QUALE PARITA' DA QUESTA FINANZIARIA

INCONTRO ORGANIZZATO DA

IL GRUPPO CONSILIARE CRISTIANI DEMOCRATICI UNITI

IN COLLABORAZIONE CON IL

COORDINAMENTO PER LA LIBERTÀ DELLA SCUOLA

 

PRESIEDE

COSMA GRAVINA

CAPO GRUPPO CDU

 

MODERATORE

ROBERTO PASOLINI

SEGRETARIO GENERALE DEL

COMITATO POLITICO SCOLASTICO NON STATALE

 

INTERVENGONO

ON. VALENTINA APREA (FI)

ON. GIOVANNI MANZINI (PPI)

ON. MARIOLINA MOIOLI (CDU)

ON. ANGELA NAPOLI (AN)

ON. BARBARA POLLASTRINI (PDS)

 


 

 

COMUNICATO STAMPA

 

DOMENICA A MILANO INCONTRO SULLA PARITÀ SCOLASTICA

 

Milano – "Quale parità da questa finanziaria?" è il tema dell’incontro, organizzato in collaborazione con il Coordinamento per la libertà della scuola, che si terrà a Milano domenica 30 novembre alle ore 10.00 presso la Sala Consiliare della Provincia C.so Monforte 35

"Un dibattito a più voci per confrontarsi di là dagli schieramenti politici sui finanziamenti alla scuola non statale" ha affermato il Capo Gruppo CDU alla Provincia di Milano Cosma Gravina che presiederà la tavola rotonda alla quale parteciperanno il Presidente della Provincia Livio Tamberi e gli onorevoli: Valentina Aprea (FI), Giovanni Manzini (PPI), Mariolina Moioli (CDU), Angela Napoli (AN) e Barbara Pollastrini (PDS).

Moderatore sarà Roberto Pasolini, segretario generale del "Comitato Politico Scolastico non Statale". A quest’iniziativa hanno dato la loro adesione AgeSC, ANINSEI, CDO, Comitato Politico Scolastico non Statale, Federazione Liberale, FIDAE, FAES, SIDEF, Europa 2000, Oltre il Polo, Popolo e Libertà.

"Le polemiche e le manifestazioni delle ultime settimane – ha detto Gravina – in ordine all’aumento di 110 miliardi (in totale 350) per le scuole non statali, oltre ad essere strumentali e ideologiche, rischiano di sfiorare il ridicolo se si pensa che il bilancio per la scuola pubblica è di circa 60.000 miliardi. Per la sola messa a norma di 114 istituti Superiori Statali, l’Amministrazione Provinciale dovrà spendere 122 miliardi. Che cosa accadrebbe se i 140 istituti Superiori non statali della provincia di Milano decidessero di chiudere? Come potrebbe lo Stato finanziare i vari interventi? Bisogna superare le varie preclusioni ideologiche ed operare per una vera autonomia scolastica"

Cosma Gravina ha concluso citando una frase di Don Luigi Sturzo che sull’autonomia ai singoli istituti, all’inizio degli anni ’50, diceva: "Una scuola veramente libera è una scuola che, statale o non, ha una propria personalità e una propria consistenza finanziaria"

 

Per informazioni: Segreteria Gruppo Provinciale CDU Tel 7740.2780 o 7740.284

 

 

 

 

Prospetto generale di spesa settore Scuola
1990/2000

Anno

Spesa

Scuole Pubbliche

(in miliardi)

Spesa

per Alunno

(in milioni)

Spesa

rispetto al PIL

(%)

Spesa

Scuole Private

(in miliardi)

1990

70.531

8,440

3,94

122,930

1993

67.822

8,670

3,73

 

1994

64.060

8,272

3,49

 

1995

61.252

7,956

3,33

 

1996

59.732

7,815

3,11

153,433

1997

59.594

7,857

3,04

236,584

1998

57.612 (*)

 

 

346,584 (*)

1999

54.205 (*)

 

 

 

2000

53.228 (*)

 

 

 

(*) Proiezioni presuntive Finanziaria '97 e '98

 

 

Il 4 novembre la commissione Bilancio del Senato delibera un emendamento alla Finanziaria che introduce risorse aggiuntive per 110 miliardi (oltre ai 230 già previsti) da destinare alla scuola privata, così ripartiti:

 

 

Sempre il 4 novembre, in una conferenza stampa congiunta, è stato presentato l'appello "libera scuola in libero Stato'' firmato da oltre cento tra parlamentari (della maggioranza e dell'opposizione) e docenti che propongono il "buono scuola'' per le private.

(fonte sito Internet "Educazione & Scuola by Dario Cillo – novembre 1997)

 

 


 

REDAZIONE DEGLI ATTI DEL CONVEGNO

(a cura di Roberto Pasolini)

 

I testi riportati si riferiscono alla "sbobinatura" degli interventi tenuti dai diversi relatori.

Si é cercato di sistematizzare la trascrizione che, in ogni caso, ha il pregio della spontaneità, dell’immediatezza e del dialogo più aggressivo, ma anche i difetti di minor scorrevolezza che non se avessimo "preteso" un testo scritto da ogni relatore.

Si poteva provvedere ad una maggiore sistematicità aggiungendo o modificando alcuni pensieri, ma si sarebbe corso il rischio di travisare o di dare interpretazioni non corrette.

Si può, invece, garantire la "genuità" degli interventi che, visto lo spessore culturale e politico, speriamo possano essere utili a chi riceverà questa pubblicazione.

Si é ritenuto utile allegare i testi completi di tutti i documenti ufficiali citati nei diversi interventi, ritenendo che potessero essere d’ausilio, sia come raccolta, sia per la miglior comprensione degli interventi stessi.

PROVINCIA DI MILANO

ATTI DEL CONVEGNO SULLA SCUOLA DEL 30 11 1997

"Quale parità da questa finanziaria?"

APERTURA

Cosma Gravina

A nome del Gruppo Consiliare CDU che in collaborazione con il Coordinamento per la libertà della scuola ha organizzato questo convegno, ringrazio tutti i presenti per aver deciso di partecipare a questo convegno e comincio con il presentare i rappresentanti delle varie forze politiche che interverranno nel dibattito che sono già presenti:

L’onorevole Bianchi, in rappresentanza dell'onorevole Pollastrini (PDS),

L'onorevole Valentina Aprea (FI),

L'onorevole Beniamino Brocca,

L'onorevole Angela Napoli (AN),

L'onorevole Giovanni Manzini (PPI),

Alberto Malerba, Assessore all’Istruzione della Provincia di Milano in rappresentanza del Presidente Livio Tamberi, che, per motivi istituzionali, oggi è in Svezia.

Il professor Pasolini, segretario generale del Coordinamento per la libertà della scuola, che farà da moderatore

L'onorevole Mariella Mazzetto (Lega);

Mentre l'onorevole Mariolina Moioli (CDU), trattenuta a Bergamo da un impegno, ci raggiungerà fra mezz'ora circa.

Bene, prima di dare la parola al professor Pasolini, volevo comunicarvi brevemente alcuni dati, alcuni parametri di riferimento, approfittando anche della presenza dell'Assessore Malerba con cui condivido alcune problematiche riguardanti la messa a norma degli Istituti Scolastici, visto la mia funzione di presidente della V Commissione Consiliare Bilancio e Demanio.

La Provincia di Milano ha in carico attualmente, ante legem 23, 114 Istituti Superiori che dal 1° gennaio 1998 diventeranno 214.

Gli interventi in essere per la messa a norma, esclusa la manutenzione ordinaria, dei 114 istituti, comportano una spesa di 122 miliardi; si spera di contenere la spesa entro il limite di 100 miliardi per sistemare gli altri 104 istituti.

La prima domanda concreta che mi sembra opportuno offrire al dibattito è la seguente: cosa potrebbe succedere qualora, da un giorno all’altro, gli Istituti scolastici non statali dovessero chiudere, in altre parole quale onere finanziario l'Ente locale, o lo Stato, dovrebbe assumersi per la messa a norma di tutti questi Istituti? Sarebbe in grado di stanziarlo immediatamente?

Anche senza voler porre la questione su un piano puramente mercantile, tuttavia una vera parità scolastica è tale solo se ad essa sono collegate adeguate risorse economiche: Don Luigi Sturzo nel 1950 affermava che una scuola veramente libera è una scuola che, statale o non, ha una propria personalità e una propria consistenza finanziaria.

Va sottolineato che, prima ancora che un problema di parità scolastica o in contemporanea, vi è un problema d’autonomia scolastica, sia per le scuole statali sia per quelle non statali.

Su questo tema generale le forze politiche dovrebbero produrre una legislazione capace di mettere in luce i veri protagonisti della scuola che sono le famiglie, gli studenti, gli insegnanti, e i presidi. Anche noi, con questo convegno, al quale abbiamo invitato tutte le forze politiche, abbiamo inteso porci un obiettivo che non è tanto quello di tutelare la scuola non statale confessionale e non confessionale, bensì quello di discutere della necessità di una legislazione che garantisca una libera educazione per tutti. Vi ringrazio e passo subito la parola all'Assessore Malerba per il saluto della Provincia che ringraziamo per l’ospitalità offerta.

Alberto Malerba

A me il graditissimo compito di dare il benvenuto in Provincia, agli organizzatori di quest’incontro, ai relatori che dibatteranno stamani e a Voi intervenuti.

Il Consigliere Gravina Vi ha già in parte presentato il problema: la Provincia, che con la nuova legge 23/96 ha ereditato, dal punto di vista dei compiti istituzionali, tutto il segmento dell’istruzione superiore, ha delle grandi responsabilità.

Penso che questa legge abbia una sua razionalità logica; creando effettivamente un maggiore ordine, evita il cosiddetto gioco dello "scaricabarile": in una parola dal 1° gennaio 1998 tutto il segmento della scuola superiore sarà di competenza della Provincia. Se tutto ciò, da un punto di vista normativo, è senz'altro positivo, io come amministratore, noi come amministratori, dobbiamo però porre l'accento sul fatto che il potere di gestione deve essere necessariamente accompagnato anche da un potere di decisione e soprattutto da un potere di spesa. Da un primo sopralluogo, infatti, abbiamo verificato che queste scuole hanno dei fabbisogni di messa a norma enormi per un’arretratezza d’interventi che risalgono ai decenni passati; per andare incontro alle loro necessità abbiamo bisogno di risorse. È pur vero che il programma di questa Giunta provinciale ha posto, come primo punto, il problema della scuola, tanto è vero che il 48% delle risorse finanziarie di questo Ente è stanziato per la scuola. Il Presidente Tamberi, al momento del suo insediamento, ha affermato che è assolutamente necessario investire nella scuola perché questo significa investire sul futuro del Paese. Il fatto stesso che in un’aula consiliare si tenga un convegno dedicato alla scuola è un’ulteriore testimonianza dell'attenzione e dell'importanza che ad essa e ai suoi problemi si attribuisce.

Anche se non sono tra i relatori di questo convegno, permettetemi, nella mia veste di assessore addetto e competente del settore scolastico, di fare qualche riflessione:

I Presidenti degli Stati Uniti d’America possono ricevere solo due mandati consecutivi a governare; di solito, dedicano il periodo del primo mandato a svolgere tutte quelle attività che saranno poi utili per ottenere il secondo. In caso di rielezione normalmente il loro impegno si concentra su iniziative politiche che permettano loro di entrare nella storia del loro Paese. Bene, il Presidente Clinton, ora al suo secondo mandato, ha messo come primo punto del suo programma l'education, quindi ha capito anche lui che se vuol rimanere nella storia del Suo Paese deve investire, deve intervenire nel mondo della scuola.

Un'altra riflessione: personalmente, terminati i miei studi superiori, terminata l'università, ho ritenuto chiuso il mio ciclo scolastico, ho preso i miei libri, li ho messi da parte, e mi sono dedicato al lavoro. Oggi le cose sono completamente cambiate. Non si possono più prendere i libri di studio e metterli da parte, c’è bisogno di una formazione continua soprattutto di una formazione che racchiuda al proprio interno la possibilità di esperienze pratiche; si sente e si avverte, già oggi, la necessità di un raccordo, non tanto episodico quanto sistematico, con la formazione professionale. In modo particolare poi, negli ambiti territoriali di tipo provinciale, anche il processo formativo deve tener conto delle vocazioni territoriali, vocazioni poi riferite agli sbocchi professionali. Per questo noi, nel nostro piccolo, abbiamo attribuito una grande rilevanza agli stage, ed ospitiamo attualmente nei nostri uffici circa trenta studenti di quarta e quinta superiore che abbiamo inserito nei vari dipartimenti amministrativi (controllo, gestione, bilancio, relazioni con il personale, negli stessi uffici legali), per dar loro modo di trasferire da un piano teorico ad uno pratico le nozioni che apprendono a scuola; abbiamo operato per sviluppare questa iniziativa anche con tutte le aziende del territorio.

Un’ultima riflessione: durante i contatti che ho avuto con le varie scuole per l’organizzazione di questi stage, ho avvertito l’esigenza, da parte degli studenti, che adesso la scuola ponga una particolare attenzione all’insegnamento delle lingue straniere e che impartisca nozioni fondamentali che poi ciascuno svilupperà nel proseguimento dei propri studi, nozioni di informatica per esempio, e soprattutto che dia concretezza a quello che passa comunemente sotto il nome di imprenditorialità; i giovani chiedono cioè di poter fare esperienze pratiche durante il loro percorso formativo.

Ringrazio gli organizzatori di questo convegno. Sono molto interessato a sentire le relazioni e auguro sia ai relatori sia a voi che siete intervenuti un proficuo lavoro.

Cosma Gravina

Prima di dare la parola al professor Pasolini, desidero presentare e ringraziare tutte le associazioni che hanno aderito a questo convegno, precisamente sono:

AGeSC

ANINSEI

CDO

Comitato Politico Scolastico Non Statale

Europa 2000

Federazione Liberale

FIDAE

FAES

Oltre il Polo

Popolo e Libertà

SIDEF

INTRODUZIONE

Roberto Pasolini

Ringrazio innanzittutto la Provincia di Milano, il suo Presidente e l’Assessore Malerba per l’ospitalità riservataci ed il Gruppo Consiliare CDU ed il Consigliere Gravina in modo particolare per l’organizzazione fattiva del Convegno.

Il problema della regolamentazione del principio di parità scolastica, problema dibattuto sia prima che, per decenni, dopo l’approvazione della nostra Costituzione, nell'ultimo anno e mezzo è stato fonte di continuo e pressante dibattito anche in ambito parlamentare provocando, a volte, anche scontri politici piuttosto violenti. In quest’occasione abbiamo ritenuto opportuno organizzare un incontro non tanto sui principi e gli aspetti ideologici, ma su un tema pragmatico, anche perché, proprio questo ampio dibattito ha fatto sì che sulla parità ormai si sia detto tutto e il contrario di tutto. Un documento legislativo importante, forse il documento più importante del nostro Paese, è la legge finanziaria, ritengo utile quindi analizzare cosa prevede questo documento per la parità e capire quali siano le effettive intenzioni politiche per risolvere in tempi brevi il problema della regolamentazione della parità, dopo che il Governo ha depositato in Parlamento un suo DDL sul tema. Una premessa: il problema della parità, a mio giudizio, non va più visto esclusivamente come un problema di finanziamento alle scuole non statali, ma, in un Paese democratico che vuole rinnovare profondamente il proprio sistema scolastico, il problema della parità va esaminato nell'ambito complessivo del sistema scolastico nazionale, statale e non statale; è importante che l'introduzione della regolamentazione della parità porti un beneficio complessivo sia alla scuola statale sia a quella non statale quale grado di libertà, assieme all’autonomia, del sistema scolastico nel suo complesso. Mi dà conforto, ad esempio, un passaggio dell’intervento che il nostro Cardinale Arcivescovo Carlo Maria Martini ha tenuto nel recente incontro con il Ministro, qui a Milano, all'Istituto San Carlo nel quale ha voluto porre l’accento su questo aspetto della parità: "..la parità può valorizzare al massimo la soggettività d’ogni singola scuola, anche perché c'è libertà vera di scelta nella misura in cui le offerte educative sono tra loro differenti..". Differenti quindi e non concorrenti. Ribadisce quindi che ad ogni famiglia dovrebbe essere concessa la possibilità di scegliere la proposta educativa che ritiene più giusta per i propri figli.

