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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
- ISSN 1973-252X
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

Il dirigente scolastico tra rimpianti e possibilità

 

di Stefano Stefanel

 

            Il D.L. n° 98 del 6 luglio 2011 interviene sul dimensionamento scolastico in maniera strutturale, mettendo in atto alcuni meccanismi piuttosto “brutali” ed estemporanei sia per tempi che per contenuti:

a) non ci sono più Circoli didattici e Scuole medie;

b) gli Istituti comprensivi devono avere almeno 1.000 alunni;

c) le zone montane devono costituire istituti di almeno 500 alunni;

d) sotto i 500 alunni non c’è autonomia e quindi neppure dirigente;

e) tutte le scuole sottodimensionate in attesa del nuovo dimensionamento non potranno avvalersi di un docente con esonero o semiesonero.

                        Il coro delle riprovazioni è stato unanime (Andis, Dirscuola, Cgil, Cisl, Uil, Snals, Enti locali, ecc.), ma non tale da far breccia nell’opinione pubblica distratta da altri problemi. Alcuni motivi di perplessità che l’iniziativa ministeriale ha determinato sono stati esplicitati in maniera chiara: questi provvedimenti producono molto scompiglio, molti disservizi e pochi risparmi). La mia posizione è chiara e documentabile (Dirigenza e dimensionamento scolastico, su “Amministrare la scuola”, n° 11 ottobre 2010) e riassumibile in questa citazione: “Il passaggio da 11.400 a 6.000 dirigenti scolastici con un raddoppio dello stipendio penso renderebbe migliore la professione e migliore il sistema, aiutando a costruire una figura di dirigente realmente allineata a quelle che sarebbero le sue reali competenze e potenzialità. Gli accorpamenti dovrebbero essere di area e verticali e dato che ormai non esistono più settori formativi nell’assegnazione degli incarichi potrebbe essere generalizzata e sistematizzata la forma dell’Istituto comprensivo inglobante anche le scuole secondarie di secondo grado in un’unica verticalizzazione”; e dunque potrei – questa volta – tacere. Un bell’intervento dell’amico Pasquale D’Avolio (Quali dirigenti scolastici dopo la manovra?) mi permette di precisare alcune cose sull’argomento.

            Non ho mai fatto il Preside o il Direttore didattico in vita mia. Ho prima fatto il Dirigente scolastico incaricato (2001/2007), poi, in seguito all’ordinario del 2004, il Dirigente scolastico (2007/2011) e, infine, anche il Dirigente scolastico reggente (2008/2011). Se analizzo la mia professione da un punto di vista generale vedo le sue connotazioni dirigenziali e vedo l’impossibilità di agire in profondità con numeri troppo bassi (alunni, docenti, personale ata, soldi, ecc.). Il dato di fatto, che va al di là della mia percezione, è che l’istituto della reggenza abbia ampiamente dimostrato che c’è un sottodimensionamento degli Istituti autonomi, visto che nessuno di noi reggenti ha dato segni di particolare squilibrio, ha ceduto fisicamente o ha demolito le scuole che gli sono state affidate. La dimensione ampia è plurima e plurale e dunque come tale potenzialmente migliorativa. Le microstrutture in carenza di risorse sono destinate ad arrancare su numeri che non le mettono al riparo dalla crisi strutturale (pochi alunni, molti spezzonisti, risorse limitate, personale ata ridotto all’osso).

            Ho più volte scritto anche che non vedo nulla di male nell’eliminazione della figura del Dirigente scolastico e nel ritorno al Preside e al Direttore didattico: prima della pensione potrei imparare un mestiere nuovo. Ma non si può chiedere a me di ritornare ad un passato che non neppure il mio. La dimensione dell’autonomia implica meccanismi di decentramento assoluto (vedi Paesi nordici o Gran Bretagna), assunzioni di responsabilità locali, meccanismi di gestione economica privatistica. Se non si vuole questo modello lo si cambi, se lo si vuole mantenere lo si metta in condizione di lavorare. Certamente eliminare la figura del collaboratore del dirigente scolastico con esonero anche in caso di reggenza non è una scelta molto lungimirante, ma non lo è neppure difendere scuole con pochi alunni in grandi centri.

            Parliamo allora anche di questa leadership educativa. Ma lo facciamo per dire che viene esercitata non da chi ha pochi alunni, pochi docenti, poche classi, pochi soldi, pochi mezzi ma solo da chi è in grado di esercitarla. Il sistema scolastico italiano presuppone modifiche strutturali e solo l’azione su queste può portare a reali miglioramenti. Invece ci si avvita nel tentativo di mantenere i numeri bassi con la scusa che sono l’unico modo per permettere al dirigente scolastico di occuparsi anche di didattica. E’ davvero così? Davvero i dirigenti scolastici che dirigono 350 alunni sono leader educativi? Davvero nelle scuole sottodimensionate si annidano i Jerome Bruner della funzione dirigenziale? Io penso di no e penso che una leadesrship non si possa determinare per decreto, ma soltanto se esiste un’idea di scuola, un progetto didattico ed educativo. Non avrei problemi a fare il Direttore didattico o il Preside e magari anche a tornare ad insegnare, basta che prima si modifichi l’attuale sistema. Se devo fare il dirigente lo faccio, se devo farlo anche in ambito scolastico credo di sapere cosa vuol dire e credo anche di sapere che l’apprendimento degli alunni è l’obiettivo fondante di tutto il mio lavoro. Non sono certo leader di alcunché, ma non lo sarei neppure se mi mandassero un Circolo didattico con 150 alunni.

           La scuola italiana ha bisogno di realismo e ce n’è poco in giro. Ma ha bisogno anche di chiarezza: autonomia e dirigenza richiedono un’azione sul sistema, non percorsi di condivisione. Questo Governo non ha alcuna visione accettabile sulla scuola e sul suo futuro. Rimango però in attesa del modello alternativo per sposarlo con convinzione, ma non vorrei che fosse quello del passato. Se poi è proprio a quello cui si pensa allora fate in fretta, per favore, a cambiarmi mestiere.

 


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