I VALORI  EDUCATIVI  E  LE PROSPETTIVE PEDAGOGICHE 
DEL “GIORNALINO SCOLASTICO” NELLA SCUOLA DELL’AUTONOMIA

di GIANFRANCO PURPI

L’idea del Giornalino Scolastico sobbalza, in particolare, in giornate in cui maestri ed alunni sembrano assetati di voler sapere, conoscere, fare scuola e raccontare le storie, le geografie e la sociologia che vi sta dentro; di ieri e di oggi; della porta accanto o di lidi e spiagge un po’ più distanti... a tal punto che vien voglia di chiederti perché mai hanno tutta questa voglia.

Capisci allora che le risposte a questa domanda possono essere tante e tutte… tali da richiamarne sempre di altre e di più inquietanti!

Allora, ti vien voglia di incamminarti in questo “itinerario fondamentale” pur sempre, comunque sia, pedagogico; e, quindi, non puoi non pensare di progettare qualcosa...

Così, si decide di studiare e di conoscere sempre di più i termini ed i problemi di tutte quelle risposte non date; di quelle prassi non fatte; di quelle soluzioni magari spesso cercate e mai trovate; … e si capisce che la prima cosa da fare per un dirigente è solo e proprio quella di suscitare il più forte possibile le sollecitazioni e le motivazioni, in tutti (grandi e piccini), affinché questa sete di conoscere e raccontare possa trovare, innanzitutto, la consapevolezza e la volontà di uscire dal piccolo gruppo della classe (o delle classi); dalle mura spesso decrepite degli edifici scolastici anneriti non solo dalle “scorie” dell’Etna; e, quindi, dalle chiusure di rapporti interpersonali scolastici che tutto sono tranne che pedagogici… se non imboccano la via della ricerca continua di voler pensare, conoscere, progettare e fare ogni cosa di questo mondo, d’accordo con il maggior numero possibile di persone (concordandola, definendola, allargandola partecipandola, trasmettendola ,ecc.); …e per gli altri (come se fosse per se stessi). 

E allora, si capisce bene che questi altri non possono essere le sole (poche o molte, non ha importanza…) persone che ci stanno vicino tutto il giorno e che, tutto sommato, la pensano come noi (…o noi la pensiamo come loro)!

Si comincia a comprendere che questi “altri” debbono essere sempre molti di più delle persone che conoscevamo ieri o l’altro ieri, fino ad arrivare…a pensarli rappresentandoci anche quelli a cui non potremo mai guardargli la forma somatica del muso o il colore della pelle.

Ed è così che, a poco a poco, si può (perché cristianamente si deve…) e si deve (perché storicamente si può…) imparare a pensare, conoscere, vivere, parlare, dialogare, progettare, relazionarsi con gli altri (al limite anche, litigare;… ma per poi voler far la pace più pasquale di prima!)… facendo il conto che questi “altri/da/noi” SIANO SEMPRE OGNI POSSIBILE ESSERE UMANO DI QUESTO MONDO (l’“erga omnes” dei latini)!

E’, così, che si possono cercare tutte quelle conoscenze, tutti quei progetti istituzionali, quelle soluzioni, quei racconti e quelle opere da risolvere ed indirizzare agli “altri”, sperando che tali prospetti di cultura possano risultare etici, scientifici, civili, politicamente da “bene comune”, e, soprattutto, autenticamente cristiani (cioè, intenzionati alla ricerca di quel bene comune e dei valori di persona e democrazia; intenzionati a quel valore di ragione critica, ecc… per cui soltanto vale la pena vivere, a prescindere che si creda o non si creda in Dio…).

E, questo, perché, comunque sia, si ha il dovere di “credere” nel valore di dignità dell’uomo e di…. amare il Prossimo come noi stessi (il che, d’altra parte, non significa che il Prossimo si debba amare… più di noi stessi, ecc… il che sarebbe stupido patologico masochismo che segue sempre a stagioni o fasi di sadismo schizoide...)

...Ecco!… Diciamo queste cose (anzi, le ripetiamo, a costo di annoiare qualcuno… che forse non li riuscirà mai a capire;… anche se noi speriamo che li possa, un giorno, capire…) proprio perché sono questi i principi ed i valori (più o meno consapevoli) che stanno al fondo dell’animo e della mente quando si ha voglia di raccontare, di conoscere per comunicare; e di pensare per progettare e realizzare prassi vissute con linguaggi e tangibili “comportamenti” pedagogico/didattici rivolti al bene di ogni altro possibile uomo di questo mondo!

…Ed è per questo che... lanciamo l’idea di produrre ed organizzare giornalini scolastici incoraggiandola finché si può e con i mezzi che si hanno a disposizione…

...Ci riferiamo, per questo, a giornalini che a prescindere dalle “notizie” che racconteranno e da come le racconteranno, verranno sempre a RIVELARE quella grande voglia di rendere le proprie esperienze e la propria realtà umana sempre avviate alla ulteriorità rivoluzionaria/rivoluzionata dei propri linguaggi e dei propri comportamenti; di rendere la propria vita e le proprie storie allargate/allargabili, comunicabili, diffusibili, trasmissibili, condivisibili, partecipabili…ad un numero sempre maggiore di persone (per EDUCARCI ed EDUCARE sempre di più… assieme agli altri e per gli altri; e con approcci sempre filosoficamente fondati, eticamente ispirati, di conseguenza; e proprio per questo da programmare e realizzare con criteri e conduzioni scientifico / sperimentali; con razionalizzazioni umanistiche del genere che integrino le necessità della pianificazione curricolare ed efficientistica, alle specifiche finalità pedagogiche che sono peculiari delle esigenze di avviare l’Umano ai suoi naturali traguardi di perfezione potenziale…)....

E’, cosi, allora che (anche e soprattutto) con iniziative del genere si possono e si debbono gettare le basi pedagogiche e socio/politiche per avviare la Società Civile attraverso la via maestra delle “buone” scuole, verso gli orizzonti della legalità, del riconoscimento morale unanime di ciò che si fa; e, quindi, di quella concreta realizzazione dei valori di persona e di bene comune.