Venerdì scorso l'AGeSC, nella pagina mensile sull'Avvenire riservata a questa associazione, ha pubblicato un articolo a firma del Presidente Versari intitolato "La sfida della parità economica". Sembrava quasi fatto ad hoc per il convegno di questa mattina. Ritengo pertanto opportuno, come introduzione al dibattito, leggerne semplicemente un brano particolarmente congeniale al nostro tema in cui si afferma: "..tuttavia non è con i pronunciamenti che si legifera, occorrono azioni conseguenti; per questo il disegno di legge, dal mio punto di vista, è da emendare. Ad esempio dove si ipotizza una legge paritaria che non realizza il principio costituzionale d’equipollenza di trattamento anche economico tra alunni di scuola statale e non statale, si parla, infatti, d’interventi a favore dei genitori dei bambini e di un alleggerimento degli oneri sostenuti dai genitori, quasi si trattasse di una gentile concessione e non di un riconoscimento di un diritto civile; è inoltre assente, caso unico per una proposta di legge, il capitolo dei finanziamenti alla legge stessa, come dire queste sono le regole cui attenersi, per il finanziamento si vedrà". Mi sembra che questa affermazione valorizzi l’interrogativo di questo convegno. Perché? Analizziamo i fatti da un punto di vista cronologico. Il ministro Berlinguer, dopo aver presentato, attraverso il Governo, il 18 luglio scorso, un disegno di legge per la regolamentazione della parità, sente di aver fatto il suo dovere ed ha affermato, a più riprese, che ora spetta al Parlamento legiferare e quindi prendere le dovute decisioni. Dobbiamo altresì ricordare che il ministro Ciampi, qualche giorno dopo la presentazione del disegno di legge, ha affermato; "non si può parlare di parità poiché la parità deve avere una copertura finanziaria e non c'è nessuna legge finanziaria approvata che preveda la copertura finanziaria di questa legge". Oggi, in Parlamento, è in discussione la nuova legge finanziaria, ma non si riscontra alcun intervento che possa far pensare ad una copertura, anche parziale, ad una legge di parità. Da questi fatti, la logica domanda a tutti i parlamentari presenti: questo cosa significa? Significa rimandare l’approvazione di una legge sulla parità? Allora diciamolo con chiarezza ed ognuno, per ciò che gli compete se ne assuma la responsabilità politica. Se e quando sarà approvata la legge sulla parità (fra tre, quattro, cinque mesi) occorrerà una copertura finanziaria, come si ricaveranno i fondi necessari, da quali capitoli del bilancio dello Stato? Dalla prossima finanziaria o sarà possibile trovare copertura anche in altra forma? Quale l'impegno prende la maggioranza, qui rappresentata dalla onorevole Bianchi e dall'onorevole Manzini, su questo tema preciso? Quale forma di collaborazione o quale forma di pressione pensa di fare l'opposizione? Questi sono i temi che chiedo ai nostri relatori di sviluppare questa mattina. Fatta questa doverosa premessa per impostare il dibattito nei canali desiderati dai partecipanti, non voglio dilungarmi per lasciare il dovuto spazio ai relatori. Invito comunque tutti a rimanere nei limiti fissati di 10 minuti per intervento; vista la numerosa presenza dei rappresentanti delle forze politiche che ringrazio, anche per permettere qualche intervento-domanda da parte di esponenti delle associazioni intervenute per rendere più vivo ed efficace il dibattito con conclusioni mirate alle domande da parte dei relatori presenti.

Invito l'onorevole Napoli a prendere la parola.

INTERVENTI ESPONENTI POLITICI

Angela Napoli (Alleanza Nazionale)

Ringrazio il gruppo consiliare CDU ed il Coordinamento per la libertà della scuola per aver organizzato questo incontro in un momento estremamente importante, quello relativo alla discussione della legge finanziaria. Molte parole sono state dette fino ad oggi sul problema della parità scolastica, ma alle parole devono seguire i fatti. Tutti i partiti politici si sono espressi in Parlamento rispetto al problema scuola e, in particolar modo, sulla necessità di arrivare al varo delle legge relativa alla parità scolastica, tranne, a dir la verità, Rifondazione Comunista. Quindi, mi sembra che chi ha le redini in mano e soprattutto gestisce l'aspetto finanziario del nostro Paese non si sia comportato di conseguenza. Quando, nel luglio scorso, il Ministro ha presentato il disegno di legge, che non può essere chiamato della parità scolastica, lo ha fatto con grande enfasi e quando ognuno di noi ha chiesto come avrebbe reagito nel momento della conversione in legge di quel disegno di legge, dal punto di vista finanziario, ha risposto che il tutto sarebbe passato attraverso la nuova legge finanziaria. Bene questo non è accaduto e non è accaduto perché la legge finanziaria, come giustamente già ribadito, non fa alcun riferimento all'attuazione della parità scolastica. I contributi, dei quali con tutti i colleghi del Polo abbiamo chiesto un aumento alla Camera, sono stati anche aumentati durante la discussione in Senato; si tratta però di contributi che sono normalmente elargiti durante ogni anno scolastico e per lo più devoluti alla scuola primaria, ma certamente non saranno questi i finanziamenti che porteranno all'attuazione della parità scolastica. Noi siamo molto perplessi perché siamo convinti che, di fatto, non ci sia da parte della maggioranza politica che regge attualmente questo Governo, una volontà d’arrivare al varo della reale parità scolastica. Non va sottaciuto il fatto che il relatore al quale era stato affidato in commissione cultura alla Camera l'incarico di relazionare appunto sulla tabella 7 relativa al Ministero della P.I., appartenente a Rifondazione Comunista, ha rinunciato a questo incarico. Questo è estremamente emblematico del fatto che attualmente non esiste una maggioranza politica che abbia voglia di portare a termine l'attuazione della parità scolastica, che, ribadisco, non può e non deve essere vista solo dal punto di vista finanziario. Innanzittutto va, una volta per tutte, riconosciuto il servizio pubblico che la scuola non statale offre parimenti alla scuola statale. Se non si parte da questo riconoscimento non vi saranno sbocchi per l’approvazione. Solo successivamente si troverà la forma per arrivare alla concessione dei finanziamenti che dovrà, altresì essere legata ad una scelta dalla quale dipenderà tutta la vita scolastica anche delle scuole non statali, la quale tuttavia non potrà essere comunque diversificata da quella della scuola statale nel senso che, ad esempio, occorrerà andare a verificare, fra le altre cose, anche il problema del reclutamento del personale docente. Bisogna convincersi, e convincersi tutti, che il problema della parità scolastica è un problema estremamente importante e che va risolto al più presto; non possiamo più soffermarci sulla problematica relativa alla libera scelta delle famiglie, siamo tutti d'accordo sul fatto che le famiglie debbano avere tale libertà. Nella legge relativa all'autonomia scolastica vi è un piccolo cenno alla libertà di scelta delle famiglie, cenno che poi rimane però solo sulla carta Non dimentichiamo poi che c'è in atto una grande mobilitazione da parte degli studenti della scuola statale. Guarda caso, proprio nel momento in cui è necessario andare a discutere le eventuali coperture della legge di parità scolastica nella legge finanziaria, gli alunni continuano ad organizzare occupazioni e autogestioni con la scusa del problema dei finanziamenti alla scuola non statale; non capiscono che così facendo non solo non facilitano la soluzione del problema della parità scolastica e quindi delle scuole non statali, ma non aiutano nemmeno le scuole statali che in questo modo automaticamente tendono a degradarsi. Quando poi qualche parlamentare pone il problema della regolamentazione della parità scolastica lo si accusa di voler abbandonare al suo destino la scuola statale proprio perché quest’ultima, oggi, volutamente, è messa nelle condizioni di non poter reggere il confronto con la scuola non statale; quindi stiamo vivendo un momento di grande rischio nel quale credo che occorra far sentire alta la voce dell’utilità del servizio pubblico offerto dalla scuola non statale e della sua serietà dal punto di vista professionale anche perché c’è qualcuno che identifica le scuole non statali con i classici diplomifici, mentre gli istituti non statali offrono, e lo dimostrano quotidianamente, nello svolgimento del proprio operato, una grande professionalità, e di ciò devono rendersi conto tutte le forze politiche. Una volta per tutte credo che sia giunto il momento, anche e soprattutto in sede parlamentare, di sedersi a tavolino e prendere atto di tutte le proposte che sono giacenti per arrivare così ad un’unità d’intenti e varare questa legge che è un atto di giustizia nei confronti soprattutto delle famiglie. Tutelare la libertà di scelta delle famiglie, anche dal punto di vista educativo, vuol dire rispettare il loro diritto-dovere di educare i figli, sancito dalla Costituzione. Credo quindi che, in questo momento, tutte le forze politiche debbano assumersi la responsabilità ed impegnarsi per arrivare una volta per tutte alla determinazione che i fatti devono, con urgenza, seguire le parole.

Roberto Pasolini

Ringrazio l'onorevole Napoli per aver sottolineato due aspetti importanti che ci permettono di approfondire concretamente il nostro dibattito: in primo luogo per averci confermato che, anche dalla sua ottica di parlamentare, in questa finanziaria, allo stato attuale del dibattito, oltre alla proposta di incremento di fondi su capitoli già previsti dalle finanziarie precedenti, non si riscontrano nuovi capitoli relativi alla copertura di una legge di parità, ma soprattutto per aver sottolineato la necessità di rompere il fronte ideologico dello scontro scuola statale e non statale; vi è, cioè, chi sostiene, da sempre, che quando qualcosa è fatto a favore della scuola non statale questo vada a detrimento della scuola statale. È tempo che tutti capiscano che la necessità di costruire un sistema scolastico nuovo, efficiente, efficace, a servizio del cittadino, senza preclusioni di carattere ideologico in cui scuola statale e scuola non statale siano sinergiche e complementari per il raggiungimento di tale obiettivo.

Invito ora l'onorevole Mazzetto a prendere la parola.

Mariella Mazzetto (Lega Nord)

Buongiorno a tutti; ringraziando in particolare il prof. Pasolini ed il suo Comitato per l’invito rivoltomi, vorrei affrontare il problema insito nel titolo dell'incontro d’oggi: "Quale parità da questa finanziaria?"

Io sono del tutto convinta del fatto che questa finanziaria non presenti nulla per quanto concerne la parità, parità alla quale bisogna arrivare attraverso una legge che sia frutto dei lavori del Parlamento. In questo Stato da molto, troppo tempo, il Governo ha tolto al Parlamento la possibilità di esprimere e soprattutto di convogliare le proprie decisioni attraverso atteggiamenti anche unitari.

La finanziaria 98, al presente, è affetta da strabismo: questo Governo ha voluto agire senza tener conto di nessun aspetto democratico e soprattutto delle esigenze di tutta la scuola, quella statale e quella non statale, proponendo, da un lato, per la scuola di Stato, tagli di personale fino al 3% per il 99, prevedendo, da qui al 2000, anche tagli di personale ausiliario, personale che dovrebbe scomparire in questo lasso di tempo, per poi essere soppiantato, in seguito a gare d’appalto, da imprese di pulizia che operano in locali di edifici pubblici; dall'altro lato, questo Governo, ha pensato di accontentare la scuola cattolica elargendo, sì elargire è il termine esatto, un certo quantitativo di miliardi, 110 (importo che potrebbe anche aumentare), che non è la quantità che a noi interessa, per tacitare le giuste richieste che provenivano dal mondo cattolico, da parte di gestori, da parte di genitori e da parte anche di somme autorità della Chiesa: alla fine anche il Papa ha chiesto all'Ulivo di mantenere le promesse fatte sia in campagna elettorale sia all'indomani del suo insediamento nel Governo. Questo Governo strabico, che non ha una visione corretta del tema e dello spinoso problema della parità, ha voluto togliere da una parte, aggiungere dall'altra, scontentando in realtà tutti.

Penso che non soltanto il mondo della scuola di Stato sia scontento per com’è stato trattato; il calo demografico dell'1%, non giustifica, certo, riduzione di personale del 3%, tanto più che questi tagli vanno ad aggiungersi ad altri tagli che hanno contribuito ad eliminare intere scuole soprattutto nei piccoli comuni e nei villaggi.

Questo Governo, che a noi sembra agire in maniera così irrazionale, ha in realtà un piano ben prefissato, che consiste da una parte nel poter confidare nel consenso dei sindacati federali ai quali spetterà tacitare le giuste richieste del mondo della scuola statale, dall'altro nello zittire le giuste richieste che provengono e sono provenute dal mondo cattolico.

Sono queste, in realtà, le due facce dell'Ulivo, e ambedue dimostrano che il suo unico interesse è di mantenere il monopolio dell'istruzione pubblica, perché allorquando si regala qualcosa a qualcuno, cui spetta, se lo si dà secondo certe modalità, non ai genitori ma alle scuole e volendo eliminare o non valutare le scuole piccole, anche se di matrice cattolica, significa aumentare e non eliminare le discriminazioni. Questo Governo vuole il monopolio dell'istruzione, il monopolio dell'educazione, il monopolio in realtà delle coscienze che ben si esplica attraverso anche questa ultima legge finanziaria che riguarda il denaro e, quindi, anche i finanziamenti dati alla scuola cattolica, perché? Perché Sostituisce alla parità vera la piccola parità. Il regime di convenzione che rientra nelle proposte della maggioranza di Governo, ad esempio, non fa altro che togliere ai gestori e alle famiglie la libertà che ispira gli indirizzi programmatici educativi soprattutto delle scuole non statali, e poi non rispetta il diritto-dovere delle famiglie di mandare i propri figli alla scuola che credono sia migliore per l’educazione dei propri figli. Siamo soprattutto convinti che il regime di convenzione sia un modo morbido per acquisire elettorato ed assicurarsi una quota di voti.

Qui non vi è alcuna logica democratica, vi è piuttosto una logica clientelare che è contro ogni sistema di democrazia e di trasparenza.

In questa finanziaria la grande assente è la scuola non di Stato laica, sia perché i rapporti tra Governo e scuola non statale laica sono molto più affievoliti, molto più morbidi rispetto a quelli con i gestori delle scuole confessionali, ma soprattutto perché si vuole lasciare che le scuole laiche non statali siano libere soltanto di morire.

Il professor Pasolini, ricordando le parole del Cardinale Martini, rimarcava l’utilità di sostituire al termine "concorrenza", che sa molto di mercato, il termine "differenza"; credo invece che "concorrenza" non sia solo sinonimo di antagonismo, ma che possa anche significare "concorrere insieme" nella vita pubblica con mezzi e metodi diversi a uno stesso obiettivo che è quello della formazione dei giovani.

Vorrei ricordare che la legge sulla parità, così come ipotizzata nei disegni di legge presentati dalla Lega, fin dalla sua comparsa sulla scena politica, comprende logicamente un pluralismo e non una divisione, vale a dire, ha sempre ribadito di voler tenere in considerazione in un sistema integrato di istruzione sia la scuola gestita da laici sia quella gestita da religiosi.

La scuola confessionale ha svolto e svolge un ruolo importante nel mondo della formazione perché si è sostituita allo Stato ed alle sue carenze; è giusto quindi che le sia dato un riconoscimento, e che questo riconoscimento le sia dato nel modo giusto. Non dimentichiamo che dopo l'unità dello Stato, le scuole cattoliche più forti, furono subito messe da parte, perché lo Stato potesse esercitare, attraverso l’educazione, il controllo delle coscienze. Quindi ben vengano questi provvedimenti a favore della scuola cattolica, che svolge, non dimentichiamolo, un ruolo educativo primario, soprattutto nella scuola dell'infanzia, dove lo Stato si è sempre dimostrato inadempiente. Noi siamo convinti che lo Stato e la scuola non statale laica e confessionale debbano concorrere insieme per un servizio di qualità e che si debba giungere ad una legislazione che, per giustizia sociale, distribuisca effettivamente alle famiglie, soprattutto a quelle bisognose, finanziamenti che permettano loro di spendere il "bonus" dove vogliono, dove preferiscono, presso la scuola dove il progetto educativo proposto è più consono alle loro aspettative.

Roberto Pasolini

Ringrazio l'onorevole Mazzetto, innanzittutto per la sua chiarificazione sul significato dei termini "competizione" e "concorrenza" che condivido. Nel mio intervento introduttivo, avevo voluto porre l’accento sulla posizione di mediazione del nostro Cardinale Arcivescovo sulle differenze delle proposte educative, ma è chiaro che concorrere insieme alla costruzione di un nuovo sistema scolastico ha un suo significato ben preciso che condivido.

Mi sembrano anche interessanti altre due sottolineature: la prima relativa al fatto che nella soluzione del problema della parità debba essere tenuta presente, con pari dignità, la posizione della scuola laica che troppo spesso è dimenticata ed emarginata nell'ambito complessivo del dibattito; la seconda, infine, relativa alla modalità di finanziamento ricordando le iniziative legislative della Lega Nord a favore dello strumento del buono scuola.

Invito ora l'onorevole Manzini a prendere la parola. La sua presenza qualifica in modo particolare il nostro incontro poiché, per primo, durante il dibattito sulla legge finanziaria, ha proposto un emendamento che portasse un incremento dei fondi previsti nei capitoli di finanziamento della scuola non statale. Dalla tabella consegnata all’ingresso; potete rilevare che l’emendamento di 110 miliardi ha portato a 346 miliardi complessivi gli stanziamenti previsti dalla finanziaria ‘98. L’iniziativa dell’onorevole Manzini ha immediatamente acceso un forte dibattito politico seguito anche da manifestazioni, come ci ricordava l'onorevole Napoli. La domanda che pongo all'onorevole Manzini è la seguente: come rientra questo finanziamento nell'ambito della regolamentazione della parità e del disegno di legge che abbiamo ricordato? Come pensa si possa sciogliere il nodo politico per trovare il consenso della maggioranza per varare una legge sulla parità?

