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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo

Ricerca

 

FANTASMAGORIE

"Quanto mi dispiace che gli attori abbiano perso l’abitudine d’improvvisare! […] perché l’improvvisazione era la scuola e la pietra di paragone dell’attore. Non si trattava soltanto di sapere a memoria la parte e d’immaginarsi di poterla recitare. L’anima, la vivacità, l’immaginazione, l’abilità, l’esperienza del palcoscenico, la presenza di spirito si rivelano ad ogni passo nella maniera più chiara". (1)

 

TEMATICA: Romanticismo e commedia dell’arte

PROBLEMA: riflessione sulla lingua e sui generi letterari, transcodificazione linguistica, commedia dell’arte, utilizzando l’opera di W. Goethe, per conoscere e approfondire la cultura romantica, solitamente affrontata attraverso lo studio di autori italiani "tradizionali".

L’attività di ricerca sarà affrontata da una quarta classe del Liceo scientifico tecnologico, eterogenea per provenienza, livelli di apprendimento e interessi.

Pertanto, si valuta l’esigenza didattica di favorire un processo di individuazione della propria personalità, inserita in un contesto collettivo e in una realtà sociale che mira alla massificazione sottovalutando la dimensione personale ed estetica.

Attraverso tale attività si mira a soddisfare bisogni specifici quale: il rispetto di sé e degli altri, all’interno di un contesto-classe diversificato e, contemporaneamente, coinvolto in un unico processo di insegnamento/apprendimento, comunque individualizzato.

IPOTESI: L’opera di Goethe è rappresentativa all’interno del panorama romantico europeo, quindi indispensabile per coglierne varietà e sfaccettature.

PIANO DI SVOLGIMENTO

Fasi della Ricerca:

Somministrazione di test, finalizzati alla conoscenza del possesso dei prerequisiti da parte degli alunni;

Interpretazione dei dati raccolti;

Interventi didattici (attività)

Somministrazione di test di verifica finale e confronto con i risultati del test iniziale

Valutazione della ricerca educativa e socializzazione della stessa attraverso l’utilizzo di linguaggi diversi: produzione originale degli alunni attraverso l’uso di dei vari generi linguistici, dal saggio al testo poetico, al racconto, alla drammaturgia, all’ipertesto.

ATTIVITA’ CONNESSE

Si prevedono lezioni frontali di letteratura italiana e straniera, di linguistica, filosofia, storia, psicologia, metodologia, religione, viaggio di istruzione, visione di film e cineforum, uso dei laboratori di informatica per la realizzazione di grafici, per l’organizzazione e impostazione grafica della produzione cartacea e dell’ipertesto, laboratorio di scrittura creativa e laboratorio teatrale.

METODOLOGIA

Lezioni frontali, lavori di gruppo, metodo della ricerca, Interventi di esperti interni ed esterni.

STRUMENTI

Testi antologici, audiovisivi, computer, brani musicali, opere d’arte.

TEMPI

Settembre 2001/maggio 2002

Settembre/ottobre I e II fase

Novembre/dicembre 2001 Interventi didattici

Gennaio/febbraio 2002 interventi didattici

Marzo/aprile 2002 produzione originale degli alunni e somministrazione test

Maggio/giugno 2002 valutazione intera attività e socializzazione esiti e produzione dei ragazzi.

CONTESTI DI ATTUAZIONE

Edificio scolastico, aula computer, auditorium, pinacoteca, videoteche

CRITERI, METODI e STRUMENTI

I e II Fase: valutazione dell’interpretazione dei dati effettuata dagli stessi allievi attraverso la configurazione di grafici, prospetti….

III Fase: verifica in itinere attraverso gli elaborati scritti dei ragazzi

IV Fase: idem I fase

V Fase: Criteri statistici e di crescita umana.

RISORSE DELLA SCUOLA

Docenti interni, PC, internet, spazi.

TERRITORIO

Esperti in materia musicale e teatrale

PRODOTTI DELLA RICERCA:

Produzione poetica, saggistica, giornalistica, teatrale e narrativa, ipertesto, rappresentazione teatrale, esecuzione di brani musicali.

COLLABORAZIONI:

docenti di Scienze dell’Educazione, docente esperto di Informatica, esperti esterni in tradizioni musicali e animazione teatrale.


