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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Il riscatto della laurea, un diritto negato?

 

I lavoratori dipendenti, i lavoratori autonomi, i lavoratori iscritti ai Fondi speciali di previdenza e i lavoratori soggetti al contributo per il lavoro parasubordinato (collaboratori coordinati e continuativi, venditori porta a porta, liberi professionisti senza Cassa di categoria) possono coprire, con i contributi, il periodo del corso legale di laurea (non vengono presi in considerazione gli anni "fuori corso").
Gli anni riscattati saranno considerati validi ai fini del computo dell’età pensionabile anche per i lavoratori soggetti al regime contributivo.

A seguito della normativa introdotta dal decreto legislativo 184 del 30 aprile 1997 in materia di riscatto di laurea, in vigore dal 12 luglio 1997, sono riscattabili anche, sempre che non siano coperti da contribuzione, i periodi corrispondenti alla durata dei corsi di studio universitario a seguito dei quali siano stati conseguiti:

  • i diplomi universitari (corsi di durata non inferiore a due anni e non superiore a tre);
  • i diplomi di specializzazione;
  • i dottorati di ricerca, successivi alla laurea di durata non inferiore a due anni.

Tra le misure previste dalla legge n. 247/2007, volte a finanziare le future pensioni dei giovani lavoratori così da garantire loro “una pensione sicura e adeguata”, c’è il riscatto degli anni di studio universitario, che da oggi diventa più facile e conveniente. La nuova legge prevede, infatti, la possibilità di riscattare gli anni di studio, utili per il conseguimento della laurea, riducendone l’onere ed equiparandoli a periodi lavorativi utili ai fini pensionistici.

Il riscatto della laurea è divenuto più generoso per i giovani poiché può essere chiesto dai genitori anche prima che i giovani lavorino e in dieci anni senza interessi.

Il riscatto è un istituto creato dalla legge per aumentare l'anzianità assicurativa e contributiva, pagando i contributi per certi periodi che non sono stati toccati dal lavoro oppure che per una serie di motivi non hanno dato luogo a versamenti; ma ecco il colpo di scena con la legge n. 15 del 4 marzo 2009.

La legge 15/09, nota come legge Brunetta sulla trasparenza ed efficienza per la pubblica amministrazione, all’art 6 , comma 3, stabilisce che l’anzianità massima per il pensionamento deve essere di 40 anni di servizio effettivo e non contributivo; la recente legge 102/2009, di conversione del decreto legge 78/2009, prevede una norma transitoria sino al 2011 sulla validità per l’anzianità massima contributiva di 40 anni.

Se i termini del problema sono quelli su esposti evidenti sono le questioni aperte:

  • che fine faranno i contributi versati per gli anni riscattati dopo il 2011?
  • chi sta versando i contributi cosa deve fare?
  • chi ha fatto la domanda come dovrà regolarsi?
  • la norma vale per il pubblico impiego e non per le altre situazioni?
  • quale disparità di trattamento sui diritti maturati ci sarà tra prima dell’entrata in vigore della legge 15/2009 e dopo di essa?

Servono chiarimenti in merito anche perché si sta tornando al vecchio modo di legiferare: frammentare la stessa materia in vari provvedimenti di legge che trattano di finanza, previdenza, scuola o persino di circolazione stradale.

Lecce, 25 settembre 2009

Francesco Tarantini


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