Saluto, nel frattempo l'onorevole Moioli, giunta in questo momento, ringraziandola, sapendo i suoi impegni, per la cortesia mostrataci con la sua partecipazione.

 

Giovanni Manzini (Partito Popolare Italiano)

Ringrazio di questo invito che mi permette di esprimere la mia posizione su questo tema. Ho suddiviso il mio intervento in otto punti e, pertanto, farò otto affermazioni che mi sembra siano importanti da richiamare in un dibattito come questo, anche se non potrò suffragarle a sufficienza, dato il limitato tempo a disposizione.

Punto 1: la parità non è la riforma, ma una tessera che serve a costruire il mosaico della riforma e, punto 2, la parità non riguarda i cattolici, riguarda tutti gli italiani. Ora può sembrare una banalità, ma i mass-media danno lettura di questa questione come se riguardasse il mondo cattolico, mentre questa è una questione che riguarda tutto il Paese perché il quadro culturale di riferimento in cui noi dobbiamo inserire il problema della parità è quello del servizio pubblico integrato che comprende scuole statali e non statali. Il salto di qualità sta nel fatto che noi oggi riteniamo che pubblico non significhi statale, consideriamo pubblico quel servizio che è svolto anche dalla società dentro un quadro di regole fissate dal Parlamento. Questo è il nuovo concetto all’interno del quale noi dobbiamo inserire il problema della parità. Non è un concetto nuovo, anche se non ha fatto molta strada perché ancora si continua a ritenere scuole pubbliche solo quelle dello Stato e private le altre. È un discorso che viene da lontano, io mi ricordo sempre che, in Commissione, io e l'allora Sottosegretario, e mio carissimo amico Brocca, oggi qui presente, già nei primi anni novanta, impostammo un fortissimo dibattito su questa questione e sulla distinzione fra scuole pubbliche, anche non statali, e scuole semplicemente di mercato, perché una scuola di ballo, ad esempio, è una cosa legittima ed utile ma non rientra nel processo educativo specifico di cui noi trattiamo.

Punto 3: noi non possiamo discutere la parità se non l'inseriamo nel quadro istituzionale del sistema formativo italiano e la caratteristica del sistema istituzionale italiano è l'autonomia; la parità è una conseguenza dell’autonomia e non a caso gli statalisti più robusti e incalliti più che alla parità sono contrari all'autonomia, all'autonomia delle singole unità scolastiche, anche quelle dello Stato, perché ciò significa riconsegnare alla società, vale a dire agli insegnanti, ai genitori e agli studenti, alla comunità locale, un’istituzione che fino ad oggi è stata gestita per il 95% dallo Stato.

Dentro questo quadro istituzionale si collocano aspetti importantissimi per il sistema pubblico formato sia dalla scuola statale sia dalla scuola non statale: ci sono i regolamenti dell'autonomia, che sono il cuore della didattica e dell'organizzazione che il Governo deve varare entro pochi giorni, c'è il disegno di legge sul riordino dei cicli, c'è il disegno di legge sugli organi collegiali che stabilirà i ruoli e i rapporti fra le componenti scolastiche nella singola unità scolastica, c'è il dibattito per l’approvazione del nuovo esame di maturità. Questi, ovviamente, sono solo alcuni esempi. Qual è Il quadro parlamentare? Dove va a collocarsi il progetto di regolamentazione della parità scolastica? Il quadro parlamentare ha due percorsi. Uno è quello della legge finanziaria, l’altro è quello dei singoli provvedimenti di legge. Ecco perché noi abbiamo contemporaneamente interventi in finanziaria che già prefigurano alcuni aspetti e a lato abbiamo dei disegni di legge sulle singole tessere del mosaico, quali appunto il disegno di legge sulla parità, il disegno di legge sul riordino dei cicli, quello sull'esame di maturità, eccetera.

Quindi punto 4: l'idea culturale forte che sta sotto questo quadro, è quella di mettere insieme libertà d’insegnamento dei docenti, libertà di scelta educativa delle famiglie e libertà d’apprendimento degli studenti. Ecco perché noi popolari parliamo di patto educativo fra le tre componenti. Il quadro parlamentare sta percorrendo tutte e due le strade, ha approvato la legge 59 articolo 21, approverà martedì in Senato la legge sugli esami di maturità, sta per approvare, ci auguriamo, la 932, almeno la prima parte, sempre in Senato, riguardante il reclutamento degli insegnanti e la questione dei precari, e, contemporaneamente, sta per approvare la finanziaria che, passata in Senato, oggi è alla Camera e da domani mattina comincerà ad entrare nel vivo del dibattito.

Punto 5: quali finanziamenti e quali stanziamenti sono entrati nella finanziaria? Vorrei richiamare solo tre aspetti. Uno: la questione del 3% di calo dei docenti è perfettamente in linea con il calo demografico che, in due anni, è stato appunto del 3%; ora il calo demografico di quest'anno e quello previsto per l'anno prossimo è circa del 4,3%. L'avere immaginato una riduzione pari al 3% del numero dei docenti è stata considerata una previsione fisiologica. Il problema si presenterà, casomai, quando andremo a definire la dimensione ottimale sul territorio delle singole scuole e in queste ore il Governo sta confrontandosi con i Comuni, le Province, i sindacati, le associazioni di categoria degli insegnanti, eccetera, su un testo proprio che definisce questa materia. Questo sarà sicuramente un problema più delicato.

Due: seconda questione di rilievo nell’ambito della finanziaria, si tratta di un emendamento che è fatto dal Governo e che è passato, impropriamente, come "l'emendamento dei bidelli delle pulizie". In quell'emendamento si stabilisce che sono possibili contratti di prestazione d'opera di tipo privatistico per i servizi e per determinati insegnamenti; l’emendamento non riguarda cioè solo il personale non docente, ma investe un problema più generale di reclutamento del personale. Noi abbiamo un problema normativo e un problema gestionale, prima di gestirlo bisogna emanare correttamente norme e regolamenti.

Tre: un terzo aspetto importante richiamato nella finanziaria è quello relativo al contratto di lavoro: scade il contratto di tutti gli insegnanti e non c'è dubbio che l'unico modo per rivalutare il problema della carriera e della figura degli insegnanti, sia di arrivare ad una contrattazione di carattere generale cui faccia seguito una contrattazione invece di secondo livello, che è quella che usano i privati nei loro contratti di lavoro, per riconoscere la professionalità ed i meriti dei docenti. Inoltre, com’è già stato detto, nella finanziaria troviamo, nella tabella 7, lo stanziamento aggiuntivo di 110 miliardi che va ad aggiornare i capitoli già esistenti nelle finanziarie degli anni precedenti.

Punto 6: con questo stanziamento non si è inteso affatto risolvere il problema della parità, ma si è semplicemente inteso aggiornare capitoli esistenti alla luce del disegno di legge che il Governo ha presentato sulla parità. All'articolo 3 del disegno di legge sta scritto: "lo Stato, tenendo conto degli stanziamenti previsti negli attuali capitoli di bilancio" e più oltre "ed intervenendo mediante sgravi fiscali ed altro". Da queste parole si capisce che si sta cominciando a costruire quel sistema misto, di sostegno e d’intervento, tipico di quasi tutti i paesi europei che hanno più voci di sostegno economico-finanziario. Ovunque esiste una legge sui principi, sulle regole, e su questo mi permetto solo di affermare che nel testo presentato dal Governo ci sono delle regole precise e fra le affermazioni ce ne sono due che non debbono essere sottaciute, la prima è il riconoscimento del servizio pubblico delle scuole non statali all'articolo 1 e, nell'articolo 2, che vi è pieno rispetto dell’identità culturale d’ogni singola istituzione.

Punto 7: la legge di parità a livello nazionale non deve essere né confusa né sostitutiva della legge sul diritto allo studio che resta un dovere degli enti locali e un diritto degli studenti delle scuole non statali. Quindi non commettiamo l’errore di mescolare tra loro queste due questioni: se gli studenti delle scuole statali hanno 53000 miliardi di bilancio nazionale e circa 30000 miliardi di bilancio degli enti locali, significa che anche la scuola non statale, che diventa parte del servizio pubblico, ha diritto a partecipare alla distribuzione di questi 30000 miliardi. Sia nella scuola statale sia in quella non statale c'è un gran disagio, dovuto forse ad un’overdose di legislazione in atto; la riforma complessiva è grande, ma è ovvio che senza risorse reali è difficile che gli operatori scolastici siano entusiasti di questo disegno di legge o di questa riforma. Credo che il Presidente del Consiglio, il Ministro del Tesoro e il Ministro della Pubblica Istruzione debbano specificare come saranno destinati nei prossimi cinque anni i 15000 miliardi di stanziamenti finanziari promessi per la scuola.

Concludo rapidamente: sulla parità, come su tutte le altre tessere della riforma c'è l'accordo di Governo, il Governo è impegnato in Parlamento, e io sono convinto che occorra che tutta la maggioranza sostenga quest’accordo, ma siamo ben lieti se anche dall'opposizione vengono aiuti, sostegni. Siamo determinati a portare avanti questo discorso e il tavolo cui faceva riferimento la collega è il tavolo parlamentare; nelle aule parlamentari, nelle commissioni, lì deve svilupparsi il massimo confronto perché, ripeto, la legge di parità non è una questione che riguarda una minoranza del Paese, non riguarda i cattolici, riguarda tutto il Paese.

Punto 8: per quanto riguarda infine gli studenti credo che ci sia nei loro confronti un'azione strumentale di disinformazione spaventosa perché, ascoltando le loro osservazioni capiamo che desiderano partecipare, ma sono stati informati sulle vicende in maniera così errata al punto che stanno lottando contro ciò che effettivamente vogliono.

Roberto Pasolini

Ringraziamo l'onorevole Manzini per la chiarezza del suo intervento dal quale possiamo trarre indicazioni importanti quali l’affermazione che la parità non è un problema di una minoranza, ma un problema che deve essere dibattuto con un ampio respiro: perché è il problema di tutto il Paese. La seconda indicazione di rilievo è la conferma, da parte di un esponente della maggioranza, che gli stanziamenti della finanziaria ’98 sono solo un primo passo che s’ispira al principio di parità, ma chiaramente l’eventuale approvazione del disegno di legge governativo sull’argomento dovrebbe prevedere altri interventi per la copertura finanziaria. Dobbiamo attenderci quindi tempi lunghi, maggiori di quanto da noi auspicato e anche questa è un’indicazione chiara.

Altro elemento importante sono i 30000 miliardi stanziati, attraverso gli Enti locali, per il diritto allo studio. L’onorevole Manzini ha confermato che non vi debbono essere discriminazioni tra gli studenti della scuola statale e quelli della scuola non statale, come sancito dall’art. 33 comma 4 della Costituzione e come una recente sentenza della Corte Costituzionale ha ribadito nel dicembre 1994. Occorrerà essere attenti e vigili per controllare come questa somma sarà ripartita e come ottempereranno a questo principio.

Invito ora l’onorevole Aprea a prendere la parola.

Valentina Aprea (Forza Italia)

Ringrazio gli organizzatori e le forze politiche che hanno aderito a questa iniziativa. Vorrei subito sottolineare che per la forza politica che rappresento (FI), la questione della parità si inserisce in un discorso più ampio: è fondamentalmente una battaglia per la libertà. Si inserisce in quella riforma liberale che costituisce la ragione prima del nostro movimento, della nostra stessa ragion d'essere e riguarda quindi tutta una diversa concezione dello Stato e della società; noi combattiamo lo statalismo, la pianificazione dell'istruzione e il monopolio statale dell'istruzione. In questa cornice, evidentemente, non possiamo accettare che lo Stato gestisca il 93% dell'istruzione, lasciando solo un 7% all’istruzione non statale. Vogliamo modificare se non capovolgere questo tipo di rapporto. Non è facile raggiungere questo obiettivo. Sembrava che il momento fosse favorevole, nel senso che quando si vanno a toccare livelli di riforma che sono istituzionali, ordinamentali, giuridici e costituzionali, si possono aprire spiragli che permettono di capovolgere anche l’impostazione di questioni importanti, come quella appunto di un servizio pubblico diversamente gestito, che si ispiri ad un’apertura verso il privato ed anche se i "giochi sono fatti" perché questo 93% inciderà per lungo tempo nella caratterizzazione della gestione dell’istruzione sono sicuramente auspicabili spiragli diversi che permettano leggi orientate in modo diverso. Pensavamo che fosse giunto il momento favorevole ed in realtà quando ci siamo candidati al Governo del Paese siamo stati molto chiari, in questo senso, con le nostre proposte. Ha vinto la coalizione di centrosinistra che aveva comunque indicato tra le riforme previste anche quella della parità, ma che ha inserito la sua proposta politica in un contesto d’integrazione, come ripetuto stamani dal Senatore Manzini, con la conseguenza, a nostro avviso, di avviare verso la "statalizzazione" anche questo numero di scuole non statali, già molto esiguo. Questo è quello che noi temiamo.

Sicuramente, rispetto alle altre forze politiche presenti anche nella maggioranza, non saremo contrari, anzi favoriremo il dibattito e cercheremo di migliorare la legge di parità, sempre che la maggioranza abbia la volontà politica di iniziare e, successivamente, di far proseguire il dibattito parlamentare perché, voi sapete, nel passato, le leggi di parità sono sempre state presentate al nostro Parlamento, ma mai discusse né, tanto meno, approvate. Dunque noi parteciperemo con convinzione e con determinazione al dibattito e lavoreremo per il successo, ma diciamo fin da ora che non ci convince per esempio l'impostazione data dal Governo, che, di fatto, vorrebbe riproporre al Paese quel progetto socialcomunista perdente nel '47, quando passò grazie all’accordo con i democristiani, posizione che ha consentito comunque la libertà delle scuole non statali negli ultimi 40 anni, comunque senza finanziamenti. Noi temiamo che a fronte di finanziamenti non certi sia sotteso il rischio di una perdita d'identità e di libertà. Il nostro primo impegno è, dunque, la battaglia per la libertà delle scuole non statali. I requisiti d’idoneità devono essere validi per tutti, ma non devono esserlo gli ordinamenti e le procedure; noi non vogliamo che si crei un'omologazione dell'istruzione, non vogliamo che le scuole non statali diventino la fotocopia delle peggiori scuole statali. Esistono anche ottime scuole statali, (io provengo dalla scuola statale e so che si può fare la differenza anche nelle scuole statali, quando ci sono garanzie, quando esiste tutta una serie di fattori si può anche offrire un ottimo servizio nella scuola statale) ma queste ultime hanno tutta una serie di regolamenti, di ordinamenti e di obblighi che, pur attenuati dall'autonomia, ma certamente non con l'autonomia voluta dal centro sinistra, non possono essere trasferiti pari pari e quindi condizionare gli ordinamenti, le procedure e la vita scolastica delle scuole non statali che pure potranno afferire al servizio pubblico. Noi crediamo in un vero pluralismo educativo, in una sussidiarietà verticale ed orizzontale e auspichiamo un modo diverso di finanziare le scuole scelte liberamente dai cittadini. Per questo, noi indichiamo nel "buono-scuola" lo strumento ideale per il finanziamento conseguente ad una legge di parità. Consideriamo, in ogni caso, il credito d'imposta uno strumento valido e possibile già oggi, com’è ripetuto da più parti, anche in Parlamento. É vero che occorre la legge di parità perché si faccia, alla luce del sole, un passaggio qualitativamente importante nel nostro sistema scolastico, ma è anche vero che già oggi sono possibili tutta una serie di operazioni, di leggi e di interventi di natura diversa, che potrebbero consentire un avvio di parità, un finanziamento alle scuole. Noi, ad esempio, durante il dibattito sulla finanziaria abbiamo depositato alla Commissione Bilancio un emendamento che prevede l’introduzione del credito d'imposta. Abbiamo chiesto che, per rendere effettiva la libertà di scelta tra scuola statale e non statale del sistema nazionale d'istruzione, in via transitoria, sia riconosciuto ai genitori degli alunni iscritti e frequentanti scuole elementari, medie, etc., un credito d'imposta, un rimborso parziale o totale delle spese sostenute e documentate per l'iscrizione e la frequenza presso scuole non statali che, sottolineo, svolgono un servizio pubblico. Sono agevolazioni fiscali, sono interventi che lo Stato potrebbe benissimo introdurre già oggi, se ci fosse la volontà politica di sostenere scuole diverse da quelle statali perché, e con questo mi riallaccio a quanto ben detto dall'onorevole Napoli, tutte le scuole, tutto il settore dell'istruzione deve essere agevolato, incentivato e sostenuto. Lo Stato deve sicuramente svolgere una funzione di controllo. Allora noi chiediamo al ministro Berlinguer e alle forze politiche che continuano a parlare di diplomifici, di autorizzare finalmente la chiusura di tutti i diplomifici che esistono in questo Paese, ma di non usare più come alibi per il non intervento la presenza di questi diplomifici, questo lo chiediamo soprattutto a Rifondazione Comunista. Non è più tollerabile che questo diventi l’alibi per evitare qualsiasi discorso e soprattutto la giusta legittimazione delle scuole non statali.

