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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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MA ALLORA COSA SI FA A SETTEMBRE?

Ho letto e riletto il Decreto del 27 giugno e l’introduzione a firma del Dirigente Pasquale Capo avente per oggetto: “Progetto di innovazione relativo agli obiettivi di apprendimento pei i primi due anni della scuola primaria” e non ho ancora capito quale sia la portata e il carattere di tale Progetto. In sostanza non si capisce se tutte le Scuole sono tenute a conformarsi oppure no e spiego il perché.

Sarà colpa mia oppure tale ambiguità è voluta da parte di chi non sa decidersi a chiamare le cose con il loro nome e usa espressioni assolutamente ambigue. In sostanza, il Decreto è abbastanza chiaro nel secondo articolo laddove si parla dell’introduzione dell’inglese e dell’informatica nei primi due anni. Vi si dice infatti che “A decorrere dall’anno scolastico 2003/2004, nei primi due anni della scuola primaria sarà assicurata l’alfabetizzazione informatica e l’alfabetizzazione nella lingua inglese, secondo quanto delineato dalle Indicazioni Nazionali” Si può discutere se lo strumento del Decreto sia sufficiente o legittimo, visto che la L. 53 prevede l’emanazione di decreti legislativi e non di semplici decreti (ma l’apparato Ministeriale “ci prova” o ignora veramente le procedure legislative? Dopo le recenti gaffes sul Decreto Lgs. “mai nato” e la Nota sulla formazione in servizio dell’aprile scorso successivamente “smentita”, propenderei per questa seconda ipotesi, per cui temo che anche questo decreto possa “abortire” di qui a pochi giorni!). Comunque il secondo articolo almeno è chiaro: se saranno assicurate le risorse finanziarie ed umane per l’avvio del Progetto (?), tutte le Scuole dovranno garantire l’insegnamento dell’inglese e dell’informatica. Rimane solo un dubbio che nessuno ha chiarito: ma l’inglese e l’informatica si aggiungono all’orario in vigore (27 per il primo ciclo) oppure rientrano nel monte ore attuale? Nell’art. 1, a proposito delle Indicazioni nazionali, si afferma “fermi restando gli attuali … orari di funzionamento” , mentre nulla è detto nell’art. successivo. Dimenticanza? La questione non è di poco conto, poiché nel primo caso bisognerà rivedere una serie di cose, come ad esempio la questione dei rientri (uno in più ad esempio nel caso di plessi dove si effettuava la settimana corta). E bisognerà rivedere i trasporti e le mense con i Comuni. Come la mettiamo in piena estate?

Ma la questione di fondo è un’altra. Cosa vuol dire “Progetto nazionale … finalizzato ad una prima attuazione di talune innovazioni coerenti con le linee di riforma configurate”? Non siamo più in presenza di una Sperimentazione volontaria come era quella prevista dal D.M. 100/2002, ma di un Progetto(?) che tende a far partire la Riforma, anche se  “limitatamente ai contenuti dei piani di studio delineati nelle Indicazioni Nazionali per i Piani di studio personalizzati per la scuola primaria”: Ma le Scuole sono tenute ad attuarle oppure è lasciata loro libertà di scelta? Sembrerebbe più valida la prima ipotesi, ma non ne sarei tanto sicuro, se penso a quanto riferito in un recente incontro a Gorizia dal Prof. Govi del MIUR, il quale parlava di volontarietà. D’altra parte, si dice, occorre anche garantire la prosecuzione dei percorsi educativi, già attivati secondo le Indicazioni. Nazionali per i Piani di studio personalizzati per la scuola primaria, agli allievi delle classi prime delle istituzioni scolastiche che, nell’ anno scolastico 2002/2003 hanno aderito al progetto di sperimentazione nazionale di cui al d. m. 100/2002. Vale a dire che anche per gli “sperimentatori” non c’è scelta se proseguire o meno.

Ma allora che senso ha quel richiamo all’autonomia delle Scuole che si trova nel Decreto?  ” I piani di studio predetti - vi si afferma - vengono attivati dalle istituzioni scolastiche nell’ambito della autonomia didattica, organizzativa e di ricerca, da esercitare tenendo conto delle attese delle famiglie” Vengono attivati: quale ambiguità in questo indicativo presente! Sarebbe stato giusto chiarire: “dovranno essere attivati” oppure “potranno essere attivati”. In questo secondo caso ci sarebbe stato un collegamento logico con l’espressione successiva “nell’ambito dell’autonomia scolastica”. Ma che senso ha dire che le Scuole attiveranno (con significato imperativo, almeno sembra) nell’ambito della propria autonomia? La Nota che accompagna il Decreto si spinge ancora più in là e arriva perfino ad affermare “Ciò significa valorizzare (sic!) l’autonomia scolastica, esaltandone quegli aspetti laboratoriali di applicazione e di ricerca. innovativa, che costituiscono uno dei punti fondanti del Regolamento n. 275/99 e che vedono nei docenti gli attori indispensabili per il rinnovamento del sistema educativo del nostro Paese”