E’ con iniziative del genere che il fare scuola intensifica la propria intenzione educativa ed i suoi effetti di formazione verso quella metafinalità educativa che è l’educazione alla convivenza democratica; verso i traguardi che portano autenticamente la ragione di grandi e piccini a pensare e produrre veramente in autonomia e, nello stesso tempo, con la preoccupazione costante di riflettere, conoscere ed agire nella prassi della vita di tutti i giorni, risultando il più possibile condivisa da ogni possibile e/o storicamente percepibile persona di questo mondo...

E’ anche così che… si riesce a far capire sempre meglio ai piccini (ma - nello stesso tempo - anche ai grandi…) che si pensa e si conosce per…comunicare a più non posso; più forte che si può; più amando che si può; …comprendendo più che si può che l’importante non è… l’AVERE sostanzialistico dei valori di scambio (dei beni di consumo effimero); riluttando più che si può che per “ricavare” i profitti dell’AVERE (magari) si deve bastonare o ingannare l’altrui persona; insomma…ricordando sempre che (si creda o meno alle ”divinità” di ogni genere e tempo!) noi uomini possiamo stare meglio che si può soltanto…preoccupandoci di ESSERE SOGGETTI CRITICAMENTE PRODUTTORI E CONOSCITORI D I CULTURA valoriale; quindi saggi e BUONI per noi stessi e per gli “altri”!…

Così, si impara a poco a poco (docenti ed alunni) che, alla fin fine, quando si pensa e si parla… ci si deve sempre sentire e comportare (ed “usare”linguaggi) COME SE SI SCRIVESSE SU DI UN GIORNALINO!E, quindi, è con questa prospettiva epistemologica ed etico/relazionale (dunque, politica e pedagogica…) che, a poco a poco, si impara a ricercare la verità su tutto e su tutti; si impara a non cercarla soltanto nella nostra mente e nel nostro cuore…ma la si cerca, comunitariamente, con la ragione del cuore e della mente di tutti (di quei “SEMPRE / DI/PIU’ degli “erga omnes” …di cui si diceva )…

...E’ così, che si impara a cercare e voler raccontare e dire SOLO QUESTA VERITA’… e non la verità del più prepotente che decidiamo di raccontare perché ci siamo “spaventati “ o…perché il “cittadino” più forte (ed iniquo) era stato tanto abile da farcela capire come l’UNICA POSSIBILE VERITA’ da poter conoscere e tradurre in “storia contemporanea“!

…E’ lungo questo itinerario fondamentale di autentica educazione pedagogica che si impara, allora, non solo a capire ed a giudicare…cercando la ”verità/che/si costruisce/tutti/ed/assieme/strada/facendo”, ma si impara anche, a poco a poco, a non avere paura di raccontarla questa verità sempre provvisoria (il mio maestro Mario Manno direbbe: SEMPRE DA PRINCIPIATI E DA PRINCIPIANTI…)!

…E’, così, insomma che si impara a fare scuola agli alunni…anche (ma non solo, ovviamente…) “facendosi fare scuola” - nello stesso tempo e per lo stesso motivo- dagli stessi alunni; e sempre non perdendo mai di vista che il fine ultimo dell’educarsi e dell’educare (cosi come dello “stare a scuola “…), è sempre quello dell’“imparare ad imparare” tutto ciò grazie a cui ci possa essere concesso di essere liberi, di realizzarci in quanto persona e non bestia violenta; e, al postutto, di vivere per amare noi nello stesso tempo e per lo stesso motivo che abbiamo a riuscire ad amare tutti quegli “erga omnes“che anche possiamo solo immaginare che esistano.

...E’ cosi che il giornalismo scolastico può contribuire non poco a far comprendere ed a tradurre nei comportamenti di tutti i giorni, che amare, allora, significa “dare “; …e che “raccontare “ sempre meglio che si può la verità di tutti… significa soprattutto… “amare/e/dare”!

...Si!…amare e dare, offrendo il bene più prezioso di questo mondo! …Offrendo, disinteressatamente e per amore “puro”… passionale, “cultura” di Vita e di Storia che si fa “notizia “; …e, quindi, facendo acquisire “notizie“ che si pongano quale ”fonte generativa” di ulteriore cultura e modello di vita eticamente plausibile e condivisibile/partecipabile/trasmissibile (da ricercare sempre entro la sfera dell’etica che, per questo, deve fondare ogni discorso politico, giuridico/istituzionale e relazionale/civile, oltreché affettivo/olistico; e non già…da rinvenire nell’etnia del “ladrone/ di turno“; del “ladrone “che ti ruba anima, soldi, lavoro, affetti, identità, vita buona, energie vitali, autenticità, ”cultura saggia”, e, a volte, anche la voglia di esistere!).

...In caso contrario, ogni comunicare umano (dunque, ogni giornale o giornalino; o telegiornale; o CD-ROM, ecc.) viene a proporre un “gioco” di pedagogia e di storicità consapevole che diventa moralmente “truccato” e che prescinde dai valori solidaristici del personalismo cristiano autenticamente criteriato e vissuto!

…In caso contrario, dunque, si viene ad offrire (magari dentro il sipario rosso/velluto dei teatrini più sopraffini…; sul palcoscenico dei giochi/al/massacro di ogni taratura consumistica ed alienata dai valori universalmente fondanti il concetto di persona così come ce lo ha consegnato la tradizione cristiana…) …”una verità già data” (che , proprio per questo, “verità/non /è”…) attraverso la reificazione delle ideologie mistificanti ed occulte, che gli altri “erga omnes”… debbono accogliere e venerare (… pena il risultare non tollerati ovvero… emarginati e tollerati… proprio per camuffare ogni angolo della Società Civile e della Società Politica quale oasi di partecipazione diffusa e di pluralismo culturale alla definizione ed amministrazione dei “progetti” etico/politici e pedagogico/educativi per una “città giusta” a misura d’uomo, democraticamente comunitaria e governata da poteri legittimabili …ecc.).

