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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Lo stato delle province del Lazio

 

Presentato il 6 dicembre, a Palazzo Valentini, un rapporto di Ricerche Economiche e Sociali, redatto in collaborazione con l’U.R.P.2002 sullo stato delle Province del Lazio.

 

Famiglie più piccole e popolazione sempre più anziana. Fuga dalle città. Diminuiscono le imprese (-27.000 a Roma) e cresce la corsa al risparmio. Decentramento e classe dirigente locale sotto esame: forti le preoccupazioni tra i cittadini. "Salto di qualità" nella criminalità regionale: in aumento i reati gravi, associativi e mafiosi. Cresce l’interesse per l’informazione locale.

 

I dati del censimento 2001 indicano una crescita del numero di famiglie residenti nel Lazio (+5,7% rispetto al 1991), a fronte di una riduzione dell’ampiezza dei nuclei, che passa da 2,8 componenti a 2,5. Diminuiscono le nascite e si assiste al progressivo invecchiamento della popolazione: l’età media nel Lazio sale da 40,2 anni nel 1998 a 41,1 nel 2000 e la quota di ultrasessantacinquenni, che costituiva il 16,7% della popolazione residente nel 1999, raggiunge il 17,4%.


Continua la fuga dalle città: il peso della popolazione dei capoluoghi del Lazio scende dal 55,3% del 1999 al 54,5% di quella totale nel 2001. La perdita di popolazione dei capoluoghi si correla alla forte crescita dei prezzi delle case (a livello nazionale +7-10% nel 2001) che ha portato nella regione ad una riduzione del 4% della compravendita di immobili. A Roma, in particolare nel 2001 si è verificata una flessione dei contratti stipulati del 5,6%.


Le difficoltà economiche e la congiuntura internazionale hanno prodotto effetti negativi sul tessuto imprenditoriale; nei primi 6 mesi del 2002 Roma ha perso 27.000 imprese (-6,8%), in particolare tra le società di capitale (-19.410).

 

L’instabilità dei mercati finanziari appare come la metafora dell’incertezza che domina numerosi comportamenti economici e sociali: nel 2002 i cittadini hanno disinvestito e trasferito i capitali dalla Borsa alla Banca (+14,5% nel Lazio e +12,5% in Italia); il risparmio pro-capite nel Lazio ha raggiunto i 14.500 euro.


L’incertezza e il malessere contribuiscono a spiegare anche l’aumento dei suicidi nel Lazio, che nel corso del 2000 registrano un nuovo aumento (+4,1%), passando da 271 del 1999 a 282.


La crescente ricerca di svago e serenità appare come la principale risposta dei cittadini all’aumento dell’inquietudine sociale: il gioco (Lotto, Superenalotto, Totocalcio, Totip+, etc), con oltre 1 miliardo di euro spesi nel 2001 nel Lazio, pari ad una spesa media di 211 euro pro-capite, rappresenta un importante capitolo di spesa per i cittadini. Soltanto 41 gli euro spesi in media per gli spettacoli (sport, cinema e teatro).


Allo stesso modo la nuova domanda di turismo costituisce un "antidoto" allo stress: diminuisce la ricerca di avventura a vantaggio di luoghi e tempi che consentano il recupero di serenità e benessere: la forte crescita di agriturismi, campeggi e villaggi nel Lazio (+149,6% dal 1998 al 2000), passati da 419 a 1.046, è un segnale eloquente delle nuove esigenze.


L’attuale situazione di crisi pone dunque con forza il problema di una maggiore assunzione di responsabilità e di ruolo per i rappresentanti delle Amministrazioni Locali, e richiede una capacità di dialogo e di collaborazione tra i diversi livelli Istituzionali, finalizzata allo sviluppo di politiche adeguate alla individuazione e alla valorizzazione delle risorse del territorio.


Nell’attuale congiuntura il decentramento e la classe dirigente locale si trovano ad affrontare una nuova e più impegnativa prova nei confronti della cittadinanza: il 57,4% dei cittadini laziali si dichiara favorevole al decentramento amministrativo, ma soltanto il 22,1% si ritiene soddisfatto per le modalità attuative; tra le principali preoccupazioni è indicata, accanto alle possibili ripercussioni sulle opportunità di sviluppo socio-economico dei territori deboli (26,3%), la formazione di una classe dirigente scarsamente qualificata (10,2%), il possibile aumento della corruzione e dei comportamenti illeciti (18,8%) e una eccessiva esposizione dei politici alle pressioni e lobby di potere espresse dal territorio (11,9%).


Cresce con il decentramento anche l’interesse dei cittadini per l’informazione locale, alla quale è riconosciuta la forza della vicinanza al territorio (44,8%), l’immediatezza (20,5) e la tempestività delle notizie (18,2%). Anche i media locali sono comunque chiamati ad una nuova sfida: i cittadini chiedono una maggiore professionalità (20,6%), una maggiore autonomia dalle pressioni del sistema politico (17%) ed una più ampia gamma delle tematiche affrontate (17,9%).

