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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

RIFORMA E LOBBIES DISCIPLINARI
(Come uscire dalle  lotte di corporazioni)

 

LA SITUAZIONE ATTUALE

Ogni volta che si parla di riforme scolastiche, specie nelle superiori, uno dei punti che genera maggiore interesse (soprattutto tra gli “addetti ai lavori”) è il quadro orario. Certo, il quadro-orario è uno degli elementi basilari in cui si traducono concretamente finalità e obiettivi culturali di un certo tipo di Scuola. “Un piano di studi è sempre una interpretazione concreta, in un determinato momento storico, di una teoria della cultura e della Scuola” Così si esprimeva la Commissione Brocca nel presentare i Piani di studio della Scuola Secondaria superiore (Studi e Documenti degli Annali P.I., n. 59/60, Le Monnier 1992).

Il dibattito intorno ai Piani di studio o ai quadri orario in genere purtroppo non riguarda la “teoria della cultura e della Scuola”, né ha presente la “sostenibilità” per lo studente di un certo quadro oraraio, bensì ruota intorno ad un altro interrogativo: quanti posti in più o in meno oppure quante ore settimanali in più o in meno della tale o talaltra disciplina?

La CGIL-scuola ha fatto e rifatto più volte negli ultimi tempi i calcoli per dimostrare l’iniquità della Riforma delle superiori sulla base del numero di cattedre che si verrebbero a perdere se passasse la proposta Moratti. A parte che lo stesso calcolo non era stato fatto per la Riforma Berlinguer (12 anni complessivi al posto di 13 e con un numero di ore settimanali non superiore a 30), mi chiedo se il giudizio sulla Riforma debba discendere da tali premesse. Il Sindacato, si sa, deve tutelare i lavoratori, ma allora non venga a ripetere la solita frase, che il Sindacato vuole rappresentare gli interessi generali. Aveva ragione Maragliano quando alcuni anni fa affermava “Non è possibile affidare la riforma dei trasporti ai tranvieri!”.

Chi come me ha operato per più di 30 anni nella Scuola superiore, ricorda le battaglie feroci tra le lobbies disciplinari, che hanno affossato tutte le precedenti ipotesi di riforme; dietro tutta una serie di discorsi altisonanti alla fine spuntavano gli interessi corporativi delle discipline o delle figure professionali (vedi assistenti tecnici, insegnanti tecnico-pratici negli IPS). Certo non c’erano solo queste ragioni dietro l’affossamento della Riforma. Ma un certo peso comunque l’hanno avuto. Qualche anno fa fece scalpore l’eliminazione di storia nel biennio dei Licei sperimentali “Proteo” (derivazione del “Brocca”) o quella di geografia nella prima proposta Berlinguer.

Sono talmente forti le lobbies disciplinari che è una vera rarità scoprire delle Scuole dove si è attuata una “compensazione” delle discipline (più ore a storia dell’arte e meno al latino al Liceo classico, ad esempio, o più matematica nel biennio e meno inglese) previste dal Regolamento dell’autonomia. Tutte o quasi tutte le sperimentazioni degli anni 80/90 nei Licei sono passate perché si aumentavano le ore settimanali senza alcun “sacrificio” per qualche disciplina.

A rigore di legge, l’unica disciplina intoccabile è l’IRC, perché discende da un accordo con uno Stato estero, il Vaticano. E’ talmente particolare l’IRC che, pur essendo “facoltativa”, viene inserita nelle “ore obbligatorie” (mistero ecclesiastico, che, in quanto agnostico, non ho la possibilità di capire!) Accanto alla religione, un altro ambito considerato intoccabile era quello dell’Educazione fisica, che doveva essere presente per non meno di 2 ore. La lobby dei “ginnasti” è quasi altrettanto potente del Vaticano; avevano un Servizio apposito al Ministero e conservano Uffici staccati a livello provinciale con uno o più “distacchi” e un budget per l’aggiornamento da far invidia ai “poveri” delle altre discipline. Negli anni scorsi erano ricercatissimi gli stages formativi nelle più amene località del Trentino o al mare, (per lo sport della vela, si capisce!) Non so adesso. Evidentemente non godono più della stessa considerazione, visto che la Moratti si è permessa addirittura di proporre un’ora sola obbligatoria nel Licei. Poveri nostri giovani! Non utilizzeranno più come un tempo la palestra e forse faranno qualche ora in più di laboratorio di informatica. Nessuno è mai riuscito a spiegarmi la necessità di inserire nell’orario scolastico dopo i 15 anni due ore di E.F. alla settimana Certo che fa bene l’attività ginnico-sportiva, (tanto è vero che esistono i gruppi sportivi pomeridiani, da incentivare, a mio parere, non per i campioni, ma per tutti) ma se per questo fa bene anche l’educazione alla salute o l’educazione alimentare e quella stradale. Si sa , le ore di latino e greco … non fanno bene alla salute! E infatti nessuno del latinisti si è ribellato ai nuovi orari che diminuiscono le ore di latino e greco nei classici. 