Si capisce bene che, in questo modo, non si vengono di certo a far circolare didatticamente/ pedagogicamente/ eticamente…GLI STRUMENTI CULTURALI più potenti grazie a cui poter mettere nelle condizioni il maggior numero possibile di persone di questo mondo… di ragionare criticamente e di poter partecipare alla produzione/fruizione di tutti i beni materiali e culturali della società (dunque, tra l’altro, di quei beni “logico/cognitivi”che consentono la produzione/fruizione critica, eticamente fondata ed autenticamente personalizzante, degli approcci dell’Umano alla giuridicità, alla politicità ed alla amministrazione di tutti gli istituti di Società Civile e di Società Politica… attraverso gli orizzonti teleologici di una coscienza civile e legalitaria strutturata secondo un’etica della comprensione autenticamente democratica rivolta contro le “violenze” di ogni tempo e luogo; anche contro quelle violenze che vengono vestite di quel perbenismo e di quelle maschere ideologiche che sanno coniare molto bene taluni Mangiafuoco “di turno” dalle “menti raffinatissime…).

Ecco! Tutti gli alunni e tutti i maestri (ed ogni altro operatore e soggetto del territorio, utenza compresa) che “scriveranno” un giornalino come quello che noi stiamo auspicando in queste righe… dimostreranno - nello stesso tempo e per lo stesso motivo - di aver ben compreso e di voler testimoniare a tutti che “fare scuola“ significa prima di tutto ed oltre tutto ispirarsi a questi valori e prefigurare tutti questi fini di crescita e di formazione degli uomini e delle loro Polis…

Sarà, così, possibile palesare, in modo evidente, di aver voglia di raccontare e far raccontare “storie, geografie e studi sociali”, agli alunni (ed a se stessi…) con tutti gli alfabeti, i quadri concettuali, i linguaggi, le strutture del sapere, ecc… per testimoniare che fare scuola equivale ad amare gli alunni a cui si fa scuola ed ogni possibile persona a cui questa scuola rivolge la civiltà pedagogica dei suoi risultati educativi; per ”insegnare” che - nello stesso tempo e per lo stesso motivo - questo “amare” ed “offrire”, è la concreta “realizzazione storica” (in questo mondo!) dell’”amare” il Prossimo Tutto; dell’”amare” Dio (anche quello nostro “personale”) ed ogni Croce che questo amore comporta ineluttabilmente.

Ciò, seminando delle “piantine” di umanità che, comunque sia, sarà stato un successo etico e religioso aver ricoperto con radici e terra di quella “buona” (…le radici e la terra che solo i bimbi e le giovani generazioni, e ciascuno di noi quando decide di “rinascere” continuamente; sanno colorare di “antideologico”, e che, per questo, propongono comunicazioni valoriali “forti”… come quelle di un giornalino che “vale”).Questo “metodo” è e sarà sempre una prospettiva didattico/pedagogica tra le più vicine all’intendere e testimoniare prassicamente la “mission” più cristiana ed umanistica della nuova scuola dell’autonomia (così come è stata la prospettiva sempre emergente delle scuole valoriali di ogni tempo e luogo).… 

Ciò, altresì, per “fare” concretamente della propria vita una missione pedagogica costante e… una lotta contro chi non ha a piacere che questa missione prenda corpo e dia i suoi frutti in termini di riscatto della dignità d’ogni possibile uomo di questo mondo ed in ragione dell’affermazione dei valori universalmente condivisi del concetto di persona.…Questo è e sarà sempre il “metodo della ragione etico/filosofica” per “pensare” e “fare” una rivoluzione sociale che sia tale se si pone in quanto “rivoluzione etico/intellettuale” intenzionata a formare soggetti umani strutturati attraverso la conquista del pensiero critico e l’assunzione dei valori universalmente riconosciuti quali fondanti il concetto di umanità; dunque, nella misura in cui questa “rivoluzione” abbia ad essere promossa ed intenzionalmente prefigurata nei suoi itinerari fondamentali finalistici dai diversi istituti scolari e dalle diverse agenzie extrascolastiche del contestuale complesso sistema di formazione; e così abbia a configurarsi culturale, umana, etico/politica, socio/culturale, epistemologico/intellettuale, di modelli di vita pubblica e privata; verso la realizzazione di famiglie sane e belle come purtroppo le sirene del post/moderno ed i “valori deboli” di ogni razionalismo scientifico/tecnologico meramente efficientistico ce ne fanno trovare sempre di meno.

Ciò, tenuto conto che la peculiarità genetica/generativa di ogni istituto scolare è quella di produrre/ riprodurre/ trasmettere cultura e “strumenti culturali” di trasmissione (di didattica d’insegnamento/istruzione e di progettazione di educazione/formazione, ecc.) grazie a cui questo “continuum” di produzione/riproduzione possa avere luogo e sollecitare apprendimenti significativi.…

Questo è e sarà sempre il “metodo esistenziale” per raggiungere un’etica della comprensione e della partecipazione grazie a cui inverare forme civili di convivenza istituzionale (di organizzazioni razionali/politiche del Pubblico Istituzionale; cioè: dello Stato!) sempre più intonate alle esigenze di una democrazia effettiva e di una giustizia che vada sempre a braccetto con le prerogative genetiche di libertà umana (con quel rispetto dei “diritti inviolabili” della persona che la Costituzione ancora vigente è venuta a riconoscere perentoriamente quando, forse perché più poveri di consumo, si era più ricchi di spiritualità…).

Questo è e sarà il metodo umanistico per dire a se stessi che tanti bambini, ad esempio, o tante madri e tanti padri, non hanno pianto invano…per la scomparsa di chi è caduto sul suo ultimo metro di strada…proprio perché aveva capito che raccontando le storie buone e vere…si può fare della società e della polis una spiaggia sempre più grande di gente buona e vera, a misura d’uomo e non di relitti umani (di gente/relitto che decide - o “si fa decidere da altri” - di rimanere dentro quell’involucro di “bronzo” del proprio “Io” dove ci si ritrova ad essere belva feroce degli altri alter/ego; o inutile Narciso da specchio delle proprie brame; o masochistica macchina di autodistruzione delle proprie energie olistiche; …che conosce e parla sempre con il linguaggio dell’egocentrismo e della violenza aggressiva… proprio perché è incapace di sorridere senza farsi risucchiare preda della LOGICA DELL’AVERE…).

