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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
- ISSN 1973-252X
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

Di questo passo anche la scuola diventerà superflua?

di Cinzia Mion

 

Scrive Aldo Tropea, rilanciando la riflessione sulla leadership della dirigenza scolastica,  che forse è il caso di mettersi d’accordo su che cosa intendiamo per “leadership educativa”, stimolando la partecipazione degli associati ANDIS.

Aggiunge poi Stefanel che forse il dirigente scolastico, nel modo in cui viene reclutato e formato, diventa superfluo…

Sentendomi chiamata in causa provo a riprendere alcune argomentazioni apparse nel mio intervento precedente, cercando però di disambiguarle da qualche equivoco che mi accorgo possano avere indotto.

Non intendevo sicuramente “la diretta concreta capacità di influenzamento del personale docente per quanto riguarda le scelte metodologiche –didattiche e il loro coordinamento tecnico”. Riterrei però particolarmente grave che un dirigente non padroneggiasse i fondamenti essenziali di una Istituzione educativa, centrata sul processo di insegnamento-apprendimento com’è la scuola, per cui non riuscisse a riconoscere i bisogni formativi dei docenti affidati alla propria gestione, giustificandosi con il fatto che in compenso è esperto di teoria dell’organizzazione.

Questi fondamentali consistono in :

-       una conoscenza storico-culturale del contesto in cui oggi le scuole operano, derive sociali comprese, insieme ad uno sguardo globale ai problemi educativi nell’era in cui, come si esprime benissimo M.Recalcati, siamo in presenza “dell’evaporazione del padre” e del principio di autorità;

-       fondamentale è inoltre che la scuola offra la capacità di comprendere che i ragazzini e gli adolescenti sono presi non solo dal problema di apprendere ma di capire il “senso” di ciò che vogliamo che apprendano e che, contemporaneamente, sono anche assorbiti dal lavoro impegnativo di imparare a crescere,  per cui diventa centrale la competenza “relazionale “degli adulti e, nel nostro caso, in particolare dei docenti impegnati in questa relazione di aiuto;

-       fondamentale è la conoscenza delle teorie dell’apprendimento e la padronanza di tutte quelle abilità di creare in classe “contesti sociali” adeguati a realizzare ambienti per l’apprendimento,  secondo l’approccio co-costruttivo interattivo socioculturale, teoria che le ricerche segnalano essere oggi il più adeguato ed efficace;

-       fondamentale risulta l’attivazione di gruppi, anche provenienti da vari ordini di scuola -  come avviene o dovrebbe avvenire oggi negli Istituti Comprensivi -  per realizzare autentiche comunità di pratica professionale;

-       fondamentale risulta padroneggiare conoscenze sulle teorie che stanno oggi alla base della” motivazione” per sollecitare i docenti a saperla attivare convenientemente prima su se stessi e poi sugli alunni;

-       fondamentale risulta saper far confrontare il collegio sulla condivisione di valori in primis “l’idea di scuola”;

-       fondamentale risulta la conoscenza dei pilastri della ricerca e la sperimentazione;

-       fondamentale risulta sapere la differenza tra valutazione sommativa e formativa e di conseguenza saper far attivare l’ autovalutazione da parte dei docenti con conseguente aggiustamento metodologico-didattico in presenza di difficoltà di apprendimento.        

Con queste affermazioni ho solo circoscritto le competenze fondamentali che stanno alla base della leadership educativa o “trasformazionale” che dir si voglia ( se si desidera porre l’accento sulla forza innovativa e trainante) che fra l’altro costituiscono l’oggetto dell’area 4 dei test nella prossima preselezione del concorso per dirigenti scolastici ( peccato che siano state incapsulate in test nella maggior parte sterili e mnemonici).

Non ho toccato la didattica se non nell’ultimo punto, essenziale per attivare la responsabilità docente nel caso di un mancato successo formativo. Va chiarito comunque che non esiste una didattica neutra, ognuna è strategicamente consequenziale all’idea di scuola e alla teoria dell’apprendimento adottata. Chi afferma che la didattica non interessa o che bastano i saperi disciplinari sposa automaticamente una didattica trasmissiva. Che ne sia consapevole o meno.

Nulla da eccepire? Io avrei personalmente qualcosa da eccepire ma non è questa la sede. Basti sapere che questa corrisponde ad una teoria dell’apprendimento superata e non  funzionale “all’educare al comprendere”, come direbbe Gardner, e tanto meno ad una idea di scuola inclusiva.

Nell’arco del presente contributo ho soltanto affrontato tematiche specifiche della psicologia dell’apprendimento scolastico, un tempo definite tematiche psicopedagogiche. Significa in fondo parlare delle conoscenze essenziali che stanno alla base della competenza specifica professionale.

Non mi si obietti che queste sono le competenze del docente e che il compito del dirigente non è essere “il maestro dei maestri”. Lo so benissimo, ma come si fa a prendere o far prendere decisioni , quindi delegare, se non si sa di cosa si va cianciando?

 Il dirigente scolastico - finchè la dirigenza scolastica atipica o specifica scaturisce  dalla competenza iniziale docente, su cui si innesteranno successive acquisizioni organizzativo-giuridiche, così bene descritte da Tropea nel suo intervento -  in fondo ha bisogno della “stella polare” che io individuo appunto nelle competenze fin qui descritte.

Lavorare per il miglioramento e la qualità della scuola significa sapere dove si vuole andare e soprattutto affermare la centralità dei processi di “creazione di senso”, come direbbe Weick, uno dei più noti teorici dell’organizzazione.

Ed infatti si dice  che il senso nella scuola stia racchiuso qui : formare le future generazioni attraverso l’acquisizione di svariate competenze di cittadinanza, uomini e donne che sappiano leggere il mondo e gli eventi orientandosi criticamente in essi, prepararandoli consapevolmente al loro futuro progetto di vita, esistenziale e lavorativo.

Un compito che fa tremare le vene ai polsi.

Sottovalutare la portata dell’apporto specifico professionale del dirigente scolastico,  negandone il “valore aggiunto”, come fa il governo che a lungo ha tergiversato prima di bandire il nuovo concorso, attraverso quindi l’assegnazione di plurime reggenze,  attraverso prefigurazioni di Istituti dalle dimensioni ingestibili - dove la gestione chiaramente non è solo quella organizzativa – significa non solo danneggiare la scuola e i giovani, ma danneggiare il futuro del Paese.

Oppure diteci che il dirigente scolastico è superfluo, come fa con una bella provocazione Stefanel , e mettiamo nero su bianco che fra un po’ anche la scuola lo diventerà.

Più per forza di cose, e di tagli, che per intento “descolarizzante”.

C’è ancora qualcuno che si interessa delle sue sorti ? Batta un colpo!


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