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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo

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LE STRAGI DEL 47 NEI RAPPORTI DI POLIZIA

Di seguito i rapporti che la polizia giudiziaria ebbe a inviare alle autorità competenti, subito dopo le stragi, ancora impunite, del 1947. Dovrebbero essere conosciuti dai giovani e costituire un monito per quanti ritengono che il trascorrere del tempo serve a lenire le ferite. Ma nessuna ferita può essere sanata se la piaga si è voluta mantenere aperta: irresponsabilmente.

Poichè ritengo che dimenticare sia un fatto patologico, Vi prego di inviare, se siete d'accordo, quanto segue a un vostro amico che non sappia nulla su Portella.

I documenti parlano da soli e non hanno bisogno di commento, anche alla luce dell'atto finale di quel percorso giudiziario: la dichiarazione, da parte dei giudici di Viterbo prima, e di Roma dopo, dell'inesistenza dei mandanti.

Giuseppe Casarrubea


 

QUESTURA DI PALERMO

div. gab. n. 35538-2^ Palermo, 8 maggio 1947

 

Oggetto: Gravi delitti commessi a Piana degli Albanesi in occasione della festa del lavoro, il 1 maggio 1947.

Al Sign. Procuratore della Repubblica

Palermo

 

Il primo corrente, poco prima di mezzogiorno, pervenne alla compagnia esterna dei Carabinieri una grave notizia: in contrada Portella della Ginestra, territorio di Piana degli Albanesi, era stato sparato sulla folla che celebrava la festa del lavoro in concorso con le popolazioni di S.Giuseppe Jato e Sancipirello, e vi erano diversi morti e feriti.

La questura, di accordo col Comando del Gruppo Esterno dei Carabinieri, provvide, immediatamente, a inviare nei detti Comuni, nuclei di Carabinieri e di guardie di PS, alla dipendenza di funzionari di PS e di Ufficiali dell’Arma per l’accertamento dei responsabili, per i soccorsi ai feriti e per il mantenimento dell’ordine pubblico.

Perciò a Piana degli Albanesi si recarono il Comandante la Squadra Mobile, Commissario aggiunto di PS, dott. Guarino Salvatore, il Comandante del Gruppo Esterno dei Carabinieri, Maggiore Angrisani cav. Alfredo e il Capitano Del Giudice Achille; mentre a San Giuseppe Jato e a San Cipirrello, dove, frattanto, si erano recati ufficiali e funzionari di PS dell’Ispettorato generale di PS per la Sicilia, si recarono il vicequestore Cosenza Filippo, il commissario aggiunto di PS sign. Manlio Lombardo, il Maggiore dei Carabinieri Cassarà cav. Leonardo, il capitano dei Carabinieri sign. Maneri Domenico e altri ufficiali.

Dai primi accertamenti si potè stabilire che la mattina, come era stato praticato l’anno avanti e come si era praticato anche gli anni anteriori al periodo fascista, molti elementi delle popolazioni dei Comuni di Piana degli Albanesi, di San Giuseppe Jato e di Sancipirello, appartenenti, per lo più alle rispettive Camere del Lavoro e accompagnati anche dai familiari, si erano recati, come d’intesa, a piedi, a cavallo e anche su carri, in località Portella di Ginestra, un pianoro sito in territorio di Piana degli Albanesi, tra i monti Pizzuta e Cometa, distante circa km. 5 da Piana, allo scopo di celebrare la festa del lavoro e, nel contempo, fare una scampagnata. Secondo dichiarò sin da principio, il sindaco di Sancipirello, sign. Sciortino Pasquale fu Vito e di Cimino Giovanna, nato a Sancipirello il 4 luglio 1913, e che poi ha confermato l’annesso verbale n. 1, le comitive dei comuni di San Giuseppe e Sancipirello, guidate da lui e dai dirigenti delle rispettive Camere del Lavoro, giunsero sul posto verso le ore 9, quando ancora non era giunta la comitiva del Comune di Piana degli Albanesi. Nell’attesa, i gitanti si sparsero, a gruppi, per i prati sia per riposarsi e sia per consumare il cibo che si erano portato. I cavalli e i muli furono liberati dai basti e lasciati liberi a pascolare o sdraiarsi per terra.

Quando giunse un primo scaglione della comitiva di Piana, tutti si radunarono attorno a una specie di podio, formato da un grosso masso di Pietra e da altri sassi sovrapposti, podio da dove, gli anni anteriori al fascismo, aveva parlato alle folle radunate per l’identico scopo, il propagandista Barbato. Da esso, in attesa che giungesse l’oratore ufficiale sign.Pedalino della Federterra si mise a parlare Schirò Giacomo di Paolo e Damiani Calogero, nato a San Giuseppe Jato il 15 agosto 1907, calzolaio, segretario della sezione del PSI. di San Giuseppe Jato; ma non aveva dette che poche frasi, riscuotendo gli applausi della folla, che si sentì una sparatoria. Non si comprese, da principio, di che si trattasse e molti credettero che fossero detonazioni di fuochi artificiali, in segno di giubilo.