Devo denunciare, con amarezza e preoccupazione, che sento un'ondata pericolosissima nel Paese di pressione ideologica nei confronti di queste forze vive della società che vorrebbero riprendersi ruoli che sono stati schiacciati dallo statalismo. Io sento, in alcuni interventi di opinionisti, che parlano ancora di partitocrazia e di importanza dei partiti nella preparazione, ad esempio, delle classi dirigenti piuttosto che nella formazione della classe politica, e in alcuni interventi che inneggiano alla presenza dello Stato, piuttosto che ad altri fenomeni come i liberi movimenti studenteschi. Questo è un ritorno pericolosissimo allo statalismo, vale a dire l’ideologizzazione che solo lo Stato può garantire al Paese i servizi pubblici e solo i partiti possono formare per il Paese politici di serie "A". Questi sono segnali pericolosissimi perché qui ritornano, appunto, tutti quegli "ismi" che hanno fatto del nostro Paese un Paese di fatto gestito in regime di socialismo reale. La coerenza che abbiamo mostrato fin dall’inizio del nostro operato politico farà sì che, se si dovrà parlare di sistema pubblico integrato, chiederemo che si parli soltanto di sistema pubblico, perché saranno le nuove norme del servizio pubblico che dovranno garantire la possibilità di entrare nella gestione della scuola anche ad altri soggetti e non l'integrazione, l'omologazione e la mortificazione di quelle identità che, invece, fanno ricca la nostra società. Anche le battaglie per una vera autonomia ci vedranno in prima linea e, quanto a ciò, siamo molto preoccupati per il troppo tempo che il Ministro sta prendendo per l'emanazione dei regolamenti. In questi giorni, il Ministro Berlinguer ha firmato un decreto che anticipa in via sperimentale l'autonomia organizzativa: non è un segno di debolezza il fatto che un Ministro ricorra ad un decreto quando ha una legge che gli consente di fare dei regolamenti attuativi definitivi? Il Ministro, che non ha ancora ottenuto la sintonia tra tutte le forze politiche che lo sostengono, rendendosi conto di non poter far passare altro tempo senza dare al Paese un segnale concreto, ricorre ad un decreto assumendosi personalmente la responsabilità per avviare in via sperimentale l'autonomia; decreto che è stato, peraltro, fortemente contestato dalle solite parti sindacali e da quella parte della maggioranza che non vuole la vera autonomia degli istituti scolastici. Non solo attendiamo, quindi, i regolamenti attuativi, ma siamo molto preoccupati perché nel collegato alla finanziaria, mi rivolgo all’onorevole Manzini, ci sono aspetti preoccupanti che fanno veramente riflettere. Giustamente hai ricordato gli unici due aspetti che potevano rafforzare il concetto d’autonomia: la possibilità per gli istituti di stipulare contratti di prestazione d'opera e la possibilità per gli istituti di riorganizzare i servizi ausiliari; ma tu forse sei rimasto al provvedimento governativo perché il Paese deve sapere che la maggioranza, prima al Senato ed ora alla Camera, sta tentando di rendere inefficaci questi unici due aspetti positivi che potevano realmente rafforzare l'autonomia.

Personalmente, mi assumo le mie responsabilità, ma credo che anche l'onorevole Napoli e le altre forze politiche vorranno tentare, insieme, di rimodificare il collegato per riportarlo all’articolazione originaria presentata dal Governo. Siamo, purtroppo, giunti a questo punto perché la maggioranza che sostiene il Governo ha introdotto tutta una serie di vincoli e cavilli che renderanno inefficace la stipulazione dei contratti di prestazione d'opera e vi si potrà ricorrere solo per attività di sperimentazione, solo per l'offerta formativa, cosa già prevista dalla 133, per l'avvio dell'autonomia. Rispetto poi alla riorganizzazione dei servizi ausiliari, era prevista nel testo governativo la possibilità per gli istituti di ricevere un premio se avessero attuato una serie di operazioni di razionalizzazione ed interventi di risparmio. Il PDS ha contestato questa soluzione che avrebbe permesso agli istituti di ricevere finanziamenti in virtù di una buona gestione, affermando: "dobbiamo creare questa concorrenza tra le scuole vedendo chi prende di più e chi prende di meno? Non siamo d’accordo. Conseguentemente i risparmi di spesa saranno ridistribuiti su base provinciale".

Questi sono segnali veramente molto negativi. Noi combatteremo in Parlamento per ottenere che si ritorni al testo originale: con questo non vogliamo fare una battaglia contro il ministro Berlinguer, vogliamo solo dimostrare che quando si cerca di cambiare qualcosa la maggioranza al Governo frena le migliori intenzioni, poiché abbiamo una maggioranza conservatrice ed un Governo che non si può muovere, perché succube di Rifondazione Comunista.

Concludo, il professor Pasolini ricordava che il Partito Popolare ha presentato per primo la proposta di emendamento di 110 miliardi, tengo a sottolineare che tutte le forze politiche, anche l'opposizione, anche il Polo, hanno presentato emendamenti in tal senso. Nel bilancio complessivo relativo all’istruzione, più di 60000 miliardi, il 98,15% si riferisce alle spese giuridicamente obbligatorie, spese fisse, e di queste somme per l'istruzione solo lo 0,41% nelle funzioni obiettive e lo 0,01% nella tabella per ceti di responsabilità amministrativa è riservato alle scuole non statali. Capite quindi che avere l'opposizione di Rifondazione Comunista che, in Commissione Cultura alla Camera, ribadisce "l'opinione contraria del suo gruppo sulla riqualificazione degli impegni di spesa dello Stato a favore della scuola privata che non può ad ogni modo precostituire una soluzione del controverso rapporto tra scuola statale e non statale", conferma quanto la battaglia ideologica sia ancora aperta e che non bisogna parlare di questi problemi soltanto fra gli addetti ai lavori, ma bisogna davvero rimobilitare le coscienze e l'opinione pubblica perché altrimenti lo statalismo non sarà mai abbattuto e lo Stato non sarà mai diverso da quello che abbiamo conosciuto, uno Stato tutore e non uno Stato che regola e riconosce le libertà dei cittadini.

 

Roberto Pasolini

Ringraziamo l'onorevole Aprea per il particolare entusiasmo ed il calore con cui ha illustrato le sue posizioni in questo dibattito, indice positivo della convinzione che permea la sua battaglia politica.

Per completare progressivamente il "puzzle della parità" con i tasselli che emergono dalle indicazioni che vengono dai singoli interventi, mi sembra opportuno mettere in evidenza alcuni aspetti di questo intervento:

In primo luogo il rischio di un sistema integrato che si orienti verso l’omologazione di tutte le scuole che ne fanno parte, mi sembra quindi importante la sottolineatura dell’onorevole Aprea quando indica di voler proporre un "sistema pubblico" .. "perché saranno le nuove norme del servizio pubblico che dovranno garantire la possibilità di entrare nella gestione della scuola anche ad altri soggetti" e non un "sistema pubblico integrato" onde evitare " che a fronte di finanziamenti non certi sia sotteso il rischio di una perdita d'identità e di libertà". Questo pericolo di un’integrazione che porti ad uno statalismo complessivo anche della scuola non statale, è stato sottolineato dalle parole autorevoli del nostro Cardinale Arcivescovo nel già citato discorso dell’ottobre scorso: "..sappiamo che secondo alcuni il sistema scolastico sarà veramente integrato quando risulterà indifferente scegliere un tipo o l'altro di scuola. L'obiettivo di costoro è una scuola non statale, ma che assomigli il più possibile a quella statale. Ciò è un sistema d’istruzione che, come una grande catena commerciale, ha gestori diversi, però la merce, il marchio e le divise sono le stesse". Queste parole indicano quanto questo rischio e questo pericolo siano latenti.

In secondo luogo l’onorevole Aprea ha messo in risalto le contraddizioni politiche ancora esistenti nell’ambito della maggioranza di Governo che dovrebbe approvare una legge paritaria. Soprattutto l’evidente impossibilità di ottenere una legge accettabile con l’appoggio del partito di Rifondazione Comunista i cui esponenti non perdono occasione per rigettare nel dibattito il problema ideologico dopo tanti tentativi di abbattere steccati che oggi non hanno più ragione di esistere.

In terzo luogo ha confermato, come i relatori precedenti, l'insignificanza degli interventi economici di questa finanziaria, allo stato attuale dei lavori, ai fini della copertura di una seria legge di parità. La volontà politica sarà evidenziata dall’accoglimento o dalla bocciatura dell’emendamento che propone l’introduzione dello strumento del credito d’imposta quale possibile finanziamento che permetta la libera scelta alle famiglie ed agli studenti.

Questo rende ancora più urgente e concreta la domanda che si ripete fin dall’inizio del nostro dibattito e mette ben in evidenza il nodo da sciogliere: se sarà approvata la legge sulla parità chi la finanzierà? E quando la finanzierà? Lascio agli oratori successivi la risposta, comincio con il dare la parola all’onorevole Brocca.

Beniamino Brocca (CCD)

La riflessione sul tema della parità scolastica genera da un certo tempo, in me, una contrarietà. Ho due sentimenti che mi tormentano. Il primo è di delusione per le molte promesse mancate che si accompagna a comportamenti incoerenti della maggioranza di Governo. Un altro sentimento è di disponibilità al dialogo sereno da perseguire con tutti coloro che detengono il potere decisionale. È un po' difficile accordare la rilevazione di scelte contraddittorie con l'assunzione di un atteggiamento pacato e collaborativo. Mi sento, quindi, un po' tormentato interiormente soprattutto quando penso a quello che è accaduto recentemente. Un cenno è stato fatto dall'amico Manzini, quando parlava dell'autonomia e della Bassanini 1 (legge 59/97 art. 21); in quell’occasione ci fu la proposta di affermare il principio della parità demandando poi la trattazione della questione ad una legge attuativa successiva. Che tale affermazione stesse bene in quel contesto dell'autonomia, lo ha detto lo stesso Manzini. Ci fu poi un intervento dell'amico comune Mattarella il quale disse "no, non è questa la sede, non è questo l'ambito opportuno, si discuterà quando si tratterà la questione della parità in un apposito provvedimento". È una posizione che si può discutere, condivisibile oppure no, ma comunque rispettabile, se non fosse messa in contraddizione da una atteggiamento che è stato assunto dopo, quando si discusse la riforma degli esami di Stato. Perché in quella sede non si fece lo stesso ragionamento e non si affermò che per toccare la normativa attuale riguardante le scuole non statali si doveva attendere un provvedimento adeguato? Voi lo sapete bene che in quel testo scandaloso che sarà approvato Martedì al Senato il trattamento delle scuole non statali è discriminatorio rispetto alle scuole statali. Ci sono dei vincoli che appesantiscono e comportano un arretramento rispetto all’attuale posizione legislativa; si poteva lasciare il tutto com’era. Questa è una contraddizione, mi si deve spiegare perché ci sono due atteggiamenti diversi su due provvedimenti. Tuttavia mi sforzerò di fare un ragionamento pacato perché, come giustamente è stato detto da Manzini, il problema della scuola in generale e della scuola non statale è un problema che riguarda tutti e quindi dobbiamo concorrere tutti a dare il nostro contributo per la soluzione positiva di questo problema, raccogliendo le proposte, da qualsiasi parte esse vengano. Quindi lascio da parte una serie di acquisizioni cui è stato fatto cenno. Conviene circoscrivere il ragionamento all'attualità delle decisioni da prendere in questa materia, armandoci di buon senso e anche di un sano pragmatismo.

Il sano pragmatismo mi porta ad affermare che l'intervento nella finanziaria che assegna un’integrazione di 110 miliardi in più per le scuole non statali non ci consente di cantare il "Te Deum". Per niente! Forse, se pensiamo a determinate realtà delle scuole non statali, possiamo cantare un "De Profundis" o un "Miserere" per qualcuno di loro; questo per due semplici ragioni: 1° perché questa è una via economicistica che mi pare tutti escludiamo. Occorre una legge quadro di riferimento dove anche il problema economico sia considerato in maniera opportuna, quindi se si abbandonasse l'idea di una legge di riforma e si procedesse per assegnazione di fondi dei capitoli di spesa in tabella 7, secondo me si percorrerebbe una strada sbagliata, quand'anche ai gestori arrivassero tanti denari.

Ma c'è una seconda ragione: mentre ci sono dei capitoli per trasferire il finanziamento dello Stato alle scuole non statali dell'infanzia, elementare e media, non c'è nessun capitolo di spesa per la scuola secondaria superiore in cui accreditare questi fondi; bisognerebbe allora inventare quel capitolo, ma, per inventarlo, occorre una legge e si ritorna quindi al discorso di un intervento più generale che è indispensabile, per questo mi pare che questo intervento finanziario sia un palliativo anche se è un segno di disponibilità che non bisogna disprezzare, però è un palliativo.

Il problema rimane, ed è, secondo me, da risolvere sulla base di alcune osservazioni. La prima: io ritengo che sia prioritario verificare, tra tutti coloro che si dichiarano disponibili a risolvere il problema della scuola non statale, la convergenza sull'opportunità di costituire nel nostro Paese un sistema educativo, ripeto, educativo e perciò di istruzione e di formazione, non mettendo sullo stesso piano i tre termini, come fa il provvedimento del Governo, poiché questi hanno significati profondamente diversi. Orbene, per avere un sistema educativo e di istruzione e di formazione che garantisca il concorso, (condivido quanto detto precedentemente in ordine a questo termine) dell'iniziativa non statale con quella statale, occorre un investimento adeguato per produrre una qualità più ricca del sistema di istruzione e di formazione e quindi occorre un impegno riformatore molto serio.

Seconda osservazione: credo si debba evitare di porre in alternativa all'iniziativa statale quella non statale. Sono ambedue indirizzate all’educazione, quindi all’istruzione e alla formazione e devono per questo essere seguite ambedue da premure, da interventi e da sostegni adeguati.

Terzo polo di riflessione: come può essere valorizzata l'iniziativa non statale? Mi permetto di fare accenno ad alcuni punti che ritengo indispensabili. Il primo punto è il diritto di scelta dei genitori e degli alunni, punto dal quale dobbiamo partire. Se prendiamo come punto di partenza il diritto di scelta dei genitori e degli alunni anche il discorso del sostegno economico va risolto in modo diverso da come si propone da talune parti. Secondo: la dotazione di un preciso indirizzo educativo che va richiesto per legge e che va rispettato. È il piano educativo di ogni singolo istituto che consente ai genitori di fare una scelta adeguata. Terzo: la salvaguardia della libertà di reclutamento dei docenti, sempre nel rispetto di presupposti di professionalità e di competenza. Per poter scegliere docenti che siano in sintonia con l'indirizzo educativo, nel rispetto della scelta dei genitori e degli alunni, occorre garantire anche questa libertà e in un disegno di legge questo va detto in maniera molto chiara. Quarto: io penso che si debbano fare, all'interno delle realtà delle scuole non statali, alcune distinzioni e consentire diversi livelli di collocazione; il più alto è il livello della parità, ma ci può essere anche un livello intermedio che è quello del riconoscimento semplice, uguale a quello che esiste oggi per quanto riguarda il riconoscimento legale, e un livello ancora più basso di notificazione. È una tripartizione vecchia ma sempre utile per non mettere vincoli troppo stretti nella collocazione in cui i singoli intendono mettersi ed è evidente che di fronte a questi tre livelli ci sono obblighi diversi e doveri diversi dello Stato, quindi con diversa graduazione di intervento.

Credo inoltre che si imponga la distribuzione equa dei gradi di precettività e degli obblighi.

Infine è importante l’erogazione dei sostegni, sostegni economici che devono agevolare le famiglie. Quindi, a mio modo di vedere, un no netto a forme di convenzione che possano dare allo Stato una grande discrezionalità nell'intervento e la possibilità, già ricordata, di omogeneizzazione delle scuole non statali alle scuole statali, perché ciò porterebbe ad una statalizzazione delle scuole non statali. Il rischio c'è, occorre valutare attentamente la forma, potrebbe essere il buono-scuola, il credito d'imposta, per taluni livelli potrebbe essere solo la detrazione fiscale, cosa molto diversa dal credito d'imposta ed ovviamente meno efficace. Si potrebbe pensare anche ad un sistema alla francese, in cui lo Stato interviene pagando le spese che riguardano il personale. Si può sicuramente ragionare sullo strumento, l’importante è che siano salvaguardati e garantiti quei principi che ho precedentemente esposto.