Note:

1. W. Goethe, La Vocazione Teatrale di Wilhelm Meister


Un concorso per insegnanti, bandito dall’IRRE Puglia per l’a.s. 2001/2002, costituisce l’occasione per una attività molto particolare: riflessione sulla lingua e sui generi letterari, transcodificazione linguistica, commedia dell’arte, utilizzando l’opera di W. Goethe, per conoscere e approfondire la cultura romantica, solitamente affrontata attraverso lo studio di autori italiani "tradizionali".
Nel quadro delle numerose attività, previste nel progetto denominato "Fantasmagorie", si segnala una attenta riflessione sul "Faust" di Goethe realizzata da Fabio Fumarola, allievo della classe IV A della sezione Scientifico-Tecnologica del Liceo Polivalente Statale di Cisternino (Br).

La Tensione di un Lume

Il Faust di Goethe è un’opera nella quale sono ben sintetizzate due ideologie diverse: quella illuminista e quella romantica. Ciò non dovrebbe sorprendere, dato che Goethe (1749/1832) è vissuto proprio nell’epoca di passaggio tra i due movimenti culturali. D'altronde, tenendo conto di quanto detto, possiamo interpretare la vita e le parole di Faust alla luce dei processi storici relativi ai movimenti suddetti.

Dal monologo iniziale di Faust possiamo capire come egli abbia dedicato tutta la vita agli studi ottenendo di saperne quanto prima:

(vv. 354-359)

E le ho studiate, ah! Filosofia,

giurisprudenza e medicina

- e anche, purtroppo, teologia -

da capo a fondo, con tutto l’ardore.

Povero pazzo: e ora eccomi qui

che ne so quanto prima.

Da queste parole capiamo che Faust non ha raggiunto il suo obiettivo: evidentemente aspirava a qualcos’altro, qualcosa che non ha ancora avuto. L’utilizzo della ragione, lo studio, la conoscenza scientifica o, se vogliamo, il vivere come un lume si è rivelato un fallimento.

L’associazione tra l’illuminismo e la vita di Faust è giustificata dall’utilizzo di quel purtroppo, riferito allo studio della teologia: se Faust si esprime in questo modo è ovvio che la teologia stessa non sia stata di suo gradimento e dato che era un tema scottante anche per gli illuministi (per lo più laici e contro le tradizionali forme di religiosità), ne consegue che Faust ha vissuto l’illuminismo, con i suoi modi di fare e pensare.

Sapendo poi che nei primi anni dell’ottocento nacque la famigerata delusione di fronte alla storia, riferita alla Rivoluzione (che per molti è risultata un fallimento nonostante la ragione dei lumi), possiamo anche dire che la delusione di Faust ne è la trasposizione poetica: in altri termini, così come i cittadini europei rimasero delusi dagli eventi storici del tempo, allo stesso modo Faust è deluso della propria esistenza. Questo giustifica l’affermazione di alcuni critici secondo cui Faust rappresenta l’umanità stessa, con le sue debolezze e aspirazioni: se l’umanità è delusa allora lo è anche Faust; quando Faust muore è felice perché sa che lo sarà anche l’umanità. Il tema della "delusione" ricorre molto spesso negli anni in cui è iniziata la stesura del Faust: si ricordi ad esempio quella di Foscolo nei confronti di Napoleone dopo il trattato di Campoformio (1797). Tuttavia Faust estremizza questa condizione a tal punto da meditare il suicidio. D’altronde solo in queste condizioni un uomo può voler patteggiare col diavolo: ecco perché quando Mefistotele gli fa la sua proposta Faust non può che accettare.

Se Faust fosse stato assetato di piacere, come dicono alcuni critici, non avrebbe avuto molto senso dedicarsi agli studi alchimistici: in realtà il suo obiettivo era quello di possedere una conoscenza vera, che gli avrebbe svelato i segreti della natura (e siamo già in tema di romanticismo).

(vv. 377-385)

Ecco perché mi sono dato alla magia

se mai per forza o voce dello spirito

qualche segreto mi s’aprisse

e non dovessi più sudare sangue

a dire quello che non so.

