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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 
Schema di Decreto Legislativo concernente la definizione delle norme generali relative alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo dell’istruzione, ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53
 
SINTESI e NOTE comma per comma

a cura di Mariella Spinosi

Proponiamo alcune considerazioni sulla bozza del primo decreto legislativo riguardante le norme generali per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo dell’istruzione.

L’approvazione di tale decreto costituisce la condizione per l’avvio della riforma nella scuola dell’infanzia e nei primi due anni della scuola primaria, ai sensi della legge delega n. 53 del 28 marzo 2003. 

L’iter procedurale prevede l’approvazione da parte del consiglio dei Ministri, prima che sia sottoposto al parere obbligatorio (ma non vincolante) della Conferenza unificata Stato-Regioni e delle competenti commissioni parlamentari della Camera e Senato.

Quindi, se lo schema verrà presentato ed approvato nel prossimo consiglio del 23 maggio, possiamo ipotizzare la sua pubblicazione nella gazzetta ufficiale (nella migliore delle ipotesi) intorno alla fine di agosto.

Ma potrebbero esserci “inciampi” procedurali di vario tipo. In tal caso il decreto potrebbe entrare in vigore a scuola iniziata, con enormi difficoltà sul piano giuridico, ma soprattutto su quello pedagogico ed organizzativo.

Il rischio di possibili rinvii sembra ragionevole considerando non solo le cautele del ministro Tremonti, ma anche la nota opposizione interna dei centristi dell’UDC, che paventano il rischio di un modello “stellare” di utilizzo degli insegnanti. In tal senso sembra che da questa compagine politica provengano alcune proposte di modifiche, che ci limitiamo a segnalare con cautela (e non a commentare), non rivestendo esse alcun carattere ufficiale:

-          ripristino della contitolarità della classe;

-          limitazione a 18 ore del docente con funzioni tutorali (anziché 18-21);

-          assegnazione al collegio dei docenti della scelta dell’insegnante tutor.

 

Se i tempi per l’approvazione del decreto non saranno compatibili con l’avvio generalizzato della riforma, si pensa già di poter ricorrere, come seconda chance, alla sperimentazione, ai sensi dell’artico 11 del DPR 275/1999. In questo caso il CNPI dovrà esprimere un parere obbligatorio (ma non vincolante) e le scuole dovranno decidere autonomamente la propria adesione.  

 

 


Capo I - Scuola dell’infanzia

 

Articolo 1: Finalità della scuola dell’infanzia

 

Comma 1

Durata triennale

Educazione e sviluppo affettivo, psicomotorio, cognitivo, morale, religioso, sociale…

Responsabilità dei genitori

Continuità educativa con i servizi dell’infanzia e con la scuola primaria

Si riconferma la triennalità del percorso formativo, ma resta il dubbio sulla sua significatività visto che tale percorso non viene considerato nel profilo di uscita dopo il primo ciclo d’istruzione (si parla infatti di 6-14 anni anziché 3-14).

Comma 2

Generalizzazione dell’offerta formativa e possibilità di frequenza

Viene rinviata a successivi decreti interministeriali (v. comma 2, art. 12)

 

 

Articolo 2: Accesso alla scuola dell’infanzia

Comma 1

Possibilità di iscrizione a 2 anni e quattro mesi

Tale possibilità viene limitata di fatto da una serie di condizioni (v. comma 1, art. 12)

 

 

Articolo 3: Attività educative

Comma 1

Orario annuale delle attività educative: dalle 875 alle 1700 ore, comprensive della quota riservata alle regioni, alle istituzioni autonome, insegnamento della religione cattolica (tenuto conto delle richieste delle famiglie).

Riportando l’orario annuale al tempo scuola settimanale ci troviamo di fronte ad un minimo di 25-26 ad un massimo di 48-50 ore (in relazione alle 33 o 35 settimane di funzionamento). Ma un orario comunque così diluito permetterà ancora di utilizzare momenti di compresenza, per qualificare maggiormente gli interventi dei docenti, o andrà a penalizzarli?  C’è il rischio concreto di non disporre delle risorse professionali necessarie per “coprire” gli orari prolungati.