Termino richiamando la mia e la vostra attenzione su due condizioni: occorre una nuova politica scolastica entro cui collocare un intervento in favore della scuola non statale. Il disegno di legge del Governo, cosiddetto disegno di legge del "riordino dei cicli scolastici", non è un Vangelo, è un contributo che viene dato dal Governo, che va posto a fianco di altri contributi e discusso, seriamente discusso e poi illustrato, spiegato, aggiornato, modificato, perché ha un dito di polvere sopra; è, infatti, il vecchio disegno di legge che il vecchio PCI ci ha presentato nel febbraio 1977, quindi la sua attualità va verificata sulla base delle grandi indicazioni che vengono dall'Europa e dal libro bianco della Craisson. Bisogna seriamente e profondamente analizzare fino a che punto le proposte di questo disegno di legge del Governo corrispondono ai bisogni e alle attese delle giovani generazioni.

Credo anche che debba essere discusso perché, nella stessa realtà amministrativa, nei vertici politici dell'amministrazione scolastica ci sono dubbi, incertezze, perplessità. Non c'è la convinzione che queste scansioni del sistema previsto, per quanto riguarda i cicli, corrispondano veramente ai bisogni e alle attese delle giovani generazioni.

Ultima osservazione: per realizzare tutto questo, occorre, a mio modo di vedere una nuova maggioranza parlamentare. Dobbiamo essere realisti e concreti. La maggioranza che si trova qui a questo tavolo può discutere sulle forme e sulle modalità perché condivide l'impostazione di fondo. Bisognerà abbandonare, caro Manzini, Rifondazione Comunista, non si può trascinarla dove non vuol venire. Questo non significa che si debba arrivare ad una crisi di Governo, è un problema di Rifondazione Comunista, ma se vogliamo fare la legge occorre trovare i consensi con un'intesa seria. Io non so se tu sia in grado di far quadrare il cerchio e quindi portare Rifondazione nel disegno che qui è stato illustrato e sostenuto, con accenti diversi, ma con un’unica intenzione; ritengo che se vogliamo ottenere qualche risultato occorre avere il coraggio di una decisione così alta, così nobile, ma anche così radicale.

Roberto Pasolini

Possiamo sicuramente ritenerci soddisfatti dell'andamento di questo dibattito perché, ogni intervento, porta nuove indicazioni utili per dare una chiave di lettura alle concrete possibilità future di portare a soluzione il problema che ci interessa. Il fatto, quindi, che l'onorevole Brocca abbia voluto evidenziare le differenze esistenti tra affermazioni ed operatività politica di questa maggioranza dovrebbe farci riflettere quanto questo si stia concretizzando con l’approvazione del "nuovo esame di maturità" (discriminatorio verso la scuola non statale). È un dato di fatto incontrovertibile che ci pone di fronte al quesito se realmente l’attuale maggioranza di Governo considera la scuola non statale quale parte integrante del sistema scolastico italiano o, invece, ne sopporta solo l’esistenza cercando di tenerla in ogni modo ai margini del sistema stesso. Altro aspetto importante è stato ribadito nell’affermazione che l’eventuale finanziamento non può essere fine a se stesso, ma, ai fini di una vera parità, deve essere inserito nell’ambito di una legge organica di regolamentazione. Si evidenzia, quindi, anche in questo intervento, l’insignificanza, rispetto ai nostri obiettivi, dello stanziamento previsto dalla finanziaria. Mi sembra anche importante l’ulteriore sottolineatura del rifiuto della convenzione quale strumento di finanziamento, rifiuto che pone di nuovo l’accento verso la ricerca di strumenti che debbono agevolare in primis ed in modo diretto le famiglie. Da tenere in evidenza, a mio avviso, anche l’ultima provocazione politica circa la necessità di trovare una maggioranza diversa da quella di Governo ai fini dell’approvazione di una legge accettabile se non positiva, visto che l’attuale maggioranza sembra impossibilitata a farlo. Giusto anche porre in evidenza che questo, com’è avvenuto per accordi su altre riforme di carattere istituzionale (poiché la riforma della scuola è una riforma istituzionale) non deve creare gravi fratture politiche, né, tanto meno, crisi di Governo. Sarebbe strumentale tanto minacciarla quanto richiederla. Sarebbe indice chiaro di non voler giungere ad una soluzione. Ringrazio ancora l’onorevole Brocca ed invito l'onorevole Castagneti a prendere la parola.

 

 

Guglielmo Castagneti (Patto Segni)

. Sarò breve anche perché sono arrivato un po' in ritardo e me ne scuso, ma, per quanto riguarda gli interventi che ho potuto ascoltare, sicuramente l'ultimo, dell'amico Beniamino Brocca, dice molte delle cose che io avrei voluto qui sostenere. Neppure io sono in grado di affermare, con sicurezza, se il finanziamento di 110 miliardi previsto dalla finanziaria, alla fine del dibattito, rimarrà o no della stessa entità e se sarà effettivamente spendibile. Mi rimane difficile pronosticare se gli alleati della maggioranza riusciranno a convincere Rifondazione Comunista del fatto che l’approvazione di questo finanziamento è una delle cose necessarie, ancorché non risolutive nel problema della scuola italiana. È un problema che Brocca ha sollevato con molta chiarezza e che ritengo opportuno lasciare nelle mani dei nostri colleghi del Governo. Credo che alla fine, se è consentito un giudizio politico, e credo che sia consentito, Rifondazione riuscirà a spuntare la sostanza per salvare la forma, perciò nessuno perderà la faccia, ma la scuola perderà un'altra occasione; è più o meno con questa filosofia che si sta andando verso le proposte di soluzione di tutti i problemi del Paese, non si capisce perché non dovrebbe andare così anche in questo caso. È questa però una previsione che lascio in sostanza alla prossima cronaca parlamentare. Quello che a me preme qui stabilire è che anche se una parte del problema finanziario della scuola non statale è avviato a soluzione, con questo non si risolve, anzi si potrebbe rischiare di aggravare il problema della libertà della scuola se non si procede parallelamente a mettere a soluzione temi ben più radicali e in settori ben più ampi di quelli che riguardano l’aspetto finanziario: quello normativo, quello contenutistico dei programmi, quello giuridico. In caso contrario temo si possa arrivare ad una sorta di captazione della scuola privata o non statale, o libera che "dir si voglia". Si rischia di arrivare ad un punto in cui un settore della formazione, dell'educazione, dell'organizzazione sociale finirà con l'essere assorbito da una logica centralistica e statalistica vanificandone le risorse, le possibilità, le potenzialità rivelatrici. Il problema della parità, anche finanziaria, è oramai secondo me, un problema persino vecchio, nel senso che è un problema che è stato, giustamente, posto al centro del dibattito politico subito dopo l’approvazione della Costituzione perché occorreva dare un’interpretazione non coercitiva e in qualche modo liberale dell'articolo 33. La radice è lì, in una necessità storica, che io non commento e non giudico (anzi, ricordo che vengo da una parte politica che per certi aspetti l'ha condivisa), in cui lo Stato doveva avere il controllo e, in qualche modo, la supremazia in termini educativi. L'articolo 33 della Costituzione riflette una necessità di unificazione culturale, civile che io non voglio condannare, ma resta il fatto che esso aveva in sé un connotato illiberale, una dimensione in qualche modo coercitiva rispetto alla quale si è dovuto trovare il modo di dare o quantomeno lasciare aperta la possibilità di dare la parità alla scuola non statale. Nel passato, il cammino è sempre stato quello di cercare di riconoscere la parità alla scuola non statale. Oggi il problema vero è quello di liberalizzare la società e quindi la scuola nel suo complesso, in altre parole di cancellare l'idea di una supremazia dello Stato in termini educativi. È oggi necessario che la società si articoli con le sue autonomie, con le sue organizzazioni spontanee, con la ricerca dei suoi bisogni e delle sue necessità anche in termini educativi; non solo bisogna riconoscere che la società sia totalmente e completamente al pari dello Stato, ma persino che preceda lo Stato. Quest’ultimo dovrebbe intervenire nell'istruzione obbedendo alla logica della sussidiarietà, garantendo la possibilità a tutti di raggiungere certi livelli, supplendo la società laddove non riesce a raggiungerli. Questo Stato dovrebbe intervenire come sussidiario, non come un insieme di provveditori, di burocrati, di ispettori, di programmi vincolanti, di ruoli nazionali, di tutti quegli ingredienti centralisti che invece ci pare nessuno voglia toccare.

Quand'anche la scuola non statale avrà la parità, dovrà comunque poi attenersi a quanto previsto dalle circolari del Ministro: credo che questo sia un modo dilettantesco e autoritario di impostare le cose. Non si può, ad esempio, parlare di autonomia e di liberalizzazione e accettare nello stesso tempo che il Ministro, con una sua circolare (vedi storia del ‘900), dica quali devono essere i libri di testo, cosa bisogna insegnare e anche come.

Non possiamo illuderci che il piccolo, modesto problema economico, che ci auguriamo sia superato con il riconoscimento di un po' di ossigeno alla scuola non statale, risolva la situazione, situazione che va completamente capovolta, sia per quanto riguarda i titoli di studio e l'uso legale di questi, sia per quanto riguarda i ruoli dei docenti ed i loro contratti nazionali di lavoro. Bisognerebbe far capire ai sindacati che una vera libertà si stabilisce riconoscendo che è finito il tempo dei contratti collettivi, dei contratti nazionali perché questi ultimi non sono altro che un freno economico di egualitarismo e di burocratismo che impedisce la libera espressione di forme culturali autonome, di capacità migliori: non vi è la possibilità per chi vale di più di porsi sul mercato solo per il fatto di valere di più.

La revisione del nostro ordinamento deve partire proprio da lì, come ha detto giustamente Brocca. È possibile che qui nasca una qualche convergenza politica? Non per creare difficoltà alla maggioranza, ma perché, per risolvere alcuni problemi, bisogna avere anche il coraggio di variare l'equilibrio politico esistente. Con certe preclusioni di Rifondazione non siamo neppure in grado di compiere questi minimi passi. Invito i colleghi a riflettere se davvero l'obiettivo sia quello di una "libera scuola in libero Stato", come dice un nostro slogan, una scuola libera in cui la parità costituisce solo una parte del problema, per certi aspetti anche modesta, o se l’obiettivo primario sia quello di superare il rischio di un duopolio: scuola statale e una statalizzazione anche di quello che statale non è. Se questo è il vero problema, è stato poco coraggioso lasciar fuori della bicamerale la prima parte della Costituzione con quel benedetto articolo 33. In ogni caso, se dobbiamo portare avanti la rivoluzione liberale di questo Paese, a partire dalla scuola, dobbiamo farlo togliendo articoli, certamente meritori, certamente importanti sul piano storico, ma superati, perché evidentemente lo Stato liberale si costruisce con la prima parte liberale della Costituzione.

Nei prossimi mesi noi cercheremo di fare piccoli passi, laddove possibili, a cominciare dall’approvazione della finanziaria, la meno peggio possibile, sempre tenendo conto che il nostro giudizio su questa finanziaria certamente non è buono, e che il finanziamento di 110 miliardi è sicuramente limitativo. Cercheremo comunque di spuntare il massimo partendo da lì. Controlleremo che i provvedimenti che arriveranno non camuffino un nuovo centralismo e un nuovo autoritarismo. L'"elevazione dell'obbligo", la "riforma della superiore", come rilevava giustamente Brocca, sono parole che sentiamo da trent'anni, e nelle peggiori sedi di statalismo e di concezione burocratica e ideologica della scuola. Vorremmo ora che ci fosse qualche novità. L’appello che facciamo è che ci si renda conto, infine, che il migliore intervento finanziario o anche le migliori riforme, o le meno dannose, si fanno solo con una rivoluzione completa, al centro della quale si deve porre il fatto che l'individuo possa organizzarsi liberamente, anche per ciò che concerne il campo dell’istruzione. Nel campo dell’istruzione lo Stato non ha alcuna superiorità, nessuna supremazia sull’individuo, anzi ha l’obbligo di garantire a quest’ultimo la libertà di scelta. Per arrivare a ciò è indispensabile e necessaria una modifica anche di quella prima parte della Costituzione, superata dalla storia e che non possiamo continuare, quindi, a considerare inamovibile.

Roberto Pasolini

Ringraziamo l'onorevole Castagneti, che a sua volta, oltre a porre l'accento su alcuni aspetti già chiaramente esplicitati dai relatori precedenti, ha inserito nel nostro dibattito un elemento nuovo di riflessione: la necessità di revisione della Costituzione nella parte che riguarda il riconoscimento della parità alle istituzioni non statali ed agli studenti che le frequentano. L’analisi storica delle motivazioni che hanno portato ad una versione, ed alle conseguenti interpretazioni, restrittiva dell’articolo 33 ha evidenziato con chiarezza la mutata situazione sociale e culturale del nostro Paese in cui spira vorticosamente un’ansia di autonomia e libertà in tutti i settori, quello dell’istruzione compreso. Questo porta ad una decisa richiesta di liberalizzazione del sistema, che, a parole, è condivisa anche da una gran parte delle forze che compongono l’attuale maggioranza, ma soprattutto la richiesta che lo Stato abbia il coraggio di fare un passo indietro: "più società e meno Stato" in una giusta applicazione del principio di sussidiarietà che dovrebbe essere il motore propulsivo dello sviluppo di ogni moderna società civile. Come abbiamo sentito, anche l’onorevole Castagneti auspica la formazione di una nuova maggioranza attorno al problema della riforma complessiva del sistema scolastico italiano, riforma che comprenda anche il riconoscimento della parità e, come già evidenziato da altri relatori, senza che questo faccia "stracciare le vesti" a qualche forza politica o che si ponga il ricatto della crisi di Governo. Sarebbe un ricatto inaccettabile perché votato all’immobilismo o alla costrizione di soluzioni ideologiche nemiche della vera democrazia. Proseguiamo il nostro convegno ed invito a parlare l’onorevole Moioli.

Mariolina Moioli (CDU)

Desidero anch'io complimentarmi con gli organizzatori di questo convegno, sono d’accordo con molte delle affermazioni fatte e, quale responsabile scuola del CDU, credo di poter affermare qui, oggi, in terra lombarda, che la collaborazione tra le diverse forze politiche del Polo ci ha permesso di ottenere modifiche al disegno di legge sulla maturità presentato dal Ministro e che sta per essere approvato definitivamente dal Senato. Avremmo potuto fare di più, e, in prospettiva, è indispensabile che noi elaboriamo una proposta complessiva, nostra, che sia fortemente condivisa. Affidando soltanto alle forze politiche la riforma della scuola, senza il necessario sostegno, in termini di mobilitazione, della pubblica opinione, e, in termini di contributo sostanziale, da parte di chi opera nel quotidiano, nelle istituzioni scolastiche statali e non statali, ci illuderemmo fortemente, perché non avvengono cambiamenti se non fortemente sostenuti dalla società. A questo proposito devo affermare che a preoccupare e a far ragionare un po' di più il Ministro, portandolo verso possibili mediazioni, sono state iniziative come quella del Palavobis e quelle che sono seguite a quella grande manifestazione. Dobbiamo renderci conto che la riforma della scuola è una riforma istituzionale e che dietro la nostra idea di scuola, c'è un'idea di Stato, un'idea di società, un'idea di uomo molto diverse da quella presentata dal Governo. Di conseguenza il dato di riferimento che dobbiamo aver sempre presente è sicuramente ed innanzittutto quello culturale. Non possiamo pensare di poter cambiare il sistema scolastico italiano a colpi di maggioranza o scendendo a compromessi con la stessa, aperti o nascosti che siano, questo significherebbe non cambiare niente o quantomeno modificare solo qualche cosa che in ogni modo ci porterebbe verso la realizzazione di un modello di scuola molto simile a quello presentato nel ‘77 dal PCI, come ci ricordava l’amico Brocca. Per chiarire meglio quanto voglio esprimere può essere utile fare riferimento ad alcune esperienze fatte di recente. Prendiamo, ad esempio, la legge di riforma degli esami di maturità. Nelle intenzioni del Ministro erano già riformati in un certo modo, ma, grazie al nostro lavoro, siamo riusciti ad apportare qualche modifica, ma il disegno, l’impianto, la filosofia d’impostazione sono rimasti quelli previsti dal disegno del Ministro. È capitato, anche di recente, che la maggioranza si dica disposta a ragionare, a sedersi ad un tavolo di mediazione per vedere quali sono i punti rinunciabili e quali quelli irrinunciabili secondo la nostra visione di scuola. Noi assecondiamo tale richiesta, facciamo poche proposte, ma significative, proposte che salvaguardino la dignità della scuola non statale, convinti come siamo che la scuola non statale possa e debba offrire un'opportunità di grande qualità. Ben presto ci rendiamo conto che questo comportamento, non ha alcuna volontà costruttiva, ma è solo strumentale ai fini di prendere tempo. La conferma viene dall’aula durante il dibattito e le votazioni dove ci sentiamo dire sistematicamente: "Le vostre richieste non possono essere accettate". Questo ci fa render conto di quanto dobbiamo stare attenti di fronte ad affermazioni che, qualche volta, sono più liberali di quelle che facevano i liberali, perché in sostanza non si concretizzano mai. Se facciamo un’analisi approfondita, la situazione è molto più complicata e pesante di quanto noi possiamo immaginare. Occorrono soldi: a fronte di 60000 miliardi spesi per la scuola pubblica, ne abbiamo stanziati 110 per la scuola non statale, e così crediamo di andare in Europa e di eguagliare la nostra legislazione a quelli degli altri Paesi? Mettiamoci seriamente a confronto con l'Europa per renderci conto di quale sia il sistema scolastico già adottato, per esempio, dalla Francia, dalla Germania, dall’Inghilterra e dalla Svezia; e poi analizziamo quali strumenti di libertà e di scelta mettiamo realmente a disposizione dei nostri studenti, quando il 95% delle scuole è dallo Stato, e solo il 5% fortuitamente non lo è anche se, con la scusa del riconoscimento del titolo legale di studio, si pretende che anche questo 5% si adegui all’impostazione dello Stato. Dobbiamo poi sottolineare con forza il fatto che "fanno solo finta" di parlare di autonomia predisponendo un decreto per la sperimentazione dell’autonomia organizzativa quando stiamo aspettando i regolamenti attuativi, nel loro complesso fin dal mese d’agosto!