Lo spirito di un “giornalino scolastico” deve risultare, insomma, tutto un seguitare a tendere e ad impregnare se e gli “altri” (l’”erga omnes” dell’universo etico/relazionale) di questo “metodo umanistico” (del pensare con una Ragione Etica che “si pone” scientificamente e storicisticamente, allo stesso tempo; del pensare con l’ermeneutica di un’etica della comprensione autenticamente cristiana e, nello stesso tempo, proprio per questo scientificamente criteriata e sperimentalmente emergente dal dialogo intersoggettivo; ecc.).…

Ciò, quindi, esaltando e prospettando pervasivi e diffusivi questi valori morali e di cultura pedagogica che si pongono, in questo senso, quale razionalizzazione esistenziale che si viene a legittimare proprio in quanto prospettazione deontologica e teleologica di queste mete educative di fondo; di queste strategie finalistiche pedagogico/didattiche che investono, ovviamente, ogni contesto scolastico o extrascolastico dove si “gioca” la rete complessiva degli influssi formativi - delle funzioni docenti scolari ed extrascolastiche - che vengono indirizzati a ciascun soggetto di questa nostra società da “post/moderno”;… e dove si configurano le coordinate istituzionali del complesso sistema di formazione statuale e privatistico; … cioè a dire, dove si fondano le ragioni di legittimazione o, al contrario, le presunzioni di legalizzazione ideologica dell’organizzazione etico/politica del Pubblico Istituzionale; dunque, tra l’altro dello Stato in quanto tale…; e, conseguentemente, del Privato intimistico!

Siamo certi che, fatti salvi questi valori e questi principi di fondazione etico/pedagogica e di epistemologia didattica, ogni lacunosità ed ogni eventuale incongruenza tecnologica d’ogni genere (…d’ogni metodologia didattica di prassi e di conduzione curricolare)…passino per davvero in secondo piano.

…E questo lo possiamo premettere soltanto nella misura in cui risulti sempre chiaro che “chi” organizza e dirige il giornalino scolastico deve sempre riconoscere autonomia professionale e libertà didattica (di funzione docente) a tutti gli insegnanti ed ai diversi operatori istituzionali (ed all’utenza competente e volenterosa) che operano “in redazione”; dato che… i veri protagonisti dell’iniziativa ed anche dello spirito indomito di raccontare la “verità” (dove già, di per sé, “raccontare/non/è/facile”…) SONO ALUNNI E MAESTRI (e pubblico afferente all’istituzione scolastica con approccio partecipazionista; innanzitutto più direttamente coinvolto nelle prassi di “redazione”; ma anche in riferimento a tutti quei soggetti di “buona volontà” che comunque collaborano alla buona riuscita dell’iniziativa indirizzando la loro opera scolastica quotidiana verso le “produzioni”di documentazione, ricerca, progetti, ecc., da tesoreggiare…).

…Dunque, il giornalino scolastico deve vedere in prima fila… TUTTI GLI ALUNNI; e TUTTI I MAESTRI CHE EDUCANO QUOTIDIANAMENTE GLI ALUNNI E SE STESSI a quei valori della “Ragione Etica”, della “dignità/di/persona” ed al “metodo democratico” della convivenza civile, di cui dicevamo!…Si!… 

Quei valori per cui, anche dal nostro punto di vista e di vita, vale la pena fare il dirigente scolastico; anche con le pochezze che a volte ne vengono fuori; ed anche… con lunghi “documenti normativi e pedagogici” (impropriamente definiti, a volte, soltanto “circolari”, da chi conserva, purtroppo, lo spirito pressapochista/ qualunquista/ alienato…di chi purtuttavia “colpa/non/ha” se i sistemi di formazione professionale non lo hanno reso consapevole che si può essere “competenti” professionalmente se si è ben temprati alla prassi ed ai contenuti di una “autentica” cognitività culturale generativa/ transferiale/ trasformazionale grazie a cui soltanto si può risultare serio professionista della funzione docente e soggetto istituzionale criticamente atteggiato a decidere progettualmente e responsabilmente!)…

…Ciò, riconoscendo quella verità difficilmente contestabile che ”per essere fortemente pratici e prassici, occorre risultare, preliminarmente e susseguentemente, maledettamente teorici” (per dirla con Mario Manno).

Occorre essere ben consapevoli che l”educazione pedagogica “ di ogni istituzione scolare (e, comunque, di ogni agenzia educativa di socializzazione formativa del territorio) presuppone ineludibilmente l’approccio di tutti gli “attori” che esplicano funzione docente, alle documentazioni pedagogiche, alle fonti di diritto ed alle correlate produzioni normative; dato che solo in questo modo, si potrà risultare “professionisti” della scolarizzazione sociale e di ogni pedagogia della scuola proprio nella misura in cui si potranno acquisire strumenti di libertà didattica, di autonomia professionale, e, soprattutto, di testimonianza proficua della propria fede nella voglia di tutti di capire che è con il sacrificio (anche intellettuale) soltanto che si acquisiscono "le novità / di esperienza”, le formazioni culturali/professionali più qualificate, e non già le fuorvianti ripetizioni succinte e banali degli slogans da senso comune.… 

E ci riferiamo, qui, a quegli “slogans” in cui, spesso e sempre più diffusamente, si configura la cultura da senso comune destinata alle “facili comprensioni” appositamente preconfezionate (…dall’ ”industria” della cultura efficientistica e dalle striscianti occulte ideologie di manipolazione del consenso e dell’opinione pubblica), per le “masse” d’ogni istituzione e di ogni Pubblico e Privato - masse che anche per questo (anzi, prima di tutto proprio per questo) vengono gratificate sovente con tali “defatiganti comprensioni” di banalizzazioni della vera autentica Cultura, proprio perché - esse stesse - già destinate dai gruppi di “controllo del potere” e degli “apparati ideologici” … a restare ignare degli strumenti “forti” per gli approcci critici e realmente professionalizzanti, responsabili, progettualmente maturi, che, tra l’altro, vengono ad essere invocati, nel campo dell’esercizio della funzione docente e della gestione scolastica, dalle istanze più essenziali della nuova pedagogia dell’autonomia e dalle prerogative di “qualità eccellente” del servizio educativo, degli apprendimenti e della formazione degli alunni che quest’ultima viene a richiamare ineluttabilmente.Questi slogans, insomma, inducono sempre più al facile successo gratificante per se stessi; ed ai”facili alleluja” di chi applaude sempre senza mai sapere perché vive “di vero / in fondo “ (di chi è facile preda delle oratorie da tribuno di Gatti e Volpi che, populisticamente, offrono “petizioni” e “ragioni” da senso comune ideologico - magari apparentemente ammantato di oggettività“ - al di sopra di ogni sospetto, per ricavare favori e consensi “gaudiosi”... grazie a cui perseguire più o meno nascosti progetti antilegalitari ed illiberali... di persuasione occulta e di manipolazione dell’opinione pubblica).

