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CHE BELLO SAREBBE SE…

Convegno a Roma, 3 aprile 2007
Cultura scuola persona, verso le nuove indicazioni

 

Cari Signori della scuola, cosa si potrebbero aspettare le maestre e i maestri in servizio attivo da una folta schiera di Professori universitari e da un Ministro?

Forse si potrebbero attendere una risposta in termini di risorse, comprensione per il lavoro svolto in questi ultimi vent’anni.

Avrebbero desiderato almeno una parola di incoraggiamento per il lavoro da certosino della scuola dell’infanzia ed elementare per il proprio procedere con cautela e rispetto verso i piccoli che sono stati loro assegnati dal caso e per l’attenzione alla persona e per i continui aggiornamenti sul rapporto scuola-famiglia…

Erano sicuri che avrebbero udito snelle e pratiche considerazioni sul modo di far scuola affinché i più timidi e i più inesperti prendessero il coraggio di puntare tutto sulla conduzione delle classi affollate da un numero sempre più alto di alunne e alunni.

Erano fiduciosi che la faccenda della personalizzazione non si sarebbe più sentita.

Invece no, ancora una volta ecco le parole, soltanto le parole di un vecchio refrain su intercultura, globalizzazione, instabilità del sistema, sapere umanistico e scientifico unificati, sanzione sì, sanzione no, multimedialità vs cultura verbale, cittadinanza consapevole, vecchio umanesimo vs nuovo umanesimo, creatività, arte…

"Parole parole parole" diceva una vecchia canzone…

Ma esse non bastano più, anche se dotte e significative. Sono belle, ma sono parole di pensatori che non hanno fiducia nelle capacità di lettura della realtà di un’intera categoria di insegnanti, considerati deficienti dalla classe dirigente che li vorrebbe programmare a suon di nuove indicazioni…

E ci risiamo, si ricomincia a dibattere…

Intanto, scusateci, noi entriamo nelle classi, i bambini e le bambine crescono, le maestre e i maestri invecchiano, sì, perché invecchiano anche i tanto amati giovani!

La vecchiaia di questo sistema sa di muffa, di stantio, di pergamene ingiallite…

Signori miei è una noia, sembra una presa in giro, una mancanza di rispetto dell’intelligenza di centinaia e centinaia di lavoratori che finora si sono arrangiati fra migliaia di richieste più o meno "riformate".

Stanca perfino il dire che la scuola è più avanti, molto più avanti, perché ha già incontrato da anni i problemi rincorsi dalle parole dei Signori della scuola. Correte correte dietro gli stravolgimenti epocali, ma le maestre e i maestri devono fermarsi, rallentare e rattoppare ciò che le parole distruggono nella società, nelle famiglie, nei bar, nei quotidiani, nei giardini, nelle sale giochi…

Cari Signori, chi non sapeva che il bambino globale – tecnologico - multimediale è difficile, che le famiglie dovrebbero far da sponda, che le sanzioni ci vogliono purché abbiano un senso, che la creatività va stimolata, che la scuola deve unificare i saperi, che bisogna essere responsabili, che l’umanesimo di riferimento deve unificare scienza e lettere…

Che bello sarebbe avere una classe dirigente che sa ciò che la base sa, quindi non si ripete e va oltre.

Che bello se la classe dirigente si prendesse la responsabilità di affermare che nella scuola ognuno deve occupare il ruolo che gli spetta: il docente deve insegnare e ancora imparare, la bambina e il bambino imparare e far conoscere se stessi insegnando perciò essi stessi alle maestre e ai maestri , la famiglia deve educare. Che bello sarebbe sentire affermare: "l’individuo ha la responsabilità di se stesso, ma anche di chi lo circonda, la persona è tale fino al momento in cui non fa degli altri le proprie vittime predestinate".

Che bello sarebbe udire: "adulti, avete il compito difficile di saper dire dei no; bambini avete il compito difficile di faticare per crescere; babbi, mamme, datevi da fare per educare con equilibrio anche al rispetto per gli "anziani" che vi insegnano, datevi da fare per educare i vostri figli al rispetto verso i pari e verso gli adulti che vi affiancano nel difficile compito di crescere, datevi da fare per insegnare la pazienza, il valore del gruppo, l’importanza del saper attendere, la gioia della solidarietà , l’amore che dona senza ricevere nulla in cambio, la tenerezza verso le creature più deboli, datevi da fare per leggere le fiabe, le favole, per parlare coi vostri piccoli, per offrire loro modelli di comportamento equilibrati e rispettosi del prossimo…

Che bello sarebbe sentire affermare che la persona è tale quando non prevarica, non aggredisce, quando si interessa alla persona…Bellooooo!

Invece cosa si sente di nuovo? La scuola come badante-garante della persona-unica, come grandi braccia in cui cullarsi con un rassicurante ciuccio in bocca, come balia che tutto risolve guardando negli occhi la creatura unica che le è stata affidata…

Non abbiamo bisogno di sentirci dire che dobbiamo amare i nostri piccoli stranieri o indigeni. Lo sappiamo. Non abbiamo bisogno di sentirci dire che dobbiamo partire dal concreto per favorire l’astrazione, non abbiamo bisogno di sentirci di dire che i saperi devono dialogare tra loro…

Invece abbiamo bisogno di sentirci dire: care maestre e maestri, sappiamo ciò che avete fatto integrando chiunque in classi che scoppiano, la vostra situazione è conosciuta qua in alto, allora, siccome di regali non ve ne sono mai stati fatti né vi saranno mai fatti, vi diamo qualche consiglio:

Non potete contare sulle famiglie mulino bianco, perché non esistono, quindi usate strategie di conduzione della classe affinché i pari trovino fra di essi la forza per creare nuovi modi di convivenza e di apprendimento a scuola.