La sparatoria continuò, con brevi intervalli tra una scarica e l’altra. Dopo pochi minuti, accanto al sindaco di Sancipirello cadde, grondante sangue, un giovane di Piana degli Albanesi; cadevano, feriti, altri giovani ragazzi, cadevano anche animali che pascolavano lì vicino. Allora si capì che si sparava sulla folla e tutti, presi dallo spavento, si sparpagliarono in diverse direzioni, oppure cercavano riparo dietro ai grossi sassi.

I parenti dei caduti e dei feriti, si trascinarono costoro e si allontanarono, la maggior parte verso Piana, perchè da quella parte si trovava subito il riparo. Quando i funzionari e gli ufficiali giunsero a S.Giuseppe Jato visitarono subito il sindaco sign. Ferrara Biagio di Benedetto e di Lupo Vita, nato a S.Giuseppe Jato il 27 febbraio 1902, il quale dichiarò che il primo maggio stava ammalato a Palermo, ma che, saputo del grave fatto, era tornato in paese per compiere il suo dovere verso la popolazione e specialmente verso le famiglie dei morti e dei feriti. Egli, l’indomani, ci segnalò un ragazzo che aveva fatto importanti dichiarazioni, ragazzo che fu subito identificato per Cusimano Rosario di Angelo e Anna Guzzetta, di anni 12, compiuti, da San Giuseppe Jato, abitante in via Porta Palermo, il quale, come rilevasi dall’annesso verbale n. 2, dichiarò che la mattina del 1 maggio, si era recato alla festa insieme con la madre, alle sorelle e altri ragazzi suoi vicini di casa. Ascoltava il discorso e batteva le mani, quando sentì sparare. Credette che si trattasse di fuochi artificiali, ma quando vide che cascavano ferite le bestie e la gente scappava, egli si nascose dietro un masso. Quando il fuoco cessò e la gente si era allontanata egli andò in cerca dei propri congiunti e non avendoli trovati si avviò verso le case della Ginestra per prendere lo stradale che conduce a San Giuseppe Jato. Ad un certo punto vide tre individui armati, che passarono a poca distanza da lui, inosservato, alla stessa distanza, cioè, che intercorre tra il Municipio e la Caserma dei Carabinieri di S. Giuseppe Jato (circa cinquanta metri). Perciò li riconobbe tutti e tre. Essi erano: Pippino Troia, Totò Romano e Marinotto Elia. Indossavano, tutti, vestiti vecchi ed erano armati: i primi due con fucili mitragliatori, dalle canne con buchi; e il terzo con fucile a due canne, da caccia. Quest’ultimo, inoltre, calzava scarpe gialle, all’americana. Li seguì con lo sguardo sino al ponte grande, finchè tracuddarono - sparirono. Il Cusimano soggiunse che quando fu a casa, disse alla madre quello che aveva visto ed essa gli raccomandò: ‘Non si parla, eh! Si sente ma non si parla". E’ stato accertato che, alla festa, si eran pure recati un gruppo di cinque giovanotti che si erano fatti accompagnare da una donna di facili costumi.

Essi sono: Bellucci o Bellocci Ugo di Ignoti, di anni 33, da San Giuseppe Jato; Caiola Calogero di Salvatore e fu Anna Di Martino, di anni 29 da San Giuseppe Jato; Randazzo Angelo di Benedetto e di Martorana Maria, di anni 26 da San Giuseppe Jato; Rumore Angelo fu Antonino e di Bono Provvidenza, di anni 25, da San Giuseppe Jato; Baio Antonino non meglio indicato. La donna è stata identificata per Roccia Maria fu Francesco e fu Parrinello Francesca, di anni 29, da Favignana, domiciliata a Trapani, prostituta. Costoro, quasi concordemente, hanno dichiarato (veggansi allegati nn.3-4-5-6-7) che invece di recarsi col grosso della folla, si avviarono verso una località recondita, ad oltre un chilometro dal pianoro della Ginestra, denominata Caramoli. Sul posto c’erano altri due compagni di Piana degli Albanesi, non bene indicati, i quali, però, si trattennero poco con i cinque e con la donna. Il gruppo si era da poco messo a mangiare quando sentì le sparatorie a brevi intervalli l’una dall’altra. Dopo vide la gente fuggire. Allora, impressionati, si guardarono attorno e notarono che, a mezza costa della montagna Pizzuta, scendevano due individui armati; poi, ad una certa distanza, un gruppo di tre armati, poi un altro gruppo di tre e, in ultimo, pure a distanza, un altro gruppo di quattro persone divise in due. Essi, asserirono di non avere riconosciuto alcuno, ma che una delle ultime persone portava un impermeabile chiaro. Questa, camminando, pronunziò la seguente frase: "Disgraziati, chi facistivu?".