D’altra parte - e questa è una verità che deve essere sempre sottesa ai principi di chi vuole capire cosa significhi “fare” un giornalino - ogni vera, autentica, ”novità d’esperienza e di cultura” è tale nella misura in cui, originariamente, non è condivisibile, non è comprensibile; non è gratificante; non è immediatamente assimilabile e valutabile quale “utile” e “consensualizzabile” ; …altrimenti (se dovesse risultare “contenuto” di ovvia, condivisa ed immediatamente gratificante, non sacrificante, acquisizione…) “tutto” sarebbe tranne che… vera autentica “novità d’esperienza” e di “cultura” (tutto sarebbe, dunque, tranne che vera cultura etica e, quindi, pedagogica)!…

Sarebbe, comunque, mera “ripetizione ideologica” di “cose” che già si sanno o di cui si è già interiorizzato il significato sul piano dell’esplicazione dei correlati linguaggi/comportamenti di relazione; …di “cose” che già si condividono perché già oggetto di avvenuta interiorizzazione, di già avvenuta consensualizzazione, e, quindi, al postutto, di strutture di significato che si pongono anche per questo (anzi proprio per questo) quali significati di ideologie propinate sagacemente da “apparati ideologici” (da quelli di Stato,a quelli delle piccole elitèes…); cioè, da chi detiene il potere per se (e non per servire, amandoli, gli alter/ego…) e, così, vuole offrire ai “subordinati” cittadini delle nostre Polis dei “surrogati di cultura” per riprodurre sempre più e sempre in modo più occulto e persuasivo il consenso a questo stesso potere (dando l’illusione agli stessi “subordinati” che “tutto va bene” senza…”faticare troppo” a pensare, a progettare ed ad acquisire cultura veramente “nuova”, dialetticamente diversa da quella dell’ “hic et nunc”).

Ciò, anche con quel genocidio delle culture particolari e “di origine” di ciascuno… che viene sollecitato da ogni tendenza massificante e consumistica all’”omologazione” culturale/antropologica dei costumi e dei linguaggi; dei modelli di vita e delle orientazioni di valore; … in nome di quella Cultura “omogenea” del Progresso,dello Sviluppo e della Scienza Mitica (cioè, in nome dei “miti di corruzione” di ogni razionalismo tecnologico “cieco” tipico dei valori deboli del Post/Moderno), grazie a cui pervenire al successo, ai consumi opulenti ed all’utile particolare.

E si capisce bene, peraltro, come questi “simboli culturali” tipici della massificazione intellettuale della civiltà dei consumi (…dove tutto vale se si consuma facilmente e se produce “avere”, ”successo”, ”consenso”, ecc.) riducono il soggetto umano a Narciso che ricerca sempre ed accoglie pacificamente il “già conosciuto” ed ogni sintassi e semantica che rispecchi la sua trionfante “coazione a ripetere”.

Sappiamo bene che,oggi più di ieri,la società civile è complessa ed interculturale, e le diverse culture antropologiche che in essa emergono debbono essere avviate alla loro integrazione etica universalizzante; cioè, non possono che essere integrate e dialetticamente ricomposte (interdisciplinarmente e transdisciplinarmente) quale “sintesi” razionalizzante ed antropologica condivisa, partecipabile, consensualizzabile, allargata/allargabile ad un numero sempre maggiore di “erga omnes”, e sempre da essere messa democraticamente in discussione - sintesi, in questo senso, costituita da ciascun significato culturale evidenziantesi sul piano sociologico/storicistico che possa risultare, per l’appunto, diffusibile, trasmissibile, partecipabile, condivisibile dal maggior numero possibile di persone di questo mondo (oltreché nel contesto “microsociale” della propria geografica convivenza civile).

…Ciò, che, per noi, rappresenta proprio il processo grazie a cui si possa connotare di eticità ogni linguaggio/comportamento ed ogni pensiero/pensare critico/cognitivo della razionalità umana tendente alla continua integrazione/universalizzazione delle molteplici culture e dei diversi modelli di vita; ciò, che configura tale razionalità filosofica ed eticamente ispirata, laddove l’ETICITA’ è proprio il prodursi intersoggettivo di ogni pensiero scientificamente criteriato, risultante tale proprio perché filosoficamente fondato in ragione di questa prospettiva di razionalizzazione/universalizzazione etica del Logos,di ogni Logos, di ogni produzione scientifico/disciplinare del sapere e della cognitività dell’Umano.

Allora, sembra pure necessario chiarire che nel contesto di questi valori pedagogici, per noi, ogni riflessione filosofica non è altro che questo continuo processo metodologico/epistemologico di “composizione/ricomposizione” critica e dialettica di ogni dato esperenziale/esistenziale/storico di riferimento alla realtà del nostro ambiente percettivo; in vista delle finalità di formazione dell’uomo (che abbiamo prima esplicitate) ai valori di persona,di ragione etica,di pensiero critico,di democrazia e di bene comune solidaristico (valori che,in questo senso,vengono a prospettare le mete educative di giustizia, libertà, eguaglianza, solidarietà, e che così vengono a richiamare sempre attuali le esigenze di tutela/riconoscimento/garanzia dei diritti naturali inviolabili della persona e delle “formazioni sociali” in cui quest’ultima si integra, attraverso forme sempre più compiute ed evolute di diritto soggettivo).

