.

Il restauro pittorico è un dono della maturità.

Nei momenti di sospensione del mio procedere artisticamente, non ho altra nostalgia che questa: dialogare, dalla punta finissima del pennello, in profondità e letizia con gli autori.

E' un mettersi in ascolto, in silenzio.

E' un dialogo sommesso e vibrante che si compie nel mistero.

E' varcare la soglia dell'inconosciuto.

E' un rischio d'amore che si fa audacia.

Vicenza, 21 aprile 1999



LE FastCounter