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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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QUALE “OBBLIGO” ? Spunti per una riflessione

 

Chi non è d’accordo nell’elevare il livello culturale dei giovani ampliando la loro formazione culturale e civile? Sembra che a mettere in discussione l’elevamento dell’obbligo “scolastico” a 16 anni sin dall’anno prossimo si faccia parte subito della schiera dei conservatori o peggio reazionari. L’accusa era stata ripetuta più volte all’indirizzo della Moratti la quale aveva sostituto l’obbligo con il “diritto-dovere” alla formazione per almeno 12 anni, ben oltre i 16 anni quindi; ma aveva previsto il “doppio sistema”, altrimenti chiamato “doppio canale”, garantendo comunque pari dignità e di profilo unitario in uscita (il cosiddetto PECUP del secondo ciclo). Non ritorno sulle polemiche del passato; ma ciò che non accetto è che si demonizzi chi, anche a sinistra, invita a una serena riflessione sul modo e sui tempi per arrivare a dare a tutti una formazione di più alto livello rispetto all’attuale e che non significa necessariamente, almeno nell’immediato, obbligare tutti a frequentare la Scuola fino a 16 anni.

Diceva Gramsci quasi un secolo fa “La legge è un'imposizione: può importi di frequentare la scuola, non può obbligarti a imparare, e, quando abbia imparato, a [non] dimenticare”

E aggiungeva “Ha più giovato all'alfabetismo la propaganda socialista di tutte le leggi sull'insegnamento” Parafrasando quest’ultima affermazione, diremo che giova di più all’alfabetismo la necessità di tenere il passo con l’evoluzione tecnologica e dei lavori che una legge dello Stato.

E allora cerchiamo di affrontare con realismo la questione, rifuggendo dagli anatemi

 

I Punto: quale “obbligo”?

 

Nelle discussioni circa l’ “elevamento dell’obbligo” si usano indifferentemente due espressioni non proprio coincidenti. La Finanziaria parla di un obbligo di istruzione di 10 anni, mentre il programma dell’Unione parla di “obbligo scolastico fino a 16 anni”. Intanto obbligo di istruzione e obbligo scolastico non sono la stessa cosa, a meno che non si intenda che l’unica agenzia in grado di fornire istruzione sia la Scuola statale (ma l’istruzione informale e non formale dove la mettiamo?). Obbligare tutti i giovani a frequentare la Scuola fino a 16 anni non vuol dire necessariamente che tutti percorrano i dieci anni di formazione, dalla prima elementare alla seconda superiore. Altro è l’assolvimento dell’obbligo (che si conseguirebbe comunque a 16 anni), altro l’ adempimento (che comporterebbe la promozione alla fine del biennio superiore). Si può restare 10 anni a scuola e non raggiungere nemmeno il diploma di scuola media; succede in pochissimi casi, ma esistono anche quelli (anche perché la licenza media non viene di fatto negata a nessuno dopo due anni di ripetenza nel primo ciclo). [1]

I tassi sulle ripetenze nei primi due anni delle superiori ci attestano che a 16 anni un buon 25% degli alunni può essere prosciolto dall’obbligo con il solo titolo di licenza media, dopo un anno di frequenza obbligatoria, magari con bocciatura, oltre la scuola media. Se si ritiene davvero indispensabile che tutti frequentino almeno 10 anni di scuola  (un curricolo decennale intendo) occorrerebbe spostare l’obbligo in avanti … e non è detto che alla fine venga raggiunto da tutti l’adempimento e non il semplice proscioglimento! Pensare che, una volta fatta la legge, tutti a 16 anni possano raggiungere il secondo anno delle superiori o è una illusione o è una presa in giro!

Il concetto di obbligo andrebbe riferito, a mio parere, più che agli anni (15 o 16) , al raggiungimento delle competenze essenziali del cittadino del nuovo millennio. E allora bisognerebbe definire innanzitutto quali sono tali competenze (quelli che si chiamavano i “saperi essenziali”) e “prosciogliere dall’obbligo scolastico” tutti quelli che li hanno raggiunti. Come dice giustamente De Anna “la categoria “obbligo scolastico” per come la si è conosciuta e praticata nel dibattito storico di politica scolastica è oggi largamente inutilizzabile. Per  esempio non si può ridurre a una definizione quantitativa… in una età particolare.