Nulla si dice circa la determinazione degli organici, né – come per la scuola primaria e per la scuola secondaria di primo grado – quale quota potrebbe essere riservata alla Regione, alle scuole autonome e quale invece dovrebbe essere garantita a livello nazionale.

Comma 2

Personalizzazione delle attività educative

Relazione con le famiglie.

Coordinamento didattico e raccordo in continuità con i servizi per l’infanzia e con la scuola primaria

Viene sottolineato l’obiettivo della personalizzazione delle attività educative e il ruolo delle famiglie, ma ignorato il concetto di “cultura del gruppo”, “cultura della sezione”, “cultura della scuola”.

Comma 3

Documentazione del processo educativo

Interessante appare il richiamo alla documentazione del processo educativo che rappresenta già una delle caratteristiche dell’attuale scuola materna.

 

 

Capo II - Primo ciclo di istruzione

 

Articolo 4: Articolazione del ciclo e periodi

Comma 1

Durata di 8 anni: scuola primaria + scuola secondaria di primo grado.

Si realizza il diritto-dovere all’istruzione e formazione

Il primo ciclo d’istruzione, indicato nella sua durata complessiva, sembra voglia segnalare la compattezza e l’unitarietà del percorso formativo. Tale idea è supportata anche dall’abolizione dell’esame di licenza che concludeva la scuola  elementare.

 

Il richiamo al diritto-dovere conferma la scomparsa di obbligo scolastico. Quindi anche per il primo ciclo primario si dovrà parlare di obbligo formativo?

Comma 2

Scuola primaria: 5 anni

Periodi didattici (1+2+2)

Raccordo con la scuola dell’infanzia e strumentalità di base (primo anno)

Questo tipo di articolazione in periodi didattici può favorire sicuramente il rapporto con la scuola dell’infanzia, ma sanziona ulteriormente la separatezza interna al primo ciclo (tra scuola primaria e scuola secondaria di primo grado)

Comma 3

Scuola secondaria di primo grado: tre anni (2+1)

L’articolazione 2+1 può favorire il rapporto con il secondo ciclo d’istruzione, ma non incoraggia la continuità con la scuola primaria; apre comunque interrogativi sul significato del “monoennio” finale.

Comma 4

Valutazione al termine del secondo periodo didattico biennale

Il richiamo alla valutazione interna (alla fine del secondo periodo didattico) fa pensare alla conclusione di un percorso e conseguentemente rafforza  l’identità differenziata dei due segmenti di scuola.

Comma 5

Esame di stato a conclusione del primo ciclo d’istruzione

Resta il valore legale del titolo di studio

 

 

 

Capo III – La scuola primaria

 

Articolo 5: Finalità

Comma 1

Sviluppo della personalità

Conoscenze ed abilità di base

Capacità relazionali e di orientamento

Educazione alla convivenza civile

Si rileva l’assenza del richiamo ai principi costituzionali.

Restano ostiche alcune espressioni come “fare apprendere i mezzi espressivi”.

 

Articolo 6: Iscrizioni

Comma 1

Obbligo (31 agosto)

Sono obbligati solo coloro che compiono i sei anni entro il 31 agosto. Quindi non i nati dal primo settembre al 31 dicembre.

Ma si può ancora parlare di obbligo quando il concetto è stato modificato con quello di diritto-dovere all’istruzione e alla formazione? Cosa succede se non si fruisce del diritto? Il mancato dovere come viene sanzionato?  

Comma 2

Possibilità (30 aprile)

I nati dal 1 settembre al 30 aprile hanno la possibilità di iscriversi al primo anno. Si tratta di un diritto soggettivo? Ma se vengono a mancare le condizioni (organici, strutture, servizi…) tale diritto non può essere esercitato. Un problema, quindi, di ordine giuridico e di ordine pratico.

 

Dal punto di vista della composizione della classe, una prima elementare potrebbe essere composta da alunni di 5 anni e 4 mesi e di alunni di 6 anni e 12 mesi (quindi una escursione di 20 mesi).