Una lettura attenta del documento purtroppo non scioglie le ambiguità di cui si parlava prima vale a dire: ma esiste l’obbligo di adottare per tutte le Scuole le Indicazioni nazionali oppure no? Chi ha letto le Indicazioni sa che non è una innovazione di poco conto: starei per dire che, a parere del sottoscritto, si è parlato troppo di anticipo e di tutor e poco invece dei famosi PSP, che sono stati addirittura inseriti surrettiziamente nella ultima modifica alla L. 53 (v. dopo) Le Indicazioni, come è stato affermato da alcuni sono un “cappio” con il quale si vorrebbe azzerare un dibattito ultratrentennale sulla Programmazione collegiale per sostituirla con una ambigua “personalizzazione” dei percorsi formativi (ma su questo ci sarà da dire in seguito). La novità non mi sconcerta, ma andava discussa approfonditamente e soprattutto “digerita” dai docenti che dovranno elaborali. Chi, visto che non c’è il tutor? E il portfolio?

Vi si dice che il prossimo anno scolastico può diventare l’anno di prima attuazione (sott. mia: che significa mi chiedo quel “può”?) limitatamente ai contenuti dei nuovi piani di studio” E ancora “In tale prospettiva, le istituzioni scolastiche rielaboreranno (ancora un futuro equivoco: è un obbligo?) i piani de offerta formativa relativi ai primi due anni della scuola primaria sulla base degli obiettivi specifici dì apprendimento delle conoscenze e delle abilità, necessarie allo sviluppo delle competenze, e delle educazioni alla convivenza civile, espressi nelle Indicazioni Nazionali per la scuola primaria” Ancora più sotto: “A tal fine, le istituzioni scolastiche medesime, nell’esercizio della loro autonomia didattica, organizzativa e di ricerca, finalizzeranno (v. sopra) l’organizzazione dell’attività didattica al miglior perseguimento degli obiettivi formativi indicati nei Piano dell’offerta formativa, introducendo i piani di studio di cui alle Indicazioni Nazionali per i primi due anni della scuola primaria, nel rispetto dell’autonomia e fermi restando, in questa fase, gli attuali assetti strutturali, l’orario di funzionamento e le risorse professionali in dotazione”

Ma l’acme di questa prosa ambigua e per certi aspetti sorprendente si raggiunge quando, sempre nella Circolare, si afferma “Nell’ambito di questo processo di innovazione, le istituzioni scolastiche potranno anche opportunamente interagire con il territorio ai fine di meglio corrispondere alle esigenze degli allievi e delle famiglie, nonché ai bisogni formativi localmente espressi”

Mi risparmio il commento a questa prosa davvero “rivoluzionaria”

Prof. Pasquale D’Avolio
D.S. Istituto comprensivo di Arta-Paularo (UD)

 

NOTA FINALE

Non so quanti hanno notato come nella L. 53/2003 rispetto al d.d.l. dell’anno precedente quelli che prima erano i Piani di studio sono diventati i Piani di studio personalizzati, come se l’aggettivo fosse una semplice specificazione dei Piani di studio. Ora chi mastica un po’ il lessico pedagogico-didattico sa che con i Piani di studio si intendono normalmente i quadri orari o i curricoli, sui quali come si sa, le Regioni rivendicano una “quota” insieme alle Scuole. Cosa vorrà dire che alle Regioni è riservata una quota dei Piani di studio personalizzati? Evidentemente chi ha riscritto l’articolo non si è accorto dello stravolgimento di senso che andava a introdurre e ha voluto semplicemente “legittimare” (dare cioè sanzione legislativa) a una metodologia programmatoria che per lo meno attiene a una sfera diversa da quella legislativa.

Lettera i dell’art. 2 della L. 53/2003

“I piani di studio personalizzati, (sott. mia) nel rispetto dell'autonomia delle istituzioni scolastiche, contengono un nucleo fondamentale, omogeneo su base nazionale, che rispecchia la cultura, le tradizioni e l'identità nazionale, e prevedono una quota, riservata alle regioni, relativa agli aspetti di interesse specifico delle stesse, anche collegata con le realtà locali”

Lettera j del d.d.l. del febbraio 2002

j.  i piani di studio contengono un nucleo fondamentale, omogeneo su base nazionale, che rispecchia la cultura, le tradizioni e l’identità nazionale, e prevedono una quota, riservata alle Regioni, relativa agli aspetti di interesse specifico delle stesse, anche collegata con le realtà locali.


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