Uno dei cinque giovani che stavano con la donna, e precisamente Caiola Calogero corse a cavallo del suo mulo a Portella della Ginestra, per chiamare la forza pubblica. Di fatti, tornò col maresciallo e un carabiniere, i quali, visto che i malfattori si erano allontanati, se ne tornarono a Portella. Oltre tale dichiarazione assunta a verbale, il Caiola, al vicequestore, nel confermare quanto aveva dichiarato, soggiunse di essersi accorto che sulla montagna, in alto, c’erano pure due pastori che pascolavano pecore e c’erano anche tre individui come se stessero di vedetta.

Fra le persone che si erano recate pure alla festa del lavoro, c’era Borruso Alberto di Leonardo e di Bona Giuseppa, nato a San Giuseppe Jato il 3 gennaio 1928, abitante in via Acqua Nuova, 22, contadino, il quale ha dichiarato (veggasi allegato n. 8) che aveva preso l’incarico di trasportare sul suo carro circa 200 razioni di pane, vino e carciofi da distribuire ai compagni poveri. Giunto sul posto e avendo saputo che la distribuzione doveva avvenire dopo del comizio, egli fece spingere il carro un poco più in sù del podio dove si dovevano tenere i discorsi, staccò il mulo dal carro e lasciando questo in custodia del compagno Tresca Pietro, si recò verso il costone della montagna Pizzuta per raccogliere l’erba per il mulo.

Giunto ad un punto dove c’era un bel cespuglio di erba sulla, si accinse a estirpare detta erba dal suolo, quando sentì degli spari. Dapprima non si seppe rendere conto; ma dopo, essendo stato colpito da una scheggia alla punta di una scarpa, comprese il pericolo e si riparò dietro un mucchio di pietre. Guardando, dice lui, "con maggiore sicurezza" vide che un individuo sparava sulla folla; e come questi si spostò da un masso all’altro, lo riconobbe per Benedetto Gricoli, inteso Troia perchè parente della famiglia Troia, da San Giuseppe Jato.

Il Borruso precisa di averlo riconosciuto nettamente, in modo inequivocabile, armato di un fucile mitra col quale sparava continue raffiche.

Gli individui indicati dal Borruso e dal Cusimano che già erano stati fermati in un primo rastrellamento il giorno 1° maggio sono stati dichiarati in arresto e associati alle locali carceri a disposizione di V/S Ill./ma.

Data la importanza delle dichiarazioni rese dai testi Cusimano e Borruso, questi sono stati subito presentati a V.S.Ill/ma per essere esaminati.

Le loro generalità sono le seguenti:

1°) Troia Giuseppe di Benedetto e fu Costanzo Rosalia, nato a S. Giuseppe Jato il 19/1/1884, ivi residente in via Nuova, 52;

2°) Romano Salvatore fu Vito e fu Di Marco Francesca, nato a San Giuseppe Jato il 5/12/1908, ivi domicialiato in via Normanni n.45, agricoltore;

3°) Marino Elia, inteso Marinotto, fu Paolo e fu Napoli Filippa, nato a S.Giuseppe Jato il 17/10/1890, abitante in via Normanni, n.49;

4°) Gricoli Pietro Benedetto fu Giacomo e fu Costanza Carmela, nato il 14/8/1916 a San Giuseppe Jato.

Il sindaco di Sancipirello, nella sua dichiarazione, assunta a verbale, il giorno 6 andante, oltre ad avere accennato al riconoscimento del Borruso, ha segnalato pure due giovani, uno dei quali si chiama Ferruggia Emanuele, i quali giunti con la comitiva di Sancipirello, in attesa che giungessero quelli di Piana degli Albanesi, si misero a gironzare per i dintorni. Appena giunsero alle falde della montagna Pizzuta, notarono che, a mezza costa, vi erano delle persone appostate.

Essi ne contarono sei.

Insospettiti se ne tornarono indietro per raggiungere il grosso della folla; ma non erano neppure giunti che sentirono sparare: si buttarono per terra e notarono che la folla si sparpagliava spaventata.

Il sindaco di Sancipirello, sign. Sciortino Pasquale, richiesto sui motivi di tale grave fatto, ha detto che riflettendo, questo non può spiegarsi che come effetto della reazione degli avversari politici. Ha ricordato, in proposito alcuni episodi ai quali, prima, non aveva dato importanza. Il giorno 21 aprile u.s., appena si seppe che nelle elezioni il Blocco del popolo aveva ottenuta la maggioranza, l’ex tenente dei Carabinieri sign. Di Leonardo Pasquale di Carlo, da Sancipirello, incontratolo, lo chiamò e, in presenza del Maresciallo Comandante la Stazione dei Carabinieri del luogo, gli disse: "Se avete da fare manifestazioni di giubilo, bisogna evitarle se no succede danno. Ci sono persone che hanno la testa guasta, avvisa pure gli esponenti di San Giuseppe, affinchè non scendano a Sancipirello". Il sindaco, per evitare disordini non permise alcuna manifestazione.

