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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Direttore responsabile: Dario Cillo


 

Ha solo 12 anni

 

A dodici anni vende le sue foto nuda. "Volevo comprare vestiti alla moda". Sorpresa nei bagni di una media a scattarsi immagini piccanti con il videofonino. Inviava mms ai compagni in cambio di 5-10 euro. Il provveditore: "Sono preoccupata". Treviso, 28 giugno 2008.

E’ solo un episodio sporadico, raro, anzi unico e irripetibile? O è la punta di un grosso iceberg che naviga minaccioso sotto il livello del mare?

Quanti genitori avranno pensato: ma che fanno gli insegnanti a scuola se non riescono nemmeno a dare un po’ di educazione.
Quanti insegnanti si saranno chiesto: perché le famiglie pensano sempre ad altro e delegano tutta l’opera educativa alla scuola?

Che tristezza non riuscire a sottrarsi al rito inconcludente della caccia al responsabile, in cui ognuno trova il colpevole, che è sempre l’altro, trova la ricetta, buona sempre per gli altri e alla fine, tacitata la propria buona/falsa coscienza, lascia che tutto vada per il suo verso. Ognuno torna alle proprie importanti occupazioni perché poi, in fondo, la questione riguarda sempre gli altri; perché mia figlia non è così, le ho dato una buona educazione, se facesse così l’ammazzerei, i suoi insegnanti sono bravi, sono buone le sue amicizie, e così via di (auto) rassicurazione in rassicurazione.

Ecco allora pronta la ricetta che risolve in modo radicale tutti i problemi: severità, durezza delle sanzioni, punizioni esemplari! Allontanare le mele marce affinché le altre non siano contaminate!

Io mi chiedo: li conosciamo davvero i nostri ragazzi? Quante volte nella mia esperienza di docente quando riferivo ai genitori come si comportavano i loro figli mi guardavano con aria attonita come se stessi parlando di un altro ragazzo/ragazza. Quante volte li ho sentiti attribuire i loro comportamenti “strani” alle non buone amicizie, alle non buone influenze. Quante richieste di spostamento di banco, di classe.

Forse dovremmo smetterla di rimpallarci le “colpe” ognuno delimitando con paletti e filo il campo di competenza altrui, cercando di far ricadere nel campo avverso tutto ciò che non si riesce ad affrontare e risolvere.

La tragedia educativa del nostro tempo è che la maggior parte delle ragazze/i sente e pensa come quella di cui si sono occupati i giornali. E d’altronde perché gli altri compagni si sono prestati al gioco? Evidentemente perché ritenevano “normale” il comportamento della dodicenne. Anche se gli altri ragazzi non ricorrono alle stesse strategie, la maggior parte delle loro attenzioni non ricade certo sulle regole della grammatica, sui grandi eventi della storia, sulle regole della matematica. Le loro attenzioni, meglio le loro ossessioni, riguardano il proprio corpo e la propria immagine.
Forse non arriviamo a concepire che la concezione del mondo, il modo di vedere se stessi, gli altri, la vita non vengono più influenzati dai genitori, dagli insegnanti, dalla scuola, e nemmeno dalla parrocchia o dall’oratorio. Infatti ormai sono soprattutto le pulsioni primarie che dominano i comportamenti, condizionati dai messaggi subliminali dei media.
I ragazzi hanno nella testa, nel cuore, nella loro psiche le veline, i reality, le fiction, grandi fratelli, amici, saranno famosi ecc. ecc., i cui ispiratori, produttori, beneficiari dal punto di vista economico, e non solo, sono poi gli stessi che in politica indossano l’abito dei moralizzatori austeri, preoccupati della pubblica finanza, della qualità del nostro sistema, del merito, della lotta al bullismo e alle carenze della scuola che non sa più educare. E non sa educare perché non sa più punire. E non sa più mettere tutti i bravi da una parte per premiarli e i cattivi dall’altra per punirli.