La questione obbligo, si trasforma dunque. Non una età di soglia, ma la questione di definizione di quale sia la “piattaforma” di saperi, competenze conoscenze comuni che appartengono a tutti i cittadini., sulle quali si costruiscono le opzioni, le vocazioni, le potenzialità attitudinali individuali.

…Addivenire ad una sorta di definizione di tale piattaforma curricolare comune è oggi il modo più corretto (e più difficile…) di definire che cosa si intenda per “obbligo” al di la delle definizioni formali”[2]

Se si partisse da qui forse la questione dei 14 o 16 anni perderebbe gran parte del suo valore Potremmo convenire che per tali saperi occorrano normalmente un curricolo di 8 anni che per la maggioranza degli studenti significa 14 anni, mentre per tutti vale FINO ALLA TERZA MEDIA; dopodiché rimane l’obbligo formativo almeno per altri due anni, da spendere nella scuola o nella FP, come prescrive la 144/99 e come prevedeva la stessa riforma Berlinguer e la L. 53. Scompare a questo punto il limite degli anni; solo il superamento dell’esame di Stato in III media proscioglie dall’obbligo scolastico e permette l’iscrizione o a Scuola o alla FP.

Se veramente fosse indispensabile percorrere un curricolo decennale, se cioè per acquisire i “saperi di cittadinanza” fosse necessario conseguire la promozione alla fine del secondo anno delle superiori, allora dovremmo rassegnarci ad avere dei cittadini formati in maniera “incompleta” . A meno che non si stabilisca per legge che TUTTI siano promossi per 10 anni di seguito!!! Forse qualcuno riuscirà a spiegare questo arcano.

Pertanto al momento attuale mi pare che la soluzione “flessibile” adottata nella Finanziaria sia la più realistica e la più valida, finché non si saranno create le condizioni all’interno della Scuola, come dirò successivamente.  

 

II Punto: quali tempi

Affermare che dal prossimo anno dovrebbe essere introdotto l’obbligo di frequentare una scuola superiore dopo la III media, impedire cioè la iscrizione ai corsi di formazione professionale o addirittura i “percorsi integrati”, nelle condizioni attuali della scuola superiore, è un vero salto nel buio. Significa consegnare i più deboli culturalmente alla falcidia delle superiori, o rassegnarsi all’abbandono precoce di ogni tipo di formazione quanti sarebbero “recuperabili” a un percorso formativo. I dati sulle bocciature non solo, ma anche l’atteggiamento di una buona parte degli studenti quindicenni verso la scuola (Indagine OCSE 2003: 38% dei nostri studenti si annoiano a scuola!) o la situazione di ingestibilità in molte classi delle Professionali (come viene riferito da quanti ci insegnano) dovrebbero far riflettere.

Conosco l’obiezione di quanti avversano qualsiasi forma di “separazione” tra scuola e formazione: i “dualisti” darebbero per scontato che una parte dei ragazzi è “negata” per lo studio e utilizzerebbero la “diversità delle intelligenze” non per una maggiore individualizzazione dell’insegnamento ma per giustificare le disuguaglianze. Si assolverebbero in questo modo la Scuola Media e le superiori da ogni responsabilità per gli insuccessi e gli “abbandoni”. Purtroppo a tale situazione non si ovvia con una legge, ma come dirò dopo, impegnandosi in una battaglia politico-culturale e pedagogico-didattica al fine di espellere dalla scuole le teorie neo-darwiniane presenti in molti docenti soprattutto della secondaria 

Allo stato attuale è possibile? Non credo

In effetti le voci preoccupate non mancano, anche da parte dei più decisi sostenitori del biennio obbligatorio dopo le Medie.

