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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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SI POSSONO RIDURRE SEI ORE SENZA RECUPERO?

LA RIDUZIONE DELL'ORA DI LEZIONE
PER MOTIVI
DI TRASPORTO
DEGLI STUDENTI

di Francesco Scoppetta
dirigente scolastico dell'Itcs De Fazio di Lamezia Terme (CZ)

 

Le parti firmatarie del CCNL del 4.8.95, occupandosi per la prima volta del problema della riduzione dell’ora di lezione in conseguenza delle iniziative assunte da alcune procure della Corte dei Conti, stipularono un accordo tendente a risolvere la questione. L’accordo (sottoscritto il 17.9.97) di interpretazione autentica dell’art.41 del contratto collettivo di comparto già in vigore sin dal 1995 richiamava le due circolari n. 243 (22.9.79) e n. 192 (3.7.80) per regolamentare la riduzione dell’ora di lezione per motivi estranei alla didattica.

Il contenuto di tale accordo è stato confermato successivamente sino ad oggi per cui la materia è ancora regolata dalle due circolari citate.

Con la C.M. n. 620 del 3.10.1997 venne eliminata la preventiva autorizzazione del Provveditore e le decisioni vennero rimesse a imprecisati "competenti organi della scuola".

Accanto alla riduzione per motivi estranei alla didattica, una diversa ipotesi di riduzione dell'ora di lezione (in relazione all'esercizio dell'autonomia didattica, all'adozione di forme di flessibilità dell'orario, all'organizzazione modulare, alla flessibilità del gruppo classe,dei curricoli,ecc.) è consentita oggi ai sensi dell'art. 21 della L. n. 59 del 15.3.1997 e dell'art.4 del DPR n. 275 dell'8.3.1999.In questo caso la riduzione dell'ora di lezione è compresa nel POF e sarà recuperata sia dai docenti che dagli alunni.

Prima di addentrarci nella questione appare necessario, in via preliminare, valutare la chiarezza del contratto interpretativo del 1997. «…In esso» ha scritto Sergio Auriemma « per quanto sia evidente la ratio ispiratrice di fondo, continuano ad essere utilizzate forme espressive oltremodo ambigue e suscettibili, in astratto, di interpretazioni controverse…» (1).

Siccome non vi è dubbio alcuno infatti che la riduzione per motivi didattici vada recuperata dai docenti e che la riduzione della I,V e VI ora per motivi di pendolarismo degli alunni non vada recuperata ai sensi della cm 243/79, le ambiguità contenute nell’accordo di interpretazione autentica concernono il «chi» e il « quanto » della riduzione per "accertate esigenze sociali degli allievi,derivanti da insuperabili difficoltà dei trasporti".Allora le domande da porsi sono le seguenti:

1) Chi deve ridurre le ore di lezione?

2) Si possono ridurre per motivi estranei alla didattica tutte e sei le ore di una giornata?

Il punto fondamentale del discorso è proprio questo. Infatti chi ritenesse che l'interpretazione autentica del 1997 abbia risposto chiaramente a queste due domande può interrompere qui la lettura perchè non è mia intenzione confondere le idee a chi già da quattro anni ha le idee chiare .

Per chi invece sulla questione le idee chiare continua a non averle, provo a riassumere i più importanti pareri succedutisi nel tempo sulla stampa specializzata. Come si vedrà, pareri diversi e discordi. La loro esistenza sembra già confermare il giudizio di Auriemma.

Comincerò con l'opinione di F. Scrimitore, secondo il quale « in ogni caso vige il generalissimo principio secondo cui tutti gli insegnanti hanno l’obbligo, assunto per contratto, di insegnare per 18 ore effettive» (2).

Anche per la Gilda insegnanti la riduzione di dieci minuti non può riguardare tutte le ore di lezione ma «nei giorni con cinque ore di lezione, le riduzioni devono riferirsi soltanto alla prima o all' ultima ora, soltanto eccezionalmente possono riferirsi alla prima e all'ultima ora» (3). Dello stesso tenore è la risposta data sul sito Kataweb-scuola ad una e-mail sulla questione (4). Giuseppe Pennisi ha specificato che «...nel caso di sei ore, la riduzione può riguardare la prima ed ultima ora, ed eccezionalmente anche la penultima» (5). Concordano con tale tesi Ennio D'Amico e Antonio Santoro in un articolo apparso su Scuola & Amministrazione (6).

