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Da una maestra al Professore

 

Professore, quanto è lontano da noi, piccole formiche fastidiose!

Ho letto l’"Autointervista per ripercorrere equivoci e rispondere a domande" di Giuseppe Bertagna e mi sono sentita minuscola, così come mi è capitato e capita alle/ai bambine/i di fronte all’adulto tanto più sapiente e forte e grande!

Ogni parola, ogni citazione argomentata con lucida,razionale maestria, mi ha allontanata mille miglia (a parte un "a disposizione" con l’"h" e un periodo sospeso, che mi hanno immediatamente riavvicinata: anche i Professori hanno un’anima! Scherzo ovviamente!).

Non che alcuni passaggi del documento non siano belli, per esempio quello sul "contenitore" "3+5+3+4+(1)+3 (riguardante gli anni di scolarità complessiva) o l’affermazione da Lei condivisa per cui "non esiste conoscenza umana possibile che non implichi sempre una responsabilità, un giudizio, un impegno, un coinvolgimento personale e viceversa". Oppure l’apprezzabile ricerca della qualità in ogni segmento dell’architettura scolastica dell’"istruzione e/o formazione che sia".

C’è qualcosa d’altro, di inafferrabile che inquieta una maestra.

C’è un’aria, un umore di sfiducia che trasuda per ciò che non è compreso nel progetto e nella visione filosofica da cui è scaturito e per chi non lo "sa" comprendere.

Sfiducia che sembra negare anche la dimensione etica del proprio lavoro di ieri e di oggi, delle proprie scelte, della propria preparazione culturale (sempre inferiore a quella dell’ "accademico", per carità!) alle/ai docenti "normali", fino a insinuare una loro possibile non volontà di coinvolgimento nell’atto valutativo (per comodo o per calcolo) e la necessità che siano "guidate/i", organizzate/i da qualcuno più in alto, "registrati" da un tutor superprofessionale e di grado "culturale superiore" certificato.

Ha presente tutto ciò che ci viene insegnato dai vari pedagogisti e filosofi sul valore dell’altro, dell’io e del tu, sulla comunicazione, la relazione, l’ascolto, il mettersi dall’altra parte, il conflitto cognitivo, i diversi stili d’approccio alla realtà…?

Ecco, so che capita, a volte, che alcuni professori universitari abbiano la necessità nel loro ambito di citare molto gli altri per avvalorare se stessi, di tenere alle dovute distanze le/i ragazze/i fino a pretendere, per rigore scientifico (è ovvio!), che dimentichino eventuali prese di posizione originali, "inventate" in prima persona, magari senza citazioni di sorta (per carità mica vorranno pensare con la loro testa!), ma ero convinta che almeno le/i docenti in servizio, pagate/i per prestarlo, si trovassero nella posizione più indicata per esprimere almeno un’opinione dettata dall’"esperienza" (parola volgare, mi scusi!) se pur minimale e che questa venisse ascoltata anche quando non in sintonia.

Invece "veniamo tenute/i a debita distanza", poco nominate/i (nei documenti) come soggetti vivi e attivi, sospettate/i di non volerci impegnare eticamente nelle vautazioni e, ancora di più, Lei, Professore, domanda al lettore del suo documento: "dobbiamo sospettare che ci siano docenti e scuole che per autoassolversi sono addirittura disposte a imbrogliare e a scambiare il negativo per positivo?". Per carità è una domanda, ma è una "brutta" domanda!

Poche righe prima di tale quesito, nel documento che sto cercando di capire con la mia piccola testa di maestra elementare, c’è scritto (sempre a proposito della valutazione) : "L’inesprimibile, insomma, non deve diventare un alibi al disimpegno morale e professionale e, magari, all’ignoranza scientifica.

Siccome la verifica e la valutazione sono atti molto complessi e sempre inesauribili, rassegnarsi ad astenercene, oppure eseguirli in maniera rituale e semplificatoria, tanto per farli (come fanno molti che si limitano a dare i numeri!); o pretendere a loro riguardo l’insindacabilità di un preteso intuito clinico che accompagnerebbe per grazia di stato l’azione di ogni docente(Il periodo è sospeso nel documento, non per colpa mia, non si sa mai!). Credo che a portare fino in fondo le diffidenze espresse nella domanda si giunga a questi risultati. Noi abbiamo voluto ribadire, invece, che la verifica e le valutazioni sono cose molto serie, che esigono allo stesso tempo tanta scienza (pedagogia, docimologia, psicologia, sociologia, antropologia, diritto, oltre che, ovvio, sapere disciplinare) e tanta coscienza ( responsabilità, impegno, messa in discussione personale, continua domanda sulla coincidenza tra essere e dover essere). Una professionalità da manutenere in continuazione…"

Finora nessuno si è accorto di quelle formichine nelle loro aule stette, nei laboratori inventati dal nulla, con i materiali costruiti in proprio, con i soldi spesi a volte di tasca propria per alleviare situazioni pesanti, con la vocazione al salvataggio di situazioni d’abbandono, con l’accettazione di qualsiasi problema e la ricerca in proprio per trovare soluzioni…? Nessuno se ne è accorto. Anzi mi pare che qualcuno pensi: queste incompetenti ignoranti formichine per valutare e quant’altro avranno bisogno del coordinatore di classe (con formazione universitaria specifica. Con 15 crediti sarebbe collocato in un albo da cui si attingerebbe per la nomina dei coordinatori-tutor di classe), altro che maestro unico!