Non bastano purtroppo le buone intenzioni enunciate nella stessa finanziaria all’art 68 per realizzare davvero una Scuola a misura dei ragazzi più “deboli”. E’ apprezzabile quanto si dice nello stesso articolo che l’elevamento dell’obbligo dovrebbe prevedere nel biennio "attività di accoglienza, rimotivazione e riorientamento, nonché l'individualizzazione della didattica in modo da tener conto delle diverse forme di intelligenza e dei diversi stili di apprendimento"”. Sono passati anni, decenni direi dalla 517 ; si sono spesi miliardi per “progetti antidispersione” soprattutto nelle superiori fino agli ultimi “infausti” corsi IDEI. Qualcuno ha fatto una verifica dello spreco di risorse e di intelligenze?

Il rischio quindi è che, come giustamente fa notare la Cinzia Mion, [3]che pure è a favore dell’elevamento a 16 anni da subito, magari proponendo quello che viene chiamato l’apprendistato cognitivo, si riproporrebbe quello che è già avvenuto nel corso degli anni 60 e 70 con la Riforma della scuola media unica, che avrà avuto indubbiamente i suoi meriti, ma è stata causa di tanti fallimenti individuali. D. Milani scrive la sua “Lettera a una professoressa” qualche anno dopo la Grande Riforma della Scuola media unica E si è dovuto attendere il 1979 per la revisione dei programmi, rimasti per lo più inapplicati negli anni successivi, salvo la bella stagione della programmazione e delle schede di valutazione (interrotta inopinatamente da Berlinguer negli anni 90). Oggi la Scuola Media è la vera “emergenza”, ma non se ne vuole prendere atto, e si continuano a sperperare miliardi per contrastare la dispersione nel biennio delle superiori quando i guasti sono a monte.

Una vera riforma della Scuola secondaria (sulla primaria comunque non sono tutte rose e fiori, ma non è qui il momento di parlarne) si avrà quando si passerà dalle questioni ordinamentali al cuore della didattica, rimasta inalterata negli anni dopo la “rivoluzione cognitivista “ di cui parla Bottani nel bellissimo saggio “Insegnanti al timone?” Si leggano al proposito le dolenti note sempre della Cinzia Mion, di Allulli o della Farinelli.[4] La prima parla di alunni “dimessi mentalmente” dai propri docenti fin dalle Scuole Medie, e propone per il biennio l’”apprendistato cognitivo” (ma chi si impegnerà da subito?) mentre la Farinelli in un recente intervento su “Scuola e didattica” ha fustigato a dovere gli impazienti sostenitori del biennio unitario obbligatorio, soffermandosi sui problemi lasciati insoluti dalla “nuova” scuola media “.. col suo frequente relegare in bricolage quell’”operatività” fortemente raccomandata fin dai programmi del 1979, con la sua prevalente tendenza a fare di ogni lezione una conferenza e a tenere separate le discipline, con il privilegio dei linguaggi astratti e con la riduzione a mera applicazione , o a mero strumento, di ogni tecnologia. Sono qui le radici concrete dei processi di licealizzazione che ormai affliggono, nella scuola superiore, persino l’istruzione tecnica”. La conclusione della Farinelli è che il “biennio unitario” non è la soluzione, ma il problema

L’ultimo documento della Segreteria nazionale FLC (CGIL scuola) su tale questione è estremamente interessante e indica quali siano le condizioni per un serio e produttivo avvio dell’elevamento dell’obbligo a 16 anni; la preoccupazione è quella di evitare la “dispersione” che, come già avvenuto negli anni 200 e 2001 a seguito della L. 9 /99 (obbligo a 15 anni) è aumentata invece di diminuire

Perché ciò avvenga, dice la Segreteria FLC, occorre fra le altre cose “Saper rispondere con modelli inclusivi, ai diversi modi di apprendere, alle diverse individualità, ai diversi bisogni” e continua dicendo che condizioni essenziali perché ciò si verifichi è che venga superata “l’impostazione trasmissiva e nozionistica dell’insegnamento in favore di una dimensione attiva dell’insegnamento/apprendimento… favorire la dimensione attiva dell’apprendimento, attraverso un uso della didattica laboratoriale e dei lavori di gruppo

Occorre dire che il Documento della CGIL è davvero innovativo e per certi aspetti coraggioso, nel momento in cui propone ad esempio di ridurre il numero delle ore di insegnamento e di riservare una quota di ore di servizio per la progettazione collegiale. Val la pena riportare integralmente quanto ivi si afferma “Ogni area di insegnamento deve prevedere nell’orario curricolare una quota definita di attività laboratoriali.