Egli ha ricordato che, precedentemente, in un pubblico comizio tenuto a Sancipirello, il capo della mafia locale, Celeste Salvatore fu Pietro, volle parlare al pubblico. Fra l’altro disse: "Una vittoria del Blocco sarà tanti fossi che si scaveranno per i comunisti e tanto sangue sarà sparso. I figli non troveranno il padre e la madre perchè conoscete chi sono io". Il Celeste ricercato si è reso irreperibile.

Il possidente sign. Arcuri Michele, dopocchè subì il sequestro di persona, prese come amministratore, evidentemente perchè impostogli, il mafioso Battaglia Leonardo, il quale in questi giorni, si è reso irreperibile. A proposito di lui, certo Cardarera Filippo avrebbe dichiarato che il 30 aprile u.s., nella casa del Battaglia vi sarebbe stata una riunione di mafiosi.

La sera del 20 aprile, al dire del sindaco di Sancipirello, si era sparsa la voce che in casa di Gioacchino Capra era sta preparata una mitragliatrice per il popolo se questo fosse sceso in piazza; e che i mafiosi erano pronti ad attaccare il popolo. Però non successe nulla.

Infine, il sindaco suddetto ha esibito una lettera anonima, da lui ricevuta per posta, nella quale vengono indicati come assassini (del fatto) del primo maggio Scioano Calogero, Mustacchia Salvatore, Lo Greco Damiano e Cangelosi Antonino; però, Scioano e Mustacchia si sarebbero sottratti con una calunia, una scusa, mentre Cangelosi e Lo Greco avrebbero partecipato all’attacco.

Nell’anonimo si dice infine: "...satti guardare perchè il Maresciallo del vostro paese era pure complice. Salute di un tuo amico".

Detto anonimo viene annesso al verbale d’interrogatorio del sindaco sign. Sciortino, dopo di averne presa copia.

Degli individui indicati nell’anonimo, due si trovano già fermati, cioè Lo Greco Damiano di Domenico e Di Gregorio Antonina, nato a Sancipirello il 30/10/1902; e Scioano Calogero di Simone e di Anna Di Liberto, nato a Sancipirello il 2/1/1920.

A conferma di quanto ha asserito il sindaco di Sancipirello e cioè che il giubilo del popolo destasse la suscettibilità dei mafiosi di quei paesi, si citano alcune frasi molto significative, pronunciate la mattina del primo maggio da qualcuno di essi. La signora Maiolo Rosalia maritata Norcia, da S. Giuseppe Jato, ha dichiarato- veggasi allegato n.9- che la mattina, recandosi presso la cognata per prendere parte alla festa del lavoro, passò davanti alla casa dei fratelli Giuseppe e Salvatore Romano e vide costoro seduti sullo scalino antistante la casa. Vicino ad essi, ma in piedi, c’era Peppino Troia. Uno dei tre disse, in modo da farlo sentire ad essa: "Sarebbe cosa stamattina di piazzare una mitragliatrice e lasciarli tutti lì".

La signora Baio Maria, maritata Cuccia, nata a Piana dei Greci ma domiciliata a S. Giuseppe Jato, dichiara- veggasi allegato n. 10- che la mattina del primo maggio, la vicina di casa, Partelli Antonia, vedova, ma che non disdegna i rapporti con gli uomini, diceva: "Vanno a Portella, ma non sanno che lì ci stanno gli americani che devono buttare le caramelle!".

La Baio di rimando: "Botta di sangue in bocca, che andate dicendo?".Allora quella riprese: "Io lo dico per ischerzo, ma sapete che a Palermo ci stanno i soldati americani?".

Maniscalco Giovanna maritata Randazzo, da Sancipirello, e la figlia Randazzo Vincenza di Domenico, di anni 25, da Sancipirello, dichiarano -veggasi allegato n. 11- che pure la mattina del primo maggio levatasi da letto prima del sorgere del sole, perchè i congiunti di sesso maschile si preparavano a partecipare alla festa del lavoro, notarono che la gente era contenta; solo una vicina di casa, certa Trupiano Maria maritata con La Milia Francesco, commerciante di generi vari, criticava la festa e diceva: "I preparativi sono buoni, ma ancora nun sacciu". Con tali parole sembrava che volesse dire: "Ancora non so come andrà a finire". Per il momento non fecero caso a tali parole; ma, alle prime voci del delitto consumato, la Randazzo Vincenza, sapendo che sul posto c’erano pure andati il padre e i fratelli, si mise a gridare contro la Milia: "Se avrà qualcosa mio padre e i miei fratelli, verrò ad ammazzarti sino in casa". La Milia, allora, cercò di negare le riferite frasi; ma un’altra vicina, certa Trupiano Francesca, nata Maniscalco, le disse di avere sentito dire dalla stessa La Milia le seguenti significative frasi: "Vanno cantando e vengono cacando".

Dopo del fatto La Milia starebbe zitta e rincantucciata a casa.

