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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Direttore responsabile: Dario Cillo


 

L’altro come nemico

 

Ricominciamo da qui. L’altro è un nemico, non per le bambine e i bambini, bensì per la società degli adulti nel suo complesso.

Pensiamo ai luoghi dell’infanzia contemporanea.

Giardini pubblici. Ore 19.00. Il padre interviene in un litigio: “Lascialo stare, chiamo tua madre. Dov’è? E tu, sciocco, perché non ti difendi?”.

Scuola. All’ingresso, la bidella sta ragionando con un alunno: “Senti, perché lo stai picchiando? Perché gli dici le parolacce?” Interviene una mamma: “Senta, stia zitta, lo educo io mio figlio!”Intanto prende il figlio con uno strattone e gli dice con voce arrabbiata: “Quella cretina difende sempre lui, non l’hai capito?!” Quando imparerai a startene al tuo posto?! Se quello lì è uno scemo, tu dimostragli che sei superiore! Ma come ti ho educato? A essere una pecora forse?” Il figlio si gira e fa le boccacce alla bidella e al compagno del litigio.

Campo di calcio. È in corso una partita tra piccoli calciatori in maglietta con logo delle squadre. L’allenatore impartisce istruzioni. I genitori assistono. Silenzio. Si inizia. Il tifo si accende. Un padre e una madre dalle gradinate urlano all’indirizzo del figlioletto: “Dai Andrea, pappa molla, fagli vedere chi sei! Azzoppalo. Ma sei proprio imbranato!. Andrea è sudato, un po’ stanco, il viso accaldato, l’espressione avvilita”. Intanto sulle gradinate, i suoi genitori e quelli dell’avversario si scambiano battute: “Il suo ha un futuro, il nostro è timido, insicuro, l’abbiamo mandato agli allenamenti per questo, ma non c’è niente da fare!”.

Cortile della scuola. All’uscita. Una mamma chiede ansiosa: “Com’è andata? Sei stato bravo? E gli altri, come sono stati? Accidenti, ma tu non hai la testa? Vedi che gli altri prendono sempre BRAVO, tu sei la mia preoccupazione costante!”.

Davanti alla tv, nel pomeriggio, per rilassarsi. Il giornalista di turno racconta con voce distaccata: “Ai bambini Rom, verranno prese le impronte digitali, il governo ritiene che sia una sicurezza per i bambini stessi…” Un altro puntualizza che la ragazza x è stata violentata da tre energumeni, che la sua gola è stata squarciata, che poi è stata buttata nella spazzatura.

Il bambino sta divorando una merendina con gli occhi sgranati puntati sullo schermo dove scorrono immagini di sangue e perversione…la mamma dice, stirando i panni:”Non ti preoccupare, è uno scherzo!” Spegni la tv, che dobbiamo andare all’allenamento. Mangia meno, te lo ha detto anche l’allenatore!”.

Gli esempi dei luoghi e dei discorsi che li popolano potrebbero essere infiniti, ma credo bastino questi per sostenere che c’è in giro una totale mancanza di riflessione sui rapporti umani e sulle conseguenze dei nostri atteggiamenti. Infatti manca un serio dibattito sulla percezione degli eventi, sulla misura della competizione, sui media, su quanto incida una certa quotidianità sbrigativa degli adulti  sui comportamenti dell’ infanzia e dei ragazzi in generale.

Generalmente si dà la colpa o alla famiglia, o alla scuola, o a chi per esse… Suggerisco: “finiamola proprio di menare colpi alla cieca. Portano soltanto al sospetto, alla sfiducia reciproca, alla difesa del proprio ego”.

Certo, opinionisti, esperti a vario titolo, e stampa conducono il lettore, ascoltatore, nella direzione che preferiscono, al momento, dando così l’impressione di uno sbattere di ali contro i vetri. Invece l’analisi dovrebbe ruotare a tutto campo attorno alla complessità dell’intero sistema ormai schizofrenico, che pretende di affrontare la realtà utilizzando e richiamando le ricette di un tempo, le quali ovviamente non funzionano più per chiunque svolga un ruolo educativo.

Si accetta l’ideologia del successo, ma si pontifica ipocritamente sui modi che si utilizzano per raggiungerlo e sui disvalori che esso nasconde.

Si accetta l’ideologia della competizione, ma si pontifica sul fatto che essa è negativa soltanto quando manifesta i peggiori risvolti caratteriali e comportamentali di ognuno.

Si accetta l’assunto della bontà della diversità e della differenza, ma poi si vuole trovare un modo per marcarla, magari con le impronte digitali prese ai bambini.

Si getta la croce addosso agli insegnanti che non ce la fanno a educare, Si sbeffeggiano le modalità che la scuola usa per intervenire su situazioni di bullismo e altro…ma poi si mitizzano modelli di vita di giovani “arrivati” e ricchi a palate del mondo dello spettacolo e dello sport.

Si getta la croce addosso alle famiglie che non riescono a tirar su paletti per arginare l’esuberanza dei figli, poi le si lasciano sole ad affrontare slogan pubblicitari, trasmissioni culturalmente oscene, non le si supporta con alcun intervento formativo quando i figli accedono a luoghi che dovrebbero tutelare la loro crescita, anziché stuzzicarne il lato delle pulsioni istintuali…

Ma non solo nel merito delle questioni qui accennate “l’altro” è diventato sempre e soltanto un nemico, lo è anche e, proprio, nel modo di procedere nelle analisi della complessità del reale: gli esperti, gli opinionisti, gli psichiatri, i filosofi, senza neppure accorgersene più, nella fregola di trovare risposte, fanno dell’altro un nemico da stigmatizzare. Io vorrei dire: basta, fermatevi, cerchiamo di fare squadra, anche nell’indagare strade possibili per un cambiamento lento e graduale, che non mostri soltanto esempi di santi irraggiungibili o di mostri criminali, che non guardi soltanto al microscopio la violenza, bensì valorizzi quel poco di quotidiana (non eccezionale) positività che c’è ancora in giro per le strade del mondo.

Fermiamoci a guardare “l’altro”, comunità educanti comprese, come un amico da scoprire, a cui chiedere ragioni, ma anche a cui dare delle ragioni per vivere e lavorare in pace, nel rispetto della Terra, dei nostri corpi giovani o anziani, “belli o brutti”,  che la abitano. Il nostro pianeta, altrimenti, diventerà veramente ancora più piccolo e arido di quello che è.

30 giugno 2008

Claudia Fanti

 


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