 
 
Articolo 7: Attività educative e didattiche

Comma 1

Orario annuale delle attività per garantire l’esercizio del diritto-dovere all’istruzione e formazione: 891 ore, comprensive della quota riservata alle regioni, alle istituzioni autonome, insegnamento della religione cattolica.

Tale monte ore annuale corrisponde a 27 ore settimanali. Non sono state definite le quote regionali e le quote riservate alle istituzioni autonome. Mentre per la religione cattolica permangono le due ore settimanali, così come previste dagli accordi vigenti

Comma 2

Altre 99 ore facoltative ed opzionali per gli allievi per la personalizzazione dei piani di studio (tenendo conto delle prevalenti richieste delle famiglie)

Le ulteriori 99 ore annuali corrispondono a 3 ore settimanali, che sono facoltative ed opzionali.

Quindi, la scuola deve mettere a disposizione una serie di opportunità, ma sono le famiglie che sceglieranno. Esse potrebbero optare solo per una parte delle ore messe a disposizione o addirittura limitarsi alle 27 ore delle attività garantite.

E queste saranno sufficienti per assicurare il raggiungimento degli obiettivi specifici di apprendimento, ma soprattutto delle competenze delineate nel profilo dello studente a 14 anni?

Così come è formulato il comma, inoltre, sembrerebbe che la personalizzazione del piano di studi si possa concretizzare solo nella quota facoltativa. Ciò naturalmente metterebbe in discussione uno dei cosiddetti “punti di forza” di tutta la riforma.

Comma 3

Tempo mensa al di fuori di tale orario

 

Si pone drammaticamente il problema per il tempo pieno. Innanzitutto perché gli Enti locali, tendenzialmente, non sono nelle condizioni di fornire servizi e figure professionali adeguate per la mensa e il dopo mensa, ma anche perché viene a modificarsi totalmente il significato di “tempo pieno” così come fino ad oggi è stato realizzato nella nostra realtà scolastica.

Molte preoccupazione per tutti, specialmente laddove la percentuale di tale modello di scuola raggiunge cifre molto alte (50%, cfr. Emilia Romagna, Piemonte, Lombardia dove, solo nella provincia di Milano, raggiunge la percentuale dell’82%).

Comma 4

Organico d’istituto predisposto sulla base delle 891 ore o anche delle 99 ore aggiuntive.

Possibilità di stipulare contratti di prestazione d’opera con esperti (con le risorse di bilancio)

Qui si tratta di capire quali sono i parametri esatti di riferimento per la determinazione degli organici e se tali parametri consentono ancora di poter fruire di tempi per l’organizzazione di gruppi, per il coordinamento didattico, per la predisposizione di laboratori con un numero limitato di alunni.

Ne consegue che, mancando nel decreto legislativo ogni riferimento a tali paramenti, e non essendo gli organici materia di contrattazione sindacale, le politiche reali della scuola vengono, di fatto, realizzate al di fuori della scuola stessa (finanziaria, collegati e decreti conseguenti).

Comma 5

Organizzazione  delle attività educative e didattiche da parte dei docenti che deve garantire la personalizzazione dei Piani di studio.

Funzioni del docente tutor (in possesso di specifica formazione):

-          orientamento

-          tutorato degli allievi

-          coordinamento delle attività educative

-          cura delle relazioni con le famiglie

-          cura della documentazione

Resta aperto il problema di una corretta interpretazione del concetto di “personalizzazione”: una diversificazione istituzionalizzata degli esiti formativi, oppure una diversa attenzione alle metodologie e alle strategie didattiche?

 

Cosa si intende per formazione specifica per il docente tutor? Corsi universitari in strutture di Ateneo (come prevede la legge 53/2003), corsi di formazione mirati, o solo utilizzo di pacchetti formativi on line?

 

L’attribuzione al docente tutor di molteplici funzioni desta molte preoccupazioni tra i docenti. Essi si interrogano sulle possibilità reali di ricoprire adeguatamente ruoli così differenti e indirizzati a soggetti diversi (alunni, colleghi e famiglie). Perché tanti compiti ad un solo docente? Perché non condividere tra gli altri docenti dell’équipe la funzione di guida, di cura, di orientamento del bambino? Perché non assegnare le funzioni tutoriali a tutti gli insegnanti della classe, magari  con affidamento diretto di gruppi di alunni?