Risulta evidente che tale significato di eticità è agli antipodi di ogni modello culturale “razzistico” o discriminante,o comunque di lotta egemonica tra culture diverse di una società civile che, per questo, scendono in un “campo di lotta” per gareggiare e far vincere ed affermare in modo universale soltanto una di loro (quella del più forte e prepotente; non già quelle più intelligenti e razionalizzanti eticamente…).

…E ciò, peraltro, a prescindere se questa “guerra di posizione” fra culture (sempre foriera di VIOLENZA di vario tipo…) la si giochi, poi, sul piano delle armi militari e dello scontro fisico; ovvero, nel contesto ammaliante dei mezzi di persuasione occulta multimediali, attraverso i mass/media, e, comunque, attraverso la ricerca della manipolazione ideologica del consenso e dell’opinione pubblica.

Ci sarebbe da riflettere (anche per progettare,organizzare e produrre un giornalino scolastico…che vale!) sul perché chi ha “pensato” e “fatto” giornalismo vero ed autentico (e,comunque, ha sempre voluto evangelicamente “comunicare/le/verità” scientifiche… perché etiche; ed etiche perché… scientifiche;… in quanto “strumenti culturali di liberazione), abbia dovuto sempre, inizialmente, raccontare “novità d’esperienza”, e sia stato sempre conseguentemente capito “poco o niente” nella genesi della sua “mission” proprio per questo (in qualsiasi tempo storico ed in qualsivoglia paesaggio socio/geografico; nei piccoli come nei grandi contesti di aggregazione istituzionale pubblica e privata); … o, addirittura, sia risultato soggetto a vicende più tragicamente esistenziali, e addirittura di persecuzione,di violenza d’ogni genere e di calunniosa diffamazione ideologica.

Da ciò,ci appare chiaro che,comunque sia, tutti i “poveri cristi” della storia (dal Gesù di Nazareth ad ogni “piccolo cristo” della porta accanto o di epoche trascorse) sono, sono stati e saranno sempre veri “maestri” proprio perché portatori e sognatori (anche utopici,se vogliamo…) di autentiche “novità di esperienza e di cultura” (di modelli di vita e di valori rivoluzionari, come sempre rivoluzionario è stato, è e sarà sempre l’atteggiamento del vero cristiano, di ieri, di oggi e di domani…).

Allora si capisce bene che, quando scuola, società e politica vengono a necessitare di “veri maestri”, questi (proprio per risultare tali) debbono essere pronti a patire ed a gestire l’impopolarità quantomeno iniziale ed il più radicale dissenso che i tutti o i “quasi tutti” della Polis indirizzeranno verso di loro e verso le loro “novità d’esperienza e di cultura”.

Ciò, che, quindi, vale e si pone anche e soprattutto per progettare, organizzare e produrre giornalini scolastici; laddove occorrono veri maestri; e questi, proprio per risultare tali, debbono essere pronti a risultare “spre-giudicati” (nel senso di “non-condizionati dal comunicare attraverso schemi ideologici di “pre-giudizio”) nella misura in cui abbiano a fare della propria storia professionale e di vita,la storia di chi vuole testimoniare virtù buone di giornali che vogliono innalzare le bandiere dell’umanesimo autentico.In questo senso,non ci si dimentichi mai che - allorché ci si trova di fronte a delle vere “novità d’esperienza e di cultura” - il primo approccio cognitivo di ogni “soggetto di buona volontà” chiamato ad “ascoltare”,non può essere altro che quello di condividere o meno (anche se ,inizialmente,in modo “gestaltistico”, immediato, acritico, e … forse fideistico) le proposizioni di tali “novità”; fermo restando che, soltanto in un secondo tempo, nell’evolversi della attualizzazione prassica ed esistenziale, queste proposizioni “innovative” potranno essere ben comprese, valutate e, comunque, analizzate/studiate/giudicate con consapevolezza critica e con responsabile posizionalità di opinione (al limite,anche con rigore filologico e teoretico di apprendimento e di riflessione trascendentale; ancorché con specifica razionalizzazione etico/politica e filosofico/epistemologica).

Ciò, sempre alla luce del fatto che (come sopra si è anticipato) si può risultare fortemente pratici e prassici se si è, prima e dopo, maledettamente teorici ed, al limite, teoretici.

…Non ci si dimentichi mai che soltanto a seguito di questi impatti soggettivi di comprensione precisa e rigorosa (il più possibile aderente e documentata in raffronto alle diverse fonti giuridiche e storiche ricorrenti), sarà possibile cimentarsi nelle successive formulazioni di giudizio e di approccio critico eticamente fondati e scientificamente criteriati (e, così, proprio per questo, sperimentalmente formulati/definiti;con razionalizzazioni e funzionalità di epistemologie “disegnate” sul principio dell’analogicità del ricercare;ecc.).Quindi si tenga conto che l’eventuale consenso e la successiva ULTERIORE eccedente diffusibilità/partecipabilità/condivisibilità “erga omnes” di una vera “novità d’esperienza e di cultura” (dunque,di linguaggi,di comportamenti e di simbolizzazioni varie di cultura;ecc.), può essere “insegnata” e può,peraltro,porsi quale “notizia giornalistica” di effettiva comprensione (sia del giornalino scolastico che di ogni altro tipo di giornale o di notizia di mass/media),soltanto dopo che ciascun soggetto della Polis abbia acquisito gli strumenti culturali/professionali per averne potuto preliminarmente studiare rigorosamente i contenuti, e,quindi,per aver potuto esercitare le proprie facoltà di giudizio critico personalizzante e di razionalizzazione etica universalizzante con seria onestà intellettuale.