E intanto i ragazzi affidano le loro speranze esistenziali non allo studio, non al lavoro, non alla fatica dell’imparare, sempre, tutti i santi giorni, bensì ai concorsi per fare le veline, le miss qualche cosa, a ballare e farsi notare in televisione, a intervenire in qualche trasmissione, a farsi vedere accanto a qualche famoso/a, a fare cubiste, tronisti in attesa di… successo, denaro e bella vita. E spesso sono i genitori che li accompagnano a queste passerelle di concorsi e sono i loro agenti. Non parliamo poi di ciò che accade nel mondo dello sport. Bambini di 6,7, 8 anni “venduti” alle società sportive di calcio, consegnati alla competizione, al rampantismo e sostenuti in questo da adulti interessati.

Allora c’è qualcuno che può fornire la risposta a questo gravissimo problema? Si faccia avanti, prego. Ma…

non si dica per favore che il problema dell’emergenza educativa si risolve cacciando dalla scuola 150.000 insegnanti, aumentando gli alunni per classe, diminuendo il tempo scuola, abolendo il tempo pieno, diminuendo il sostegno, mortificando la scuola dell’infanzia, tornando al maestro unico.

Certo la famiglia è in crisi, la scuola vive un momento di crisi, ma questa non è una buona ragione per dare loro ulteriormente addosso, semmai di aiutarle agendo a supporto, ma anche intervenendo sul contesto che, evidentemente, è sempre meno a misura di bambini, ragazzi, giovani.

A un mio alunno, figlio di una famiglia per bene, colta, bene educata, il padre aveva un ruolo importante nel mondo imprenditoriale cittadino, anni fa chiesi cosa volesse fare da grande. Mi rispose: il contrabbandiere. Erano gli anni in cui imperversavano questi tipi nella mia città, con macchine di lusso, moto potenti con belle ragazze in sella, tasche piene di denaro, temuti e “rispettati”.
Allora mi resi conto della drammatica solitudine degli insegnanti, spesso chiamati a predicare nel deserto, cassandre incomprese, più spesso vilipese.

La ragazzina ha sbagliato e nemmeno lei si rende conto di quanto. Per lei la firma di un capo di vestiario vale più della vendita dell’immagine del proprio corpo. La famiglia per necessità o per condotta educativa le ha negato lo strumento della sua felicità, del suo riconoscimento, accettazione e affermazione nel gruppo di pari. Lei ha risposto con la cosa oggi più naturale, accettata, santificata, eretta a valore assoluto dalla società e dai media: il mercimonio dell’immagine (meno male solo quella!) del proprio corpo di adolescente. Non sono forse poco più che adolescenti le ragazze che sfilano sulle passerelle di moda, riempiono i calendari con i propri corpi nudi, vendono servizi fotografici? Un tempo avrebbe forse venduto le sue bambole, la piccola bici regalo di compleanno o qualcos'altro. Oggi vende l’immagine del proprio corpo.

Come risponde il mondo adulto a questo?

Non ho letto nessun commento, nessuna reazione indignata da parte di coloro che sono soliti puntare l’indice accusatorio contro il buonismo degli insegnanti. Silenzio. Si registra solo il commento del provveditore: “Sono preoccupata”. Un po’ poco, forse, e in preoccupante ritardo.

Le coscienze del mondo adulto esorcizzano l’evento rimuovendolo, i media lo hanno già metabolizzato.
Il finale del piccolo articolo di cronaca è consolatorio:
“Dal prossimo anno, la dodicenne non frequenterà più quella scuola media: i genitori hanno preferito trasferirla in un altro istituto e affidarla a uno psicologo.”

La bambina, che ancora tale è, toglie il disturbo della sua imbarazzante presenza. Della sua “malattia” si occuperà lo psicologo al quale sarà affidata. Con buona pace di tutti.
Fino al prossimo episodio.

30 giugno 2008

Cosimo De Nitto

Firma l’appello “Proteggiamo bambine, bambini e genitori


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