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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo

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Parere del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione
(seduta del 10 settembre 2002)

Oggetto: Parere su: "Progetto nazionale di sperimentazione ai sensi dell'art.11 del D.P.R. n. 275/99"

PREMESSO CHE

la Commissione redazionale del CNPl condivide il ricorso all’art. 11 del DPR 275/99 "Iniziative finalizzate all' innovazione", che rappresenta uno strumento di valorizzazione delle potenzialità dell'autonomia scolastica, di recente assunta al rango di istituto "costituzionalmente garantito", come del resto auspicato in più occasioni da parte del Consiglio. 

NEL MERITO

la Commissione non può, invece, valutare positivamente le modalità adottate sul piano della fattibilità dell'iniziativa sperimentale come previste nella bozza di D.M. allegata alla richiesta di parere. E' necessario, infatti, il rispetto di tempi adeguati e la disponibilità di congrue risorse aggiuntive sia umane che economiche di cui non si riscontra traccia nel documento inviato. In particolare:

- sul piano dei tempi risulta evidente che la procedura corretta da seguire impone che, dopo l'emanazione del decreto da parte del Ministro, si riuniscano gli organi collegiali della scuola (collegio docenti in primis) per deliberare l'eventuale adesione o meno al progetto. Successivamente, in caso di delibera positiva, si deve verificare il reperimento delle risorse e la disponibilità in molti casi dell'Ente Locale per procedere, poi all'elaborazione e approvazione di un nuovo POF(con i tempi necessari e con la compatibilità dell' utilizzo dell'orario di servizio dei docenti). In tale contesto il Collegio dei Docenti dovrà deliberare i criteri per l'individuazione dei docenti cui affidare i vari compiti, ruoli e responsabilità. Inoltre si deve presentarlo alle famiglie per chiedere la loro adesione che, secondo l'ipotesi prospettata, comporterebbe la riapertura delle iscrizioni. Il rispetto della corretta procedura porta inevitabilmente, a lezioni iniziate, a date che potrebbero non consentire agli alunni inseriti tardivamente di rispettare il numero minimo di giorni necessari per la validità dell'anno scolastico,

- sul piano delle risorse economiche sembra tutto affidato alla ricerca sul territorio e al ricorso ai finanziamenti previsti dalla legge 440/97 il cui stanziamento non viene integrato e quindi ciò che verrà dato alle scuole che sperimentano verrà tolto alle altre in un momento in cui le risorse disponibili non sono certo adeguate ai bisogni delle scuole autonome. Sul piano delle risorse di organico non vi è alcuna garanzia neppure in riferimento alla scuola dell'infanzia;

- sul piano della scelta delle scuole suscita perplessità la mancanza di criteri oggettivi e di procedure condivise, elemento questo che non garantisce validità di test all'esperimento;

· in relazione all' "Osservatorio Nazionale" suscita perplessità la mancata indicazione di criteri per la sua costituzione e non si condivide l'attribuzione a questo organismo del compito di "definire criteri per l'attuazione"; parimenti non risultano condivisibili i criteri di individuazione dei componenti dell' "Osservatorio Regionale", che sembrano escludere la scuola militante e privilegiare quella che dovrebbe essere, invece, di supporto per il suo funzionamento.

Sul piano dei contenuti specifici del progetto di sperimentazione, la commissione fa propri quelli elaborati dai comitati della scuola materna ed elementare che si riportano integralmente:

il Comitato Orizzontale della Scuola Materna,

nel prendere atto che il Ministro utilizza l'unico strumento  consentito dalla legge,  cioè  I' art. 11 - D.P.R. 275/99 come già indicato dal CNPl, e che le sperimentazioni nella scuola dell'infanzia hanno da sempre caratterizzato positivamente lo sviluppo di questa scuola, esprime le seguenti valutazioni:

- la mancanza di precisi e significativi criteri per la scelta delle scuole destinate ad effettuare la sperimentazione. In ogni caso, sole 200 scuole, con l'esclusione non giustificata degli Istituti Comprensivi, fornirebbero un" test" minimale;

- la incongruità dei tempi con l'avvio della sperimentazione nell'anno scolastico 2002/03 in quanto:

- il D.M. sarà emanato ad anno scolastico iniziato;

- gli Organi Collegiali delle scuole e le famiglie interessate nonché gli Enti Locali, avrebbero dovuto essere informati e coinvolti prima della pausa estiva.