Infine, sul fronte criminale il quadro regionale del 2001 appare in forte mutamento: accanto alla diminuzione della "criminalità diffusa" (furti, scippi, borseggi) si registra infatti un "salto di qualità" dei fenomeni criminali, con una crescita dei reati gravi contro la persona (omicidi volontari +19,1%; violenze sessuali +10,5%) e dei reati associativi (estorsioni +40%; associazioni a delinquere +11,8%), spesso collegati alla presenza di organizzazioni criminali mafiose.


Ancora molto debole la cultura della legalità fiscale e contributiva: nel Lazio evasi nel 2001 oltre 560 milioni di euro.

 

Nel campo dell'imprenditoria….

Le difficoltà economiche e la congiuntura internazionale hanno prodotto effetti negativi sul tessuto imprenditoriale delle province del Lazio. Nei primi sei mesi dell’anno Roma ha perso 27.000 imprese, registrando una contrazione del 6,8%. Il dato è emerso dal "Rapporto 2002 sullo stato delle province del Lazio" presentato dall’Eures (Ricerche economiche e sociali).

La riduzione del numero delle imprese ha interessato tutti i settori, risultando particolarmente elevata in termini assoluti nelle attività immobiliari, di noleggio, informatica e ricerca (-18,1%), nel commercio (-5,8%), nelle costruzioni (-10,4%) e nelle attività manifatturiere (-11,9%). Secondo la rilevazione Eures sono state le società di capitale ad avere in maggiore misura risentito del periodo di difficoltà economica. A registrare un dato positivo sono state, invece, le imprese artigiane (+1,2%), per la presenza di variazioni positive sia a Roma (+1,3%) sia nelle altre province, con incrementi compresi tra lo 0,2% di Latina e l’1,4% di Viterbo. Il dato consolida il positivo andamento registrato nel 2001, con le imprese artigiane aumentate nel Lazio dell’1,7%, a fronte dell’1,1% in Italia. A livello provinciale si rileva un tasso particolarmente positivo a Roma (2,3%), seguita da Rieti (1,3%); molto distanziate le altre province con aumenti sempre inferiori all’1%: +0,8% a Viterbo, +0,7% a Frosinone e appena +0,1% a Latina. Nonostante queste variazioni, la vocazione artigianale del Lazio (18%) rimane inferiore a quella nazionale (24,4%).

Il numero dei titolari d’impresa stranieri è in aumento in tutte le province laziali, rappresentando una quota importante del tessuto economico-produttivo locale. Nel 2002 a Roma su 100 titolari di impresa, 4,4 sono stranieri, 3,7 a Frosinone e 3,1 a Latina. Più contenuto è il dato di Rieti (1,5) e Viterbo (1,5). I titolari di impresa operanti nel Lazio (che rappresentano il 3,7% degli imprenditori laziali), provengono principalmente dalla Romania (854), dal Marocco (828), dalla Cina (721), dall’Egitto (618) e dalla Francia (524). Il valore più alto dell’incidenza dei titolari d’impresa sul totale degli stranieri residenti appartiene ai libici (46 titolari ogni 100 residenti), seguiti dai cinesi (11), marocchini (5,5), egiziani (5,5) e rumeni (2,6).

Contrariamente a quanto accade sul territorio nazionale, dal 1996 al 2000 il numero di avviati al lavoro sugli iscritti nel Lazio è in diminuzione, presentandosi inoltre molto al di sotto della media italiana in tutto il periodo di riferimento. Nel 2000 hanno trovato lavoro 25 stranieri ogni 100 iscritti al collocamento, mentre a livello nazionale ogni iscritto trova nel corso dell’anno più di un’occasione d’impiego (123). Da rilevare che il dato regionale risente fortemente delle criticità presenti nel contesto romano, la provincia con il peggior rapporto avviamenti/iscrizioni.

Dopo tre anni nei quali si è registrata una flessione del numero di iscritti nelle Università laziali, nell’ultimo anno c’è stata una inversione di tendenza con una crescita del 7%, con Latina (+79,1%) e Frosinone (+29,2%) su tutte. Da segnalare la crisi dell’Università La Sapienza, a Roma, che ha raggiunto l’apice nel 2000 con un - 9,1% rispetto all’anno precedente. Ciò è dovuto a due fattori: da un lato il sovraffollamento cronico della struttura a scapito della qualità dei servizi, dall’altro la crescita degli altri atenei romani (Roma Tre e Tor Vergata), forse meno prestigiosi ma più "vivibili". Cresce anche il numero degli studenti "fuori corso": il 38,3% degli iscritti a Roma, il 36,7% a Viterbo, il 35,5% a Latina e il 29,1% a Frosinone. Degli oltre 245 mila iscritti nelle Università laziali, il 37,2% appartiene alla schiera dei "fuori sede" (il 13,7% proveniente da un’altra provincia, il 22% da un’altra regione, 1,5% dall’estero); nello specifico Viterbo ospita una quota di fuorisede (58,3%) perfino superiore a quella degli studenti "locali", anche a causa dell’offerta di corsi universitari non presenti in altre strutture; seguono Frosinone (41%) e Roma (36,5%).


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