E conoscessi, il mondo, che cos’è

che lo connette nell’intimo,

tutte le forze che agiscono, e i semi eterni, vedessi,

senza frugare più tra le parole.

L’ipotesi della equivalenza Faust = Umanità trova poi riscontro, oltre che nel tema della delusione, anche in ambito psicologico: Faust presenta infatti variazioni di umore piuttosto frequenti che sottolineano il contrasto tra le forze interiori agenti in lui e lo rendono, agli occhi del lettore, molto umano. Le quartine seguenti, nel testo vicinissime tra loro, rendono al meglio l’idea di questi balzi di umore:

(vv. 386-89/398-401)

Oh tu guardassi, luce di plenilunio,

per l’ultima volta al mio dolore

tu che a mezzanotte ho attesa

tante volte a questo leggìo!

[…]

Come? Ancora io qui carcerato?

Tana maledetta tetra

dov’anche la luce cara del giorno

fila torbida dai vetri di colore!

Tuttavia, non è solo Faust che viene umanizzato da Goethe, persino Mefistotele, il diavolo di turno, ci appare come un essere emotivo e con le sue debolezze. Per non parlare poi di Dio, presentato come un vecchio signore che si diverte a fare delle scommesse.

Un diavolo che prova pena per gli uomini è almeno da considerarsi un’idea originale:

(vv. 297-298)

Mi fanno pena, gli uomini, con tutti i loro guai.

Non ci trovo più gusto, disgraziati, a tormentarli.

Probabilmente la spiegazione a questi versi sta nel dire che Goethe, scrittore romantico per eccellenza, si schieri decisamente contro l’illuminismo: infatti fa dire a Mefistotele che la ragione fa vivere l’uomo in una condizione animalesca e piena di guai, tale da fargli provare addirittura una sensazione di pena. Ciò è confermato dai versi che seguono indirizzati da Mefistotele a Dio nel prologo in cielo:

(vv. 283-286)

Vivrebbe un poco meglio (l’uomo),

se tu non gli avessi dato qualche lume di cielo.

Lo nomina ragione: e lo usa soltanto

per vivere più bestia di ogni bestia.

Il Faust di Goethe risente, perciò, di quella delusione di fronte alla storia, la stessa che evidentemente sentì forte anche l’autore tedesco. Il binomio Illuminismo = Ragione non aveva condotto l’Uomo = Faust alla felicità ma, al contrario, ne aveva peggiorato la condizione.

Mi sembra che con il patto di Faust con Mefistotele, si concluda la parte del Faust riconducibile ad eventi storico-politici; tutto quello che viene dopo può, invece, essere ricondotto o alla cultura o alla filosofia personale di Goethe o agli ideali del romanticismo.

Nel resto dell’opera, infatti, avvengono cose che risultano poco chiare agli occhi del lettore: alcuni eventi, teoricamente, non dovrebbero accadere ma sono determinanti per la salvezza di Faust.

Prendiamo come esempio il momento in cui Mefistotele dà a Faust un sonnifero mortale per la madre di Margherita: se il diavolo intendeva davvero vincere la sua scommessa non avrebbe dovuto complicare le cose in questo modo ma, al contrario, avrebbe dovuto fare di tutto per far vivere a Faust e Margherita la più felice delle vite. Così, però, non è stato: la madre di Margherita muore e inizia una catena di eventi negativi che porteranno alla morte di Margherita stessa. Tutto ciò va contro gli interessi di Mefistotele… ma avviene ugualmente.

Anche con Elena assistiamo a qualcosa che Mefistotele avrebbe dovuto evitare: la morte di Euforione, che porterà alla scomparsa della madre, appare, a mio giudizio, come un evento fin troppo casuale.

Da tutto ciò si comprende che Mefistotele non si è impegnato affinché Faust giungesse alla felicità, anzi, ne ha aumentato la sofferenza in ambito sentimentale: forse l’istinto demoniaco di fare del male ha prevalso anche sulla voglia di vincere le sue scommesse. In questo senso anche Mefistotele sembra avere delle debolezze che, tuttavia, sono evidenti solo quando perde la testa per degli angeli adolescenti lasciandosi scappare l’anima di Faust:

(vv. 11767-11771)

Ah, questi ragazzi stregati

mi paiono davvero deliziosi…

Ditemi prego bambini belli,

non sareste anche voi della razza di Satana?