Il dott. Vito Cardella, già Provveditore agli Studi di Catania, rispondendo ad un quesito di un lettore, ha scritto con chiarezza che "sussiste l’obbligo per i docenti di recuperare i 180 minuti (10 minuti x 18 ore) settimanali non prestati per cause di forza maggiore con attività inerenti alla funzione docente (idei, corsi di sostegno o di recupero, supplenze brevi, assistenza alla mensa scolastica, ecc.) (7).

Anche "L’esperto risponde" de Il Sole 24 ore, negli anni ha dovuto affrontare più volte l’argomento della riduzione dell'ora di lezione su impulso dei lettori.

Nel 1999 , alla luce dell’accordo firmato dall’Aran con le OO.SS., l’esperto aveva proposto di ridurre la I,V e VI ora per motivi estranei alla didattica, senza obbligo di recupero per alunni e docenti, e le ore intermedie in base al Dm 766/97. "Il decreto citato prevede, per esigenze didattico-educative, la possibilità di riduzione a 50 minuti anche delle ore di lezione intermedie, ma con obbligo di recupero sia per i docenti che per gli allievi" (8). Al di là del richiamo ora superato al Dm 766/97 (sperimentazione dell’autonomia organizzativa e didattica delle istituzioni scolastiche) ,l’elemento significativo da cogliere nella risposta de Il Sole 24 ore riguarda la possibilità di far coesistere nella scuola dell’autonomia la riduzione per motivi didattici e la riduzione per motivi di trasporto.

Di parere esattamente opposto il dott. Cardella nel suo più recente intervento sulla questione (9). Ormai, egli dice, «le due ipotesi di riduzione dell'ora di lezione potrebbero ridursi ad una sola, quella determinata dall'organizzazione didattica, per la quale il recupero è obbligatorio».I motivi di natura didattica potrebbero far venire meno i "motivi di forza maggiore" che giustificano l'ipotesi di riduzione senza recupero. Infatti, continua Cardella, «applicando la riduzione dell'ora di lezione per motivi di natura didattica, sarebbe impensabile un'ulteriore riduzione per motivi di forza maggiore ».

In concreto, quindi, se in un istituto si riducono a 50 minuti tutte le ore di lezione per motivi didattici, potrebbe di conseguenza venir meno quell'incompatibilità tra gli orari scolastici e quelli dei mezzi pubblici di trasporto che era causata dalla rigidità degli uni e degli altri. Secondo Cardella, insomma, la CM n. 243/79 è ormai superata nell'ottica di una scuola nuova, autonoma, e di un'organizzazione didattica flessibile.

Se è così, allora conviene aprire una parentesi nel discorso che stiamo facendo per approfondire questo concetto di autonomia didattica, che ha nella flessibilità dei tempi uno dei suoi punti di forza.

Vediamo cosa significa in concreto e nella realtà il superamento dell'unità oraria di 60 minuti (DPR 275/99 art. 4.2).

Una scuola può oggi decidere: se la I A deve fare in un anno 231 ore di italiano, il professore, invece di 231 ore di sessanta minuti, potrebbe farne 277,20 di cinquanta minuti oppure 308 di 45 minuti. In una settimana, invece di 7 ore di 60 minuti nella classe IA, ne potrebbe fare 8 di 50 minuti (con un resto di 20 minuti).

Vorremmo adesso chiarire come il monte-ore annuale delle discipline è un concetto del tutto astratto. Per essere significativo questo numerino dovrebbe calcolare effettivamente il lavoro dei docenti e anche la presenza in classe degli alunni. In pratica sappiamo bene che se in una scuola un professore, per esempio di italiano si assenta per periodi fino a dieci giorni, viene sostituito dai colleghi che sono a disposizione, una volta da un collega di matematica, un'altra da quello di educazione fisica e così via. Se vogliamo stare quindi ai numeri reali, e non a quelli teorici, nessuna scuola assicura ad una classe al momento 200 giorni di lezione con quello che comporta, e cioè 231 ore annue di italiano, 66 di educazione fisica, 99 di inglese e così via. Pertanto considerando le fisiologiche e normali assenze dei docenti e le conseguenziali supplenze, in realtà il computo annuale dei tempi delle discipline presenta variazioni (in più o in meno) molto rilevanti. Se questa è la verità che sta sotto gli occhi di tutti, anche il numerino del monte-ore annuale per materia o significa che deve essere rispettato (e allora bisognerebbe cambiare molte cose nella scuola italiana), oppure è un indicatore — appunto — burocratico senza significato vero che, come tale, andrebbe ri-considerato o abbandonato. E' come dire che un'auto ha una velocità massima di 180 Km all'ora. Significa che quando la guidi devi raggiungerla, oppure che la puoi raggiungere? Il discorso non cambia affatto anche se consideriamo il 15% del curricolo locale che può essere utilizzato per compensazioni tra discipline o per aggiungere altre discipline nel curricolo.