Quando ciò non avviene;quando un dato “messaggio di comunicazione” d’insegnamento e,quindi,anche di giornalino scolastico vengono immediatamente consensualizzati e condivisi “erga omnes”; il tutto significa - nello stesso tempo e per lo stesso motivo - che questi “messaggi” non rappresentano oggettivamente delle vere “no

 Ovviamente, per altro verso, si pone altresì da stolti il porsi di una data persona con atteggiamento pregiudizievole,di “rifiuto” e,comunque,di non condivisione ideologicamente radicata … di fronte a “messaggi culturali” che sono entrati “da poco” (o,addirittura,di primo impatto) nel circolo dialogico dell’”uso sociale della conoscenza” e nella relazionalità etica razionalizzante che tende alla integrazione cognitiva ed alla diffusività universalizzante dell’”erga omnes” -messaggi,questi,che proprio per tale motivo non sono stati ancora personalizzati, coscienzializzati sul piano dell’esperienza consapevole trasformazionale e criticamente assunti da chi li acquisisce.

Allora, si capisce bene che se un giornalino scolastico sarà servito a far capire ed a far assimilare ad ogni interlocutore la logica pedagogica di vita e di “umanesimo integrale” che si sono sopra profilati (e,prima di tutto, agli alunni ed ad ogni altro suo “redattore”; ad insegnanti,ad operatori scolastici di supporto,a soggetti istituzionali afferenti,ad utenza coinvolta; ad istituzioni ed autorità del territorio,ma,se il caso,anche del contesto provinciale,regionale e nazionale; ecc.; ad ogni “povero Cristo” di questo mondo); allora risulterà evidente che sarà valsa la pena che tutti tali protagonisti si siano cimentati in queste attività del “raccontare” e del “fare da cantastorie” delle nostre scuole e dei connessi paesaggi socio/storico/geografici riguardo le diverse stagioni di civiltà e di cittadinanza in cui viviamo.Vita d’esperienza e di cultura” valoriali (dunque,non risultano “contenuti culturali” che… valeva la pena di comunicare e di prospettare sul piano del rapporto d’insegnamento o nella prospettiva della notizia da giornalino scolastico e da mass/media;ecc.).

E questo…dato che si venivano a porre di “ovvio” significato (cioè,di significato ben compreso e conosciuto,e dunque non necessitante di approcci ulteriori di strutturazione in linguaggi di scambio e di relazionalità dialogico/interpersonale), sin dall’inizio del loro entrare nella circolarità dell’ ”uso sociale della conoscenza” e nella prassi didattica della rapportualità d’insegnamento/apprendimento.

Ciò, che, tra l’altro, verrebbe a rivelare che, in modo più o meno intuitivo,questi soggetti protagonisti ed ogni lettore, tentino continuamente di capire che la valenza pedagogica del giornalino scolastico (come di qualsiasi altro contenuto d’insegnamento e di ogni messaggio culturale di relazione didattica pedagogicamente strutturato), si pone sempre quale valenza originaria generativa e culturale di ogni pensiero, conoscenza, razionalizzazione, giudizio, prassi storicistica di linguaggio/comportamento;di ogni convivenza civile e dialogica,e di ogni forma comunicazionale, tra più persone comunitariamente “con-viventi” nel Pubblico istituzionale e nella sua Società Civile,così come in ogni organismo sociale del Privato intimistico.

Si capisce bene, allora, perché affermiamo con sentita convinzione che ogni giornalino scolastico valoriale (il che vale,peraltro,anche per ogni altro tipo di giornale e di messaggio da mass/media) deve sempre proporre,comunque sia,”notizie” che si ricavino da contenuti culturali di comunicazione eticamente e scientificamente ulteriori/eccedenti “i dati storici di riferimento al reale”; e che,quindi,anche per questo -anzi proprio per questo- si pongano quali vere “novità d’esperienza e di cultura”.In caso contrario,crediamo non abbia senso né fare giornalino scolastico e nemmeno,in senso lato,esplicare funzione docente scolastica e conseguente educazione pedagogica.

Anzi,in questo caso,crediamo che non abbia nemmeno senso,in generale,comunicare la propria conoscenza,il proprio sapere; facendo di quest’ultimo un “uso sociale” che ricerca la comprensione/ condivisione/ consensualizzazione “erga omnes” con l’immediatezza della “ricezione ideologica”, e non già dopo aver sollecitato gli approcci cognitivi critico/sperimentali del Logos epistemologico e della ragione etica universalizzante (vale a dire di una Ragione che può trovare la scientificità laddove -nello stesso tempo e per lo stesso motivo- ha da ricercare l’eticità consapevole delle sue convinzioni e delle sue prassi storicistiche,a seguito della continua composizione/ricomposizione critica e sperimentale delle “diversità” di pensiero che vaglia…pur sempre filosoficamente,…a prescindere che,poi,ci si renda conto o meno che ciò non è altro che il più produttivo…”filosofare/per/l’Umano”).

Possiamo ben comprendere,in questo senso,che un giornalino scolastico ed ogni altra forma di “educazione pedagogica”,sono sempre riservati a chi vuole essere sempre un “principiante dell’apprendere e del conoscere”; e vuole “imparare ad imparare” ed a …”far/imparare” (anche a costo di “patire”…prima di capire e di raccontare per bene ogni suo messaggio di descrizione e di proposta progettuale).

…Ciò, convinti come siamo che non serve a niente “imparare ad imparare”…se poi ciascuno di noi “non impara per fare imparare agli altri” (erga omnes).…Il che,ovviamente,anche se specificatamente di fondamentale riferimento per la formazione culturale/professionale di chi esplica ed organizza funzione docente e funzione dirigente,deve comunque valere per tutti i soggetti umani che,in un modo o nell’altro,vivono ed educano in tutti i contesti della società civile,nelle diverse agenzie educative extrascolastiche del territorio, e,peraltro, attraverso la definizione/conduzione di ogni messaggio multimediale/massmediale/informatico.Il progetto pedagogico di un giornalino scolastico può rappresentare, quindi, innanzitutto, l’esplicitazione di un vero ed impareggiabile amore educativo per le giovani generazioni, e per quell’imparare ad imparare ed a far imparare che,crediamo,sia la metafora più produttiva per far acquisire il senso ed il significato del concetto assiomatico di scuola (quindi,anche e soprattutto di questa nostra nuova scuola dell’autonomia che è da poco decollata sperimentalmente…).