Siete tanto carini, vorrei proprio baciarvi!

Si può dire che in Mefistotele l’istinto prevale sulla ragione e sui suoi stessi interessi. Se poi consideriamo anche che in Faust avviene esattamente il contrario allora si potrà dire che i due sono antagonisti. Tuttavia si può anche pensare che le debolezze di Mefistotele ed i suoi conseguenti errori siano dovuti ad un altro personaggio che compare solo nel prologo in cielo, cioè Dio: è lecito pensare che, avendo anch’egli scommesso, abbia influenzato l’evolversi della storia conducendo Faust alla salvezza. È ovvio però che si tratta di semplici ipotesi che non possono essere dimostrate.

Sta di fatto che Faust trova la salvezza proprio dopo aver compiuto un gesto da buon cristiano: garantire la felicità di molti uomini con la costruzione di opere imponenti. Non sarebbe mai arrivato a tanto se avesse vissuto felicemente con Margherita o Elena.

È interessante notare che Faust non perde la scommessa con Mefistotele: quest’ultimo si era infatti proposto di condurlo sulla via del peccato ma così non è stato. Lo Streben che imperversa in quest’opera trova sfogo nella sensazione di aver fatto qualcosa per gli altri e non nel raggiungimento di una migliore forma di conoscenza: in altri termini il Romanticismo = Sentimento prevale sull’Illuminismo = Conoscenza. È ovvio che questo non se lo aspettava neanche Faust perché è successo quello che Dio aveva predetto a Mefistotele:

(vv. 308-309)

Se egli ora mi serve soltanto nel disordine,

presto lo guiderò alla chiarezza.

Quel guiderò indica che Dio ha avuto un ruolo attivo nella vita di Faust ed avvalora le mie ipotesi precedenti secondo cui proprio Dio avrebbe indotto Mefistotele all’errore portando Faust alla salvezza.

Tutto lascia pensare che, per Goethe, l’uomo può salvarsi anche dopo aver commesso i peggiori peccati purché tenda sempre verso qualcosa di buono. Faust, in fin dei conti, aveva anche ucciso Valentino, fratello di Margherita, e cacciato dalla loro casa quei contadini che furono uccisi da Mefistotele. Anche la stessa Margherita va in paradiso nonostante i suoi peccati: alcuni critici ritengono che abbia ucciso suo figlio, evento che appare poco chiaro. I riferimenti storici ad una Margherita realmente esistita propendono per l’infanticidio ma, dalle sue parole nei versi 4445-4456 si deduce ben altro:

Me l’hanno preso (il bambino) per farmi penare

E ora dicono che l’ho ammazzato.

Altri versi, però, sono contraddittori (4507-4508):

Mia madre, io l’ho fatta morire.

Mio figlio, l’ho affogato.

Al di là di quale sia la verità, in questo caso, Margherita è rimasta in carcere per pagare per i suoi peccati quando, invece, avrebbe potuto salvarsi dalla pena di morte scappando con Faust: è con questo gesto che ella viene ammessa in paradiso. Nel caso di Elena, che alla fine non paga per le sue colpe, le cose non vanno altrettanto bene: ritorna nell’ade dissolvendosi. Goethe, nel suo Faust, pone dunque al primo posto l’individuo ed il suo tendere verso qualcosa: Margherita, profondamente cristiana, tendeva verso Dio; Elena non aveva, invece, nessun tipo di aspirazione.

Un altro aspetto di notevole interesse è dunque quello della religiosità: Goethe ci propone una forma di panteismo tutta particolare che si manifesta non solo nelle apparizioni dello Spirito della Terra (prima scena) e nel famoso dialogo con Margherita (scena del Giardino di Marta), ma anche nello strano panorama delle Gole Montane (ultima scena): è ben diverso dalle tradizionali rappresentazioni paradisiache ed è evidente come il paesaggio stesso tenda verso l’alto con i suoi rilievi, in accordo con quello Streben che caratterizza la vita di Faust e di tutti coloro che, come Margherita, sono stati salvati.

Leonardo Fabio Fumarola


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