Comma 6

Prestazione in presenza del tutor:

-            per i primi tre anni

-            18-21 ore settimanali

 

L’assegnazione di un monte ore rigidamente determinato al docente tutor, per prestazioni in presenza, crea sicuramente perplessità rispetto all’autonomia organizzativa delle scuole (art. 5 DPR 275/1999, in particolar modo v. comma 4). Una  scuola autonoma effettivamente dovrebbe decidere diverse tipologie di prestazioni dei docenti, magari differenziate anche nei primi tre anni.

Comma 7

Assegnazione dei docenti alle classi a cura del dirigente sulla base:

-            della continuità

-            del migliore utilizzo delle competenze e delle esperienze professionali

È il dirigente scolastico (come anche in passato) ad assegnare i docenti alle classi (anche se qui non è specificato). Ma, data la distanza professionale che si viene a determinarsi tra le funzioni degli insegnanti tutor e degli insegnanti di laboratorio, tale compito risulterà sicuramente più delicato e problematico.

 

Nulla si dice in questo decreto dei docenti di laboratorio. Resta il pericolo che alla fine essi vengono considerati solo figure residuali.

Dovendo ogni scuola, infatti, collocare la maggior parte dei laboratori nelle ore di attività educative a carattere facoltativo, gli insegnanti di laboratorio potrebbero essere assoggettati prevalentemente alla domanda del mercato (e assimilabili, per questo, ad esperti a contratto di prestazione d’opera, come prevede il precedente comma 4).

Comma 8

Modalità di svolgimento dell’orario delle attività a cura delle istituzioni scolastiche sulla base:

-  delle scelte delle famiglie

-  delle disponibilità strutturali

-  dei servizi funzionanti

Mentre viene qui ribadita l’autonomia organizzativa da parte delle scuole, si evidenziano ancora una volta i vincoli entro i quali realizzarla.

 

 

Articolo 8: Attività educative e didattiche

Comma 1

Valutazione periodica, annuale e dei periodi didattici:

-          degli apprendimenti

-          del comportamento degli alunni

Certificazione delle competenze acquisite

Ritorna il voto di comportamento nella valutazione dell’alunno. Si tratta di capire come incideranno gli aspetti legati alle competenze sociali e relazionali rispetto a quelle di tipo cognitivo

 

Non viene previsto, per la scuola primaria, un minimo di giorni di frequenza per la validità dell’anno scolastico, come invece per la scuola secondaria di primo grado.

Comma 2

Non ammissione dell’alunno alla classe successiva solo se la decisione è assunta all’unanimità, in casi eccezionali e per motivazione comprovata

La legge 53/2003 (lettera a) comma 1, art. 3) prevede solo una valutazione dei periodi didattici ai fini del passaggio al periodo successivo, ma non all’interno del periodo stesso. Qui, anche a seguito delle molteplici sollecitazioni della stessa maggioranza, espresse con alcuni ordini del giorno, si ripristina, seppure con alcune limitazioni (unanimità ed eccezionalità), la valutazione annuale.

 

Non è chiaro se la valutazione dei periodi didattici, ai fini del passaggio al periodo successivo, avviene collegialmente,  per sommatoria di specifiche valutazioni individuali o se è il coordinatore-tutor ad avere maggiore voce in capitolo sulle decisioni in merito, vista la specificità della sua stessa funzione.

Comma 3

Permanenza dei docenti nella sede di titolarità almeno per il tempo corrispondente al periodo didattico

Appare un segnale importante quello di garantire una forma di continuità didattica attraverso la figura del docente. Il riferimento però è solo per gli insegnanti titolari e non per i non titolari.

 

Viene a determinarsi comunque una diversità di vincoli in relazione al periodo didattico in cui si è collocati (l’obbligo di permanenza non esisterebbe per il periodo corrispondente ad una sola annualità).

Comma 4

Esame di idoneità per l’ammissione alle classi seconda, terza, quarta e quinta per gli alunni che compiono gli anni entro il 30 aprile dell’anno di riferimento.

