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IL QUARTO RAPPORTO REGIONALE SUL SISTEMA DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE IN EMILIA ROMAGNA

di Gian Carlo Sacchi

 

E’ diventato un importante appuntamento, la presentazione del rapporto di primavera sul sistema scolastico e formativo in Emilia Romagna. E’ uscito per la quarta volta, ogni anno migliora, e costituisce un’occasione di discussione e di confronto sia tra gli addetti ai lavori sia con autorevoli esponenti della comunità scientifica, italiana e non, quella che si svolge all’interno di Docet la manifestazione per la scuola nell’ambito della fiera del libro di Bologna.

E’ nato per documentare le più interessanti esperienze della scuola emiliano romagnola, accompagnate da dati riguardanti il sistema ed il suo funzionamento, ma l’edizione 2006 si presenta con un notevole grado di maturazione rispetto alla capacità di lettura del sistema stesso, e soprattutto si candida ad essere lo strumento centrale di informazione, sia sul versante della domanda che del governo regionale.

La svolta che propone questa edizione è innanzitutto di tipo istituzionale, cioè la regia del rapporto è il risultato di una proficua collaborazione tra l’Ufficio Scolastico Regionale, la Regione e l’IRRE; questo significa un’azione comune nella raccolta dei dati e quindi nella condivisione degli strumenti e della “cultura” del dato, ma anche una strategia coordinata nell’uso dei medesimi per azioni di programmazione, di gestione e di ricerca.

E’ questo un’importante occasione che motiva decisamente la costituzione di un luogo presidiato dai tre enti, che a loro volta potranno ricercare altre collaborazioni, dove vengono costantemente raccolti i dati, trattati e discussi, il che dà origine ogni anno al rapporto, ma durante tutto l’anno fa da quadro di riferimento per la governance regionale e territoriale.

La seconda occasione rilevante è che questo strumento si colloca al via di una riconsiderazione generale dei poteri e delle competenze promossa dal vigente, quanto ancora poco applicato, titolo quinto della Costituzione, che rilancia l’autonomia delle istituzioni scolastiche e dei sistemi locali.

Informazione e documentazione sono indispensabili a un’autonomia che voglia evitare l’isolamento e voglia confrontarsi continuamente con la qualità del servizio e l’innovazione.

La terza caratteristica è che si passa dalla descrizione al confronto attraverso l’utilizzo di indicatori generali ed all’approfondimento di alcuni campi d’azione che ogni anno vengono individuati di particolare rilevanza per il sistema regionale.

Insomma c’è la necessità di monitorare l’onda lunga del cambiamento (aspetti socio – economici, demografici, ecc.) e di tenere sotto controllo i dati sensibili della qualità del sistema. E questo è un pilastro su cui poggiano l’autonomia e l’assetto del territorio.

 

COME STA IL SISTEMA DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE

Proprio perché la sfida della società della conoscenza va assunta globalmente si parla di sistema di istruzione e formazione: due approcci ai processi di crescita dei soggetti e delle comunità non alternativi ma complementari, in Emilia Romagna si direbbe integrati, che dentro la società civile, in primo luogo con le famiglie, ma anche il mondo del lavoro, ecc., contribuiscono a costruire la coesione sociale e attraverso l’apprendimento ne determinano lo sviluppo. A risultati appunto di sistema si può arrivare se da un lato si individualizzano molto le pratiche ed aumentano i livelli  di autonomia delle istituzioni locali, ma dall’altro c’è una collaborazione efficace tra i soggetti che intervengono sui processi formativi.

La natalità è tornata a salire e l’immigrazione è in aumento; si inverte la tendenza che per diversi anni ha tenuto la regione in sofferenza dal punto di vista demografico, e, conseguentemente, il sistema “cresce ancora”, ma i fondi dello stato continuano a calare, chiamando in causa gli enti locali con sempre più consistenti azioni di supplenza, dopodiché si tornerà a far crescere la spesa delle famiglie, con non poche preoccupazioni per il diritto allo studio.

Una società che produce e da lavoro ha bisogno di servizi adeguati, soprattutto per incentivare l’impiego femminile, ma oggi chi viene a lavorare nella nostra regione sono in gran parte stranieri, di provenienze le più diverse, e qui i servizi devono avere una attenzione ed un’efficienza maggiore. L’Emilia Romagna è la quarta regione per incidenza percentuale di cittadini stranieri, ma è la prima per la scolarizzazione dei bambini stranieri. Questo rappresenta certamente un indicatore del grado di integrazione sociale raggiunto.