Com’è noto, immediatamente dopo la comunicazione del grave delitto, gli organi di polizia recatisi sul posto hanno proceduto ad un vasto rastrellamento di elementi ritenuti capaci, per i loro precedenti, per la loro tendenza a delinquere e per altre circostanze, di avere organizzato od eseguito il grave delitto, fermando complessivamente circa centosettantacinque persone fra le zone di Piana dei Greci, di San Giuseppe Jato, Sancipirello estendendo l’azione anche nei comuni di Partinico, Monreale, Altofonte, Pioppo, Altarello di Baida, Boccadifalco e campagne circostanti. Sono in corso attivissime indagini per accertare la posizione dei singoli e procedere senz’altro al rilascio di coloro sui quali non gravano elementi di responsabilità.

Si fa riserva di indicare le generalità delle persone indicate nell’anonimo e di riferire man mano l’esito delle ulteriori indagini che vengono proseguite col massimo interessamento.

Si allega l’elenco dei morti e dei feriti.

 

IL QUESTORE

F. Cosenza

 

 

 

 

allegato 2

(cartella n. 1. vol. B)

 

Legione Carabinieri Di Palermo-Gruppo Interno

Palermo 26.6.1947

 

-All’Ispettorato generale di PS

per la Sicilia- Palermo

-Alla Procura della Repubblica del

Tribunale di Palermo

 

Oggetto: Azione terroristica contro le sedi dei partiti di sinistra di Partinico, Carini, Borgetto, S.Giuseppe Jato, Monreale e Cinisi.

 

 

Alle ore 1,10’ del 23 corrente, dall’ufficiale di picchetto della caserma ‘Bonsignore’, capoluogo della Legione Carabinieri, mi veniva comunicato che alle ore 23,35 del 22 detto, a San Giuseppe Jato, sconosciuti in numero imprecisato, avevano provocato vivo panico sparando contro la sede comunista del luogo numerose raffiche di mitra, seguite da lancio di bombe a mano. Una donna era rimasta colpita non gravemente dai proiettili di mitra. Recatomi subito in ufficio apprendevo che alcuni feriti erano stati trasportati d’urgenza da Partinico all’ospedale della Feliciuzza ed in cliniche di questa sede, ed avute le prime sommarie notizie, chieste per telefono, mentre si approntavano i mezzi perché io potessi recarmi subito sul posto (una sezione autoblinde- 4 motociclisti e 50 militari del locale battaglione mobile carabinieri), redigevo e facevo trasmettere subito -per telefono- al Ministero dell’interno, ai comandi gerarchici dell’Arma ed alle Autorità locali, il seguente preavviso telefonico:

"Ventidue corrente, poco dopo ore 22 in Partinico et San Giuseppe Jato (Palermo), ignoti numero imprecisato, provocavano vivo panico predetti centri esplodendo direzione sedi comuniste raffiche mitra seguite lancio bombe a mano punto

At Partinico tentavano provocare incendio sede comunista mezzo carburante punto

Partinico segnalati finora un morto et cinque feriti punto virgola San Giuseppe Jato un ferito punto Recomi luogo con adeguati rinforzi fine"

Giungevano nel frattempo il signor tenente colonnello Sellitto, comandante interinale della Sezione Carabinieri di Palermo, il signor questore Giammorcaro ed il Capo di gabinetto dell’Ispettorato generale di PS, recatisi subito a conferire con l’Ispettore comm. Messana.

Alle ore 2,40 -con i rinforzi di cui avanti è cenno- in unione ad un funzionario di PS ed agenti, partivo per Partinico, ove giungevo alle ore 4,20.

Resomi conto di quanto dolorosamente erasi verificato, avendo avuto comunicazione che azioni terroristiche del genere si erano avute pure in altri centri della giurisdizione del gruppo, a seguito del preavviso telefonico, facevo trasmettere agli stessi enti e comandi le seguenti segnalazioni:

" Fa seguito preavviso telefonico n. 616/1 ventitrè corrente punto

Carini ore 23 ieri 22 andante numero imprecisato sconosciuti lanciavano bottiglia benzina et bombe mano contro porte sede partito comunista et si allontanavano spargendo vie adiacenti manifestini at firma Giuliano Salvatore annunzianti inizio crociata antibolscevica di cui bandito proclamasi promotore punto Incendio subito domato militari Arma punto

Borgetto ore 23,30 detto sede comunista fatta segno completa scarica mitra quarantina colpi che danneggiavano insegna Camera del Lavoro cui predetta sede est abbinata punto

Accertamenti comandante stazione risultava che due sconosciuti vestiti carabinieri avevano fatto fuoco dileguandosi subito punto

Cinisi ore 3 oggi sconosciuti numero imprecisato provocavano esplosione ordigno sede unica socialcomunista et incendio bidone benzina punto Lievi danni porta ingresso punto

Prime indagini episodio Partinico valse stabilire che sconosciuti numero imprecisato da via laterale corso principale cui habet sede sezione comunista sparate scariche mitra lanciavano fiasco benzina et cinque bombe di cui tre esplose provocando incendio esterno locale ove trovavansi sei iscritti partito di cui uno ucciso et quattro feriti punto Rimasto pure ferito altro elemento luogo che trovavasi casualmente pressi sezione comunista punto