Ora staremo tranquille/i noi che paventavamo il ritorno a una sola figura di riferimento! Nel futuro avremo la tranquillizzante figura del coordinatore: tre maestri in uno e le/gli altri non si sa a far che, visto che il coordinatore: "è lui, con il suo nome e cognome, con la sua responsabilità diretta, che cura la raccolta e la compilazione del portfolio delle competenze di ciascun allievo; è lui che convoca le riunioni dei docenti o che si mette in relazione con i docenti che hanno rapporti in classe o nei Laboratori con i singoli allievi per raccogliere a loro riguardo le informazioni ed i giudizi necessari per decidere il da farsi valutativo; è lui che convoca riunioni parziali o globali del gruppo docente per vagliare progetti, ipotesi di lavoro individualizzati e/o di gruppo, decisioni sanzionatorie; è lui che, con il coordinamento del direttore della progettazione didattica di istituto (altra figura che proponiamo d’istituire, per collaborare con il dirigente scolastico) mantiene i contatti con i genitori e che coopera con la famiglia e con i singoli allievi per progettare e stabilire le scansioni del percorso formativo biennale o quadriennale, in rapporto agli obiettivi specifici di apprendimento da raggiungere; è lui, insomma, che diventa un punto di riferimento concreto e vitale per il singolo allievo e la famiglia (il tutore) e che dovrebbe mantenere, per quanto possibile, la continuità di questo tutorato per l’intera scuola primaria o scuola secondaria di 1° grado o scuola secondaria di 2° grado, pure interloquendo con il collega coordinatore-tutor negli anni snodo…"

Il passaggio si commenta da sé.

Io aggiungo soltanto che sono spaventata sia per questo futuro LUI a cui si fa riferimento con tanta fiducia nelle sue possibilità di incidere sulla qualità della scuola, sia per l’assoluta sfiducia che si mostra in ciò che è ora la scuola elementare: luogo di incontro alla pari fra persone che, negli anni, hanno lavorato sodo su se stesse per lavorare solidalmente! (Certo non tutto è stato perfetto, ma si sarebbe potuto partire da ciò che ha funzionato per attingere modelli di riferimento preziosi per procedere ad aggiustamenti del segmento elementare. Invece di nuovo si azzera e si ricomincia da capo!).

Ma questo LUI aprirà le porte del paradiso celeste a bambine/i e alle loro famiglie, le quali si sentiranno finalmente protette, in quanto fino a ora ciò non accadeva con tutte quelle maestrine inesperte all’ascolto, frettolose di andarsene a casa propria.

Chi teneva ora i rapporti con le famiglie in difficoltà?

Quelle maestrine che cosa vuoi che possano capire delle/dei loro alunne/i, non crederanno di conoscerle/i soltanto perché ce le/li hanno tante ore al giorno, tutto il giorno, magari in un bel tempo pieno, a osservarle/i mentre si "muovono" in tutti gli ambiti disciplinari nessuno escluso e poi, sono tre maestre, quattro con la lingua straniera (insieme a confrontarsi alla pari) che fanno italiano e motoria, matematica e ed. all’immagine, storia e italiano… No, cosa vuoi che capiscano!

Togliamo loro anche del tempo…tanto lo sprecano, non sanno insegnare in poco tempo e bene: diamo loro il tutor! (Professore, se aveste amato la modularità, l’avreste difesa nelle sue forme migliori e ne avreste potato i rami secchi dei vari moduli a scavalco, stellari, piramidali ecc…!).

Togliamo al diretto controllo di due maestre/i di classe le 40 ore del tempo pieno che tanto che cosa imparano le/i bambine/i?!

Nulla che valga la pena, nulla che non si possa fare anche al di fuori della quota nazionale di ore. (Ovviamente sto scherzando!).

Che rapporti stretti avranno con le/i bambine/i di classe le maestre delle ore che restano fuori dalle 21 o dalle 15 ore del coordinatore di classe!

Oh, dimenticavo!

La classe non ha più quel ruolo di luogo delle "lente" relazioni quotidiane da costruire, quel luogo di scontro-incontro in cui imparare a gestire i conflitti, perché "non è più il caso di ritenere la classe l’elemento unico di riferimento per l’organizzazione delle attività didattiche. Anche per quanto riguarda gli organici."

"Ogni allievo incontrerà, poi, nella sua vita scolastica, tre formule didattiche sul piano organizzativo: la classe (nell’istituto), i gruppi di livello, di compito, elettivi (nell’istituto o in rete).

Chi può tenere ordine e unità in questa doverosa differenziazione organizzativa, ipotizzata per sostenere i processi educativi d’apprendimento?"

Un LUI preparato all’università, un SUPERMAN (voglio rovinarmi, ho citato qualcuno!) che risolva ogni cosa, decidendo tempi, modi, forme, rapporti…

Le/gli altre/i obbediranno e tutte le componenti sociali saranno felici e contente, compreso Lei Professore, così sfiduciato nei nostri confronti: in questo modo avrà una garanzia di qualità.

Fo, 29 gennaio 2002

Claudia Fanti (maestra elementare)


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