Giunti a questo punto del discorso vorremmo pertanto sottolineare la seguente contraddizione: quando si dice che nel caso di riduzione per motivi didattici dell'unità oraria di lezione il docente non può recuperare tale riduzione effettuando "supplenze", ma deve recuperarla soltanto nelle proprie classi, significa dire una cosa del tutto ovvia. Ma significa anche fingere che il monte-ore annuale per disciplina abbia un significato che, come abbiamo tentato di spiegare, al momento non ha.

Vediamo quali sono le cose concrete che si possono fare in una scuola sul piano della flessibilità e nel tentativo di garantire agli allievi il monte-ore annuale previsto per ciascuna disciplina.

Nel triennio di un istituto tecnico commerciale, si può per esempio organizzare un orario su scansione trisettimanale. A condizione che ci sia la disponibilità dei docenti a sostenere un orario di lavoro più pesante durante la settimana di prevalenza della propria disciplina (compensato nelle due settimane successive).

Ma al di là di una programmazione per moduli su scansione trisettimanale e, ripetiamo, in modo che in ogni settimana abbia la prevalenza un gruppo di discipline affini, abbandonare le ore di 60 minuti non è ipotizzabile se non in scuole di certe dimensioni e con pochi pendolari. Due rientri pomeridiani di 3 ore possono, per esempio, consentire il sabato libero. Però è impossibile attuarli in una scuola con molti pendolari e in assenza di mense comunali.

Con un organico di un centinaio di docenti, è praticamente impossibile organizzare un orario con unità di insegnamento di 50 minuti. La matematica, infatti , non è un'opinione, e allora basta fare due conti: un docente di italiano che ha sette ore alla settimana in una classe prima, deve recuperare 70 minuti (in un anno 38,5 ore); il professore di Inglese, invece, deve recuperare mezzora (in un anno 16,5 ore); quello di Scienza della materia quaranta minuti (in un anno 22 ore), quello di Religione dieci minuti (in un anno 5,5 ore) e così via. E' evidente allora che ci può essere un recupero (settimanale o annuale fa lo stesso) per assicurare il monte - ore annuale previsto per classe a condizione che si organizzi un secondo orario scolastico pomeridiano (oltre quello del mattino), basato su unità di insegnamento di dieci minuti, che si snodi lungo tutta la settimana.

Il paradosso è quindi il seguente: ridurre di cinque o dieci minuti le ore del mattino significa fare ogni giorno rientri pomeridiani, cioè estendere a tutte le scuole una esperienza, quella del doposcuola o tempo prolungato (chiamata adesso flessibilità) nelle scuole medie, che spesso si è rivelata del tutto fallimentare.

Chiusa questa riflessione sulle concrete possibilità di ridurre l’unità oraria per motivi didattici, torniamo allora alle circolari ministeriali che si sono occupate della riduzione di dieci minuti delle ore di lezione. Sulla questione è intervenuto più volte su Italia Oggi Giuseppe Mantica, il quale ha spiegato che «mentre la cm n. 243 si riferiva solo ad alcune ore della giornata, la più recente, emessa il 3 luglio del 1980, estende le riduzioni di orario anche nelle ipotesi non contemplate dalla precedente, e cioè per tutte le ore di lezione » (10). La stessa interpretazione il giorno 27 ottobre 2000 era leggibile alla pag. 702 di Televideo- Scuola.

Resta il fatto che tali interpretazioni per così dire estensive, allo stato, appartengono ad una testata giornalistica e ad un giornalista, mentre i più recenti documenti, rintracciabili sui rispettivi siti internet, di due organizzazioni sindacali nazionali come la CGIL e lo SNALS, mantengono le ambiguità già segnalate in premessa.