Un orario di lavoro che comprenda una quota dedicata ad attività di progettazione e di

coordinamento delle attività

L’attribuzione di funzioni finalizzate a sostenere il lavoro cooperativo del team e della scuola”

Ho riportato solo alcune indicazioni fondamentali a mio parere che richiederebbero tuttavia un modello di scuola superiore diverso da quello attuale e … una classe docente di ben altra formazione e professionalità. Il fatto è che tali condizioni oggi non esistono che in minima parte neanche nella Scuola Media. Eppure la FLC respinge qualsiasi “compromesso” e insiste per l’avvio immediato del biennio obbligatorio!

Occorrerebbe a mio parere che le proposte precedenti riguardassero non solo la scuola superiore ma l’intera scuola secondaria. E’ qui, come ho detto più volte, che si annida il vero problema della dispersione.

Ma allora occorre “una formazione in servizio e una formazione iniziale dei docenti coerente con questa impostazione.. con un forte carattere didattico e non solo funzionale-organizzativo “ come afferma il documento sindacale.

Non basta “proporre” nuove metodologie; occorre che esse diventino patrimonio reale dei docenti della secondaria e per farlo occorrerà impegnarsi massicciamente in una operazione di “aggiornamento metodologico e didattico” OBBLIGATORIO a partire dalla Scuola Media. Senza di ciò non se ne esce; il vero “obbligo” è quello della formazione dei docenti. Su questo l’ANDIS, l’associazione professionale dei DS, ha proposto la modifica del “diritto-dovere” all’aggiornamento previsto dal Contratto dei docenti (qui l’espressione diritto-dovere va bene per le OOSS!) in obbligo.

Se la sente la FLC di proporre un piano di formazione obbligatorio per i docenti delle Medie e delle superiori, come avvenuto alla fine degli anni 80 per le elementari?

E’ a tutti evidente che non si può innovare se non c’è alla base una adeguata formazione dei docenti Fu questo l’errore commesso ai tempi della Scuola Media e i risultati si sono visti.

 

 

Il curricolo verticale

Ultima questione, ma non meno importante: si parla di un curricolo 6/16 anni, altri vorrebbero 3/16 anni, altri ancora 11/19 anni. Se il biennio rientrerà nell’istruzione obbligatoria, esso non può che collegarsi alla scuola di base elementare-media. Ma mi chiedo: è possibile realizzare davvero un curricolo verticale con tre scuole diverse: elementari, medie e superiori? E’ la vecchia questione sulla definizione della “scuola dell’obbligo” che torna

E invece nei documenti si parla di un biennio con una propria identità! D.Chiesa, già presidente del CIDI e attualmente consigliere del viceministro Bastico, lo va affermando da tempo. “Il biennio viene valutato, in questa impostazione, come la fascia scolare, dotata di propria identità curricolare, che rappresenta lo snodo non sostituibile per il compimento e lo sviluppo di alcune funzioni centrali della scuola

Ora un curricolo unitario richiede una scuola “unitaria”. Un “biennio unitario” che voglia definirsi con una propria “identità curricolare” è, a parere di chi scrive, un non senso pedagogico-didattico se non altro perché dovrebbe essere contemporaneamente terminale e propedeutico. A meno che non si immagini un biennio “Istituto biennale” a cui seguano “Licei triennali”, ma si sa che in questo modo si solleverebbe ancora una volta i licealisti.