Il lievito umano ed esistenziale di questo progetto di giornalino scolastico, si pone,a nostro avviso,quale uno fra gli itinerari fondamentali di quella pedagogia della speranza che ci faccia… “sperare” e strenuamente operare in un futuro e per degli orizzonti educativi che recuperino i valori umanisti e laici della tradizione cristiana e razionalista occidentale;…di contro ai “valori deboli” di quel Post/Moderno che (anche nell’antropologia dei costumi,dei modelli,dei linguaggi e delle discorsività del vissuto di tutti i giorni) ha già attentato al rispetto della dignità umana e,conseguentemente, al pieno riconoscimento ed all’affermazione dei valori di persona,di democrazia e di bene comune.Il giornalino scolastico può notevolmente contribuire al successo di una prospettiva pedagogica e di una filosofia dell’educazione impegnate nel tracciare gli itinerari fondamentali per un riscatto, nelle scuole e nella vita, di un Io proattivo, autentico,razionalizzante e progettualmente produttivo e creativo; di contro alle prassi esistenziali di sempre più diffusi costumi quotidiani laddove lo stesso Io si pone meccanicistico e soltanto reattivo,facile preda passiva che si “perde” nei mari sempre più complessi dei condizionamenti sociali consumistici/alienanti e nelle conseguenti “bestiali” pulsionalità vitalistico/istintive deprivate di senso etico condivisibile.Idealmente la prospettiva pedagogica del giornalino scolastico che siamo venuti qui a delineare,è una scommessa a cui sono chiamati tutti coloro che,comunque,hanno atteggiamento cristiano ed umanisticamente laico di fronte ai valori dell’uomo e della sua società civile e politica.

Questa prospettiva pedagogica ci sollecita,al postutto,ad atteggiamenti ed ad interventi di cittadini,di educatori e di dirigenti che non ammainano bandiera di fronte alla violenza ed alle “inciviltà” del Post/Moderno; di fronte al primato “bestiale” dei sensi ed alla dimensione vegetativa dell’esistenza; di fronte ad ogni vitalismo estetico narcoide dei valori etici della tradizione umanistica occidentale; di fronte all’affermazione primitiva della “corporeità imbelle” (di fronte al “primato ferino” del corpo); ed insomma di fronte a tutti i meccanismi di potere (istituzionale o meno;legittimo o meno;ecc.), a cui risultano funzionali e strumentali tutti i valori ed i modelli antropologici della civiltà odierna che ,in un modo o l’altro,tendono ad azzerare il primato della persona e la dignità della soggettività umana.In fondo, il giornalino scolastico qui profilato,si colloca entro un orizzonte di senso pedagogico e di filosofia dell’educazione che si oppone a tutti quei meccanismi,a tutti quegli apparati ideologici di stato; a tutte quelle industrie culturali del consenso; a tutte quelle manipolazioni e costruzioni “tecnotroniche” della pubblica opinione; ad ogni tentativo di omologazione culturale di vita e di pensiero; di ogni “gruppo e soggetto” di potere che,così,si propone di ridurre l’uomo e la società ad una selva inconsulta di irrazionalità e di debolezza valoriale sempre funzionali/strumentali agli “affari/di/dominio/e/di/sfruttamento/dei/pochi/sui/molti”.

Ed è per questo,dunque,al postutto,che il giornalino scolastico si pone entro una prospettiva pedagogica e socio/politica di educazione grazie a cui gli alunni come i diversi soggetti del territorio (utenza compresa) possono imparare a riluttare l’omertà e l’alienazione dei pavidi o degli ignari,ed ogni sottesa o evidenziabile forma di prepotenza illiberale/illegale.

…Vale a dire, quell’omertà e quell’alienazione che tutti i “furbi/cattivi” di questo mondo vogliono coltivare e perseguire perché sanno bene che queste risultano di essenziale importanza al fine di affermare i loro iniqui e spregiudicati progetti di “disumanità”; vale a dire,quei progetti che si prefiggono,anche con mezzi taciti e con notizie mistificate,di riprodurre le stratificazioni di ceto e di classe foriere delle ingiustizie e delle oppressioni dell’uomo sull’uomo che purtroppo caratterizzano sempre di più gli scenari esistenziali ed antropologici delle nostre Polis (cioè a dire,quelle ingiustizie e quegli sfruttamenti che riproducono tutti i fenomeni di violenza sociale e personale ed ogni conseguente forma di scherno al rispetto della persona umana).

Un giornalino scolastico (ma il discorso vale, altresì, per ogni corretta e valoriale “edizione” di giornale e di notiziario di mass/media;ecc.), può essere molto prezioso in questa “lotta” pedagogica, prima che politica e socio/culturale, e nella conseguente rivoluzione etico/intellettuale, intenzionate autenticamente ad affermare i principi ed i modelli di una scuola dell’autonomia precisamente indirizzate alla realizzazione di una effettiva sostanziale democrazia partecipazionista (al suo interno e nel contesto socio/politico territoriale e nazionale); …questa scuola dell’autonomia non può non essere rivolta,con la sua intelligenza didattica,al pieno effettivo riconoscimento/soddisfacimento dei diritti inviolabili della persona; e, quindi, dei diritti di ogni discente (grande o piccino che sia) a ricevere funzione docente di qualità, ancorché gestioni istituzionali e servizi pedagogico/educativi funzionali al concreto inverarsi dei correlati diritti dell’alunno stesso ad apprendimenti liberi,continui,critici e sistematici (tali,da porsi quale soddisfacimento del diritto sociale all’istruzione da garantire a tutti i cittadini).

E’, così, tra l’altro, che si può combattere efficacemente e primieramente il radicarsi dei modelli di convivenza illegale e violenta, nella scuola come nel territorio, nello Stato come nelle istituzioni pubbliche,nel privato familiare ed in ogni angolo della relazionalità intimistica.

Sappiamo bene, peraltro, come soltanto da una scuola democratica e che configuri i suoi approcci didattico/metodologici all’insegna del tirocinio alla ricerca continua (per utenza, alunni, operatori scolastici e soggetti afferenti del territorio) di forme di convivenza democratica fondata sulla individuazione dialogica di valori e decisioni condivisibili; possono sorgere i germi per una società altrettanto autenticamente democratica e fondata sui valori di persona e di ragione etica universalizzante (cioè, di Bene Comune).