Prove suppletive per i candidati assenti

I limiti di età per poter sostenere gli esami di idoneità sono quelli fissati dalla legge di Riforma. Si apre anche la strada a possibili salti di classe e ad accelerazioni di percorsi?

 

 

 

Capo IV - Scuola secondaria di primo grado

 

Articolo 9: Finalità della scuola secondaria di primo grado

Comma 1

Capacità autonome di studio

Interazione sociale

Alfabetizzazione e approfondimento delle tecnologie informatiche

Cura della dimensione sistemica delle discipline

Studio di una seconda lingua

Capacità di scelta e di orientamento

Tecnologie informatiche e seconda lingua dell’unione europea costituiscono gli aspetti più innovativi del corso di studio della scuola secondaria di primo grado.

 

Anche qui è assente ogni richiamo ai valori costituzionali.

 

 

Articolo 10: Attività educative e didattiche

Comma 1

Orario annuale delle attività per garantire l’esercizio del diritto-dovere all’istruzione e formazione: 891 ore, comprensive della quota riservata alle regioni, alle istituzioni autonome, insegnamento della religione cattolica.

Vengono garantite, come per la scuola primaria 27 ore settimanali omnicomprensive. Un numero inferiore rispetto al monte ore attuale. Le discipline previste (v. Indicazioni nazionali) sono invece in numero maggiore rispetto alle attuali.

Comma 2

Altre 198 ore facoltative ed opzionali per gli allievi per la personalizzazione dei piani di studio (tenendo conto delle prevalenti richieste delle famiglie)

Le  ore facoltative e opzionali sono il doppio rispetto a quelle della scuola primaria (6 anziché 3). Ma il modello del tempo prolungato potrebbe lo stesso essere messo in crisi, non tanto per il minor numero di ore quanto per la facoltatività delle scelte. Come ha rilevato l’ANCI, in un recente commento alle Indicazioni nazionali, tale orario evidenzia “l’idea individuale del servizio e non un progetto per una propria comunità”. La scuola diventa “un luogo dove si può fare e disfare secondo necessità più dei genitori che dei bambini”.

 

Permane anche qui il dubbio, considerando la formulazione del comma, che la personalizzazione del piano di studi si concretizzi solo nella quota facoltativa. Cosa fare, quindi, nei confronti degli studenti che scelgono di limitarsi al minimo e che magari sono quelli che avrebbero maggior bisogno di azioni di supporto e di integrazione?

Comma 3

Tempo mensa al di fuori di tale orario

Valgono le stesse considerazioni per la scuola primaria (v. comma 3, art. 7).

Comma 4

Organico d’istituto predisposto sulla base delle 891 ore o anche delle 198 ore aggiuntive.

Possibilità di stipulare contratti di prestazione d’opera con esperti (con le risorse di bilancio)

Ritornano le preoccupazioni espresse per la scuola primaria (v. comma 4, art. 7), dal momento che non sono esplicitati i parametri esatti di riferimento, che sicuramente, oltre il numero delle ore di attività generali, dovrebbero prendere in considerazione anche il rapporto numero insegnanti/numero allievi, numero ore di insegnamento per ogni singola disciplina, eventuale attività di coordinamento, tipologie di offerta formativa… Sarebbe stato molto importante la contestuale definizione ed esplicitazione degli standard di funzionamento.

Ci saranno, quindi, le condizioni per la rideterminazione di nuovi organici funzionali? Diversamente si rischia una scuola del tutto in contrasto con le innumerevoli funzioni assegnate al docente tutor (vedi anche comma successivo).

Comma 5

Organizzazione  delle attività educative e didattiche da parte dei docenti che deve garantire la personalizzazione dei Piani di studio.

Funzioni del docente tutor (in possesso di specifica formazione):

-          orientamento

-          tutorato degli alunni

-          coordinamento delle attività educative e didattiche

-          cura delle relazioni con le famiglie

-  cura della documentazione

Contrariamente a quanto avviene per la scuola primaria, qui non è specificato il tempo assegnato all’insegnante con funzioni tutoriali. Ciò, se per un verso viene interpretato come un riconoscimento delle responsabilità organizzative delle istituzioni autonome (e allora perché non si riconoscono queste stesse anche alla scuola primaria?), per un altro fa immaginare un modello organizzativo molto simile all’esistente, in cui le funzioni tutoriali e di coordinamento vengono assunte tendenzialmente dal docente di lettere che assicura una maggiore prestazione in presenza.