In effetti nessuno ha parlato di come avverrà il passaggio dal biennio unitario ai vari Licei. Quanto più sarà “unitario” tanto più diventerà problematico il proseguimento in uno dei Licei “specialisti”; quanto più sarà “articolato”, finirà per prefigurare una “scelta precoce” che si criticava nella riforma Moratti  e che invece, a parere del sottoscritto, sarà impossibile da evitare

 

La questione ordinamentale

Mi sono soffermato sugli aspetti di carattere pedagogico e culturale, ma ciò  non toglie che occorra por mano anche a una revisione non solo dei curricoli, ma anche degli ordinamenti. Anche a tal proposito il documento della FLC dice alcune cose interessanti, che qui non riporto. Ma anche qui mi pongo la questione se tutto ciò possa essere fatto in un anno, vale a dire prima del 1 settembre 2007!

Sugli ordinamenti poche cose: francamente non capisco perché si continui a parlare di indirizzo tecnico e professionale come di due percorsi differenti. Quale è il senso di questa separazione dopo tutto quello che è successo nelle Professionali, dopo il Progetto 92? Ma poi l’istruzione e la formazione professionale (quella che rilascia qualifiche e non diplomi per intenderci) non doveva appartenere alle Regioni già prima e ancor più dopo la riforma del Titolo V?

L’Italia è rimasta l’unica Nazione a distinguere “istruzione” e “formazione”, che mantengono inalterati i significati che avevano nella legislazione del dopoguerra. Su questo rimando a quanto chiaramente espone Tiriticco in uno dei suoi ultimi interventi, laddove si mette in risalto l’equivoco di una “formazione” tipo anni 50 (formazione per il lavoro) a fronte di una “istruzione” di tipo “disinteressata” prettamente liceale. [5]

Quanto ai Licei o Istituti superiori infine, come si vorrà chiamarli, avremo finalmente quella unitarietà che inseguivamo già dagli anni 70 e poi con il Progetto Brocca e che con l’ultima vicenda della Moratti si è voluti tornare a distinguere tra “generalisti” e “vocazionali”, vale a dire propedeutici e terminali? Un bel passo indietro voluto congiuntamente da Confindustria e Sindacati sulla pelle dei Licei storici, tornati ad essere il regno della “cultura disinteressata” dopo tutte le sperimentazioni degli anni 80!

 

I nodi come si vede sono ancora tanti e per scioglierli credo che occorrano anni; la soluzione prospettata nelle Finanziaria (possibilità di assolvere l’obbligo anche al di fuori della Scuola o nei percorsi integrati) mi sembra la più realistica in attesa che si creino tutte le condizioni sopra enunciate e nascano eventualmente i campus; la proposta ha il solo difetto di richiamare troppo la riforma Moratti e il “doppio canale” . Ma bisogna che i sostenitori dell’obbligo scolastico a 16 anni si convincano che non è con le “barricate ideologiche “ che si risolvono i problemi dei ragazzi e del paese

 

                        

                                                                Prof. Pasquale D’Avolio
                                                    Dirigente scolastico I.C. Arta-Paularo

 


 

[1] Non dispongo delle cifre circa i ritardi scolastici al secondo anno delle superiori, anche se da una statistica molto limitata nel Comune dove opero, Paularo, mi dice che sono più del 40%. Da una ricerca effettuata nel 2003 su un campione di 73 Scuole (8000 allievi) dei Centri di formazione dei Salesiani è risultato che circa il 70% era stato semplicemente “prosciolto dall’obbligo” , senza quindi la licenza media. Sempre in tema di “dispersione” si leggano le interessanti note elaborate dall’ADI nel suo ultimo studio sulla Finanziaria.

[2] Intervento su “Proteofaresapere” anno 2005 “La Scuola Media nella Riforma

[3] Cinzia Mion  La questione del biennio e l’apprendistato cognitivo Rivista dell’istruzione Maggioli, 2006

[4] Gli interventi di Farinelli, responsabile scuola della Margherita sono rinvenibili oltre che sul sito Oggiscuola.it anche sulla Rivista della Scuola di Brescia “Scuola e didattica”
L’intervento di Allulli, in riposta a Tiriticco è sul sito “Oggiscuola”  

[5] Intervento su www.Edscuola.it   “Finanziaria e scuola”, ottobre 2006


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