Perdite causate essenzialmente colpi mitra perchè esplosione bomba scopo incendio et distruzione locale verificatasi quando colpiti avevano cercato riparo interno sezione et immediate adiacenze punto Bossoli mitra rinvenuti strada 46 punto Anche qui rinvenuti manifestini stampa crociata antibolscevica punto Stampati macchia recano solo dattiloscritti firma "Giuliano" et località suo quartiere generale "Sagana" punto

Spirito popolare scosso et allarmato punto virgola Ordine pubblico normale punto

Proseguo per San Giuseppe Jato fine".

Le azioni terroristiche di cui avanti è cenno, sono state caratterizzate dalla rapidità e la sorpresa è stata tale che neanche i colpiti hanno potuto rendersi conto; i presenti, in preda a vivo panico, hanno avuto la sola preoccupazione di fuggire e mettersi al sicuro.

Salvo il travisamento con divise da carabinieri dei due fuorilegge che hanno agito a Borgetto, negli altri centri i malfattori hanno operato a viso scoperto, ma nessuno di essi è stato riconosciuto.

A Partinico è corsa la voce che un autocarro di tinta rossa abbia attraversato il corso dei Mille e che la prima scarica di mitra sia avvenuta subito dopo che l’automezzo è transitato all’altezza della sede comunista; A Carini ed a Cinisi che i delinquenti siano andati in macchina (jeep a Cinisi).

Nessun particolare attendibile si è potuto avere: il terrore che si è diffuso nei paesi è tale da indurre anche chi sa qualcosa a tacere. Tutti gli accorgimenti sono stati escogitati per indurre qualcuno a parlare, ma la risposta è stata sempre una: "ho udito gli spari, le esplosioni delle bombe e sono scappato", oppure "ho chiuso il balcone e non ho visto più nulla".

Espongo qui di seguito, i particolari delle azioni terroristiche:

 

Partinico

Alle ore 22 del 22 andante, mentre la musica suonava in piazza Garibaldi, alcuni sconosciuti, ritiensi in numero di quattro, appostatisi all’angolo di via Pozzo del Grillo, altezza Corso dei Mille, quasi dirimpetto alla sede comunista, esplodevano alcune raffiche di mitra e lanciavano un fiasco di liquido infiammabile e alcune bombe a mano contro la sede del partito predetto, sita al n. 313 del Corso.

I numerosi colpi di arma da fuoco, tre distinti scoppi di bombe ed il liquido andato in fiamme sul marciapiedi, impressionavano vivamente quanti stavano in quei pressi, i musicanti smettevano di suonare ed il pubblico, ancora numeroso in piazza, e nel corso, si allontanava di corsa. Due carabinieri che stavano in piazza, accorrevano prontamente, mentre altri giungevano poco dopo, unitamente ad agenti, al commissario capo di PS Agnello Pietro, e al sottotenente dei Carabinieri Tomaselli Domenico, comandante della locale tenenza.

Penetrati nella sede della sezione comunista rinvenivano bocconi sul pavimento, in una pozza di sangue, il cadavere di un uomo identificato per Casarrubea Giuseppe, di anni 47, da Partinico, ebanista, iscritto al Partito Comunista. Presentava ferite di mitra e di schegge di bombe all’emitorace posteriore sinistro, alla regione sottomascellare destra ed alla fronte.

Altre cinque persone erano rimaste colpite, riportando ferite varie:

Lo Iacono Vincenzo, di anni 38, dichiarato in pericolo di vita e riconosciuto abbisognevole di intervento che non ha avuto luogo; le sue condizioni vanno migliorando;

Addamo Leonardo, di anni 42, mediatore;

Patti Salvatore di anni 39, calzolaio;

Salvia Giuseppe, di anni 42, agricoltore;

tutti da Partinico, comunisti;

Ofria Gaspare, di anni 53, impiegato privato pure da Partinico, ma non iscritto al partito. Egli, alle prime detonazioni, aveva affrettato il passo per ripararsi, venendo nel frattempo colpito.

 

Un testimone oculare, tale Mazzurco Andrea, di anni 28, contadino, non aderente al partito stesso, ma che al momento degli spari stava davanti alla sede, insieme al ferito Lo Iacono, ha dichiarato di avere riportato l’impressione che le prime raffiche di mitra siano state esplose in aria per intimidire e fare allontanare la gente, ciò che non appare attendibile dal momento che delle sei persone che stavano davanti alla sezione, solo Mancuso Salvatore di anni 28, da Palermo, insegnante elementare, è rimasto miracolosamente illeso, per essersi, ai primi spari, buttato a terra, mettendosi, subito dopo al riparo nell’interno del locale. Il ferito Addamo Leonardo è stato trovato con la rivoltella in pugno per avere cercato difendersi, senza riuscire, però, ad esplodere alcun colpo perchè l’arma era ancora carica all’atto in cui gli è stata sequestrata. [n.d.a.: in realtà dall’arma mancava un colpo che era stato esploso contro gli aggressori e aveva provocato il ferimento del mafioso locale Gaspare Ofria. La polizia includerà quest’ultimo tra i feriti dell’agguato].