 

 

Articolo 11: Valutazione, scrutini ed esami

Comma 1

Validità dell’anno: frequenza di almeno tre quarti dell’orario annuale personalizzato

Con questa precisazione, sembra ritornare un maggiore rigore nel ruolo sociale della scuola. Per motivi eccezionali si possono, però, stabilire particolari deroghe (per malattia?).

Ma il ragazzo, non malato, che fa molte assenze è nella maggior parte dei casi un “ragazzo a rischio”.

La non validità dell’anno ai fini della valutazione potrebbe costituire un’arma ulteriore per la selezione, una strada alternativa alla bocciatura.

Comma 2

Valutazione periodica e annuale:

-          degli apprendimenti

-          del comportamento degli allievi

Certificazione delle competenze acquisite

Interventi educativi e didattici sulla base della valutazione periodica

Ritornano le considerazioni espresse per la scuola primaria complicate dalla maggiore età dei ragazzi. Si giustifica in tal modo la bocciatura di un ragazzo per comportamenti sociali non adeguati e non per i livelli di apprendimento conseguiti.

 

Resta ancora tutto da indagare la questione della valutazione delle competenze essendo esse non soggette a livelli standardizzati e quindi confrontabili.

 

Apprezzabile la sottolineatura che il recupero va organizzato sulla base degli esiti della valutazione periodica (ce n’era bisogno? Forse sì).

Comma 3

Valutazione biennale per il passaggio al terzo anno (obiettivi e comportamento)

 

 

 

 

 

Possibile non ammissione all’interno del periodo didattico.

La valutazione alla fine del primo biennio sembra voglia segmentare ulteriormente la progressività/continuità del processo di apprendimento, proiettando l’ultimo anno verso un ruolo prevalentemente orientativo (con il rischio di comprimerne il significato).

 

Mentre per la scuola primaria la decisione di non ammissione all’interno del periodo biennale è assunta all’unanimità, in casi eccezionali e per motivazione comprovata, qui ci si limita ad una semplice motivazione espressa dal solo docente della disciplina di riferimento. Viene a mancare, quindi, la deliberazione a livello di consiglio di classe (abolito  e sostituito dall’équipe degli insegnanti?).

Comma 4

Esame di stato

Resta il valore legale del titolo di studio

Comma 5

Esame di idoneità alla seconda e terza classe

Vedi comma 4, art. 8.

Comma 6

Privatisti agli esami di stato

L’età di riferimento dei privatisti per poter sostenere gli esami di Stato è collegata con quella di ammissione alla prima classe (30 aprile).

Comma 7

Permanenza dei docenti nella sede di titolarità almeno per il tempo corrispondente al periodo didattico

Vedi comma 3, art. 8.

 

 

 

Capo V – Norme finali e transitorie

 

Articolo 12: scuola dell’infanzia

Comma 1

Iscrizione in forma sperimentale dei bambini che compiono i tre anni entro il 28 febbraio 2004, compatibilmente con:

-          la disponibilità dei posti

-          la recettività delle strutture

-          la funzionalità dei servizi

-          la presenza di risorse finanziarie dei comuni

Anticipazione graduale negli anni successivi.

Anticipazioni modulate da un successivo DM, nel rispetto del limite di spesa

L’iscrizione alla scuola dell’infanzia dei bambini di due anni e mezzo è subordinata ad una serie di pesanti vincoli. La situazione reale del Paese è piuttosto critica (mancata generalizzazione dell’offerta, liste di attesa, strutture non sempre adeguate…) per poter dare a tutti la possibilità di un ingresso anticipato.

Gli Enti locali non sono sempre nelle condizioni di poter investire in maniera adeguata e le risorse a livello nazionale sono condizionate dagli impegni della Finanziaria.

È prevalso per questo un orientamento soft: gradualità e sperimentalità dell’anticipo.