Il documento CGIL intitolato "Riduzione oraria e obbligo del recupero", riassume la intera questione anche alla luce della più recente cm 225/00 ma non osa andare al di là della seguente formula tipica :

«La riduzione dell’ora di lezione per cause di forza maggiore determinate da motivi estranei alla didattica, già regolata dalle circolari 243/79 e 192/80, non va recuperata » (11).

Allo stesso modo, il documento SNALS (12) usa la seguente espressione:

«1. Riduzione dell’ora solare e conseguente adozione dell’ora convenzionale per causa/e di forza maggiore (orario mezzi di trasporto pubblici, ecc.): i docenti interessati non sono obbligati a recuperare le frazioni di ora;»

L'identica espressione è adoperata dalla Gilda insegnanti sul proprio sito ufficiale internet (28.8.99): «La riduzione dell’ora di lezione (fino a 50’) deliberata dal CdI per motivi estranei alla didattica non comporta alcun obbligo di recupero da parte dei docenti (circ. n°243/79; interpretazione autentica del 4.8.95)».

Circa la posizione della CGIL-Scuola, è forse il caso di riportare per intero la risposta a me fornita lo scorso anno, quando avevo chiesto appunto di precisare se la riduzione di tutte le ore di lezione andasse recuperata:

«La CM 243/79 fissa alcuni principi che però possono essere derogati dal provveditore (cm 192/80) che può autorizzare la riduzione su tutte le ore di lezione. In ogni caso la riduzione autorizzata per i motivi di cui si parla non comporta nessun recupero » (13).

Si può concludere dicendo allora che in questo variegato panorama di opinioni e pareri nessuna organizzazione sindacale a livello nazionale dice chiaramente ed esplicitamente che la riduzione di TUTTE le ore di lezione (dalla I alla VI) per motivi estranei alla didattica non vada recuperata. Per cui la conclusione del discorso sembrerebbe pacifica, se tutti (scripta manent) siamo d'accordo che la riduzione della I,V e VI ora per motivi di pendolarismo degli alunni non vada recuperata dai docenti.

Dov'è allora il problema?

Il problema sorge perchè, insediatisi dall’1 settembre 2000 nelle scuole autonome i dirigenti scolastici, quelle stesse organizzazioni sindacali nazionali di cui abbiamo citato i documenti, in periferia tramite le RSU chiedono ai dirigenti di non far recuperare la riduzione di tutte le ore di lezione. Così il cerino acceso che lo scorso anno veniva passato ai Provveditori, dei quali si invocava l’autorizzazione alla riduzione di tutte le ore di lezione, quest’anno viene trasferito ai dirigenti.

Tutto questo avviene per la semplice ragione che — a monte — un accordo di interpretazione autentica sottoscritto dai sindacati con l’Aran non solo non ha chiarito la questione della riduzione delle ore ma anzi, se possibile, la ha ingarbugliata ancor di più. Perché questo sia avvenuto e – soprattutto – perché quell’accordo rappresenti ancora, a quattro anni di distanza, un punto fermo che le organizzazioni sindacali non intendono, nonostante tutti gli equivoci generati, superare, non sono in grado di dirlo.

Resta comunque assolutamente ragionevole e, alla luce delle opinioni riassunte, fondata sul buon senso, la opinione espressa dall’Associazione Nazionale Presidi (13) quando ricorda che « una causa di forza maggiore – per definizione - non si delibera: se ne può solo prendere atto in via amministrativa. Nel momento stesso in cui diventasse oggetto di una deliberazione, acquisterebbe carattere eventuale, legato al parere di una maggioranza e quindi non costituirebbe più una causa esterna ed incoercibile.

Ne deriva che l’accertamento dello stato di necessità non può essere rimesso al voto, ma solo ad una presa d’atto che - come tale - non può essere fatta che dal responsabile dell’ufficio.»

Come si vede, sul « chi» debba ridurre fino a dieci minuti l'ora di lezione c'è ormai una identità di vedute tra la stessa associazione dei dirigenti scolastici e le organizzazioni sindacali. Così come c'è assoluta identità di vedute sulla distinzione tra riduzione per motivi didattici e per motivi di trasporto.

Il problema resta il «quanto» ridurre. Ecco perchè risulta incomprensibile quello che ha affermato Giovanni Scaminaci (14): «Ci sono poi i presidi che, pur in presenza di cause di forza maggiore, tentano comunque di far passare la riduzione oraria come scelta di flessibilità organizzativa e didattica». Perchè tentano? Perchè godono nell'inasprire i rapporti con i docenti? E' allora una semplice questione di «potere», o di intenti vessatori?