Ad un convegno nazionale organizzato da Alleanza Nazionale, prima dell’estate, avevamo espressamente chiesto al Ministro di rispettare i tempi previsti per l’analisi ed il parere della Commissione competente. Temevamo che questi regolamenti fossero emanati durante la pausa estiva, che i 60 giorni previsti fossero bruciati dalle vacanze e di non avere così l'opportunità di apportare un nostro contributo costruttivo. In quell’occasione il Ministro ci rispose: "Voi pensate male". I fatti sembrano dar ragione ai nostri dubbi e torto alle sue affermazioni. Siamo arrivati, in pratica, a fine anno e questi regolamenti non sono ancora stati emanati a causa delle grandi difficoltà che esistono all'interno della maggioranza ed i termini previsti stanno per scadere.

La partita che si sta giocando è d’importanza primaria. È in gioco l'idea che si ha dell'Uomo, della centralità della persona umana che deve essere riposta all'interno di leggi quadro che dettino regole che necessariamente devono essere fissate dallo Stato. La libertà di scegliere il progetto educativo che si ritiene più adatto al proprio figlio, in questo Paese non c'è. È solo teorica e non potrà esserci realmente finché vi saranno discriminazioni di carattere economico La libertà di scelta presuppone che ci sia un pluralismo nell'offerta, un pluralismo nell'offerta comporta un pluralismo di gestori, lo Stato, l'ente locale, la cooperativa, la scuola cattolica, il privato cui lo studente, la famiglia possa accedere a parità di condizioni ma, con 110 miliardi, quale parità volete che si faccia? Forse, un suggerimento per rendere più efficace l’intervento potrebbe essere quello di non suddividere a pioggia il finanziamento, ma destinarlo interamente solo per un settore che così potrebbe trarne reale beneficio ed almeno in quel settore potrebbe cominciare a configurarsi un inizio di parità ed introdurre una proposta di scuola diversa e che si qualifica in modo diverso.

Credo che il cammino sia ancora molto lungo, anche per quanto riguarda il disegno di legge che il Ministro Berlinguer ha depositato in Parlamento: i gradi di libertà sono minimi o non esistono. Mi viene spontaneo un esempio che forse può rendere l’idea nella quale si trova la scuola italiana. È come se fosse un ente che deve produrre un giornale, può ridurre il numero delle pagine, può mettere un articolo in una pagina piuttosto che nell'altra, forse può cambiare colore, ma nella sostanza, alla fine, deve produrre sempre lo stesso giornale. Credo che questo sia un dato di impoverimento drammatico della nostra realtà sociale. Ritengo che un Paese non può andare lontano se non investe in termini di sussidiarietà nelle persone e poi gradualmente nelle istituzioni. Non mi si dica poi che i finanziamenti portano con sé il rischio che la scuola non statale diventi un diplomificio. Se, oggi, la situazione è quella che è, anche in termini di carenza di qualità e di opportunità di formazione, di educazione e di istruzione al livello migliore, come già ricordava prima Valentina Aprea, ciò deriva dall'attuale sistema e dalla mancanza di volontà di intervenire laddove l'offerta scolastica non è un'offerta adeguata.

In questi mesi abbiamo fatto un lavoro intenso che non ci ha dato molte soddisfazioni concrete anche per la poca disponibilità politica della maggioranza, ma ci ha, comunque, permesso di capire in quale situazione ci troviamo. Diventa necessario confrontare le nostre proposte, al di là della finanziaria, perché la finanziaria è esclusivamente un dato di economia interna ai conti dello Stato; mentre la partita si gioca su un fronte più alto. Non dobbiamo cadere nell’iniziativa strumentale di inserire qualche soldo in più per accontentare coloro che altrimenti non avrebbero votato la finanziaria. Non è così che si risolvono i problemi.

Temiamo che vi sia un disegno politico per far passare un modello di scuola per via amministrativa e di far sì che, mentre noi, Parlamento, impegniamo il nostro tempo per discutere il "grande progetto di riforma", la riforma comunque vada avanti, modificando gli equilibri attuali, riducendo, nella nostra scuola, anche quei limitatissimi spazi di libertà che con tanta fatica si sono conquistati. Questo è un grave rischio che dobbiamo combattere perché una battaglia di libertà è una battaglia che merita sempre di essere combattuta. Assieme all’invito di continuare a lavorare, rivolgo, quindi, un appello a tutti coloro che credono nel cambiamento di questo Paese e la prospettiva di un futuro migliore per i nostri figli, perché ci diano un sostegno forte e richiedano, prima di tutto, un sistema scolastico che sia restituito alla responsabilità delle persone, delle famiglie, della società.

Roberto Pasolini

Prima di passare all'ultimo intervento ringrazio anche l'onorevole Moioli per aver fatto tre richiami forti nel suo intervento. La necessità che ogni azione politica sia sostenuta dalla pressione delle associazioni di categoria, dalle famiglie, dagli studenti affinché gli interlocutori politici capiscano che il problema di cui debbono farsi interpreti è veramente sentito, assume una reale importanza per il cambiamento del nostro Paese. Gli effetti positivi, in tal senso, derivati dalla grande manifestazione del Palavobis sono stati sotto gli occhi di tutti gli operatori, prima tra tutte quella di aver aperto una stagione ricca di dibattito, di confronto, di voglia di non sottostare passivamente all’imposizione di una linea di riforma che non troviamo possa attagliarsi al nostro modo di pensare ed al nostro modo di vedere l’educazione e la formazione delle nuove generazioni.

Il secondo richiamo può destare preoccupazione poiché pone l’accento, con esempi concreti, sulla "finta" volontà della maggioranza di accettare contributi modificativi da parte dell’opposizione all’insegna che la scuola è di tutti e come tale non può essere retaggio di una sola parte politica ne, tanto meno, di un’ideologia, ma deve recepire i contributi di tutte le espressioni culturali ed esprimere le migliori tradizioni educative-formative del nostro Paese. Il terzo richiamo sottolinea, come in altri interventi, quanto il ridotto finanziamento stanziato nella legge finanziaria non possa in alcun modo essere considerato un inizio di parità, ma forse strumentale ai fini di ottenere una maggioranza che l’approvi. Abbiamo, ora, l'ultimo intervento, quello dell’onorevole Bianchi, esponente del PDS, quindi del partito di maggioranza nell’attuale compagine Governativa e del quale fa parte anche il Ministro Berlinguer. Non possiamo, quindi, che ascoltare con interesse il suo intervento che potrebbe aiutarci a capire la linea politica che il suo partito ed il Ministero vogliono intraprendere ai fini della soluzione dei problemi che oggi stiamo dibattendo. La invito a prendere la parola.

Romana Bianchi (PDS)

Ringrazio per l'invito perché ritengo molto utile un confronto su questo tema in una sede come questa, o, in ogni modo, al di fuori delle aule parlamentari. Spesso si discute del rapporto scuola statale e non statale, se ne fa un’accesa occasione di confronto e di scontro e poi il tutto cade nel vuoto. In relazione al disegno di legge del Governo e del Ministro Berlinguer sul sistema pubblico dell'istruzione e della formazione, e quindi sul rapporto tra scuola statale e scuola non statale, si può affermare che si sta imboccando la strada verso l'attuazione molto complicata di un articolo della nostra Costituzione, il 33, che è stato, fino ad oggi, completamente inattuato. L’onorevole Castagneti ha fatto riferimento a contenuti illiberali dell’articolo 33; io non sono convinta che noi possiamo giudicarlo dandogli un'etichetta di quel tipo. L’art.33 è il frutto di un confronto politico culturale in un dato momento storico, nei lavori della Costituente, per arrivare ad una formulazione che si pensava potesse poi aiutare l'attuazione dell'articolo stesso. Il problema è che l'articolo 33, a causa di scontri ideologici molto forti, è rimasto lettera morta.

Io faccio parte del PDS e vengo dal PCI: all’interno del PCI lo scontro era fortissimo, vi erano discussioni, contraddizioni tra chi pensava che secondo l'articolo 33, lo Stato, il Parlamento e il Governo dovessero rendere effettiva la parità, così come prevista da una parte dell'articolo, e chi invece usava come un randello il "senza oneri per lo Stato" contro gli altri. Indubbiamente l'articolo racchiude in sé queste contraddizioni e, quindi, affrontarlo e far in modo che la sua regolamentazione non sia anticostituzionale non è facile. D'altra parte, permettetemi una piccolissima digressione, nei lavori della Bicamerale quando si è discusso del rapporto pubblico-privato in questo Paese c'è stato uno scontro di non poco conto, così come sul fatto di considerare l'intervento dello Stato solo come sussidiario laddove non arrivava la società. Io non mi nascondo mai dietro una maschera e quindi voglio affermare che il nostro Paese viene da 50 anni di statalismo, statalismo che io per la mia parte politica riconosco, ma che non è stato solo della sinistra comunista o marxista che sia, e, a tal proposito, mi faccio carico di tutti gli errori e le contraddizioni che lo statalismo ha portato con sé; ma la stessa cultura statalista ha attraversato anche altre forze politiche e pesa oggi su di noi che per motivi istituzionali o professionali ci occupiamo di scuola.

Ci rendiamo tutti conto di quanto questo tema del rapporto pubblico-privato, e quindi del ruolo che lo Stato deve avere, sia pesante, nel senso di invasivo, in altri settori, ad esempio quello della sanità. Come mai ci si accalora così tanto contro i finanziamenti alla scuola non statale e non si discute mai del rapporto che esiste, per quanto riguarda i finanziamenti, tra sanità pubblica e privata? La questione del rapporto pubblico-privato nel nostro Paese è sempre stata molto difficile da affrontare proprio a causa della cultura statalista che caratterizza la nostra storia e che è ancora oggi difficile da scardinare e mettere in discussione. Lo stesso modo con cui oggi anche i giovani discutono e contestano il possibile finanziamento alla scuola privata è residuo di quella mentalità, non perché ci sia un'esperienza soggettiva dei giovani, oggi, sul fatto che l'intervento statalista è meglio di un altro, ma solo perché è un residuo di quella cultura. Dico questo per affermare che occorrerebbe uno sforzo di tutti, per svestire di contenuti ideologici il problema e per affrontare il problema molto di più sul concreto. Affrontarlo sul concreto vuol dire confronto sui valori e, quindi, sull'idea che si ha su come s’intende costruire il rapporto delle scuole con la società e con i singoli individui e quindi delle scelte politiche che vanno fatte. Le ideologie, infatti, contengono molti elementi di scontro e non di confronto, confronto, invece, necessario per arrivare, mi auguro in tempi ragionevoli, ad una legge che fissi delle regole, per decidere, poi, sui contenuti.

Dopo questa premessa, mi accingo a rispondere ad alcune delle domande poste questa mattina all’inizio del nostro convegno. Mi sembra di poter affermare, con tranquillità, che l'innalzamento del finanziamento alle scuole non statali nella Finanziaria sia legato solo ed esclusivamente alla Finanziaria '98. L'esperienza che ho avuto nelle istituzioni mi assicura che sarà difficile approvare in un anno una legge di questo tipo, anche se mi auguro che sia fatto, e bisognerebbe in ogni modo, nel caso, trovare negli assetti di bilancio altri finanziamenti, non penso saranno certo questi i finanziamenti da toccare anche perché destinati ad altri capitoli. Se poi analizziamo la distribuzione di questi complessivi 346 miliardi ci accorgiamo che sono destinati, quasi tutti, alle scuole di base e ciò è molto indicativo per riuscire a capire come sia stato pensato l’art. 33 e di come successivamente si sia tentato di attuarlo, anche parzialmente. Quando fu approvata la nostra Costituzione, la situazione storica del nostro Paese era tale per cui si pensava che soprattutto la scuola fino alla 5° elementare fosse quella che riguardasse gli uomini e le donne di questo Paese. Gradualmente da un punto di vista dell’istruzione vi è stato un profondo cambiamento. Oggi l'educazione riguarda tutta la vita di una persona e quindi anche nell’interpretazione e nell’applicazione dell’articolo 33 va rotta una mentalità e, soprattutto, occorre emanare una legge che istituisca un sistema pubblico dell’istruzione che comprenda scuola statale e scuola non statale. In caso contrario ci preoccuperemmo solo dell’entità di finanziamenti, ma sempre nella vecchia logica interpretativa dell’art. 33.Io mi auguro che si lavori per approvare questa legge; un cammino difficile, difficile perché è molto più facile per ognuno di noi fare proclami ed affermazioni all'esterno che non confrontarsi all'interno della propria forza politica e misurarsi anche con i propri problemi politici e le proprie difficoltà. È importante arrivare all’approvazione di una legge di parità che ponga fine ad un’anomalia che caratterizza e distingue in negativo il nostro Paese da tutti gli altri Paesi Europei che, invece, sono arrivati, da tempo, ad avere una legge di parità, che possiamo condividere o non condividere; ma esiste, mentre nel nostro Paese non l'abbiamo ancora nonostante i numerosi dibattiti, gli scontri ideologici, i disegni di legge presentati.

Solo con una legge che fissi le regole noi potremo ragionare seriamente sul finanziamento a tutto il sistema scolastico. Il nostro sistema d’istruzione ha bisogno, nel suo complesso di grandi investimenti e io mi auguro, come tutti coloro che sono interessati al destino della nostra scuola, che l’annuncio di un grande finanziamento in un piano triennale del sistema della formazione e dell'istruzione, fatto in questi giorni, possa essere concretizzato dopo le strette di tipo economico e finanziario che il Governo, e quindi il Paese, ha vissuto in questi ultimi anni. Sarà all’interno di questo investimento che si potranno studiare le modalità di ripartizione e, quindi, prendere in considerazione anche il problema del rapporto pubblico/privato. Come è già stato ricordato, il Governo ha presentato un suo disegno di legge e per quanto riguarda la questione degli sgravi fiscali e le forme di finanziamento previsto dall’articolo 3 ne condivido i contenuti. (DDL 2241 - Articolo 3 - (Diritto allo studio e incentivazione della scolarizzazione e della formazione).1. Lo Stato predispone e attua, tenendo conto degli stanziamenti previsti negli attuali capitoli di bilancio per la scuola non statale, interventi in favore dei genitori dei bambini e dei giovani in età scolare, a partire dal terzo anno di età, ivi compresi i genitori degli alunni che abbiano completato la scuola dell'obbligo e intendano proseguire negli studi o nella formazione negli istituti statali o paritari. 2. Gli interventi di cui al comma 1 sono determinati con la legge finanziaria e sono volti ad alleggerire, anche mediante sgravi fiscali, gli oneri sostenuti dai genitori per il costo dei libri di testo, dei sussidi didattici di uso personale e delle rette e a sostenere gli alunni in condizioni economiche disagiate 3. Le somme destinate agli alunni delle scuole pubbliche paritarie sono accreditate presso le scuole stesse, che attestano la frequenza degli alunni. 4. Lo Stato assicura gli interventi di sostegno previsti dalla legge 5 febbraio '92, numero 104, nelle istituzioni scolastiche paritarie che accolgono alunni con handicap). Lo condivido perché permette di trovare, nell’ambito della discussione parlamentare, diversi tipi di soluzioni. Personalmente sono poco convinta, lo sono sempre stata, del buono-scuola, mi ritrovo maggiormente in altre forme di finanziamento che garantiscano e siano in linea con il diritto allo studio e mettano, quindi, il sistema pubblico statale e non statale nelle condizioni di ricevere finanziamenti secondo l’utenza e del ruolo che svolge, per mettere tutti i giovani di questo Paese in grado di poter accedere a livelli più alti d’istruzione.