Comma 2

Generalizzazione dell’offerta formativa e possibilità di frequenza (comma 2, art. 1) regolata da un successivo decreto interministeriale

Anche la generalizzazione dell’offerta richiede investimenti importanti. Ci saranno ulteriori interventi legislativi una volta accertate le disponibilità delle risorse.

Comma 3

Adozione in via transitoria delle Indicazioni Nazionali.

Futura emanazione di un nuovo Regolamento ai sensi dell’art. 8 del DPR 275/1999

L’articolo 8 del DPR 275/1999 definisce:

-        gli obiettivi generali del processo formativo

-        gli obiettivi specifici di apprendimento

-        le discipline e le attività concernenti la quota nazionale dei curricoli e il relativo monte ore

-        l’orario obbligatorio annuale complessivo dei curricoli (con quota obbligatoria nazionale e quota riservata alle istituzioni)

-        i limiti di flessibilità temporali per le compensazioni tra discipline e attività della quota nazionale

-        gli standard relativi alla qualità del servizio

-        criteri generali relativi all’ ed. adulti.

Dal momento che le  procedure per la definizione del regolamento (art. 17, commi 3 e 4 della legge n. 400 del 1988)[1] prevedono tempi piuttosto lunghi, si ricorre all’adozione in via transitoria delle “Indicazioni nazionali” già utilizzate dalle 251 scuole che hanno avviato la sperimentazione (v. anche comma 3 art. 13 e comma 2 art. 14).

 

 

Articolo 13: Scuola primaria

Comma 1

Iscrizione dei bambini che compiono i tre anni entro il 28 febbraio 2004.

Ulteriore Anticipazione negli anni successivi (30 aprile)

Già la recente circolare sulla riapertura delle iscrizioni aveva definito le condizioni per l’ammissione degli alunni anticipatari. Sembra che il fenomeno sia stato molto contenuto collocandosi intorno al 29% dei potenziali interessati. Da informazioni non ufficiali le percentuali più basse (11-13%) risultano  nel Veneto e in Emilia Romagna, quelle più alte (60%) in Campania.

Il fenomeno appare molto interessante. Probabilmente il futuro dell’anticipo dipenderà anche dai trend sociali e dalla cultura locale.

Comma 2

2003-2004: avvio della riforma per la prima e seconda classe della scuola primaria

2004-2005: le rimanenti tre classi

Nell’arco di due anni la riforma va a regime per tutta la scuola primaria. È una accelerazione che sicuramente comporterà impegni e costi aggiuntivi. Ci si domanda se due anni saranno sufficienti a far condividere alcune trasformazioni che oggi appaiono ancora molto lontane dalle storie professionali dei docenti e dalle esperienze più significative della scuola italiana.

Comma 3

Adozione in via transitoria delle Indicazioni Nazionali.

Riferimento al profilo educativo

Futura emanazione di un nuovo Regolamento ai sensi dell’art. 8 del DPR 275/99

L’adozione in via sperimentale di Indicazioni nazionali, che non sono state elaborate attraverso procedure di condivisione della scuola, provoca un certo disagio in chi crede ancora nei processi di innovazione che provengono dal basso (botton up) piuttosto che nelle riforme solo calate dall’alto (top down). Questo documento (come pure quelli relativi alla scuola dell’infanzia e alla scuola secondaria di primo grado) è stato elaborato in sedi molto ristrette e sottratto ai pareri delle comunità scientifiche e del mondo della scuola.

Ma l’adozione in via provvisoria fa sperare alla riapertura di un dibattito che possa portare ad una nuova ridefinizione, magari con maggiori garanzie dal punto di vista culturale e sociale, proprio perché la formazione dei giovani richiede un progetto educativo la cui elaborazione non può rimanere privilegio assegnato solo a pochi soggetti (v. anche comma 3 art. 12 e comma 2 art. 14).

 

 

Articolo 14: Scuola secondaria di primo grado

Comma 1

2004-2005: avvio della riforma per la prima classe del biennio.

2005-2006: avvio della riforma per la seconda classe del biennio.