In ogni caso qualsiasi sperimentazione che investa aspetti didattico-organizzativi non può che passare attraverso una regolare delibera del Collegio dei docenti e del Consiglio dell'Istituzione scolastica;

· la gestibilità dell'operazione e la possibilità che i collegi si pronuncino in modo autonomo, consapevole e responsabile, verificando le condizioni di fattibilità da parte della scuola, a partire dalle risorse di organico, induce forti riserve;

· non esistono i tempi relativi alla formazione e all'informazione di tutti gli insegnanti rispetto al nuovo "quadro di riferimento dell'’iniziativa", cosi come manca la predefinizione della durata della sperimentazione prevista dall'art. 11 D.P.R.275/99;

· la quantificazione delle risorse sia in termini strutturali, sia in termini di organici non viene indicata

· l'impianto della sperimentazione é in netto contrasto con i principi dell'autonomia scolastica sanciti dalla L. 59/97 in quanto pone pesanti vincoli sia a livello didattico sia a livello organizzativo, inoltre non sono previsti modalità e criteri per la valutazione che le scuole debbono fare rispetto agli esiti prodotti dalla sperimentazione;

· una sperimentazione non può prescindere dalle esperienze pregresse. Nel progetto in esame manca invece ogni riferimento

-    agli esiti della Sperimentazione ASCANIO
-    al progetto ALICE
-    al progetto QUASI sulla valutazione nella scuola dell'infanzia.

In particolare nel Rapporto finale della consultazione sulle Linee di sviluppo (C.M. 98/99) svolta tra tutte le scuole dell'infanzia statali e paritarie, si era evidenziata la necessità di ricercare in termini di standard qualitativi i tempi necessari:

-    allo svolgimento di attività da garantite a tutti;
-    all'ampliamento dell'offerta formativa e al calendario scolastico;
-    alla frequenza dei bambini;
-    alla contemporanea presenza dei docenti.

La riduzione del numero degli alunni per sezione (peraltro, anche nella situazione attuale, indispensabile al buon funzionamento della scuola dell'infanzia), che invece nel progetto in esame viene collegata solo all'inserimento dei bambini in età precoce (art. 6, comma 3), non può, in ogni caso, incrementare ulteriormente le liste di attesa non può stravolgere o modificare i criteri di priorità stabiliti dal Consiglio di circolo/istituto né tanto meno interrompere la frequenza dei bambini già iscritti. Tale riduzione, pertanto, deve essere legata ad un idoneo incremento dell'organico, non previsto invece dal documento, che, così com'é, appare contraddittorio.

L'identità e la specificità pedagogica della scuola dell'infanzia, autorevolmente definite negli Orientamenti 91, vengono profondamente intaccate dal "quadro di riferimento" del progetto in esame che delinea un'idea di scuola gerarchizzata e preparatoria da cui discende una concezione di apprendimento cumulativo, come si evince, ad esempio, dal suggerimento fornito nelle Esemplificazioni (vedi scheda n.1 delle "Raccomandazioni" ed in particolare il riferimento esplicito alla pre-lettura e alla pre-scrittura).

La descrizione della professionalità del docente nella scuola dell'infanzia sembra ripercorrere il desueto profilo della maestra dei vecchi Orientamenti del '69. Anche le esemplificazioni relative agli "angoli ed ai "laboratori" contrastano con le strutture edilizie di troppe scuole sacrificate in spazi ristretti ed inadeguati e soprattutto contrastano con le migliori e diffuse acquisizioni pedagogiche della scuola dell'infanzia italiana di questi ultimi decenni.