Infine c’è la lobby dei “linguisti”: meno di 3 ore di inglese alla settimana non si può! Dove sta scritto? E se discutessimo sulle competenze reali che la Scuola deve formare nell’ambito comunicativo? Potremmo accorgerci che forse ne  basterebbero anche meno. Oggi l’inglese lo si comincia ad insegnare alle Materne, poi si fanno 8 anni per tutti più le ore del secondo ciclo. Tredici/quindici anni di inglese per raggiungere quali risultati? I nostri alunni, si dice, sfigurano rispetto a quelli degli altri paesi. E se fosse questione di impostazione didattica più che di numero di ore?

Se è per questo, tutti concordano che i nostri alunni hanno delle carenze notevoli in matematica e nelle discipline scientifiche e, stando a quello che appare, le capacità espressive nella lingua madre (l’italiano) sono davvero modeste. Eppure non c’è nessuna lobby di matematici o di italianisti che chieda di aumentare il numero di ore di tali discipline. Forse verrebbero accusati di voler “tormentare” i poveri alunni o forse i docenti di tali discipline ( io con loro) sono convinti che non è tanto il numero di ore che conta, quanto la qualità dell’insegnamento e soprattutto l’impostazione metodologico-concettuale.

 

COME USCIRNE? A mio parere sì; si tratta di ripensare ai curricoli, avendo presenti come dicevo prima, due indicazioni di fondo: una nuova teoria della cultura e della Scuola, che superi il vecchio enciclopedismo e la frammentazione disciplinare, e la “sostenibilità” del quadro orario da parte degli studenti. Faccio degli esempi.

La storia e la geografia per ritornare agli esempi citati prima, almeno nel biennio, possono rientrare nelle altre discipline o nell’ambito “antropologico”, se l’obiettivo non è la conoscenza sistematica della disciplina, bensì l’acquisizione di determinate abilità e competenze. Idem per il diritto e l’economia, su cui tanto si piange (quanti docenti rischiano il posto?)

Una interessante proposta elaborata quasi 30 anni fa dal “Consiglio italiano per le scienze sociali”, che non ebbe fortuna, fu quella di elaborare un “programma” per le superiori articolato sui cosiddetti “Blocchi problematici” in cui confluivano tutte le scienze sociali, dalla storia, alla geografia, al diritto, all’economi all’antropologia. Certo la proposta andrebbe aggiornata, soprattutto dal punto di vista metodologico (il discorso delle abilità e delle competenze non era allora presente), ma è una dimostrazione di come si possa superare il disciplinarismo imperante.

Tentativi più modesti di “integrazione” tra le discipline sono stati attuati e si possono riproporre ad esempio in ambito linguistico, dove lo studio delle strutture logico-sintattiche potrebbe coinvolgere tutti i docenti delle discipline linguistiche (italiano, latino, lingue straniere per non parlare della “logica” assegnata di solito ai matematici).

Il fatto è che ad essere coinvolti nelle decisioni sul quadro-orario in genere sono i docenti universitari, che, se potessero, caricherebbero il quadro orario di innumerevoli sottodiscipline. Si ha un bel parlare di obiettivi e competenze, di “nuclei essenziali”; i cattedratici e i difensori delle cattedre (le OOSS o le Associazioni disciplinari) pensano al loro “orticello”.

In sostanza occorre decidersi se si intende continuare con l’attuale sovraccarico dei curricoli (perfino nei Licei si è arrivati a 34/35 ore) o si vuole davvero puntare a un ridimensionamento orario (il termine usato un tempo era il “dimagrimento dei curricoli”) con l’individuazione di un “nucleo forte” basato più sulle conoscenze-abilità che sul numero delle discipline. Era il vecchio dilemma dello stesso “Brocca” e, se i ricordi non mi ingannano, fu proprio Bertagna nel Convegno di Fiuggi del 94 a proporre alcuni “rimedi” che in epoca pre-autonomia potevano essere visti come azzardati ma che oggi appaiono pienamente legittimi: trimestralizzazione o quadrimestralizzazione delle discipline, insegnamenti intensivi per alcune discipline in particolari periodi dell’anno con “compensazioni” periodiche, moduli pluridisciplinari ecc.) Tutte “complicazioni”, si intende; è così semplice stabilire l’orario settimanale annuale e che assembli il maggior numero di discipline possibili. 

Ma la Scuola deve obbedire a logiche disciplinari o sindacali oppure è l’alunno il centro del curricolo? La risposta a me pare evidente.

 

Prof. Pasquale D’Avolio
D.S. Ist. Compr. Arta-Paularo (UD)

P.S.  A quanto è dato sapere sia i “ginnasti” che gli “inglesi” sono riusciti nel loro intento di riportare a 2 ore obbligatorie l’insegnamento di EF e a 3 ore l’insegnamento dell’inglese nelle Medie. Alla fine le lobby prevalgono sempre! Si vede che i “tecnologici” ( i veri sacrificati dalla Riforma, ma non tanto loro, direi in questo caso, quanto gli alunni!) non hanno abbastanza forza…. E poi la maggior parte sono ingegneri, per cui non ci rimetterebbero tanto!


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