Il sistema pubblico, quindi statale e non statale, deve garantire il diritto allo studio che è della persona, del ragazzo e della ragazza, del bambino e della bambina ed è un diritto fondamentale su cui si devono indirizzare le risorse pubbliche.

L'ultima questione è questa: mi sembra evidente che, per andare a discutere in Parlamento di questo tema, ci debba essere un accordo della maggioranza del Governo; l’idea di escludere Rifondazione mi sembra abbastanza ridicola. Se la maggioranza sa assumersi la responsabilità di governare un Paese, deve sapersi assumere la responsabilità di andare in Parlamento e di presentare le proprie proposte. Mi auguro che all’interno di un dibattito parlamentare, posizioni diverse, assunte da partiti diversi, sappiano trovare le opportune convergenze. Su una legge come questa, attesa da tanti anni, bisogna essere liberi di confrontarsi, perché questa è materia, come quella della Bicamerale, che, secondo me, ha poco a che vedere con le maggioranze di Governo. Non dimentichiamoci, come ho già affermato che questa legge tocca una materia che ha a che vedere con l’attuazione di un punto molto delicato del rapporto tra pubblico e privato nel nostro Paese non ancora ben chiarito neanche dalla Costituzione e quindi la sua soluzione necessita del contributo di tutti.

Vorrei potermi soffermare su alcune affermazioni di Brocca, riguardanti per esempio il modo diverso di stare all’interno di un sistema pubblico, che secondo me sarebbero interessanti. Condivido l’affermazione che "sistema pubblico" non significa che tutto ciò che non è statale debba star dentro lo stesso sistema; è chiaro quindi che ci siano obblighi e doveri diversi a seconda del collocamento e quindi dei finanziamenti ottenuti, ma questo vale per tutti i settori e non solo per quello dell’istruzione.

Roberto Pasolini

Ritengo che quest’intervento non ha deluso le nostre attese e ci permette di rilevare alcune importanti affermazioni che, ci auguriamo, non siano frutto di una posizione personale dell’onorevole Bianchi, ma che siano rappresentative della posizione che il suo partito sta maturando sul problema che "ci sta a cuore". Riconoscere, quale anomalia del nostro Paese, la mancanza di una legge sulla parità e che siano superate le condizioni storiche nelle quali si è maturata la formulazione dell’art. 33 e le sue interpretazioni, mi sembrano affermazioni degne di sottolineatura in considerazione della parte politica da cui provengono. Aspettavamo una risposta chiara al quesito posto dal Convegno, risposta che l’ultimo intervento non ha mancato di farci pervenire. Nessuna parità da questa finanziaria perché i tempi per l’approvazione di una legge paritaria saranno lunghi, forse più del tempo di competenza della finanziaria ’98. Potrà non piacerci, ma, almeno, è una risposta chiara che sgombera il campo da qualsiasi tentativo di "fumo" che a volte, strumentalmente, qualche parte politica tenta di fare attorno al problema. Questo rilancia quanto ci ha ricordato l’onorevole Moioli circa la necessità che le associazioni e le famiglie continuino la pressione sul mondo politico affinché i tempi non si allunghino più del previsto e non si rischi di rimettere nel "dimenticatoio" l’urgenza di una soluzione.

Il nodo politico circa quale maggioranza voterà una legge di parità è stato affrontato, a mio avviso, con qualche contraddizione. Affermare che "è ridicolo escludere Rifondazione Comunista da un accordo" ha una logica di maggioranza di Governo ineccepibile, come ineccepibile si può definire l’apertura e la richiesta di un dibattito in Parlamento che sia libero da vincoli di partito poiché il tema, come ha ricordato l’onorevole Bianchi, tocca "materia da Bicamerale", ma la recente esperienza in occasione della discussione degli esami di maturità solleva perplessità e doverosi dubbi circa la volontà di Rifondazione di accettare tale linea e di non ricorrere a "ricatti politici" di Governo al fine di far prevalere la sua posizione, posizione che non è certo foriera di una legge di parità che possa riconoscere nel giusto modo e con la dovuta dignità il servizio pubblico reso da decenni dalle scuole non statali. Ci auguriamo solo che l’intervento che abbiamo sentito sia da considerarsi un serio impegno politico che possa concretizzarsi durante il dibattito parlamentare che, ci auspichiamo, si apra al più presto nella competente Commissione in Senato.

Dopo aver ascoltato gli esponenti politici che nuovamente ringrazio per la partecipazione e per il contributo che hanno portato al nostro dibattito, passiamo ora alla seconda parte dell'incontro dando voce alle associazioni, ai loro contributi, alle loro richieste.

Inizio dando la parola al rappresentante della FIDAE, professor Cioccarelli.

INTERVENTI ASSOCIAZIONI E MOVIMENTI

Massimo Cioccarelli (FIDAE)

Mi sembra importante affermare che scuole statali e scuole non statali o promosse da altri enti e soggetti sono al servizio della società e quindi sono da considerarsi, "tutte", scuole pubbliche. In presenza della globalizzazione dell'economia mondiale e in vista di un'ulteriore integrazione europea, occorre che il potere pubblico, a tutti i livelli, quindi dallo Stato agli enti locali, s’impegni concretamente, anche finanziariamente, per il miglioramento della qualità del nostro sistema scolastico. Siamo ben consapevoli dei vincoli di bilancio, ma le forze politiche, sia di maggioranza sia di opposizione, devono avvertire la questione scolastica come un'emergenza nazionale connessa al grave problema del lavoro e dell'occupazione. La chiusura per motivi economici di istituti scolastici costituisce, infatti, un impoverimento della società civile e della libertà di tutti. Come è stato detto prima, un'elargizione di 110 miliardi non porta al superamento di una mentalità, lo dimostrano i ragazzi per le strade, magari anche quelli che assediano le scuole cattoliche, secondo i quali l’educazione e l’istruzione sono ancora, napoleonicamente, monopolio dello Stato e la scuola non statale è lasciata in condizioni sempre più marginali. La richiesta della FIDAE al mondo politico, al di là di questa finanziaria, è di un'apposita legge che regoli la parità, sia dal punto di vista giuridico, sia da quello economico, nell'ambito di un'autonomia scolastica che, però, sia una vera autonomia scolastica. Ai legislatori, spetta invece il compito di stabilire le modalità specifiche di questa parità; è importante però riaffermare che la parità non è una graziosa concessione da parte dello Stato, ma un diritto naturale di tutti. Nel concludere, desidero rilevare che il principio di sussidiarietà correttamente inteso non è quello che è stato approvato dalla Bicamerale, se vogliamo uno Stato moderno dobbiamo affermare con forza che lo Stato deve intervenire là dove la società non arriva, non il contrario.

Roberto Pasolini

Ringraziamo il rappresentante della Fidae per l’intervento che ci permette di riaffermare come la parità non deve essere vista e valutata in un regime di concessione, ma come il riconoscimento di un diritto sancito dalla Costituzione e disatteso da un cinquantennio e di ricordare l’urgenza di un intervento senza il quale le scuole non statali continueranno a chiudere sedi con "un impoverimento della società civile e della libertà di tutti". Invito ora a prendere la parola l'ing. Sepiacci in rappresentanza dell'ANINSEI.

Luigi Sepiacci (ANINSEI)

L’odierno convegno ha registrato la presenza dei rappresentanti della quasi totalità delle forze politiche presenti in Parlamento e tutti hanno dimostrato grandi aperture. Dovremmo concludere che la parità è dietro l'angolo ed andarcene a casa felici e soddisfatti, ma, il passato ci ha insegnato che quasi sempre quando si parla di parità, poi nei fatti nulla si conclude.

Un tempo i nostri amici della DC quando erano al governo come partito maggioritario ci dicevano "Noi vorremmo fare, ma c'è il PCI che c’impedisce e non possiamo fare", oggi abbiamo un arco anche più ampio, ci manca solo la presenza di Rifondazione Comunista. Temo che domani ci si venga a dire che il veto di Rifondazione Comunista non permette di risolvere il problema della parità.

Il ministro Berlinguer sembra già mettere le mani avanti quando afferma che la legge di parità non passerà con maggioranze diverse da quella di governo.

Dopo ciò, vorrei fare alcune puntualizzazioni, che mi sembrano necessarie. Nell’ampio dibattito di oggi sono state presentate varie posizioni e trattati molti aspetti del problema, debbo dire che li condivido nella maggior parte, però alcuni punti non sono stati toccati e credo sia bene richiamarli.

Parlando di parità, vorrei ricordare, due sono gli aspetti che bisogna considerare con riferimento all’articolo 33 della Costituzione, il primo riguarda le scuole, la legge sulla parità deve garantire loro comunque la piena libertà, e non mi sembra che questa sia la strada che si sta imboccando, e questa sarebbe la parità giuridica per le scuole. L'altro aspetto è la parità di trattamento economico, questo non riguarda le scuole, e la Costituzione è chiara, ma solo gli studenti e le famiglie. Non può essere discriminato chi sceglie la scuola non statale con trattamenti diversi. Quindi una parità per le scuole che significa piena libertà con il solo limite delle norme generali sull’istruzione, che la Repubblica e non lo Stato deve dettare, ed una parità per gli studenti e le famiglie, che è una parità di scelta, e cioè poter scegliere il percorso educativo e formativo che meglio credono senza essere vincolati dalle loro condizioni economiche.

Se ci poniamo in quest’ottica non possiamo pensare a soluzioni che prevedano erogazione diretta di contributi alle scuole e che sono da rigettare anche per altri ben più seri motivi. Dare contributi direttamente alle scuole significa comprare le scuole, significa cercare clientes, significa togliere la libertà alle scuole. Tutto ciò non è accettabile: è meglio morire liberi che morire schiavi comprati. Questo, è il mio pensiero e di tutta l'ANINSEI.

Molti ostacoli alla parità si risolverebbero con l'abolizione del valore legale del titolo di studio, che non serve più a niente, è un pezzo di carta che ti porta in diecimila all’Hotel Ergife a Roma a partecipare ad un concorso per un posto da guardia carceraria. Non serve a null'altro, si abbia allora il coraggio di abolire il valore legale del titolo di studio, dopo vedremo chi campa distribuendo e spacciando diplomi, se è la scuola non statale o è la scuola statale, che vive e si giustifica spacciando diplomi. Queste cose bisogna dirle e dirle chiaramente.

Il quadro attuale non è per niente piacevole ed un assaggio l’abbiamo avuto con la legge di riforma dell’esame di Stato. Dov’è la "piena libertà"? Quando si fa un provvedimento non bisogna divorare il dettato costituzionale.

Oggi noi operiamo con una legge, la 86 del '42, che è una legge che impone alle scuole non statali la conformità, una, ho i miei dubbi, legge fascista, per usare un termine piacevole per la sinistra, e pre-costituzionale, quindi una legge fascista e pre-costituzionale regola questo settore da 50 anni, è una vergogna!

Questa legge di conformità è stata una garrotta al collo della scuola non statale, stretta o allentata a seconda delle circostanze dall’amministrazione, ha impoverito la scuola non statale per quanto riguarda la possibilità di sperimentare nuovi percorsi e modelli organizzativi diversi.

Forse la legge sull'autonomia, se sarà un'autonomia vera, potrà risolvere molti problemi, ma ancora non sappiamo che cosa sarà, aspettiamo i regolamenti.

Devo dire che apprezziamo l’impegno del Ministro nel volere realizzare l’autonomia e valutiamo molto positivamente il decreto sulla sperimentazione dell’autonomia che è un piccolo ma valido strumento. Penso che con questo qualcosa verso la parità giuridica le scuole possano fare. Il Ministro ci dice che è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato, è un gran passo, noi abbiamo vissuto per anni sotto un regime diverso dove, parafrasando, tutto è vietato anche quello che è espressamente consentito, dove la norma anche quando è ben chiara ha sempre avuto un’interpretazione a noi contraria. Non so se l’amministrazione si adeguerà sarà tale nuovo modo di pensare, e se la scuola non statale potrà muoversi in tale ottica, ho i miei dubbi.

La situazione emblematica è quella della legge di riforma della maturità. Martedì sarà probabilmente approvata dal Senato, e poi a questo punto diverrà legge. Tralascio di trattare tutti i problemi connessi con questa legge, come si potrà dare pratica attuazione a questo nuovo esame, e come sopperire all’accresciuta necessità di docenti.

Ma quello che qui mi preme sottolineare è la parte che discrimina la scuola non statale e come e da chi sia partito l’attacco nei nostri conforti.

Quanto dico, l'ho ripetuto altre volte e me ne assumo tutte le responsabilità.

E’ stato per dirla con una battuta a doppio senso, uno "scherzo da prete".

Una parte della scuola cattolica unitamente ad alcuni parlamentari del partito popolare hanno pensato di poter utilizzare questa legge per colpire in qualche maniera la parte della scuola non statale a gestione laica e probabilmente senza farsene accorgere se noi non l'avessimo individuato e denunciato ampiamente. Devo dire che sono stati abbastanza pronti a lanciare il sasso, ma poco meno a nascondere la mano e lo hanno poi dovuto confessare apertamente, parlo di fratel Gioia e dell'onorevole Manzini, che mi spiace sia andato via e non sia qui in questo momento. A quest’ultimo vorrei chiedere: come si fa a parlare di parità giuridica quando poi si vanno a fare delle discriminazioni contro la scuola non statale? Come si fa a dire che si è pronti ad approvare una legge sulla parità quando sulla maturità ci si comporta in maniera completamente diversa?

Permettetemi ancora un piccola osservazione sull'integrazione. Si fa un gran parlare di sistema pubblico integrato. Noi svolgiamo senza dubbio un servizio pubblico, ma non vogliamo essere integrati. Vorremmo poter seguitare ad essere scuola libera e poter operare come a tutti è garantito di operare in uno Stato libero. Infine, è opportuno fare qualche precisazione su un altro problema che è stato oggi affrontato, e cioè quello del reclutamento del personale docente. Si sostiene che le scuole non statali per l’assunzione dei docenti dovranno far ricorso alle graduatorie statali perché solo così potranno garantire di non effettuare assunzioni clientelari di docenti inadeguati. Rifiutiamo tale assurde accuse. E’ impensabile ritenere che la scuola non statale si munisca di personale docente inefficace ed inefficiente e comunque scelto solo per raccomandazione. Non riesco a capire come potrebbe sopravvivere una scuola non statale ed essere competitiva con un personale docente non valido. Quindi il fatto di dire che c'è clientelismo nelle assunzioni è una di quelle facili provocazioni, che cadendo in luoghi comuni è evidentemente falsa, ma difficile da annullare. Se poi andiamo a vedere come è reclutato il personale nella scuola di Stato laddove il 60% dei docenti oggi in cattedra, di ruolo lo è diventato ope legis senza nessuna selezione, allora non so quale modo di assumere sia più serio. Sulla libertà di scelta dei docenti non si potrà assolutamente derogare salvo essere integrati, statalizzati, uniformati, omologati e quindi perdere ogni parvenza di scuola libera.

Rimane poi il problema degli organi collegiali. Speriamo che non ci siano imposti anche modelli di gestione e di organizzazione delle nostre scuole perché a quel punto la frittata sarebbe completa e avremmo perso quella "piena libertà" che invece la Costituzione ci garantisce nei confronti del legislatore ogni volta che legifera in termini di scuola.

Roberto Pasolini

L’intervento dell’Ing. Sepiacci contiene numerosi contributi che ci permettono di arricchire il nostro dibattito. Il richiamo a recepire il concetto che una vera parità deve basarsi sulla "piena libertà, con il solo limite delle norme generali sull’istruzione, che la Repubblica, e non lo Stato deve dettare" e che uno stimolo notevole verso una piena parità sarebbe l’abolizione del valore legale del titolo di studio, anche se il nostro Paese sembra, purtroppo, ancora lontano da un’ipotesi di questo genere. Ha rimarcato, a sua volta, come in interventi precedenti, il rischio d’integrazione ed il tentativo di statalizzare la scuola libera anziché liberare la scuola statale. La condizione della libera scelta dei docenti è irrinunciabile per le nostre istituzioni se vogliono rimanere libere e poter garantire un proprio progetto educativo. Ha voluto aggregarsi ai dubbiosi circa la reale volontà politica di regolamentare la parità con l’affermazione: " Temo che domani ci si venga a dire che il veto di Rifondazione Comunista non permette di risolvere il problema della parità" rammentando le contraddizioni che stanno emergendo, in senso paritario, nella legge sul nuovo esame di Stato conclusivo del ciclo di scuola media superiore che sarà approvato tra qualche giorno al Senato.

Invito ora a prendere la parola il dottor Mainardi, in rappresentanza dell’AGeSC.