·    il monte ore annuo di funzionamento della scuola, oscillante da un minimo di 1.000 ad un massimo di 1.800 , per la cui definizione entrano in campo molte variabili: l'età dei bambini, le esigenze delle famiglie, le condizioni socio-ambientali, le convenzioni con gli EE.LL., che non tenga in alcun modo conto sia di criteri per l'ampliamento dell'offerta formativa sia di criteri per l'attribuzione dell'organico non garantisce in alcun modo la qualità della scuola dell'infanzia. L'ipotesi di costruire piani individualizzati per ogni allievo è suggestiva,ma contrasta sul piano della concreta realizzabilità con gli attuali rapporti alunni/sezioni, tanto da divenire una pratica inapplicabile. Se vi si aggiunge l'impegno di creazione e aggiornamento del "portfolio" c'è il rischio di burocratizzare la scuola dell'infanzia, cucendole attorno un apparato formale che non riuscirebbe comunque ad arginare i rischi delle pericolose derive  cui potrebbe essere esposta. Sempre in merito al portfolio, sarebbe comunque opportuna maggiore chiarezza sull'uso del documento, sulle modalità di impostazione e documentazione e sulle competenze di chi ha la responsabilità di elaborarlo ed infine su ruoli e confini tra scuola e famiglia in materia di valutazione. La valutazione infatti presenta un'ambiguità di fondo e non sono chiare le distinzioni tra valutazione formativa. sommativa e di processo.

·    il coinvolgimento delle famiglie, peraltro praticato da decenni nella scuola primaria, si è sempre basato sulla complementarietà e sulla chiara distinzione dei ruoli e delle funzioni. Venendo a mancare tale distinzione, fatto che si evince chiaramente dall'insieme del documento ministeriale, si genera confusione e sovrapposizione di competenze che snatura lo scopo della progettazione educativa, svilisce la funzione docente e limita pericolosamente la libertà di insegnamento.

Il Comitato pur nella consapevolezza che il progetto di sperimentazione per il quale si esprime il parere é inscindibilmente collegato alle Indicazioni Nazionali ed alle relative Raccomandazioni che ne costituiscono il quadro di riferimento, si riserva di esprimere il prescritto parere che non potrà essere reso se non prima di uno studio attento e approfondito dei documenti suddetti.

Per quanto attiene all'anticipo. vanno ribadite le pregresse posizioni già assunte e ampiamente motivate dal CNPl. 

il Comitato Orizzontale della Scuola Elementare

osserva che la via sperimentale è sempre stata guardata dalla scuola elementare con grande interesse ed attenzione. Il Decreto 419/74 ha trovato numerose applicazioni nella ricerca, mai conclusa, di modalità migliorative del servizio scolastico, fino ad arrivare all'esperienza legislativa della L.148/90 che ha segnato una svolta significativa di vera e propria riforma in questo ordine di scuola.

Sperimentazione, allora, è, per la migliore tradizione della scuola e di quella elementare in specie, valore indiscusso per la crescita qualitativa e per l'attivazione di ricerca-azione in cui la stessa professionalità dei docenti è messa alla prova e trova terreno di arricchimento nella riflessività sull'azione.

La "storia" è, dunque, garante di uno sguardo positivo ad ogni innovazione finalizzata a tenere la scuola al passo con il mutare dei tempi e delle istanze educative.

Perché la sperimentazione meriti di essere definita tale, prendendo le distanze sia da un dannoso nuovismo, sia da una pericolosa improvvisazione e da un'improvvida imposizione, occorre che abbia in sé alcuni connotati/condizioni irrinunciabili che possono essere così sintetizzati:

·   chiarezza degli obiettivi da perseguire attraverso un adeguato monitoraggio e una corretta verifica;
·    pieno coinvolgimento e responsabile convinzione dei soggetti che la devono attuare;
·   tempistica adeguata inerente versanti plurimi: dalla formazione/supporto ai docenti, alla costruzione di un clima di attesa e di stima da parte dell'opinione pubblica, alla possibilità di esprimersi da parte degli organismi di partecipazione scolastica sia locali che nazionali;
·    risorse certe umane (vedi organici) e finanziarie (senza penalizzare chi non prende parte alla sperimentazione stessa) nonché messa a punto di strutture edilizie adeguate;
·    negoziazione di significati e concertazione là dove la sperimentazione chiama in causa soggetti altri.

Tenendo presenti questi criteri, anche se sommariamente espressi, il CNPI ha preso in esame la bozza di Decreto su cui é stato richiesto il parere.

Nel merito del progetto il CNPI intende evidenziare due questioni fondamentali attinenti, rispettivamente, alla finalità del progetto in esame ed alle condizioni della sua realizzazione.

