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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
- ISSN 1973-252X
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

Scuola e Pace

La prima educazione alla Pace è sicuramente nella culla della famiglia. Tuttavia, credo fortemente che la scuola, nei suoi diversi ordini e gradi, abbia oggi una funzione superiore rispetto alla famiglia, perché la scuola ha come sua naturale e originaria caratteristica la relazione fra pari e fra pari con gli adulti. Un tessuto di relazioni dove  il primo atto, anche questo del tutto naturale, è il confronto e nel confronto il primo rilievo è la verifica se le azioni che si vivono sono giuste o ingiuste, eque o inique, aperte o chiuse, flessibili o rigide, innovative o reazionarie, desiderabili o inaccettabili. E via contrapponendo.

     Quali sono gli strumenti fondamentali perché la relazione viva in ambiente di Pace (che non vuole assolutamente dire soporifero o piatto: la Pace non è calma piatta; la vera Pace è conflittualità nel rispetto reciproco e senza violenza)?

    Questi strumenti sono presenti nel Piano dell’Offerta Formativa (il P.O.F.), nel quale,  a mio avviso, è necessaria un premessa chiara sui principi e sui valori che guidano la relazione della ricerca-azione didattica. Principi e valori che devono ispirarsi, prima di tutto, alla nostra Carta Costituzionale, alla Dichiarazione  universale  dei diritti dell’uomo del 10 dicembre 1948, alla Dichiarazione dei diritti fondamentali dell’Unione Europea del 12 dicembre 2000 che raccoglie le varie carte dei diritti del fanciullo dalla prima dichiarazione del 1951 in poi.

      Non è, naturalmente, solo questione di citazione più o meno dotte, ma l’attuazione quotidiana, la convinzione che in quelle dichiarazioni, ciascuno può trovare la motivazione originale del suo comportamento di educando e di educatore. Ricordando le date, che dicono molto: 1948 e 1951: è appena trascorsa la seconda guerra mondiale, lo shock di Hiroshima e Nagasaki è ancora vivo, venti di guerra, fredda e calda, agitano territori e coscienze, la ricostruzione nei paesi europei vive i primi difficili momenti del confronto fra vinti e vincitori,  perdonati e imperdonabili, ricchi di guerra e poveri di guerra. Pensate solo al clima di quegli anni nel nostro Paese o in Germania.

     Da quelle dichiarazioni, dunque, e dalla nostra Carta Costituzionale far iniziare la stesura del P.O.F.  E concluderlo con il Patto educativo per la corresponsabilità in cui devono venir chiaramente indicate le procedure della vita quotidiana della scuola: spiegazioni, interrogazioni, lezioni, compiti, prove pratiche di laboratorio  di palestra, ricevimenti, assemblee, attività integrative, complementari e curricolari: Infine il Regolamento di istituto che, proprio perché parliamo di Pace, deve prevedere anche le sanzioni.

     Ma tutto questo resterà lettera morta se i quadri disciplinari e i curricoli che ne derivano non presentano quella flessibilità per l’innovazione e la ricerca che sono la molla quotidiana per vivere la Pace, perché la Pace è prioritariamente una ricerca innovativa. Non riposa sul passato, vive di presente sempre futuro, attimo dietro attimo.

     E, allora, di fronte ai nuovi Regolamenti dei Licei e degli Istituti Tecnici e professionali sono molto preoccupato: non vi trovo, non solo il rispetto del titolo V della Carta Costituzionale (art. 118, comma s) e del Regolamento dell’autonomia (D.P.R. 8 marzo 1999 n. 275), quegli  spazi di autonomia progettuale che consentono lo sviluppo quotidiano delle azioni di Pace.

     Come?

    Se un docente ha davanti a sé il progetto fisso e rigido del monte ore delle sue discipline, il Collegio dei docenti non è in grado di sviluppare nessuna forma di integrazione territoriale della propria scuola con la complessità e singolarità del proprio territorio.

      Questa è la prima considerazione.

     La seconda riguarda lo studente che imparerà solo il ritmo dell’ossequio e della pedissequa ripetizione che sono la strada primaria che porta all’asservimento e quindi alla disposizione a qualsiasi forma di regime e di governo.

      Basta ingessare per fermare una crescita e atrofizzare.

     Forse, presi dalla volontà – in parte dalla necessità – di tagliare, i nostri governanti si sono dimenticati quanta parte di educazione alla Pace sia viva e operante nella flessibilità della ricerca-azione didattica, per la quale l’assunzione di responsabilità è la prima molla che muove tutto il resto.

      Assumendosi le responsabilità, diviene naturale il rispetto dell’educando, come diviene naturale da parte dell’educando il rispetto dell’educatore.

      Non è questo il primo atto di Pace?

     Non andiamo con questo processo sulla strada del confronto e di quella conflittualità non violenta perché la Pace sia operazione di Pace e non imposizione di Pace?

     Si può imporre la Pace?

 

Francesco Butturini

 


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