2006-2007: avvio della riforma per la classe di completamento del ciclo

L’avvio della riforma nella scuola secondaria di primo grado appare molto più lenta e graduale  (tre classi, tre anni) rispetto alla scuola primaria. Ciò permette una maggiore formazione e informazione e costituisce una garanzia di maggiore tenuta.

Comma 2

Adozione in via transitoria delle Indicazioni Nazionali.

Riferimento al profilo educativo (all. D)

Futura emanazione di un nuovo Regolamento ai sensi dell’art. 8 del DPR 275/99

Non si capisce per quali motivi si escluda la scuola dell’infanzia dai processi che portano alla delineazione del profilo del quattordicenne Si parla infatti del percorso relativo al primo ciclo d’istruzione (6-14 anni) invece che 3-14 anni (v. anche comma 3 art. 12 e comma 2 art. 13).

 

 

Articolo 15: Norme finanziarie

Comma 1

Oneri per le iscrizioni anticipate

 

Tale decreto sembra non richiedere oneri aggiuntivi. Diversamente avrebbe bisogno di una apposita norma preventiva di finanziamento (comma 8, art. 7 della legge 53/2003). Una riforma, quindi, senza investimenti.

 

 

Articolo 16: Norme finali e abrogazioni

Comma 1

Sostituzione dei termini scuola materna, elementare e media.

 

Il termine scuola dell’infanzia, al posto di scuola materna, fa parte oramai di una cultura diffusa e condivisa. La dizione “scuola elementare” viene sostituita con “scuola primaria”, che sembra sancire la diversità con scuola secondaria di primo grado (il cui termine esisteva già e costituiva la locuzione formale – e “nobile” – di scuola media).

Comma 2

Abrogazione progressiva di alcune disposizioni del D.Lvo 297/1994

 

Bisognerebbe raccordare queste abrogazioni con quelle previste dall’art. 17 del DPR 275/1999, attraverso un nuovo testo unico, ad evitare molte confusioni.

Comma 3

Altre abrogazione di alcune disposizioni del D.Lvo 297/1994

 

v. sopra

Comma 4

Modificazioni di altre disposizioni del D.Lvo 297/1994
 

v. sopra

Comma 5

Entrata in vigore del decreto

Bisogna attendere la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale perché questo decreto legislativo entri in vigore. Vediamo quali possono essere i tempi.

“Lo schema di decreto, una volta approvato dal Consiglio dei  Ministri, deve essere sottoposto al  parere,  obbligatorio  ma  non  vincolante, della Conferenza unificata Stato-Regioni e delle Commissioni di Camera e Senato. Per il parere di queste ultime è previsto un  tempo  di  60 giorni, mentre per quello della Conferenza i termini oscillano  tra  i 30 e i 45 giorni (che potrebbero essere contestuali a quelli richiesti alle Commissioni parlamentari).

Il    ministro,   ricevuti  e  valutati  i  pareri  delle  Commissioni parlamentari, potrebbe formalizzare il testo definitivo  e  sottoporlo all'approvazione del Consiglio dei ministri.

Il  decreto,  una  volta  approvato,  verrebbe  quindi  pubblicato  in Gazzetta ufficiale (cfr. News Tuttoscuola  n. 103, del 12 maggio 2003).

 

Quindi, se il decreto verrà approvato dal Consiglio dei Ministri il prossimo 23 maggio, possiamo ipotizzare la pubblicazione nella gazzetta ufficiale, nella migliore delle ipotesi,  intorno alla fine di agosto. Se poi ci saranno alcuni inciampi procedurali o se il parere della  Conferenza  unificata Stato-Regione dovesse essere necessariamente espresso prima dell'esame alle  Camere, si dovranno calcolare ulteriori giorni e quindi la pubblicazione sulla gazzetta ufficiale avverrebbe, invece,  a scuola iniziata.

 

 

18 maggio, 2003



[1] Art. 17. legge n. 400 del 1988:

comma 3. Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del Ministro o di autorità sottordinate al Ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più Ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessita’ di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione.

comma 4. I regolamenti di cui al comma primo ed i regolamenti ministeriali ed interministeriali, che devono recare la denominazione di "regolamento", sono adottati previo parere del Consiglio di Stato, sottoposti al visto ed alla registrazione della Corte dei conti e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale.


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