1.         il progetto di sperimentazione si propone di "attivare e favorire laboratori di ricerca sui temi attinenti alla riforma degli ordinamenti scolastici" ai sensi deIl'art. 11 del DPR 275/99. E' quindi evidente e comprensibile, per le stesse finalità dell'iniziativa, la rilevanza di specifiche tematiche relative al dibattito ed alle proposte   di riforma degli ordinamenti presentati dal Ministro dell'Istruzione (anticipo, organizzazione didattica, ecc.). D'altra parte, l'art.6 del richiamato DPR 275/99 garantisce alle istituzioni scolastiche l'autonomia di ricerca e sperimentazione. In tale contesto, il CNPI osserva quanto segue:

-     il progetto di sperimentazione, secondo quanto previsto al comma 5 deII'art.2 della bozza di decreto, riguarda tutti gli aspetti pedagogici e metodologico-didattici presenti nella proposta. Si esclude, in tal modo, modificando un precedente e dichiarato orientamento dell'Amministrazione, la possibilità di una adesione parziale al progetto da parte delle scuole, con l'inserimento di aspetti e tematiche sperimentali all'interno di esperienze diverse. Tale scelta risulta, a parere del CNPI, fortemente condizionante per le istituzioni scolastiche ma anche limitativa per le dichiarate finalità sperimentali del progetto che, configurandosi come laboratorio di ricerca, dovrebbe prevedere la massima pluralità, articolazione e diversità di esperienze. Secondo il CNPI l'indicazione di un'adesione "completa" al progetto senza margini di discrezionalità e flessibilità da parte delle scuole, configura la proposta in esame  più come una limitata anticipazione dei nuovi ordinamenti che come una sperimentazione aperta di alcune specifiche tematiche;

- l'esigenza di un diverso rapporto tra contenuti del progetto ministeriale ed autonomia didattica ed organizzative delle istituzioni scolastiche si ripropone specificamente agli artt. 4, 7 e 8 della bozza di decreto. A parere del CNPI, infatti, le indicazioni inerenti lo svolgimento della funzione docente e l'organizzazione del team docente risultano cosi definite e dettagliate da pregiudicare l'autonomia didattica ed organizzativa riconosciuta istituzionalmente alle scuole

 2. L'altro elemento che è necessario considerare riguarda le condizioni di fattibilità del progetto in esame. Tale progetto di sperimentazione, infatti, per quanto limitato nella sua effettiva realizzazione ad un numero contenuto e definito di scuole, è proposto a tutte le istituzioni scolastiche interessate per essere attuato nell'anno scolastico 2002/03. Il progetto, secondo le indicazioni dell'art. 2 della bozza di decreto, deve essere elaborato dalle scuole interessate "in funzione di una piena valorizzazione dell'autonomia scolastica, deve recare l'indicazione dei contenuti, degli obiettivi, degli strumenti da utilizzare, delle condizioni organizzative, dei procedimenti metodologici prescelti e delle relative fasi di attuazione". Sempre all'art.2 della bozza di decreto si richiama l'attenzione sull'avvenuta verifica delle condizioni di fattibilità e sulla stretta collaborazione con le famiglie interessate.

Risulta evidente che la corretta realizzazione soltanto di tali, basilari operazioni - tanto più in presenza della prevista riapertura delle iscrizioni - contrasta con il fatto che l'anno scolastico prenderà avvio, nella maggior parte delle regioni, intorno al 16 settembre. Anche non considerando i tempi relativi all'individuazione delle scuole da parte delle Direzioni scolastiche regionali, operazione che richiede, comunque, la acquisizione e la valutazione dei vari progetti presentati, l'adesione al piano sperimentale investe dirette ed imprescindibili competenze del collegio docenti e del consiglio dell'istituzione scolastica che solo con il mese di settembre possono conoscere e discutere la proposta di sperimentazione.

Altro aspetto rilevante che contrasta con i tempi della vita scolastica è dato dalle necessarie intese con gli Enti Locali anche in relazione all'anticipo della frequenza degli alunni alla scuola elementare. Il problema è stato sollevato già in modo specifico e pertinente dall'ANCI. Qui viene richiamato solo come ulteriore elemento di complessità in relazione ai tempi di definizione e avvio della sperimentazione.