Sul posto sono evidenti le tracce dell’esplosione di tre bombe a mano; altre due non sono esplose. Rinvenuti: 41 bossoli di cartucce per fucile mitra cal. 9; n. 8 pallottole di piombo schiacciate, n. 3 cappe di bombe a mano ed altrettante linguette di sicurezza; pezzi di vetro e paglia di rivestimento del fiasco che conteneva il liquido infiammabile.

Rinvenuti due manifestini in via Pozzo del Grillo, diretti ai "Siciliani", e annuncianti che l’ora decisiva è già scoccata per la lotta antibolscevica, e che coloro che vogliono parteciparvi, per evitare che la Sicilia possa cadere preda dei rossi, accorrano al feudo "Sagana", quartiere generale di Giuliano, annunciatosi promotore della crociata. Stampati alla macchia recano solo dattiloscritti la firma "Giuliano" e la località "Sagana".

Allegato 1- originale per l’autorità giudiziaria; copia per gli altri enti e comandi in indirizzo.

 

Carini

Verso le ore 23 del giorno 22 venivano lanciate due bottiglie di benzina ed una bomba a mano, che determinavano un principio di incendio contro la porta della sede del Partito Comunista, provocando molto panico fra le persone degli stabili vicini e tra il pubblico che, a quell’ora, gremiva ancora la vicina piazza Duomo.

I malfattori, compiuto l’attentato, si dileguavano per la campagna, non senza prima avere esploso alcuni colpi di mitra contro la stessa sede. Attratti dalla detonazione e dalle grida accorrevano immediatamente sul posto i carabinieri della locale stazione, alcuni dei quali -con l’aiuto di volenterosi- si prodigavano per spegnere il fuoco, che aveva invaso la porta della sede comunista, mentre altri militari tentavano inutilmente l’inseguimento dei responsabili, prontamente dileguatisi.

Iniziate le indagini si poteva accertare che una decina di individui, forniti di armi militari e di tascapani, entrati in paese provenienti dalle campagne adiacenti allo stradale Carini-Montelepre, si erano diretti in via Roma, e, mentre due di essi distaccatisi avevano raggiunto via Rosalino Pilo, a poca distanza dalla sede del Partito Comunista, gli altri erano rimasti fermi. Quindi ad un cenno fatto da uno degli appartenenti al gruppo più numeroso, i primi lanciavano le due bottiglie di benzina e una bomba a mano.

Nessun danno alle persone.

Raccolte all’alba notizie più attendibili sulla direzione presa dagli autori dell’azione terroristica, venivano disposti servizi perlustrativi sullo stradale di Montelepre, senza migliore esito.

Anche qui sono stati lanciati manifestini di inizio della crociata antibolscevica, come quelli di Partinico.

 

Borgetto

Verso le ore 23,30 del 22 detto, una raffica di mitra, sparata a circa 20 metri dalla caserma dell’Arma richiamava l’attenzione di quei militari, i quali riportavano l’impressione che si trattasse di attacco alla caserma stessa.

Ne seguiva per le vie un fuggi fuggi di persone terrorizzate che imprecavano contro i carabinieri ai quali attribuivano gli spari. Immediatamente quel comandante di stazione usciva con altri militari, accertando che due individui, indossanti la divisa grigio-verde da carabiniere, ed armati di mitra, avevano esploso una raffica in direzione della sede unica del Partito Comunista e della Camera del Lavoro, in via Roma, n.1, e si erano dileguati imboccando una strada laterale. Sottufficiale, comandante e militari disponibili, messisi all’inseguimento, non riuscivano, per l’oscurità della notte, ad avvistarli.

Nelle prime ore del mattino si poteva meglio accertare che i colpi avevano raggiunto le insegne del Partito stesso e della Camera del Lavoro, nonchè un’attigua abitazione privata.-

Nessun danno alle persone.

 

San Giuseppe Jato

Alle ore 23,35 del 22 detto quattro individui in abito civile, muniti di armi militari e di tascapani si portavano in via Trapani -angolo della via principale Umberto I°- Immediatamente due di essi si distaccavano, dirigendosi verso la sede unica Partito Comunista-Camera del Lavoro e cooperativa agricola "Arciprete Natale Migliore", ove appena giunti e dopo aver fatto cenno alle persone che sostavano di allontanarsi- iniziavano fuoco ininterrotto di mitra con lancio di bombe a mano contro l’edificio stesso posto al primo piano.

Compiuto l’atto terroristico i quattro si dileguavano, continuando di tanto in tanto a sparare fino in prossimità della campagna-.