Ernesto Mainardi (AGeSC)

Come rappresentante dei genitori della scuola cattolica, volevo riaffermare la centralità del discorso della libera scelta della famiglia per quanto concerne il problema della parità. Credo che il problema sia realmente quello di far finalmente rispettare i diritti di libertà di genitori, famiglie, studenti, libertà di scegliere liberamente la scuola e il tipo di educazione che ritengono più adeguato e, a questo riguardo, vorrei rilevare l’importanza degli strumenti, perché certi strumenti riconoscono e favoriscono questo diritto e questa libertà, altri rischiano invece di favorire, o mantenere, certe scuole che potrebbero anche non essere scelte o desiderate dalle famiglie. Credo che, in questo momento, lo strumento che più realisticamente potrebbe rendere attuabile la libera scelta delle famiglie sia il credito d'imposta, mentre guardo con preoccupazione il problema della convenzione, da una parte perché, come vediamo in questi giorni in varie regioni, si rischia di perdere ciò che si era ottenuto negli anni scorsi a seguito di ricorsi giuridici di forze politiche contrarie al principio di parità (l’esempio dell’Emilia e Romagna è davanti a tutti), dall'altra perché si rischierebbe poi di convenzionare scuole che potrebbero non avere richieste di iscrizione da parte delle famiglie.

Il punto fondamentale è, secondo me, questo: tanto nell'ambito statale che in quello non statale, le scuole hanno il diritto di esistere in quanto scelte dalle famiglie, in quanto vi è un'utenza, non per decreto presidenziale o per legge dello Stato.

E’ inoltre importante che il Parlamento dia al problema della parità una corsia preferenziale data l’urgenza di risoluzione del problema stesso; questo sarebbe decisivo per dimostrare che il cambiamento della scuola che si vuole è un cambiamento radicale e vero e non semplicemente un aggiornamento burocratico e diretto in modo centralistico dallo Stato; si metterebbero così in condizione le famiglie e la scuola tutta insieme di modificarsi in modo più rapido, più libero e più efficace perché, come possiamo constatare intorno a noi nel mondo occidentale, dove c'è questa libertà la scuola riesce più facilmente ad aggiornarsi e a dare, quindi, risposte più moderne alle esigenze della formazione dei giovani.

Roberto Pasolini

Pur condivisa, penso, dalla quasi totalità dei presenti, ritengo sia stata utile la precisazione che " la centralità del discorso della libera scelta della famiglia per quanto concerne il problema della parità " sia un dato base su cui costruire il discorso politico e legislativo. Il richiamo agli strumenti finanziari ed alla loro importanza anche ai fini di una libera scelta e di una reale competitività positiva ai fini della qualità del servizio offerto dovrebbe far riflettere a fondo i fautori della convenzione visto che il richiamo viene da un genitore, quindi da un utente del servizio, e come tale depositario del diritto-dovere di istruire e educare i propri figli sancito dalla nostra Costituzione.

Passo la parola alla dottoressa Marinella Senn in rappresentanza della Compagnia delle Opere

Marinella Senn (CDO)

Rappresento la Compagnia delle Opere, ma anche il Consiglio Scolastico Provinciale di Milano, e, in questa mia seconda veste, sono spesso invitata a parlare nelle piazze, nei Consigli di zona o nei distretti di Milano, della provincia e anche in sedi di altre realtà territoriali. A seguito di una serie di incontri avuti da settembre ad oggi si è andata rinforzando in me una sensazione, che già avevo, e che pongo ora all'attenzione dei politici: vi è, da una parte, una diffusa posizione tra i cittadini italiani, da qualsiasi ceto sociale provengano, a qualunque partito appartengano, di scarsa lealtà verso le istituzioni, queste ultime devono essere, se possibile, imbrogliate e le leggi pure; dall’altra, dato interessante e contraddittorio, vi è una richiesta di essere fortemente assistiti dallo Stato, in quanto soggetti sociali. La famiglia chiede di essere assistita, alla scuola si chiede che lo Stato faccia quello che la società civile non è in grado di fare. Atteggiamento contraddittorio, ma cui bisogna fare molta attenzione.

All’interno delle scuole, non è più l'UDS che porta avanti l'occupazione; vi sono invece oggi, nelle superiori, frange di Rifondazione Comunista, che "massacrano" letteralmente gli altri ragazzi di sinistra che non la pensano come loro. Ci troviamo di fronte ad un'emergenza gravissima in cui, come adulti, dobbiamo essere vicini ai ragazzi. Faccio quindi un appello agli insegnanti e alle famiglie di essere presenti: nei Consigli d'Istituto, nei Comitati dei Genitori e in tutti quanti gli organi collegiali ancora esistenti fino a quando non si porrà rimedio a questo problema

Vi racconto un particolare: ho scritto il regolamento per la 133 al Consiglio Scolastico Provinciale e durante l’ultimo incontro di quest’ultimo, sono stata fermata, sostanzialmente dalle sinistre, che mi hanno detto: "Signora, il suo regolamento è molto bello, dobbiamo approfondirlo". Perché dovevano approfondirlo? Perché di fronte ad un regolamento che dava il massimo di libertà per quanto riguarda l’uso degli spazi scolastici in orario pomeridiano, e che quindi disinnescava la bomba dell'occupazione, ho avuto una levata di scudi. La ripresenterò, state tranquilli, però si sappia che la situazione è questa.

Concludo brevemente: la responsabilità, quindi, delle associazioni familiari, delle associazioni professionali di insegnanti, di tutti gli organi collegiali (distretti, consigli scolastici, consigli d'istituto), è quella di essere presenti in questo momento perché ci vuole un allargamento dell'opinione pubblica a sostegno di quello che avviene nel Parlamento.

Sono molto contenta di vedere che in questo partito trasversale della scuola sono presenti molte donne, a loro il mio incoraggiamento.

Roberto Pasolini

Cogliamo da quest’intervento il richiamo alla necessità di partecipazione che già ci aveva ricordato, in altra forma, l’onorevole Moioli poco fa. Una battaglia di libertà si vince se non si delega, se si attivano meccanismi di controllo sull’attività politica e legislativa, se si organizzano presenze significative negli organismi che contano, se si mobilitano le persone interessate per iniziative di pressione su chi deve prendere le decisioni che contano. Questo è il compito che ci attende.

Invito a parlare David Botti in rappresentanza di Alleanza Cattolica.

David Botti (Alleanza Cattolica)

Mi associo pienamente a quanto detto dalla signora Senn e sono lietissimo di notare, tra le forze del Polo, una convergenza che va oltre il Polo, trasversale, di tutta l'opposizione. Sono inoltre felice di constatare il fatto che questa opposizione acquista sempre maggiore consapevolezza dei valori.

L'intervento dell'onorevole Manzini è prezioso in quanto, in esso, si sottolinea la pericolosità del disegno governativo relativo "alle tessere e al mosaico"; l'espressione appartiene al Ministro, "non sto facendo un progetto di legge, sto facendo tante tessere di un mosaico", e l'espressione è condivisa dal Sottosegretario di Stato per l'Università, l'onorevole Luciano Guerzoni, che la usa a proposito del monopolio dell'istruzione superiore. L’autonomia, di cui parla il disegno di legge, è solo una finzione, è del tutto evidente che si tratta di un'autonomia meramente amministrativa, organizzativa, burocratica, non è un'autonomia di progetto educativo, lo Stato riserva a sé il monopolio dell'istruzione nazionale, lo Stato è l'unico tenutario del progetto educativo che va bene agli italiani.

La parità di cui parla il Disegno di Legge, non è quindi una vera parità, tanto più che parte del finanziamento di 110 miliardi destinati alle scuole libere, lo sappiamo tutti, lo ha detto il Ministro, 60 sono per le scuole materne ed elementari anche statali.

Le scuole libere sono così attaccate da questo disegno di legge, sono attaccate dalla riforma degli esami di maturità, sono attaccate dalle leggi di reclutamento degli insegnanti; queste ultime sono già state approvate dal MURST, ci sono già i nuovi corsi, e tutte le suore, anche quelle qui presenti, perderanno il posto, perché non hanno titolo, non hanno fatto i due anni aggiuntivi previsti dalle nuove disposizioni.

Ricordiamo che la parità è una delle caratteristiche trasversali del progetto governativo, e non è un problema solo di scuole cattoliche, come qualcuno ha detto.

Da ultimo una raccomandazione: il vostro progetto riguarda la vita di tutto il popolo e di tutte le famiglie italiane e , per questo, avete bisogno del sostegno della società. Cercate allora di andare d'accordo perché quello stesso popolo e quelle stesse famiglie vi guardano e vi vedono anche quando litigate tra voi e, al di là delle opinioni del Cardinale Martini o, dalla parte opposta, dell'Arcivescovo Ferrara (il quale sostiene che lo Stato non ha alcun diritto in campo educativo), sono proprio quelle famiglie che daranno un giudizio del vostro operato.

Roberto Pasolini

Il quadro dipinto da quest’ultimo intervento è sicuramente preoccupante, ma indica anche due vie d’uscita: considerare la parità non come un intervento a favore delle scuole cattoliche, ma un intervento a vantaggio di tutti, studenti, famiglie ed istituzioni libere, personalmente, aggiungerei, come ho già detto in apertura, a vantaggio di tutta la scuola che trarrà dall’introduzione della parità spunti e stimoli per migliorare la qualità del suo servizio e contare sul sostegno della società civile dando il giusto peso all’opinione delle famiglie, che si attendono dal mondo politico una presa di posizione seria sul problema, stanche di vedere solo fumo od iniziative strumentali all’acquisizione del consenso elettorale.

Passo la parola a Patrizia Rognoni rappresentante di Popolo e Libertà.

Patrizia Rognoni (Popolo e Libertà)

Noi di Popolo e Libertà ci siamo riuniti ed abbiamo deciso che vogliamo questa libertà della scuola e la conquisteremo andando in piazza, dimostrando in modo forte e chiaro al Governo e al Ministro che noi siamo in tanti, siamo forti! Vogliamo che le famiglie abbiano diritto di scelta, vogliamo che lo Stato non imperversi nel sistema scolastico, come in tutti gli altri settori della vita del nostro Paese, vogliamo che questa libertà della scuola sia effettiva, che la legge che dovrà essere varata avvicini il nostro sistema educativo a quello già vigente negli altri Stati europei. Invito quindi i promotori di questo incontro a ripetere altre manifestazioni, come quella del Palavobis, perché il Governo sappia che il popolo italiano non è composto solo da coloro che ritengono che lo Stato debba gestire la scuola e gestire la vita dei suoi cittadini.

Roberto Pasolini

Tutti ci ricordiamo i ragazzi di Popolo e Libertà ed il loro modo gioioso di partecipare alla grande manifestazione del Palavobis. Ringrazio Patrizia Rognoni per aver offerto la disponibilità del suo movimento per i momenti di mobilitazione che, come ricordavano prima sia l’onorevole Moioli sia Marinella Senn, saranno importanti per ottenere una giusta legge di parità.

Invito a prendere la parola il dottor Gian Nicola Rocca in rappresentanza dell’Unione di Centro.

Gian Nicola Rocca (Unione di Centro)

Vorrei fare un appunto alla responsabile scuola del PDS. Ad un certo punto del suo discorso, ha detto che il testo della riforma scolastica era frutto delle forze propulsive emerse dal confronto all'interno dell'aula parlamentare e all'interno dei dibattiti in sede civile. I componenti del PDS credono di aver raggiunto quel disegno di egemonia gramsciana che stanno inseguendo da 50 anni, però sicuramente ancora non ci sono riusciti; quindi, fino a quando ci sarà qualcuno come me, e come tutti coloro che si riconoscono nelle forze di opposizione, che lotteranno con tutte le forze perché questo non avvenga, nessuno potrà mai dire che qualcosa avvenga o sia avvenuto, solo perché frutto di una richiesta proveniente dal popolo.

Tornando al tema del dibattito, io vorrei dire che per esempio la legge 845 del '78, che prevedeva il trasferimento della competenza della formazione professionale alle regioni, non è stata mai attuata. Chiedo all’esponente della Lega qui presente, se non sia il caso di fare di questa battaglia, una battaglia comune; in un momento in cui si parla tanto di federalismo, di decentramento, di attribuzione alle Regioni di poteri che sono ancora dello Stato centrale, non possiamo lasciarci sfuggire un'occasione come questa, che riguarda il futuro della formazione e dell’istruzione.

Avendo solo 30 anni, e non essendo lontanissima la mia uscita dal mondo della scuola e dell'Università, sento ancora di appartenere al mondo della formazione; quando la televisione, in modo strumentale e mirato, mostra i dibattiti e le manifestazioni degli studenti, questi ultimi sembrano tutti di sinistra, ma è chiaro che a 18, 20 anni, si è per forza estremisti, o di destra o di sinistra, io non conosco nessuno che a 20 anni si riconosce nel Patto Segni o nei Liberali di Sterpa.

La cultura di sinistra è riuscita a fornire a questi giovani dei valori di riferimento tali per cui questi si ritrovano nelle piazze e riescono a manifestare il loro intento, ma, fortunatamente, questi stessi ragazzi di 18, 20 anni, crescendo, possono lasciare il loro ardore giovanile e quindi dimenticare quella che è stata una battaglia iniziata forse più per partito preso che per convinzione. Qui a Milano l'Università Bocconi, una delle culle del sapere economico, è stata strappata alla sinistra, per la prima volta, con la vittoria di una lista apartitica e liberale. Invito quindi tutte le forze del Polo della Libertà e anche quelle forze che in questo momento non sono nel Polo per le Libertà, ma che combattono battaglie ad esso vicine, a superare le incomprensioni e a non lasciarsi sfuggire quest’occasione veramente epocale.

 

 

 

 

CONCLUSIONI

Roberto Pasolini

A conclusione degli interventi di questo convegno, mi sembra di dover sottolineare con soddisfazione la sua piena riuscita per una serie di motivazioni positive ed importanti.

Il dibattito ha avuto il pregio della concretezza e della trasparenza di comunicazione di posizioni politiche ed intenti. Oserei dire in modo raro in incontri di natura politica, ma il tema in questione ed il modo in cui è stato posto, costringeva gli oratori sulla meritoria strada della chiarezza.

Questo é l’interessante quadro complessivo emerso dal dibattito odierno. Le prospettive e le aperture emerse non ci devono far dimenticare il contesto parlamentare in cui andrà ad inserirsi quanto affermato oggi. Non possiamo dimenticare che martedì prossimo verrà definitivamente approvata la legge di riforma degli esami di Stato. Come alcuni hanno ricordato il contenuto di questa legge sembra aver trascurato e disatteso i principi di parità sanciti dalla nostra Costituzione, inserendo "un trattamento delle scuole non statali discriminatorio rispetto alle scuole statali con vincoli che appesantiscono e comportano un arretramento rispetto all’attuale posizione legislativa". Sembra esservi una palese contraddizione con quanto abbiamo sentito oggi, anche dagli esponenti politici dell’attuale maggioranza di Governo, e con quanto spesso affermato dallo stesso Ministro Berlinguer. L’impressione che si ha tra gli operatori é quella di aver voluto a tutti i costi concretizzare un risultato politico-legislativo pagando i dovuti tributi ideologici alla parte più estrema della maggioranza ed a discapito anche di aspetti operativi ed organizzativi che renderanno difficile l’applicazione di questa legge. (*)

Riuscirà l’opposizione ad opporsi a questo processo di riforma a senso unico? Riuscirà la maggioranza a non cadere nella tentazione di egemonizzare la riforma del sistema scolastico italiano? Riusciranno entrambe a collaborare nell’interesse del Paese per dare alle nuove generazioni un sistema scolastico che sia serio strumento di preparazione personale e professionale riconoscendo e regolamentando anche quei diritti sanciti dalla nostra Costituzione e disattesi da cinquant’anni, quale quello della parità?

Una cosa è certa, ed alcuni lo hanno ricordato, anche la nostra partecipazione, quella di genitori e studenti sarà elemento importante e caratterizzante l’impostazione della riforma. Senza la nostra pressione difficilmente potremo avere una legislazione che rispecchi le nostre aspettative. Chiudo scusandomi di questa ultima nota polemica che non si addice alla veste di moderatore che oggi vesto, ma era sentita perché frutto di una preoccupazione che mi sembrava giusto trasmettervi. Vi ringrazio tutti e arrivederci alla prossima occasione.

(*) - Sempre riguardo ai possibili effetti della riforma emerge inoltre, da alcune proiezioni, che le commissioni, che erano 8.000 nel 1997, saranno, con la nuova maturità, circa 20.000, con un impiego di 200.000 docenti (sui 237.194 di ruolo nelle superiori) e con una spesa che, dai 116 miliardi del 1997, passerà a circa 300 miliardi.

(fonte sito Internet "Educazione & Scuola by Dario Cillo – 1 ottobre 1997)

 

Gravina

Un ringraziamento e una promessa: ho chiesto al professor Pasolini di curare gli atti di questo convegno che, sicuramente, pubblicheremo nei primi mesi del '98 provvedendo ad inviarlo a tutti gli intervenuti.