Relativamente alle risorse per la realizzazione del progetto, il CNPI rilevando l'assenza di qualsiasi finanziamento, anche con l'attribuzione di congrue risorse aggiuntive sia in termini di potenziamento degli organici. sia sul piano di specifiche risorse finanziarie. Il Comitato  registra. infatti,  che la scuola elementare ha subito, in conseguenza di recenti provvedimenti, una contrazione di dotazione di organico, con effetti diretti sul tempo scuola, sui progetti di innovazione didattica e di accoglienza/integrazione degli alunni extracomunitari ed anche sull'estensione dell'insegnamento della lingua straniera che già molte scuole avevano esteso alle classi prime e seconde, utilizzando le risorse dell'organico funzionale.

In sintesi, il CNPI reputa determinante che vengano chiariti

·    criteri precisi per la scelta delle scuole destinate ad effettuare la sperimentazione, affidata al Direttore Generale Regionale competente coadiuvato dagli Istituti regionali di ricerca educativa e dai Centri Servizi Amministrativi. Tale esigenza è ancora più significativa vista l'esiguità del numero delle scuole scelte a livello nazionale che, tra l'altro, possono fornire un test minimale della variegata e complessa realtà scolastica che insiste sul territorio;

·    criteri condivisi per il coinvolgimento della scuola reale, e in particolare della componente docente, negli Osservatori, nazionale e regionali, che dovrebbero monitorare la sperimentazione;

·    necessari riferimenti temporali e di gestione degli interventi di formazione in servizio;

·      quantificazione delle risorse sia in termini strutturali, sia in termini di organici, di retribuzione per i maggiori carichi di lavoro e per gli oneri derivanti dalla formazione in servizio;

·     la predefinizione della durata della sperimentazione come previsto dall'art. 11 del DPR 275/1999, anche alfine di assicurare agli allievi le opportune garanzie di continuità dell'intervento formativo oltre l'anno scolastico in corso.

La pubblicizzazione della sperimentazione sui mezzi d'informazione di massa che ha, di fatto, preceduto il coinvolgimento della scuola reale, sembra, purtroppo, considerare già positivamente acquisite o irrilevanti le deliberazioni delle istituzioni scolastiche e dello stesso  CNPl al quale peraltro viene richiesto formalmente il parere in tempi così ridotti da non consentire al Ministro altra considerazione se non quella  di atto formalmente dovuto.

Il  CNPI avanza, inoltre, le seguenti osservazioni di merito in ordine ad alcuni specifici nodi problematici del progetto stesso.

L'insegnante definito "prevalente" dal documento ministeriale configura un ritorno all'insegnante unico venendogli attribuite di fatto le competenze disciplinari di base. Ne risulta un carico notevole di responsabilità ed una sorta di gerarchia professionale sui colleghi del team, destinati esclusivamente ai laboratori.

La figura del maestro prevalente, come presentata nella bozza di decreto, introduce forti elementi di rigidità nell'impianto culturale, pedagogico, metodologico e didattico della scuola elementare. Quello dell'insegnante "di riferimento", oggi già esistente in molte scuole, è di fatto un problema già risolto nella prassi scolastica. Infatti l'autonomia scolastica consente ai collegi docenti di scegliere l'organizzazione didattica ritenuta più idonea ed efficace rispetto al contesto socio-ambientale.

Il Comitato ritiene che, comunque, vadano salvaguardate: la collegialità del team con una ripartizione più equilibrata degli orari frontali di insegnamento nelle classi; la contemporaneità come preziosa opportunità di arricchimento e diversificazione degli interventi; la programmazione quale momento significativo e garante dell'unitarietà dell'azione educativa.

Non sono definite con chiarezza e su basi scientifiche la funzione e la struttura del "portfolio", che il Comitato  ritiene  innovazione interessante, che può rivelarsi strumento efficace e produttivo e che merita, fin dalla sua introduzione sperimentale accurata considerazione.

Si evidenzia, pertanto, che:

·    il portfolio non può diventare "cartella" o semplice raccoglitore di materiali indifferenziati se è strumento di accertamento di competenze individuali.
Esso deve coinvolgere, con pari responsabilità, tutti i docenti e non il solo "insegnante prevalente", per le responsabilità formative, valutative e orientative inestricabilmente inerenti alla funzione docente.