Non potete contare su bambine e bambini tranquilli, non ci sono più, quindi armatevi di coraggio nel numero stratosferico di alunni che avete e fateli muovere per la classe distribuendo ruoli, stringendo patti, offrite loro gli strumenti per apprendere autonomamente, responsabilizzateli del loro apprendimento, fateli scontrare insieme contro le difficoltà in modo che trovino essi le soluzioni.

Leggete loro appassionanti testi, drammatizzando, usando la voce come fanno le fate, allora li entusiasmerete, poi pretendete che essi facciano altrettanto, finché non ameranno la loro voce che appassiona i compagni e voi stessi.

Fateli studiare, a scuola, offrendo loro la possibilità di trovare strategie per riuscire, e fateli relazionare, fateli scontrare con la fatica dell’esposizione, della sintesi, della ricerca per poi illustrare le loro scoperte in ogni ambito.

Care maestre e maestri, se non avete laboratori scientifici, se non avete computer aggiornati (noi non ve li possiamo dare!), allora fate inventare ai bambini storie, fateli giocare con carta e penna con le parole, con i numeri, con le forme, con i colori e valorizzate ciò che fanno per irrobustire la loro autostima.

Mirate alto, fateli misurare con opere d’arte, con film e letteratura di buon livello; non vi stancate di far circolare le idee, appuntatevele, rimandategliele indietro, leggetegliele, non perdete mai occasione di far sentire loro quanto sanno ragionare, perché il pensiero, la capacità di riflettere su tutto è il segreto che fa crescere.

Non abbiate paura di far indagare le bambine e i bambini sulla lingua madre, sulle sue strutture, non importano gli esercizi snervanti, ma la riflessione non va abbandonata; stessa cosa in matematica, scienze, storia, geografia…non bamboleggiamo soltanto…

Non tenete le bambine e i bambini come fossero a casa loro. Anzi, fateli lavorare in modo che essi abbiano sempre la sensazione che possono cambiare il mondo in meglio e insieme, che le loro scoperte sono uniche e fondamentali senza essere per sempre, ma fanno parte della storia dell’uomo che apprende, che cresce, che soffre e gioisce quando sa di servire, di esistere attraverso il suo pensare, il suo arrovellarsi per non morire dentro.

Fate che i vostri bambini una volta a casa siano essi i testimoni del lavorio mentale, manuale, emotivo che hanno sostenuto a scuola.

Fate che essi siano gioia e tormento intellettuale per le loro famiglie spesso stanche di lottare.

Fate che non diano importanza alle cose se non come strumenti per sperimentare ciò che hanno escogitato, pensato, intuito…fatelo attraverso l’esempio vostro, della vostra storia, ma anche attraverso i libri scelti ad hoc.

Usate le poesie come arma per capire l’interiorità degli altri e di conseguenza riconoscere che la propria è sì diversa, ma anche profondamente uguale nel desiderio di riconoscimento, di amore, di comprensione, di stima, di fiducia.

Non fate prediche, parlate meno, agite, lasciate esplodere i conflitti senza scandalizzarvi, e poi aiutate a gestirli senza giudizi sommari.

Usate tutto ciò che è in vostro professionale e culturale possesso affinché adulti e bambini capiscano che il mondo ha bisogno di squadra, di collaborazione, di estrema capacità di ascolto senza personalismi.

Valorizzate il corpo e la mente, la voce, il suono, la gestualità, la parola scritta e orale, fate che ogni bambino ami se stesso e gli altri con simpatia e con senso dell’umorismo nelle difficoltà di percorso e nel gioco.

Entrate in classe, in quella classe che è numerosa e lo sarà ancora per molto, poi fermatevi a guardare gli occhi dei bambini e delle bambine: essi vi guardano, statene certi e vorrebbero che i vostri si posassero su ognuno di loro. Fate capire che voi sapete ciò che essi vorrebbero e chiedete, "perdendo" un po’ di tempo, come è andata la notte o la mattina. Ogni giorno sgorgheranno problemi: tempo prezioso per poter rivedere la vostra programmazione e dalle loro storie ripartire verso la comprensione della realtà complessa e multiforme.

Non troncate mai un discorso, prendetevi tutto il tempo, potreste scoprire cose molto interessanti e sconosciute su cui lavorare in ogni ambito unificando ciò che è diviso.

Non dimenticate mai che coloro i quali avete di fronte sono bambini e come tali vogliono la vostra guida. Voi siete il più importante punto di riferimento umano e culturale dopo i genitori e a volte anche prima, purtroppo. Le vostre bambine e i vostri bambini diventeranno il centro se ognuno di voi e dei loro genitori si sentirà il centro amato dalla società, se la politica e i politici vi vedranno come anima del futuro.

7 aprile 2007

Claudia Fanti


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