In altre parole, non si capisce perchè, se a livello nazionale e normativo fosse chiarissimo il chi e il quanto della riduzione d'orario per motivi non didattici, i dirigenti scolastici dovrebbero intestardirsi a richiedere il recupero .

Invece è proprio vero il contrario: siccome a livello nazionale e normativo non si capisce bene se sia legittimo ridurre tutte le ore di lezione per motivi non didattici, i dirigenti scolastici procedono in ordine sparso e hanno le idee confuse. Ci sono scuole che perciò recuperano soltanto le ore intermedie, ci sono scuole che recuperano 90 minuti, 180 minuti, 120 a settimana, ci sono scuole che non fanno recuperare niente...

Tutte queste idee, tesi, argomentazioni, che abbiamo fin qui cercato di compendiare in una mappa, non sembrano al momento destinate a ricomporsi in una interpretazione che ristabilisca la certezza del diritto. Tutt'altro. Anzi, le interpretazioni si moltiplicano e gli interpreti continuano a dividersi. A riprova posso riportare il punto di vista espresso (15) per ultimo da Giovanni Bonaventura, il quale non ritiene pertinente il richiamo alla « forza maggiore» come esimente dalla responsabilità. Infatti la forza maggiore si concreta in un evento della natura o dell'uomo, che, pur se previsto, non può essere impedito. Ma, a suo dire, l'orario di partenza dei mezzi di trasporto può, invece, essere modificato in modo da renderlo compatibile con la fine delle lezioni. Inoltre non è neppure possibile individuare nella particolare situazione uno «stato di necessità» perchè il danno causato agli alunni con la riduzione non è proporzionato al pericolo da scongiurare. Secondo Bonaventura, dunque,le questioni giuridiche sono chiare (affermazione questa che è palesemente in contrasto con quest'altra: «ad ogni inizio d'anno si apre per i dirigenti scolastici l'angoscioso dilemma circa il recupero delle riduzioni di orario») e pertanto le riduzioni di orario debbono essere determinate soltanto da difficoltà insuperabili e rappresentare soluzioni del tutto eccezionali.

Le questioni giuridiche sui minuti da recuperare non sono, checchè se ne dica, affatto chiare, non ci stiamo arrampicando sugli specchi, nè stiamo assistendo ad una stucchevole telenovela. La questione è seria e si è generalizzata a causa dello stato indecoroso, soprattutto nel mezzogiorno d'Italia, dei trasporti pubblici e a causa dell'«assurdità di un curricolo di 36 ore degli istituti tecnici». La questione è così minacciosa che rischia per i dirigenti scolastici di diventare prima o poi esplosiva. Basta fare due conti a matita sul danno erariale. E' stato calcolato (16) che solo prendendo in considerazione i 1400 istituti tecnici italiani, per lo Stato pagare un docente per un'ora intera mentre esegue una prestazione di 50 minuti, significa bruciare 673 miliardi all'anno. Negli ultimi dieci anni il danno ammonterebbe quindi ad un totale di 6 mila e 700 miliardi. Una bella cifra, sulla quale tutti, a cominciare dai sindacati, dovrebbero riflettere senza inutili sofismi e demagogie. Siamo tutti così sicuri che anche in futuro la Corte dei Conti per prima cosa comincerà a discernere riduzioni per motivi didattici da quelle per motivi di trasporto? E poi continuerà a distinguere le prime ed ultime ore da quelle intermedie e così via, con la conclusione pratica che un docente di italiano in un istituto tecnico viene pagato per 18 ore quando in realtà magari lavora effettivamente per quasi 12 ore?

Provo a concludere il discorso con una proposta. A questo punto credo che forse per risolvere il problema sarebbe utile uscire fuori dal problema, e affrontare la questione non più dalla parte dell’orario di servizio dei docenti. Ma dalla parte degli alunni. Senza avere la preoccupazione di mettere le carte a posto per far fronte ai controlli della Corte dei Conti, la questione dell’ora di lezione (che sia di 50 o di 60 minuti poco importa) andrebbe affrontata calcolando l’effettivo insegnamento e non quanti minuti l’insegnante sta a scuola. Propongo cioè di prendere in considerazione la durata dell’effettivo insegnamento (effettiva, per così dire, esposizione dell'alunno al docente) e non più i 200 giorni di lezione e/o l'ora burocratica. Il problema è perciò quanti giorni gli alunni vengono a scuola, quanto tempo stanno in aula, non quanti giorni la scuola resta aperta, a disposizione di...