·    Vanno chiariti gli spazi di coinvolgimento delle famiglie e degli alunni, poiché la collaborazione tra famiglia e scuola e l'attiva partecipazione dell'alunno alla vita della scuola, peraltro praticate da decenni nella scuola primaria, debbono basarsi sulla chiara distinzione dei ruoli e delle funzioni. Venendo a mancare tale distinzione, fatto che si evince chiaramente dal documento ministeriale, si generano confusione e sovrapposizione di competenze che snaturano i contenuti della programmazione, sviliscono la funzione docente e limitano pericolosamente la libertà di insegnamento.

·    Per quanto concerne i piani di studio personalizzati ,il Comitato fa presente che già dal 1977, la programmazione è considerata adattamento alle caratteristiche individuali degli alunni, per cui diventa discutibile e materialmente impossibile che ciò comporti la redazione di tanti piani educativi quanti sono gli alunni, visti anche i tempi a disposizione e la composizione numerica delle classi. Appare, in ogni caso, improprio che i piani individualizzati siano allegati al P.O.F. che è documento pubblico.

Relativamente alla controversa questione dell'anticipo dell'età di frequenza della scuola elementare, il CNPI, nel rinviare a quanto contenuto nel parere del Consiglio nazionale dell'aprile scorso, rileva che ancora una volta non vengono esplicitate le motivazioni pedagogiche di tale scelta.

- il progetto riguarda esclusivamente la prima classe della scuola elementare. Se in termini generali questa limitazione non favorisce la continuità, la progressività e l'unitarietà del percorso formativo della scuola elementare, il CNPI, in continuità con un orientamento più volte espresso in questi anni, ribadisce che le articolazioni interne al curricolo ed all'assetto organizzativo della scuola elementare (bienni, anni ponte, ecc.) debbano avere carattere funzionale ed indicativo e non costituire vincoli normativi per le istituzioni scolastiche. Per tali motivi, le Indicazioni del progetto sperimentale per la prima classe, previste dal comma 2 dell'art.1 della bozza di decreto, non possono prefigurare un assetto definitivo e non flessibile dell'intero quinquennio.

Per quanto riguarda i documenti allegati, comprendenti le Indicazioni Nazionali per i piani di studio personalizzati e le relative Raccomandazioni che definiscono complessivamente gli obiettivi generali del processo educativo della scuola elementare, il CNPI, nel rinviare ad una successiva puntuale analisi che  per il carattere generale e prescrittivo delle Indicazioni dovrà essere espletata dal CNPI in sede di parere ex art. 8 del DPR 275/99, ritiene che entrambi i documenti allegati alla bozza di decreto, in quanto parte integrante del progetto di sperimentazione, dovrebbero avere carattere orientativo ai fin di un'autonoma valutazione delle istituzioni scolastiche. 

CONCLUSIVAMENTE

la Commissione, sulla base delle suddette considerazioni, qualora il Ministro non intenda rinviare l'avvio della sperimentazione al prossimo anno scolastico: 

·    ritiene pregiudizialmente necessaria la realizzazione delle condizioni di fattibilità indicate in ordine alle procedure, ai tempi e alle risorse mediante la modifica e/o la cancellazione degli elementi al riguardo evidenziati, con particolare riferimento alla soppressione degli aspetti che comportano una riapertura delle iscrizioni;

·    invita il Ministro a riformulare  il testo del D.M.  proposto sulla base delle osservazioni evidenziate anche in relazione agli aspetti pedagogici,  didattici e organizzativi. Va inoltre garantita alle istituzioni scolastiche, conformemente a quanto previsto dal D.P.R. 275/99, la possibilità di attivare la sperimentazione in maniera flessibile, aperta ed eventualmente anche parziale, in relazione alla propria progettualità e alle proprie risorse. Non è, infatti, accettabile quanto previsto esplicitamente nella richiesta di parere del 7 agosto 2002 secondo la quale "quanto alle modalità di adesione, il progetto va assunto, per ciò che concerne i profili metodologico-didattici, nella sua interezza";

·    ribadisce che il presente parere, formulato in relazione alle procedure di cui all'art.11 del D.P.R.275/99 "Iniziative finalizzate all'innovazione" nei confronti delle "Indicazioni" (allegati 1 e la) e delle "Raccomandazioni" ( allegati 2 e 2a ), non ha alcuna rilevanza ai fini del parere obbligatorio che il CNPl dovrà formulare in relazione alla "definizione dei curriculi" ai sensi dell'art.8 del D.P.R. 275/99.


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