Anche gli allievi disabili sono in aumento, ed anche qui una società accogliente attrae maggiormente.

Non per fare del secessionismo di maniera, ma le modalità di finanziamento del sistema, ad iniziare dalla spesa dello stato, sono da riconsiderare, rispetto ai dati reali ed anche alla qualità dei servizi erogati: se tanto si vuole parlare di valutazione, questa non può essere soltanto una minaccia, ma deve muoversi anche sul piano degli incentivi.

L’autonomia non è per la competizione, ma per la coesione sociale, pur sapendo di interpretare le diverse esigenze del territorio essa deve garantire il servizio pubblico; la governance è uno stile orizzontale, di rete, non solo tra scuole, tra queste e altri soggetti istituzionali e sociali.. In Emilia Romagna di questi accordi ne sono stati censiti 330.

La tenuta del sistema emiliano – romagnolo è maggiore rispetto ad altre regioni; il rapporto alunni – docenti è assai più rigorso che altrove, anche se l’aumento della scolarizzazione mette in sofferenza il sistema per effetto di un più elevato numero di allievi per classe; le bocciature sono sotto la media nazionale, così gli abbandoni, anche se l’elevato numero di “debiti formativi” segnala difficoltà nell’apprendimento ma un impegno a far progredire tutti, diminuendo quindi l’esclusione. Potrebbe perfino sostenersi che il debito formativo sia indice di personalizzazione, a condizione però che non venga messo a carico solo dello studente il suo superamento. Adeguarsi ai ritmi, infatti, non vuol dire rimanere prigionieri del dato di fatto, ma occorre attivare veramente la didattica per il raggiungimento del successo formativo.

I quindicenni, passaggio delicato e strategico per la crescita delle persone ed il successo del sistema; questa età è indagata un po’ a tutti i livelli, nazionali ed internazionali. Il risultato è che in questa regione, pur assistendo ad un calo generalizzato delle competenze in ingresso, si è sopra la media nazionale, il che fa pensare ad un “valore aggiunto” dell’istruzione.

Sarebbe lungo fare l’elenco delle buone pratiche, senza essere accusati di presunzione, ma possiamo verificare ancora risultati positivi, anche rispetto ad altre regioni, il che viene a premiare gli investimenti economici, ma soprattutto ideali e professionali che hanno riguardato negli anni l’attenzione alla scuola ed alla formazione, vincendo così la sfida dell’inclusione.

L’ultima in ordine di tempo è l’integrazione tra i percorsi dell’istruzione e quelli della formazione professionale, un’opportunità in più per rinforzare motivazioni ed attitudini e tenere conto dei ritmi di apprendimento specifici. Anche in questo caso l’86% degli studenti del primo anno e l’89% di quelli del secondo consiglierebbe ad un amico di seguire il percorso integrato. Il giudizio positivo delle famiglie oltrepassa il 90%.

Ma come sta il sistema formativo in Emilia  Romagna ? Nel cielo emiliano la scuola segna bel tempo, titola il contributo di Franco Frabboni; di sfida della qualità e dell’equità parla Mariangela Bastico, assessore regionale, che mette in evidenza come la Regione abbia tenuto negli interventi  a sostegno del sistema scolastico  e formativo regionale: un dato per tutti le cinquantamila borse di studio erogate nell’a.s. 2004 – 05, per un totale di oltre venti milioni di euro, di cui solo poco più di quattro provenienti da leggi nazionali.

Pur apprezzando il livello del sistema regionale, con un atteggiamento di sprone al miglioramento si è collocato l’intervento del direttore regionale Lucrezia Stellacci, la quale ha fatto riferimento agli obiettivi di Lisbona, richiamando la distanza che separa ancora anche questa regione dal loro raggiungimento. Certo di fronte a questi traguardi siamo tutti alla rincorsa, però il rapporto avendo scelto quella strada sarebbe stato bello che avesse portato il quadro comparativo almeno nazionale; ci sembra di ricordare che tempo fa quando Tommaso Padoa Schioppa era alla Banca Europea avesse posizionato l’Emilia Romagna al 17^ posto tra gli stati aderenti all’UE.

E poi, per migliorare occorre anche un rimprovero, ma soprattutto ci vogliono investimenti: e qui il rapporto parla chiaro: “anche nell’anno 2005 sono state effettuate riduzioni al bilancio dello stato…ed il taglio per l’Emilia Romagna è stato di 338.000 euro per le spese dell’amministrazione scolastica e di 3.811.000 euro per le assegnazioni destinate alle istituzioni scolastiche” (pag. 288).


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