Per contabilizzare i danni sociali oltre che il danno erariale.


 

NOTE

Questo articolo è stato pubblicato in parte sotto forma di lettera su La Tecnica della Scuola, 1 dicembre 2000,n.7,pag. 27.

(1) Sergio Auriemma (a cura di), voce "Ora di lezione (riduzione)", pag. 299, "Repertori 1998-1999, Dizionario normativo della scuola ", volume f.c. di Notizie della scuola.

(2) "Riduzione delle ore di lezione ad unità inferiori ai sessanta minuti", a cura di F. Scrimitore,Scuola & Amministrazione n.4, dicembre 1996,pag.87.

(3) Il nuovo Vademecum dell’insegnante (a.s. 2000/2001) della Gilda insegnanti,voce "Ora di lezione", pag. 106.

(4) « E' vero che negli Istituti superiori in piena autonomia la riduzione dell'ora di insegnamento può essere disposta dal Dirigente indipendentemente dal Collegio Docenti.Anche in tal caso i docenti sono tenuti a recuperare le frazioni residue?» (Rsu,insegnante). «Le riduzioni d'orario devono essere recuperate.Tranne nel caso delle riduzioni di 5/10 minuti della prima/ultima ora giustificate e documentate da motivi di trasporto degli alunni» (www.kwscuola.kataweb.it/sos_scuola/sos_domand.../1,1498,Insegnanti).

(5) Giuseppe Pennisi,"Quesitario amministrativo", Italia Oggi "Azienda Scuola" del 27 febbraio 2001.

(6) Ennio D'Amico e Antonio Santoro ,« L'orario di servizio dei docenti», Scuola & Amministrazione n.3, novembre 2000, pag.15.

(7) Risposta contenuta in "Racconti scolastici", di Vito Cardella,La Tecnica della Scuola del 15.10.99.

(8) "Quando un'ora di lezione può durare 50 minuti" (43), in "L'esperto risponde"- Scuola - Il Sole 24 ore, 3.1.99,Numero uno .La risposta è ribadita in "Come va inteso il recupero delle ore intermedie" (1410),Numero ventiquattro-22 marzo 1999: «Il Dm 766/97 citato dal lettore prevede il recupero delle ore intermedie,cioè di quelle ore che vengono ridotte a 50 minuti in aggiunta a quelle previste dalla circolare ministeriale 243/79 ».

(9) Vito Cardella,articolo a pag. 24 del n. 5 di La Tecnica della scuola, nov. 2000.

(10) "Orario:senza il Pof prevale il Ccnl" di Giuseppe Mantica,Italia Oggi,"Azienda Scuola", martedì 17.10.2000,pag. 48.Anche in un precedente articolo su Italia Oggi, "I minuti persi nella lezione non si possono recuperare",Mantica era stato chiaro scrivendo : « Non si recuperano i minuti delle ore inferiori a 60 minuti.Anche se la riduzione riguarda tutte le ore della giornata ».

(11) "Riduzione oraria e obbligo del recupero" (aggiornata al 13 ottobre 2000),www.cgilscuola.it/riduzioneor/ind_ridu.htm

(12) Notiziario Sindacale n. 181 del 5 ottobre 2000,Ai Segretari Provinciali S.N.A.L.S.

(13) Risposta ancora il 30.8.00 consultabile nelle faq del sito internet,www.cgilscuola.it/Tuttocont/quesiti/risposte2.htm

(14) "Riduzione dell'ora di lezione per cause di forza maggiore- il punto",19.09.00,www.anp.it/news/ora_lez.htm

(15) "Schiarita sull'ora breve" di Giovanni Scaminaci,su Il Sole 24 ore - Scuola n. 21, pag. 11.

(16) "La verità sull'ora di 50'" di Giovanni Bonaventura, su Il Sole 24 ore-Scuola (9-22 febbraio 01),pag.13.

(17) "Chi pagherà il conto?" di Salvatore Indelicato,Catania,intervento apparso in "Minuti da recuperare?/2" in La Tecnica della Scuola n.7, 1 dicembre 2000,pag. 27.


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