In via Vittorio Emanuele un proiettile colpiva certa Rizzo Benedetta, di anni 37, che riportava ferita giudicata guaribile in giorni quindici.

Carabinieri della stazione e del nucleo mobile, attratti dalle detonazioni e avvertiti dal sindaco, accorso in caserma, intervenivano prontamente e sulla base delle indicazioni raccolte battevano infruttuosamente la strada presumibilmente seguiti dai malfattori.-

L’edificio ha riportato danni alle persiane ed al balcone con la rottura di tutti i vetri.-

Sul posto dal quale i malfattori avevano aperto il fuoco si rinvenivano sette cartucce di mitra non esplose e 83 bossoli della stessa arma.-

Tre bombe a mano venivano rinvenute inesplose nel corso Umberto sotto la sede comunista.-

 

Monreale

Verso le ore 2,15 del 23 andante la stazione dei Carabinieri di Monreale veniva informata che si era sviluppato un incendio nella locale sede del partito socialista e che mercè l’opera di volenterosi era stato prontamente domato.-

Intervenuti immediatamente sul posto il Comandante della Compagnia dei Carabinieri in unione a sottufficiali e militari dipendenti, iniziava pronte indagini sulle causali dell’incendio, venendo così a sapere che il fuoco era stato appiccato da ignoti, che avevano cosparso di petrolio la porta esterna del locale.-

Si procedeva subito dopo al fermo di due individui, il cui comportamento era apparso equivoco, ma esclusa nel fatto la loro responsabilità, venivano subito dopo rilasciati.-

Proseguendo, tuttavia, alacremente nelle indagini, l’Arma veniva a sapere che verso le ore 1,50’ della notte, proveniente dallo stradale di Pioppo, era giunto a Monreale un camioncino con una quindicina di persone a bordo e che giunto a circa 20 metri dalla sede socialista aveva girato per ritornare verso Pioppo, sostando poi a un centinaio di metri di distanza, nei pressi dell’ufficio postale, dove pare fossero discesi alcuni della comitiva.-

Questa circostanza, messa in relazione all’attentato commesso poco dopo, ha fatto ritenere che i responsabili siano giunti effettivamente con l’automezzo.-

 

Cinisi

Alle ore 3,45 circa del 23 corrente alla locale stazione carabinieri veniva comunicato che poco prima era scoppiato un ordigno esplosivo davanti la porta della sede del partito social-comunista, rimasta danneggiata.

I militari dell’Arma, prontamente intervenuti, rinvenivano sul posto un ordigno esplosivo costruito rudimentalmente con un barattolo di lamiera, chiuso da una parte con una copia del settimanale politico "L’Uomo Qualunque" e collegato con una miccia, già consumata.-

L’ordigno scoppiando aveva provocato l’accensione del carburante contenuto in un bidone, così che il liquido si era sparso sul terreno senza provocare danni.- La porta d’ingresso della sede socialcomunista era stata aperta dallo scoppio dell’ordigno e dentro si notava del disordine.-

Esperite pronte indagini si poteva conoscere, stando alle dichiarazioni più attendibili, che l’attentato era avvenuto verso le ore 3 ad opera di numero imprecisato di malfattori allontanatisi a bordo di automezzo col quale erano giunti.-

 

Nella notte dal 23 al 24 corrente, durante la giornata che ne seguiva ed il successivo 25, a richiesta dell’Ispettorato generale di PS, ufficiali e sottufficiali di questo gruppo, espressamente comandati, hanno fermato i sottonotati elementi, tutti appartenenti alla mafia e ritenuti sostenitori del capo-banda Giuliano Salvatore.-

 

Monreale

Di Maggio Settimo

Madonia Filippo

Madonia Salvatore

Boccadifalco

Marasà Ernesto

Giordano Casimiro

Villagrazia

Marchese Mariano

Borgetto

Cosenza Giovanni

Cosenza Giuseppe

Cinisi

Manzella Cesare

Impastato Tommaso

Terrasini

Cracchiolo Giacomo

Cracchiolo Pietro

Cracchiolo Giuseppe

Cracchiolo Tommaso

Palermo

Cottone Giuseppe

Sorce Antonino

 

Si allegano, per la Procura della Repubblica del Tribunale di Palermo e per l’Ispettorato generale di PS, copia dei sottonotati documenti:

- rapporto del commissariato di PS di Partinico n. 987 in data 24 andante -allegato 2-;

- rapporto della stazione di Carini n. 181 del 25 giugno - allegato 3-;

- rapporto della stazione di San Giuseppe Jato n. 64 del 24 corrente -allegato 4-;

- rapporto della stazione di Borgetto n. 61 del 24 andante -allegato 5-;

- rapporto della stazione di Monreale n. 149 del 26 corrente -allegato 6-;

- rapporto della stazione di Cinisi n. 36 del 26 andante -allegato 7-;

significando che copia del rapporto della PS di Partinico è stata anche inviata direttamente al Pretore locale.-

Il Maggiore Comandante del gruppo

-Denti di Forlì Antonino-

 


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